Chiara Buratti (attrice, conduttrice e
giornalista)
Asti 16.2.2022
Intervista di Gianfranco
Gramola
Ho incontrato Giorgio Faletti una decina di
anni fa e mi ha visto per la prima volta recitare ad un festival molto
prestigioso, ad Asti ed è successo che alla fine dello spettacolo è entrato in
camerino con la moglie e mi ha detto: “Voglio scrivere un testo teatrale per
te”.
Contatti: Silvia Ferrarese
email
silviaferrarese@live.com
Nata a Cento nel 1977, imposta il suo
percorso artistico come attrice, conduttrice, giornalista. È attrice
televisiva, cinematografica e soprattutto teatrale. È uno dei volti noti di Rai
Educational (Rai Cultura), per cui conduce numerosi programmi. Nel 2015 ha
condotto Sex Secrets su Virgin Radio. Dall’11 maggio 2017 presenta su Rai 3
"I luoghi della scienza". È anche protagonista anche di molte
pubblicità televisive.
FORMAZIONE:
- Corso biennale di Arte Drammatica a Modena,
diretto da Claudio Calafiore.
- Laboratorio biennale di Cinema a Roma,
tenuto da Alessandro Pultrone e Antonio Tallura.
- Corso annuale di recitazione con Elio
Pandolfi.
- Seminario di improvvisazione teatrale con
Riccardo De Torrebruna.
- Seminario intensivo di recitazione,
improvvisazione e pronuncia inglese diretto dall’acting coach John Sperry.
- Seminario sul movimento e l’emozione
tenuto da Beppe Rosso e Ornella Balestra.
-
2018 Stage con James Price, Meisner acting technique.
- Dal luglio 2012 è giornalista pubblicista.
Teatro
2021 UN LOFT PER SEI - 2020 - 2021 DECAMEROCK
- 2020 BOHEME (Ruolo narratrice) - 2019 L’ULTIMO GIORNO DI SOLE, Linda
(protagonista) – 2015 - 2019 L’ULTIMO GIORNO DI SOLE, Linda (protagonista) -
2018 - 2019 OTTAVIA E NERONE - 2018
ELISIR D’AMORE (narratrice) - 2017 - 2018 QUELLA PICCOLA PAZZA COSA CHIAMATA
AMORE - 2017 - 2018 TUTTI I COLORI DEL BIANCO - 2017 LA LINGUA MISTERIOSA DEI
BINARI - 2016 ANTINOMIA DEL SILENZIO - 2016 VISIONI DI TEATRI POSSIBILI - 2014
IL PAESE INUTILE - 2011-2012-2013 ALL’OMBRA DELL’ULTIMO SOLE - 2013 HANNO
ARRESTATO ANCHE IL TEMPO - 2012 - 2013 MACBETH. QUANDO IL POTERE BUSSA ALLA
NOSTRA ANIMA - 2005 - 2006 CRY BABY. L’ULTIMA NOTTE DI JANIS JOPLIN - 2005 E
POI GLI DIRO’ - 2002 - 2003 LA ZIA DI CARLO (160 repliche) - 1999 - 2000
AGGIUNGI UN POSTO A TAVOLA.
Televisione
2009 OCCHIO A QUEI DUE - 2008 COSI’ FAN
TUTTE - 2006 - 2007 UN POSTO AL SOLE.
Televisione (conduttrice)
2021 FILES DI PROGETTO SCIENZA (Rai Cultura)
- 2018 - 2019 DONNE DI SCIENZA (Rai Cultura-Rai 3) - 2017 - 2018 MEMEX, I LUOGHI
DELLA SCIENZA (Rai Cultura-Rai3) - 2016 IL VIAGGIO DELLA MEMORIA AD
AUSCHWITZ-BIRKENAU (Rai Cultura) - 2015 EXPO (Rai Edu) - 2012 - 2014 PRENDI LA
STRADA GIUSTA (Rai Edu) - 2013 PER L’EMILIA (documentario per Rai Uno sul
terremoto dell’Emilia) - 2013 LEGALITAG (Rai Edu) - 2013 SPECIALE GIANMARIA
TESTA (Rai Edu) - 2012 ORA LEGALE (Rai Edu) - 2009 MATTINO ITALIA - 2009 SPORT
MAGAZINE - 2008 - 2009 WWW.TUTTAUNALTRAMUSICA.COM.
