Armando Ravaglioli (giornalista e scrittore)
Roma 18 aprile 1998
Intervista di Gianfranco Gramola
Un
romagnolo fattosi romano per vocazione culturale
Armando
Ravaglioli è nato a Rocca San Casciano, provincia di Forlì, il 17 novembre del
1918 ed è scomparso a Roma il 28 gennaio del 2009. Ha compiuto gli studi
superiori a Forlì, in anni densi di esperienze nelle organizzazioni giovanili
cattoliche e in quelle del regime dell’epoca. Frequentò poi la facoltà di
Giurisprudenza nella Università di Bologna dove si laureò nel 1941. A quel
periodo risalgono oltre a formative esperienze nei concorsi che venivano
organizzati fra gli studenti a livello provinciale e nazionale, le prime
iniziative giornalistiche nell’ambito delle pubblicazioni del Guf. Ufficiale
di artiglieria durante la seconda guerra mondiale, assegnato alla zona di
occupazione della Grecia, trascorse circa due anni nei lager nazisti di
Polonia e Germania, rifiutando l’adesione alla Repubblica Sociale e al Reich.
Venne liberato dagli Alleati nel campo di Wietzendorf. Per le conseguenze
riportate gli è stata riconosciuta la grande invalidità e gli sono state
concesse due croci al merito di guerra. Le dolorose esperienze, le speranze
deluse, i travagli e le aspettative di quel periodo, Ravaglioli avrebbe poi
raccontato nei suoi libri Continuammo a dire di no e Storie di
ordinaria prigionia. Nel 1946, il trasferimento a Roma rispondendo alla
chiamata di Luigi Gedda, presidente della Gioventù di Azione cattolica, a
collaborare alle attività editoriali dell’ACI come responsabile della casa
editrice AVE e poi come capo dell’ufficio stampa del presidente Vittorino
Veronese. Da qui, alla fine del 1949, passò a dirigere i servizi di stampa e
propaganda dell’ONMI (l’Opera nazionale maternità e infanzia) di cui era
presidente Urbano Cioccetti. Nel 1958, fu chiamato da Cioccetti, neoeletto
sindaco di Roma, a organizzare in chiave
moderna l’ufficio stampa e relazioni pubbliche del Comune. Per quasi
vent’anni, fino al 1977 (durante i sindacati Cioccetti, Diana -commissario-,
Della Porta, Petrucci, Santini e Darida) fece di quell’ufficio un centro di
iniziative di portata anche internazionale, mediante la realizzazione, pur con
mezzi limitati, di pubblicazioni, esposizioni, concorsi, convegni, celebrazioni.
Dal 1961 al 1969 diresse, insieme con Carlo Pietrangeli, sovrintendente
ai Musei e Monumenti del Comune e successivamente direttore dei Musei Vaticani,
la rivista ufficiale del Comune Capitolium, che divenne un
apprezzatissimo strumento di cultura romanistica e di informazione sulla vita
amministrativa della città. Collaborò con metropoli straniere mediante il
gemellaggio con Parigi, i patti culturali con Vienna, Atene e Colonia e operando
nell’UCCE, l'Unione delle Capitali della Comunità europea. Redasse fra
l’altro sei edizioni della
pubblicazione annuale Europa delle
Capitali (1971 – 1977) e realizzò il primo Festival
dei giovani delle Capitali. Si impegnò fin dal 1966 per il
ripristino delle celebrazioni del Natale di Roma come festa della città e avviò
la coniazione, in tale ricorrenza, delle medaglie comunali. Originali, e di
grande diffusione, poi, alcune pubblicazioni di divulgazione turistica come Roma,
pubblicato dall’Ente provinciale per il turismo in occasione delle Olimpiadi
del 1960, e A
Roma come i romani, edito in diverse lingue dal Banco di Santo
Spirito. Sempre per l’EPT Ravaglioli ha realizzato e diretto per molti anni il
mensile Carnet
di Roma, distribuito in decine di migliaia di copie negli alberghi
della città. Lasciato l’incarico al Comune di Roma, mentre intraprendeva una
intensa attività di scrittore ed editore, Ravaglioli ha proseguito un
regolare impegno giornalistico, in particolare con regolari collaborazioni
con testate cittadine (Il Popolo, Il Tempo), mentre dal 1989 al 1993 ha
