Viviana Colais (attrice)
Roma 29.9.2019
Intervista di Gianfranco
Gramola
"L’arte, in
ogni sua manifestazione, dalla musica, alla poesia, al teatro, è sempre stata
presente nella mia vita come ingrediente per la mia educazione"
Viviana
è attrice, autrice, formatrice e cantante.
Nasce
a Roma, con un cognome francese, ma diventa inglese di adozione, visto il suo
amore per Londra e la lingua. Si diploma presso l'Accademia teatrale di Teatro
Azione di Cristiano Censi e Isabella del Bianco. A seguire, fino ad oggi,
continua a formarsi con diversi coach tra Roma e diverse realtà inglesi, come
la Lamda e l’Actor Center di Londra. Lo studio è forse la sua più grande
passione, visto le due lauree in Economia e DAMS (che ha deciso di terminare
chiedendosi continuamente “chi me lo ha fatto fare”). Partecipa a serie Tv
quali "Immaturi", “le tre rose di Eva”, “Tutto può
succedere”, “Nero a metà” e a diversi film come “ti sposo ma non
troppo”, “Quando sarò bambino” e un set ancora top secret, entro il 2019.
Dopo diversi progetti teatrali, attualmente fa parte del cast italiano, di
"Che disastro di commedia" da 4 anni, successo inglese poi divenuto
mondiale e da gennaio sarà Wendy in Che Disastro di Peter Pan. Collabora
occupandosi delle visite in lingua, nella Fenix 1530 Luca Basile Production,
produzione che ha ideato il format delle visite guidate con teatro itinerante.
Intervista
Di cognome fai
Colais. Non è un cognome d’arte, vero?
No,
è un cognome vero. Si legge Colé perché è francese. L’ho ereditato da
qualche “AVO” che da Avignone, scese in Italia nel 1800. Quindi non sono
francese!!
Sei all’Olimpico
con “Che disastro di commedia”. Qual è il tuo ruolo e mi racconti un po’
la trama?
Siamo stati al Teatro Olimpico per 4 giorni e per il
quarto anno di repliche. Che Disastro di Commedia, titolo originale “The Play
that goes wrong” è un successo planetario, nato a Londra ed “esportato in
tutto il mondo”. Noi siamo il cast ufficiale italiano, scelti e diretti da
Mark Bell, il regista dello spettacolo in scena nel West End e a Broadaway. La
storia è di una compagnia amatoriale che cerca di mettere in scena un giallo,
ma purtroppo succede di tutto; battute dimenticate, oggetti di scena sbagliati,
svenimenti, porte in faccia, mobili che si rompono e cadono, sostituzioni
repentine. Succedono tutto quello che un attore non vorrebbe MAI accadesse in
scena. La compagnia, però nonostante tutto va avanti e porta avanti la
commedia! Io recito, come quasi tutti gli attori nella commedia, recito due
ruoli: la parte di Sandra, “la prima e unica attrice” della compagnia
amatoriale, convinta di volare ad Hollywood dopo la messa in scena di questo
spettacolo. É arrogante, prima donna, vanitosa e recita a sua volta il ruolo di
Florence, la futura moglie del padrone di casa assassinato nel giallo. É bello
recitare quando subentra Sandra su Florence, a causa dei “disastri” che
avvengono in scena!
Com’è nata la
passione per la recitazione? (Hai artisti in famiglia)
Papà ha sempre suonato fin da giovane per divertimento
nei locali, mentre a mamma quando le proposero di fare il provino per la Dolce
Vita (è bionda naturale, sembra svedese ma è di Monteverde, Roma) scappò per
la vergogna. L’arte, in ogni sua manifestazione, dalla musica, alla poesia, al
teatro è sempre stata presente nella mia vita come ingrediente per la nostra
educazione (quella mia e di mia sorella più grande, Medico). Ricordo che a 4
anni salì per la prima volta sul palcoscenico e me ne innamorai. Vedevo i film
in bianco e nero con mia nonna, o quelli anni 80 con mia sorella e sentivo il
desiderio di vivere “mille vite”. Dopo i 10 anni però, per dimostrare a mio
papà che non ero stonata, (nacque come una sfida) iniziai a cantare tutti i
giorni a casa con il microfono e, canta oggi, canta domani, a 18 anni ero
soprano e anche io cantavo nei locali. Poi poco dopo la recitazione è tornata
prepotentemente.
