Anna Kanakis (attrice, ex modella e scrittrice)
Roma 13.5.2020
Intervista di Gianfranco Gramola
“Ho sempre letto tantissimo e di tutto, dai
classici ai contemporanei, però io scrivo così, in modo naturale. Ho notato
nel tempo che la mia scrittura si è lievemente modificata, sono sempre più
asciutta, ora aggettivizzo meno”
Per contattare la scrittrice Anna Kanakis, il
suo sito è www.annakanakis.it
Anna
Kanakis, siciliana, a soli 15 anni viene eletta Miss Italia. Ha debuttato
nel cinema, con piccoli ruoli nella commedia brillante. Poi, con Luigi Magni, il
primo ruolo drammatico nella pellicola 'o Re, con Giancarlo Giannini e Ornella Muti. Seguiranno oltre 30
film per il cinema (Bello di mamma
- I nuovi barbari
- Attila flagello di Dio
- Acapulco, prima spiaggia...
a sinistra - Segni particolari: bellissimo - 'o Re - L'avaro
- Gli inaffidabili) e qualche serie Tv ((E Caterina... regnò
- La primavera di Michelangelo
- Due vite, un destino - La famiglia Ricordi - Il
maresciallo Rocca - Vento di
ponente - L'inchiesta - La terza verità). Nel 2010, con il romanzo Sei così mia quando dormi. L'ultimo scandaloso amore di George Sand fa il
suo esordio come scrittrice. Nel 2011 continuò nella scrittura, col secondo
romanzo L'amante di Goebbels, dove narra la storia vera dell’attrice
cecoslovacca Lìda Baarovà, che fu amante di Joseph Goebbels nel 1938. Ha un
blog sul sito del Fatto Quotidiano
e scrive anche sull'Huffington Post.
Intervista
Da attrice a scrittrice. Com’è nata
la passione per la scrittura?
La scrittura io l’ho sempre amata per cui
fin da ragazzina, nel mio liceo Cutelli di Catania, amavo scrivere. La mia
insegnante di italiano ogni tanto pubblicava i miei temi su un giornale della
mia città e io ne ero molto orgogliosa. Poi durante una pausa professionale,
fra una fiction e un altro lavoro, leggendo un romanzo, una biografia di George
Sand, mi sono imbattuta nel suo ultimo amante, nel suo ultimo amore. Li ho
cominciato a scrivere delle pagine a penna, perché io scrivo solo a penna. Poi
mettevo queste pagine in un angolo e pian piano sono diventate un manoscritto.
Un manoscritto che inconsciamente ho mandato a due editori e entrambi mi hanno
proposto di pubblicarlo. Mi sono resa conto in quel momento che in realtà avevo
scritto il mio primo romanzo storico e da lì è cominciato tutto.
Hai pubblicato due romanzi storici. Sei
affascinata più dalla storia o dagli amori tormentati?
Io sono siciliana e greca, per cui
l’inquietudine interiore fa parte della mia natura. Sono affascinata da
entrambe le cose.
Come scegli le storie che vuoi raccontare
poi nei libri?
Uno scrittore doc come Pietrangelo
Buttafuoco, mio conterraneo, mi ha detto che di solito sono i personaggi che ci
cercano, che ti trovano. In tutti e due i romanzi, sia
nella storia dell’amante della Sand, che nell’amante di Goebbels,
questi due personaggi mi hanno trovata e io mi sono occupata di loro. Amo molto
la storia e credo sia il nostro bagaglio nel quale attingere per evitare di
commettere errori ed è un bagaglio interessantissimo di anime interessanti.
Parlando del libro “Sei così mia quando
dormi” hai detto “Nella storia ci sono anch’io”. Cosa intendevi?
In realtà uno scrittore solitamente ha
dentro tutto, nel senso che c’è la base storica a cui sono molto attenta,
perché faccio molta ricerca prima di lanciarmi con la penna. Ma poi i pensieri,
le emozioni, tradurre queste emozioni fanno parte del mio bagaglio personale,
chiaramente mediato da quello che è la storia del personaggio stesso, è
evidente.
A quando il tuo terzo libro?
Il terzo libro lo sto scrivendo adesso e
penso che vedrà la luce in autunno o inverno.
Un libro storico?
Assolutamente si, una storia realmente
accaduta e sto lavorando su due protagonisti.
Quando scrivi ti ispiri a qualche modello
di scrittore o è una cosa istintiva?