realizzato insieme con il figlio Marco la rivista RomaRome. Ravaglioli è stato
anche segretario generale per dodici anni del premio internazionale "Roma
per la stampa". Particolarmente intensa anche l’attività svolta per il
Comune di Roma nel settore espositivo, con un’attenzione particolare
alla divulgazione della realtà romana anche all’estero. Fra le
principali mostre da Ravaglioli ideate e organizzate: Uno
sguardo su Roma, Piazza
Navona, Paese di Roma
trenta secoli da salvare, Roma
città aperta, Roma
cento anni, Un
libro per vivere e cinque edizioni della Mostra
del libro su Roma. Ma
per queste iniziative si rinvia alla sezione "Le mostre" di questo
sito. Come scrittore, Ravaglioli è autore di moltissime pubblicazioni
su tema romano. Ci si limita a ricordare i titoli delle principali
rimandando alla sezione "I libri" di questo sito. Vedere e capire
Roma (1979; la Pianta
monumentale di Roma, disegnata da Luigi Piffero (1971);
Roma la Capitale (1970-71);
La terza Roma (1971); Cronologia di Roma Capitale
(1971); Roma 1870-1970 (1971);
Vecchia Roma
(1981-82); Le rive del Tevere
(1982); Roma ieri e oggi
(1982); Roma in mano
(1983); Tutta Roma
(1983); Roma Umbertina
(1984); La Capitale incompiuta
(1987); La storia in piazza
(1987); Roma 1888 Veduta
panoramica di Tidmarsh-Brewer (1990);
Roma Journey of dream (1991);
Roma a passeggio (1994);
Alla scoperta del Lazio (1995);
Roma curiosa (1996). Ravaglioli è anche autore di venti
titoli della collana Roma
Tascabile. Ha dedicato inoltre due volumi alla sua esperienza di
militare internato nei lager nazisti:
Continuammo a dire di no e
Storie di ordinaria prigionia. Conosciuto quale “romano de
Romagna”, Ravaglioli ha congiunto l’interessamento per la città capitale a
quello per la sua terra di origine, in particolare operando per la
valorizzazione della presenza dei romagnoli nell’Urbe. Oltre a dedicarsi per
dieci anni alla crescita della “Famiglia romagnola” e a costituire il Cevar,
Centro di valorizzazione romagnola, ha pubblicato Roma
Romagnola, vera e propria “enciclopedia” della presenza dei
romagnoli nella Città eterna (1982) e tre Quaderni di Presenza romagnola,
promuovendo inoltre il premio “Melozzo d’oro”. Per stimolare l’amalgama
degli immigrati in Roma e coordinarne le attività sul piano civico, ha promosso
la costituzione dell’Unar (Unione delle Associazioni Regionali in Roma).
Iscritto al Rotary International, Ravaglioli è stato presidente del Club Monte
Mario e ha diretto a lungo il notiziario romano. In riconoscimento del suo
lavoro di giornalista e di scrittore, Ravaglioli ha ottenuto il Premio Città di
Roma, il Premio per il Centenario della Guida Monaci e il Premio Fregene.
Curiosità
- Ufficiale
di artiglieria durante la seconda guerra mondiale, assegnato alla zona di
occupazione della Grecia, trascorse circa due anni nei lager nazisti di Polonia
e Germania, rifiutando l’adesione alla Repubblica Sociale e al Reich.
- E’
consuocero di Giulio Andreotti, perché il figlio Marco ha sposato Serena Andreotti, figlia del Senatore.
Intervista
Com’è
il suo rapporto con Roma?
Il
mio rapporto con Roma ha una propria specificità, perché io non sono né
d’origine romana, né qui sono nato o cresciuto. Da quando ho coscienza ho
sempre nutrito un particolare sentimento per questa città che, da noi in
Romagna, è profondamente radicata nel sentimento comune a causa di una costante
tradizione di profondi rapporti con quella che è stata la nostra Dominante:in
essa ci siamo sempre riconosciuti, esaltandoci nella idealizzazione della sua
storia, della sua grandezza. Scesi per la prima volta a Roma per l’Anno Santo
del 1933, riportandone una grande emozione nella quale confluì la mia devozione
per le testimonianze cristiane.
A quale zona di Roma si sente legato?