Festival - Conduttrice
2021 FESTA INTERNAZIONALE DELLA CROCEROSSA -
2019 PREMIO DONNA DI FIORI, Sanremo - 2014 - 2017 PREMIO DI LETTERATURA PER
RAGAZZI, Cento(FE) - 2014 - 2016 UNA CANZONE DAL CUORE, Asti - 2008 - 2009
PISTOIA BLUES, Pistoia - 2009 FESTA DELLO SPORT E DEL VOLONTARIATO, con Red
Ronnie, Cento - 2007 - 2009 FESTIVAL SCUOLACINEMA, Asti - 2008 ALICE MOONTALE
FESTIVAL, Montale - 2008 PICCOLO VIOLINO MAGICO, Portogruaro - 2004 ANTEPRIMA
del FIVIZZANO MUSIC WORLD, Chiavari - 2004 FIVIZZANO MUSIC WORLD a Fivizzano -
2003 UNA CASA PER RINO, Crotone.
Intervista
A cosa stai lavorando Chiara?
Io collaboro con il teatro Regio di Torino,
perché sono la loro narratrice delle opere. Loro fanno una cosa molto originale
secondo me, fanno le opere pure, però fanno anche delle serate soprattutto per
chi si avvicina all’opera, quindi bambini, ragazzi, famiglie per raccontare
l’opera assieme alle arie più famose, sempre comunque con le stesse
scenografie, i cantanti lirici, però c’è un narratore che ti racconta da
dove nasce l’opera, cosa sta
succedendo e poi ti fa ascoltare le arie più belle, le melodie più belle.
Quindi diciamo che è una sorta di “Il meglio di …”. Lo spettacolo in
realtà dura proprio come l’opera, però è framezzato da dei monologhi del
narratore. Io ho fatto 3 anni fa “L’elisir d’amore” di Donizzetti e
quest’anno finalmente, dopo due anni che lo spostiamo, sto raccontando “La
Bohème” di Puccini, soprattutto alle scuole, quindi ai ragazzi e ai
professori. E’ bello perché vedi dei bambini che hanno 10/12 anni che sono
appassionati di opera e che cantano le arie dell’opera e questo è fantastico.
Mi racconti un po’ com’è nata la
passione per la recitazione?
Io ho avuto i miei genitori appassionatissimi
di teatro. E’ nato tutto dal teatro più che dal cinema. Io sono nata a Cento,
che è in provincia di Ferrara, quindi sono emiliana, però più della zona di
Bologna, e andavo sempre a teatro a Cento dove avevo l’abbonamento e sono
rimasta folgorata da uno spettacolo di Pirandello dal titolo “Così è se vi
pare”, portato in scena dalla compagnia di Ileana Ghione. Ero a sedere ai
bordi della platea e ad un certo punto mi sono ritrovata questa attrice che
camminava molto lentamente di fianco a me con tutta la sua ombra, perché era
tutta vestita di nero, e mi ha impressionato tantissimo. Ero una bambina e mi
sembrava di vedere un gigante e mi sono portata a casa un emozione forte che mi
sono messa in tasca, un’emozione di grande stupore e di turbamento. Dopo sono
andata a leggermi Pirandello, avrò avuto 10/11 anni e
ho cominciato a leggerlo a voce alta e a sentire la mia voce, ad
ascoltarmi. Ho poi chiesto dei consigli a qualche amico e ho cominciato a fare i
primi corsi di teatro nel mio paese. Successivamente
sono passata al “teatro dell’assurdo” e da lì ho fatto
l’accademia a Modena e ho cominciato ad amare sempre di più il teatro. Io a
quei tempi non ero neanche una bella ragazza, ero particolarmente bruttina da
adolescente e quindi ero un po’
complessata. Come dicevo prima, ho cominciato a fare questi primi
corsi di teatro e a studiare i soliti registi, ma ce n’era uno che mi ha
impressionato e che si chiamava Meisner, che aveva un metodo particolare. Ti
diceva: “Tutti questi registi precedenti a me parlavano di guardarsi dentro,
di ripensare ai traumi della propria vita, alle sofferenze, di incapsularli in
se stessi. No! Bisogna cominciare a guardare fuori, a tirare fuori e non a
pensare sempre a se, ma pensare agli altri, a quello che ti circonda”. Tu sei
esattamente una reazione a quello che fanno gli altri, a quello che ti dice un
tuo compagno, ad un suono che senti e tanto è che, i miei primi insegnanti, nei
nostri incontri, non ci chiedevano di parlare di noi, ma ci chiedevano di
parlare della nostra famiglia, della città in cui vivevamo. Ci dicevano
“Basta pensare a voi stessi, a concentrarvi su tutto quello che non va di voi,
sui vostri limiti, cominciamo ad ascoltare. Ascoltate il vostro compagno,
ascoltate come bussa alla porta il bidello di scuola e la differenza nelle
