Andrea Mingardi (cantautore e scrittore)
Monte San Pietro (Bo) 20.9.2022
Intervista di Gianfranco
Gramola
“Io cerco di ricordarmi bene da dove sono
partito, da dove vengo, ma con la faccia rivolta al futuro”
Andrea Mingardi è nato a Bologna nel 1940,
dove ha frequentato il Liceo scientifico "Augusto Righi". Nel 1964
svolge servizio militare nella F.T.A.S.E. a Verona. Musicista, cantante,
scrittore, Mingardi, bolognese D.O.C, in prima fila nell'impegno solidale, è
tra i fondatori della Nazionale Cantanti di calcio. Vincitore del "Premio
miglior bluesman Italiano", vince "Sapore di mare" e il
"Premio Stella d'Argento" nel 1991. Nel 1994 vince la gara canora
"Mina contro Battisti" (disco di platino), e collabora con grandi
artisti: da Morandi a Feliciano, da Picket a Dalla. Nello stesso anno dà alle
stampe il libro "Benèssum", fenomeno editoriale. Nel 2000 esce il CD
"Ciao Ràgaz", raccolta di canzoni dialettali a cui partecipano
Morandi, Guccini, Carboni, Stadio e altri. Disco d'oro in un mese di uscita, si
propone di esportare il nostro idioma dandogli dignità di lingua. Nel 2001
rilegge "Pierino e il lupo", di Prokofiev, accompagnato dall'orchestra
dell'Università di Bologna. Nel 2004 partecipa a San Remo con i Blues Brothers
ispirando la formazione della nuova "RossoBlues Brothers Band", con la
quale registra dal vivo il nuovo LP, "Tribute to Ray Charles". Nel
2006 è autore di "Mogol Battisti", interpretato con Mina e contenuto
nell'album "Bau", con altri otto suoi brani. Nel 2007 esce il libro
"Permette un ballo, Signorina?", edito da Mondadori: in breve è best
seller per la collana "Gli Oscar". Chiude il 2008 scrivendo
"Amiche mai", canzone scelta da Mina e Ornella Vanoni per il primo
duetto della loro storia musicale e per il quale il 16 dicembre è insignito del
"Premio Personalità Europea" in Campidoglio. Nel 2009 un terzo libro,
la collaborazione con Katia Ricciarelli e l'atteso nuovo disco. Dal 2001 è
Direttore artistico del Festival delle Arti. Nel 2006 è Vicepresidente della
Nazionale Italiana Cantanti.
Intervista
Com’è nata la passione per la
musica?
Io ascoltavo i dischi di jazz e poi sono
stato travolto dal rock and roll. Ascoltando il rock and roll e facendo come
tanti della mia generazione, mi sono trovato a suonare la batteria e
contemporaneamente a cantare con il mio gruppo che si chiamava Golden Rock Boys.
Chi erano i tuoi cantanti di riferimento?
Tutti i grandi cantanti di rock and roll,
quindi Elvis Presley, Little Richard e poi sentivo anche i grandi del jazz come
Ella Fitzgerald, Louis Armstrong, Frank Sinatra e tanti altri. La mia formazione
è stata un po’ quella lì.
I tuoi genitori come hanno preso la tua
scelta di dedicarti alla musica?
Non sono stati sicuramente dei genitori
fanatici, però se fosse successo adesso forse mi avrebbero fatto da manager o
ufficio stampa. Allora mi hanno lasciato seguire la mia strada. Studiavo,
giocavo a calcio nelle giovanili del Bologna e iniziavo a suonare e cantare.
Le doti di un buon musicista?
La prima è la musicalità. Se uno non ha
musicalità, fatica moltissimo. La seconda è ascoltare e soprattutto studiare.
Sei anche autore. L’ambiente che ti
circonda influisce sul tuo estro artistico?
Tutto quello che ci circonda influisce sullo
scrivere, sul cantare, sull’emozionarsi. Certo è naturale, l’ha fatto in
passato e lo fa ancora.