E’ tutta farina del mio sacco e non mi
ispiro. Ho sempre letto tantissimo e di tutto, dai classici ai contemporanei,
però io scrivo così, in modo naturale. Ho notato nel tempo che la mia
scrittura si è lievemente modificata, sono sempre più asciutta, ora
aggettivizzo meno.
Cosa serve per catturare nuovi lettori,
storie vere, gossip?
Non è arroganza, ma io non scrivo pensando a
come catturare nuovi lettori. La domanda è intelligente, la risposta è diciamo
un po’ individualista. Io scrivo ciò che sento, poi se piace al lettore sono
molto contenta perché ovviamente il mio lavoro ha un senso se c’è qualcuno
che mi legge, come il mio lavoro di attrice aveva un senso se qualcuno vedeva e
apprezzava ciò che facevo e come lo facevo. Non cerco il consenso, cerco ciò
che mi piace perché io vivo di passioni, di emozioni. Ho bisogno di emozionarmi
innanzitutto. Per rispondere più prosaicamente alla tua domanda
è evidente che c’è chi scrive in modo un po’ più ruffiano, un
po’ più lieve e cattura un mercato, chi invece affronta temi un po’ più
complessi, abbraccia una fascia di pubblico un po’ più elitaria.
Hai ancora il blog su Il Fatto Quotidiano?
Quel blog è aperto e ne ho anche uno sul
Huffington post. Ho avuto un periodo di fitta collaborazione con entrambi i
giornali, poi mi sono accorta che mi distraevano troppo dalla scrittura del
libro. Un blog deve essere vivo, aggiornato e io rispondevo anche ai commenti
dei lettori ai miei post ed era diventato praticamente un lavoro. Un po’
distraente per la scrittura delle otto ore in studio.
Oltre alla scrittura, curi delle passioni
nella vita?
Ne ho tante. Amo moltissimo viaggiare, poi
amo la musica, amo leggere, amo il mare, sono una donna curiosa, mi interesso di
ciò che accade intorno a me, seguo la politica, seguo tante cose.
La popolarità crea vantaggi e purtroppo
anche svantaggi. Hai mai avuto dei fan un po’ invadenti, per non dire
fastidiosi?
Si, succede. Bisogna star molto attenti ai
social al giorno d’oggi. Io sto molto attenta alla scelta delle cosiddette
amicizie su facebook, perché oggi siamo tutti in contatto, in connessione e
puoi trovare di tutto. Mentre io sono esposta, come hai detto tu nella tua
domanda, perché tutti sanno chi sono, vanno su wikipedia e sanno bene quello
che ho fatto. Ma io non so nulla di chi c’è dietro a quel profilo, a parte
che non lo conosca già. Quindi bisogna stare molto attenti. In passato ho avuto
uno stalker e spero che sia finito in galera.
Hai conosciuto tre personaggi che adesso
non ci sono più. Un tuo ricordo di Gigi Magni, Francesco Cossiga e Alberto
Sordi.
Gigi Magni era un signore, è stato questo
morbido regista, tenero e coccolone, che mi ha fatto interpretare il mio primo
ruolo drammatico importante che era ‘O re, con una dolcezza, una tenerezza che
mi ha messo subito a mio agio. Ne ho un ricordo meraviglioso e poi abitavamo
vicini a Roma, lui in via del Babuino e io in via del Corso. Spesso lo
incontravo insieme a sua moglie Lucia. Una grande perdita.
Francesco Cossiga?
Cossiga era una persona eccezionale. Lui mi
vide in una puntata di un po’ di anni fa di Porta a Porta, dove ero ospite
insieme ad altre attrici e politici, e si parlava della libertà di espressione
di un attore nel mondo dello spettacolo, cioè se è giusto che un attore dica
per chi vota e comunque il suo pensiero politico. Io ho espresso una perplessità,
dicendo che in teoria noi vorremmo e io personalmente voglio dire per chi voto,
solo che poi sicuramente accade che sotto un profilo professionale un attore
possa avere dei contraccolpi. Questo succede abitualmente. Lui il giorno dopo,
intorno alle 7, mi telefona, con quella voce dal forte accento sardo:
“Buongiorno, sono il presidente Cossiga, volevo incontrarla”. Io ho
risposto: “Scusi, sono le 7 del mattino, non mi prenda in giro”. Ho messo giù
il telefono, pensando ad uno scherzo. Lui mi ha ritelefonato dicendo che era
Francesco Cossiga e che non era uno scherzo. Nel pomeriggio ci siamo visti e poi
ho accettato l’incarico che mi propose, che era dirigente nazionale cultura e
spettacolo, per UDR. Cossiga era un uomo coltissimo, un uomo per bene, un
politico con un occhio al futuro come nessuno e una freschezza di un bambino.