piccole cose”. Io ho cominciato a concentrarmi sempre meno su di me, su tutto
quello che mi bloccava e ad ascoltarmi. Questa per me è stata una grande
scuola, una grande lezione e ho scoperto che mentre nella vita normale mi
chiudevo sempre nelle mie maschere, nei miei ruoli, gli unici momenti in cui mi
sentivo bene, mi sentivo me stessa, anche interpretando ruoli diversi, perché
poi non puoi creare sul palco senza essere te stessa, che poi è alla base di
tutto, mi sentivo benissimo sul palco, stavo bene e il problema era uscirne
dopo. Però stavo talmente bene che mi sono detta: “Ma perché non provare a
farne la mia vita?". E da lì è nato tutto. Ho avuto una grande
fortuna, quella di aver fatto 3 anni di accademia a Modena, e Lando Buzzanca mi
ha scelto per uno spettacolo teatrale che mi ha portato, a 24 anni, non ero
ancora laureata, a girare tutta l’Italia, con una commedia musicale, dove
abbiamo fatto 160 repliche in due anni e mezzo, quando ancora si potevano fare
160 repliche, perché adesso la vedo come una cosa impensabile, probabilmente
forse qualche musical tipo “Notre Dame de Paris” può vantare mille
repliche, ma è molto difficile che la prosa riesca a fare tantissime repliche.
Con lo spettacolo di Buzzanca ho girato tutta l’Italia e calcato i più
prestigiosi teatri d’Italia e ho conosciuto Roma, perché ho recitato al
teatro Quirino e lì la mia vita è cambiata. Ho fatto un mese a Roma e ho
potuto fermarmi perché quando fai 160 repliche e ogni giorno sei in un paese o
città diversa, non hai proprio il tempo di viverti i tuoi colleghi e la città
dove reciti in quella giornata. Avevo 24 anni e in quell’occasione ho
conosciuto Roma molto bene. Ho potuto respirarmela e ho conosciuto anche quello
che poi è diventato mio marito. Ho imparato a conoscere qualche trattoria e a
fare conoscenza con i tassisti che sono molto simpatici e chiacchieroni. In quel
periodo sono diventata grande, credo di essere davvero maturata e di aver posto
le basi per il mio lavoro futuro.
Un aneddoto che riguarda Lando
Buzzanca?
Stiamo parlando della mia prima tournée in
assoluto e io avevo poco più di 20 anni e lo spettacolo aveva per titolo “La
zia di Carlo”, scritta da Brandon Thomas, una commedia musicale dove c’erano
4 ragazzi ventenni. Quello che mi ricordo è che l’atteggiamento di Lando nei
nostri incontri era molto paterno. E’ stato molto carino e ci ha guidato
prendendoci per mano per arrivare ad interpretare questi 4 collegiali, perché
lui era il capo comico, il primo attore, ma era anche il regista. Lui è sempre
stato una persona molto carismatica e aveva un carattere irruenta, a volte
perdeva la pazienza come capita in tutte le migliori famiglie. Quando provavamo,
e lui alzava la voce, poi si rendeva conto che aveva esagerato e veniva a
bussare alla porta dei camerini di ognuno di noi per chiederci scusa e io l’ho
sempre trovato un gesto molto umile, perché dove trovi un regista, un attore
importante che appena alza la voce viene
a chiederti scusa? Noi ventenni avevamo bisogno anche di regole e di un
insegnamento rigido. Io me lo ricordo come una persona soffice, cioè molto
paterna nonostante il suo ruolo. Altra cosa è che aveva identificato per ognuno
di noi sin da subito quale
poteva essere la nostra “confort zone”. A me diceva sempre che mi sarei
trovata bene nei ruoli di eroina romantica e mi raccontava che se in un futuro
avessero cercato un’attrice per il ruolo di personaggio romantico, avrebbero
preso sicuramente me. Ad una mia collega che aveva una forte verve comica diceva
che sarebbe esplosa come personaggio comico. Quindi lui ci aveva già incanalati
nei nostri ruoli futuri, poi ovviamente nel tempo abbiamo interpretato mille
altri ruoli, però effettivamente aveva ragione. Ad esempio io l’anno scorso
ho interpretato il ruolo di Ottavia, nell’Ottavia di Vittorio Alfieri, che è
un’eroina romantica. Questi sono i personaggi
che sono più nelle mie corde. Lando Buzzanca è sempre stato un grande attore e
aveva sempre delle grandi intuizioni, quindi ci ha rassicurati anche in questo.