Dovrei
dire - e può forse stupire – che sono particolarmente legato al colle di
Monte Mario sul quale risiedo da quasi mezzo secolo. Ho visto crescere il
quartiere e ho partecipato all’impegno
sociale per la sua qualificazione. Benché non possegga monumenti esaltanti,
esso è tuttavia intriso delle memorie storiche del suo rapporto topografico con
Roma, consente di dominare un vasto panorama e, oltre tutto, mi dà la
soddisfazione di “scendere” a Roma ogni giorno, riscoprendola un po’ da
“forestiero” innamorato.
Quali sono i problemi di Roma che più le
stanno a cuore?
Avendo
trascorso la parte più intensa della mia vita professionale in Campidoglio,
sento fortemente tutti i problemi dello sviluppo e dell’adeguamento della
Capitale. Partecipo con passione personale al tormento cui l’antica città si
assoggetta nell’ansia di farsi moderna, senza nulla perdere della sua anima
antica.
Qual è il fascino di Roma?
C’è
un aspetto del fascino di Roma che più mi avvince ed è la sua attestazione di
perennità che ritroviamo nelle pietre tante volte riutilizzate per rinnovare il
tessuto urbano, nel fluire dei tempi testimoniato dalle patine dei monumenti,
nel linguaggio che i suoi panorami e i suoi ambienti esprimono a vantaggio di
chi abbia un orecchio sensibile.
Ma Roma è o era la città più bella del
mondo?
In
quanto al fatto che essa sia “la città più bella del mondo”, ho appreso
dalla mia consuetudine di visite in tante metropoli a gustare i caratteri propri
di ognuna. Ogni città è “più” bella al modo proprio e per certi suoi
aspetti. Basterà dire di Roma che è inimitabile e non paragonabile.
Come giudica i romani?
I
romani? Ma dove sono davvero rimasti gli originari romani? Ci sono dei caratteri
psicologici che considero ambientali e che vengono assunti da tutti coloro che
crescono a Roma. Di positivo c’è
la saggezza del temperamento che è pacato e svagato, come se il contatto, con
la storia e i monumenti rendesse disincantanti ed equilibrati. Di meno
accettabile ci sono certi comportamenti che sono relativi al clima poco
stimolante, alla mancanza di una tradizione di civismo, alla tendenza verso la
chiacchiera nemica della conclusività. Ma
c’è da osservare che ormai si sta verificando
una tale amalgama di gente arrivata da ogni regione italiana che il nuovo
romano sta diventando una quintessenza di sangue e di costume italiano,
rappresentativo di pregi e difetti dell’intero Paese.
In quale Roma del passato le sarebbe
piaciuto vivere?
Mi
piace vivere nella Roma dei tempi nostri; godiamoci i vantaggi di questa fase
civile del mondo e lavoriamo perché Roma vi si situi al meglio.
C’è un monumento di Roma che, se
potesse, butterebbe giù molto volentieri?
Perché
questi propositi demolitori? Tutto ciò che viene dal passato ha una sua
giustificazione; io arrivo ad amare persino il monumento a Vittorio (il
Vittoriano) che tanti dileggiano. Vi vedo impressa tanta passione italiana;
chiedo solamente che venga aperto ad una frequentazione comune. Le cose inutili
non vengono amate; ma quando ci si potesse andare a passeggiare, sarebbe
un’altra cosa…
Che consigli vorrebbe dare al sindaco di
Roma?
Per
certi aspetti tutte le città attuali presentano margini di invivibilità; ma
occorre saper pesare i vantaggi che si ottengono dal viverci sia pure con le
asprezze della vita associata e meccanizzata. Chiediamo al comune di affaticarsi
nell’adeguare al presente le formule della convivenza civile mediante una
sagace amministrazione, ricca di fantasia innovativa e di onestà
nell’innovare un giuste forme i servizi offerti ai cittadini.
Un consiglio ai turisti?
Ai
turisti? Che si accostino a Roma con trepidazione e liberi da pregiudizi; Roma
saprà compensarli con tante esaltanti emozioni.
Lei è un esperto della storia di Roma.
Sta scrivendo qualche libro?
Ho
già scritto tanto. Vorrei che i servizi editoriali e librari di Roma sapessero
avvicinare meglio il pubblico ai testi impegnati a farlo davvero penetrare nella
profonda comprensione della realtà romana.
Un suo sogno nel cassetto?
Perché
conservare i sogni nel cassetto? Passeggiare per Roma, ammirarne i panorami,
goderne albe e tramonti costituisce un meraviglioso e appagante sogno ad occhi
aperti.