Ho letto che con Alberto Sordi hai avuto
una storia, è vero?
No, quella era roba inventata dai giornali.
Lo accompagnai alla prima de “I promessi sposi”. Con Albertone ho condiviso
il set di “L’avaro”di Moliere. Lui era pazzesco e io rubavo con gli occhi
quel suo modo di recitare, quel suo modi di muoversi sulla scena e rimanevo
incantata ascoltando i suoi aneddoti. Tra un ciak e l’altro chiacchieravamo
molto. Mi raccontava del suo film preferito, che casualmente era anche il mio,
che era “Un borghese piccolo piccolo”. Mi parlava della difficoltà di
trovare un produttore per quel film, perché i produttori italiani dicevano:
“Albe’, ma questo nun fa ride, è tragico, non piacerà”. Invece è stato
un successo clamoroso ed è un film che è rimasto nella storia del cinema.
Perché non metti nero su bianco la tua
storia e in un libro racconti aneddoti legati
ai personaggi del cinema che hai conosciuto?
Mi manca quella forma di egocentrismo nella
mia natura, che non posseggo. Non credo che una biografia sulla mia persona,
anche se mi è già stata chiesta, possa essere così tanto interessante. Io
preferisco curiosare nelle vite degli altri e magari fare capolino qua e là
attraverso gli altri con me stessa.
Quando facevi l’attrice, hai notato più
rivalità o complicità?
La complicità la trovi quando hai davanti a
te un collega più bravo di te, più famoso di te, più grande di te o di età o
di spessore. La rivalità la trovi nell’attore un po’ mediocre, non molto
capace. I grandi non hanno timori e non hanno invidia. Le rivalità sono cose
che fanno parte delle persone minori.
Hai vissuto a Roma, poi ti sei trasferita
a Milano. Ora sei tornata a Roma. Come l’hai trovata?
Peggiorata, sono sincera. Ho lasciato Roma
per andare a vivere a Milano perché ho sposato un signore milanese. Ho lasciato
Roma, ma non ho lasciato la mia casa romana. Roma quando l’ho lasciata era
scoppiettante di eventi, scoppiettante di vita culturale,
una città con un’energia pazzesca. Sono rientrata dopo 10 anni e l’ho
trovata spenta purtroppo, l’ho trovata abbandonata, demotivata, come una
signora stupenda che dormicchia e non c’è un bell’uomo che le da un bacio
sulla fronte e la sveglia, in questo caso un bravo sindaco.
Sei tornata a Roma per lavoro, per il suo
clima o il suo cibo?
Per tutte queste cose (risata). In realtà il
mio sposo ha esaurito la sua esperienza professionale per questioni di età, ora
è in pensione, anche se è un uomo pieno di interessi. Ci siamo spostati a Roma
perché è comunque la mia città di adozione, la mia città del cuore, la città
che mi ha consentito di diventare qualcuno o comunque di realizzarmi in ciò che
desideravo fare. Quindi ho un grosso debito di gratitudine nei confronti di
Roma. Amo molto questa città, il suo clima mi bacia la fronte e ancora oggi,
dopo tanti anni, sono continuamente basita davanti alla bellezza di Roma,
rimango sempre incantata. Oggi però la
trovo un po’ sonnacchiosa.
Ci sono un paio di luoghi che ami
particolarmente?
Io ho sempre vissuto nel centro storico. Il mio tempio quotidiano, quando
vivevo in via del Corso, era Babingtons, la sala da tè che si trova in piazza
di Spagna, che è ancora uguale, con la stessa qualità e le stesse persone. Un
locale dove, dopo una giornata intensa di contatti di lavoro, amavo rifugiarmi,
bere una tazza di tè o una cioccolata d’inverno. Babingtons è un posto
meraviglioso dove trovavi un po’ di tutto, scrittori, attori e intellettuali.
Il Ghetto mi piace tantissimo, il portico d’Ottavia, con tutti questi luoghi
all’aperto, con tutta questa Roma multietnica, con tutte le diversità, questi
sapori, questi profumi, contatti umani. Ecco, Roma è una città aperta, non
chiusa in se stessa.