Papà e mamma come
hanno preso la tua scelta di fare l’attrice?
L’hanno sempre ascoltata, non l’hanno ostacolata.
Certo, il fatto che abbia preso una laurea in Economia Aziendale e una seconda
al DAMS, e che abbia sempre lavorato quando come “attrice” non guadagnavo,
li ha convinti della mia scelta. Mio padre mi ha cresciuto raccontandomi sempre
questo esempio; Lucio Battisti, il sabato pomeriggio non usciva con noi,
preferiva rimanere a casa a suonare. Se hai una grande passione, la passione
della tua vita, non c’è stanchezza, scusa o limite. E così ho fatto. Ho
lavorato per anni, anche 8 ore al giorno, pur di “mantenermi” e permettermi
di studiare e recitare. Sono contraria all’idea, “stereotipata e un po’
italica”, che l’attore deve solo recitare. L’attore deve VIVERE, soffrire,
sperimentare, e solo facendo qualcosa che non ami, o ami di meno per tante ore,
ma necessaria, trovi la tenacia per portare avanti la tua passione.
Chi sono i tuoi
idoli artistici?
EHH!| AMO Monica Vitti. Per me lei è “l’icona”
italiana; vera, ironica, drammatica, duttile, fragile, potente. Cate Blanchett, Kate Wilset, Olivia Colman, Benedict Cumberbatch, Ian
McKellen e Phoebe Waller Bridge. Amo gli attori britannici e le donne poliedriche. Negli
ultimi anni ho vissuto tra Roma e Londra per lavoro e motivi personali ho
studiato lì, ho un’agenzia e amo recitare in inglese. Il loro modo di
approcciarsi al lavoro sul personaggio mi ha insegnato tantissimo.
Tutti gli artisti
hanno un rito scaramantico prima di entrare in scena. Qual è il tuo?
Sentire mia mamma al telefono che mi ripete il
“rituale”. Inoltre, ascoltare la “mia musica”.
Un collega e un
attore con cui vorresti lavorare?
Benedict Cumberbatch AHAH. Subito e gratis!
Fra colleghe hai
trovato più rivalità o complicità?
Complicità! Sarò stata fortunata, ma le donne che ho
incontrato sono tutte state amiche e grandi esempi. Adoro lavorare tra donne, mi
illumino e provo enorme gratitudine. Con un’amica abbiamo ideato un format di
“eventi” tra donne, perché siamo convinte che la collaborazione e
l’unione femminile possa muovere il mondo. Che tra di noi c’è bisogno di
parlare e di ascoltarci.
Quali sono le tue
ambizioni, i tuoi sogni artistici?
Sto scrivendo uno spettacolo con due autori che amo,
due persone fantastiche, Giovanna Donini e Paolo Uzzi. Spero di poterlo mettere
in scena nel 2020, questo è il mio obiettivo più immediato. Scrivo e produco
progetti in cui credo con il mio migliore amico e socio Luca Basile, con il
quale divido la scena sia su Che Disastro di Commedia, che su Che Disastro di
Peter Pan. Come sogno, voglio riuscire a lavorare in produzioni internazionali.
Vorrei dimostrare che gli italiani possono recitare in inglese con un’ottima
pronuncia europea, quanto i francesi o i nord europei. Vedere Games of
Thrones, e scoprire che molti attori sono europei, ma l’unica italiana e per
metà americana, “spiega” quanto ancora c’è da fare per aprirci al
mercato al vero mercato. Abbiamo grandi esempi, ma gli italiani che lavorano
all’estero sembrano o una rarità o non “interessano” (vedi Mastronardi,
Borghi, Favino).
Hai mai lavorato
per solidarietà, per beneficenza?
Si, si. La società di Luca, Fenix 1530, organizza
visite guidate con teatro itinerante; lo scorso mese abbiamo organizzato una
serata per la fibriomalgia.
Di cosa hai
bisogno per essere felice?