Delle tue canzoni nasce prima la musica e
il testo?
Non ci sono delle regole. Mi viene l’idea,
scrivo una canzone di un certo tipo, poi un po’ alla volta le note e le parole
possono venire assieme e si uniscono come in un mosaico.
Ho letto che agli inizi hai suonato
insieme a Pupi Avati in un gruppo. Che ricordi hai di lui?
Noi eravamo amici, siamo tuttora amici anche
adesso. Lui suonava il clarinetto e gli feci la proposta di entrare a far parte
del mio gruppo, lui accettò e registrammo il primo 45 giri che si chiamava
“No girl for me tonight”.
Hai lavorato con diversi cantanti. Un tuo
ricordo di Mina?
Di Mina ne ho almeno 10 mila di ricordi. Una
sera io suonavo rock and roll con i Golden Rock boys, ero ospite del Mocambo
Club dentro al Palace Hotel di Modena e durante l’intervallo mi venne a
chiamare un cameriere e mi disse: “Ci sono due persone che ti vogliono
salutare”. Era una ragazza e un signore che mi disse: “Sono il maestro De
Vita”. E lei: “Piacere sono una cantante, mi chiamo Baby Gate. Ti facciamo i
complimenti perché il tuo rock and roll ci piace moltissimo”. Baby Gate era
il nome d’arte che usava Mina quando esordì come cantante, nel 1959. Da
quella sera nacque un’amicizia che dura tuttora.
Lucio Dalla?
Con Lucio andavamo a vedere le partite di
calcio e quelle di pallacanestro insieme, prima ancora di sapere che lui
suonasse.
Ho letto che hai lavorato con Katia
Ricciarelli. Com’è nata la vostra collaborazione?
Con Katia ci siamo incrociati durante una
serata e lei mi disse: “Perché non scrivi per me?”. Allora io feci un
arrangiamento della “Habanera” di Georges Bizet, che poi facemmo con la
grande orchestra sinfonica alla Fenice di Venezia, quando la Fenice riaprì dopo
l’incendio del 1996.
In un’intervista hai detto: “Sono
morto e risorto tante volte”. Cosa intendevi?
Quello che è capitato a molto artisti che
sono stati dati per morti mille volte. Alcuni sono rimasti tali, altri hanno
avuto la forza di risorgere.
Perché ad un certo punto hai sentito
l’esigenza di scrivere canzoni in bolognese?
Perché il linguaggio bolognese è un
linguaggio che assomiglia molto all’inglese, assomiglia molto al linguaggio di
James Brown. Sembrava anche un po’ funky. Allora ho cominciato a scrivere in
bolognese le storie dei fantasmi che si aggirano sotto ai portici di Bologna.
Hai scritto parecchi libri e uno parla
delle riflessioni sul senso della vita. Com’è nata l’idea di questo libro e
con quale filosofia vivi la quotidianità?
Io cerco di ricordarmi bene da dove sono
partito, da dove vengo, ma con la faccia rivolta al futuro. Diciamo che faccio
tesoro delle mie esperienze.
Ho letto che ti piace la pittura. Chi ti
ha trasmesso la passione?
Quando ero ragazzino a scuola disegnavo
molto. Poi appena sono stato in grado, facevo dei disegni anche a casa e poi mi
sono cimentato con la pittura. Ho fatto diverse mostre e la pittura mi piace
moltissimo perché è terapeutica.
Tre aggettivi per definirti.
Sono uno fuori dal coro, anche se questo non
é un aggettivo. Poi sono tenace e diciamo instancabile.
Che rapporto hai con la Fede?
Sono uno sperante.
Come ti immagini l’aldilà?
Mi auguro meglio dell’aldiquà (risata).
Un domani come vorresti essere ricordato?
Sicuramente come uno che ha portato allegria,
che ha fatto trascorrere momenti felici a tanta gente.