Dell’affetto delle persone che amo e dell’amore per
me stessa. Riconoscersi il proprio valore come essere umano è sicuramente un
modo per essere felici.
Chi e cosa
porteresti con te su un’isola deserta?
La mia musica e i miei migliori amici.
A chi vorresti
dire grazie?
Alla mia famiglia.
Per questo
inverno, quali sono i tuoi progetti?
Allora, saremo in giro ancora con Che Disastro al
Teatro Augusteo di Napoli e al Teatro San Babila di Milano. Inizierò a
collaborare in un progetto di story telling aziendale, Company Talks ideato da
Andrea Dotti e Tiziana Sensi, dove racconterò la storia di Google in inglese.
Parteciperò ad un film e ad una serie TV (ma non posso dire ancora nulla),
porterò avanti il progetto delle visite guidate con teatro itinerante della
Fenix 1530 con Luca per dargli il giusto respiro e visibilità. Tornerò su a
Londra per lavoro e scriverò il mio spettacolo su a Milano… sarò un po’
itinerante! Poi da gennaio, ci chiuderemo per le prove di Che Disastro di Peter
Pan, in scena a Torino all’Alfieri e al Brancaccio un mese a Marzo.
Parliamo un po’
di Roma. Com’è il rapporto con la tua città?
Odi et AMO, diceva Catullo. La trovo la città più
bella del mondo, abbiamo lavorato la scorsa settimana con Radio due dentro i
FORI ed ero INEBRIATA DALLA SUA BELLEZZA! E’ unica, come la sua gente. I
romani, noi romani, abbiamo un’ironia, un modo per farti sentire di “CASA”
che pochi hanno. Purtroppo però, negli anni essendoci nata e cresciuta,
la vedo “spogliata” e trascurata. É come una donna bella, che non ha
bisogno di valorizzarsi, che si sente arrivata e non si “impegna”, perché
tanto tutti la guardano. Se si valorizzasse però … sarebbe Miss Universo.
Quali sono state
le tue abitazioni romane?
Monteverde .. cresciuta e nata a Monteverde nuovo. Amo
Monteverde..!
La tua Roma in tre
posti diversi?
San Pietro/Borgo Pio (sono cresciuta lì con la scuola
e gli amici). Villa Phampili, scappo spesso lì per riconnettermi con la natura
e avere una vista di insieme. Trastevere
perché mi ricorda di essere romana (era il mio “luogo” all’università”)
Apprezzi la cucina
romana? (cosa ti piace e viceversa).
AMO i piatti tipici romani! Ricordo la mia nonna che la
domenica si alzava alle 6 per cucinarci gli gnocchi fatti a mano e gli involtini
romani. Sono stata nel mondo della ristorazione per anni, quindi ho visto
“l’arte culinaria romana” quella vera. Non adoro la trippa, ecco quella
NO!
Come vivi la Roma
by night?
Ultimamente POCO, pochissimo. Quando non sono in scena,
preferisco una cena tra affetti e amici, o il divano con Netflix, o un bel
film al cinema Intrastevere e una passeggiata al centro. Vivo molto Roma la sera
già per lavoro.. quindi “la casa” diventa la mia trasgressione!
Tradiresti Roma
per vivere in un’altra città? Se si, quale e perché?
Già fatto per amore e per lavoro, da quando avevo 22
anni. Londra. Lì si vive con una qualità della vita diversa (trasporti,
facilità di servizi). É carissima, però ti “ripaga” di quello che ti
da’. Lì puoi avere stimoli artistici internazionali, capire cosa ti fa
“stare sempre avanti” . Quando arrivo a Londra, vado sempre in una libreria,
nella stessa libreria.; mi siedo per terra al reparto script, recitazione e ci
rimango le ore. Prendo la metro e in 5 minuti sono dall’altra parte a vedere
uno spettacolo al West End, poi al mercatino per comprare i vinili..
Connessioni, persone da tutto il mondo, influenze, una città in continua
evoluzione movimento. Sembra tutto più “fluido” e veloce! Roma spesso si
muove come un pachiderma.. vivo Roma in macchina.. quindi.. so quando esco e non
so quando arrivo!!:-)