L’incontro con Giorgio Faletti è
stato molto importante per te, vero?
E’ stato importantissimo l’incontro con
Giorgio Faletti. Ho incontrato Giorgio una decina di anni fa e mi ha visto per
la prima volta recitare ad un festival ad Asti molto prestigioso ed è successo
qualcosa perché alla fine dello spettacolo è entrato in camerino con la moglie
e mi ha detto: “Voglio scrivere un testo teatrale per te”. Questa è stata
una cosa fortissima, perché è difficile trovare un’artista che sia così
generoso, che vede in scena un’attrice e decide di impiegare del tempo per
scrivere qualcosa per lei. Lui ha scritto uno spettacolo di
teatro-canzone, quindi non solo un testo, ma ha scritto anche 8 canzoni,
quindi con musica e parole. Ha speso 7 mesi, da giugno a dicembre,
concentrandosi quasi solo su questo spettacolo. E’ stato veramente un
privilegio enorme per me e lui mi ha insegnato veramente tante cose. Se Lando
Buzzanca è stato il mentore dei miei 20 anni,
Giorgio è stato il mentore dei miei 30 anni. Sono cresciuta tanto perché ho
imparato tanto da lui, soprattutto la costanza e la disciplina nel portare
aventi un progetto. Lui è un uomo
di grandissimo talento e ne parlo al presente perché non riesco ancora a
parlare di lui all’imperfetto. Per me lui è ancora molto presente. Mi ha
insegnato proprio la concentrazione nel tempo, il fatto di non abituarsi al
fatto di avere un piccolo o grande talento, ma a concentrarsi sul fatto che se
il talento non è seguito da uno studio costante, da un lavoro costante, che ci
si deve imporre, non si va avanti con la sola ispirazione per qualche ora al
giorno, ma bisogna imporsi di fermarsi, di lavorare anche quando non ne hai
voglia, perché comunque qualcosa arriva in qualche modo. Mi ha insegnato anche
a stare tanto in mezzo alla gente per imparare e questo l’avevo appreso da
Meisner, ma anche da Giorgio che andava sempre a fare la spesa al mercato. Mi
diceva: “I miei personaggi li ho imparati camminando in mezzo alla
gente, chiacchierando con loro” e io che sono figlia unica e di base
sono molto timida, ho imparato ad aprirmi piano piano, a stare in mezzo alla
gente e a starci bene e mi ha insegnato anche un’altra cosa molto importante,
a coltivare la malinconia ed a non averne paura, a coltivare i lati più oscuri
di se stesso, le proprie ombre.
Giorgio Faletti com’era?
Giorgio è sempre stato un grande comico, però
forse lo si nota di più nei suoi libri, è una persona molto cupa, molto
fragile, con un forte lato femminile, quindi molto tenero, ma anche molto
malinconico. Con lui e sua moglie sono stato tutta un’estate a lavorare nella
sua casa all’isola d’Elba. Mi sono proprio accorta che c’erano dei momenti
in cui lui si perdeva nella sua tristezza e bisognava lascarglieli. Però quando
arrivavano questi momenti, non se ne vergognava, non aveva timore a mostrarli,
anche se eravamo a cena fuori o in qualunque momento. E credo che in qualche
modo questo suo innamorarsi di me come artista, sia dovuto al fatto che lui ha
rivisto in me un po’ la sua malinconia, tanto che ha scritto un testo molto
riflessivo, perché in realtà è un testo dove c’è una grande attesa, si
attende qualcosa e quindi questo personaggio
riflette, come se aprisse i cassetti della memoria. E lui secondo me, ha
deciso di parlare di vita, di morte, di incontri strani, affidando questa sua
malinconia ad una donna. Lui aveva questa forte parentesi di tenerezza, di
tristezza, anche di femminilità, anche se poi non è vero che la fragilità
deve essere per forza unita alla femminilità. Tra l’altro quando raccontavo
la Bohème ai ragazzi e ai professori, dicevo che Giacomo Puccini è stato
talmente geniale da concentrare il momento più tenero, il momento più
malinconico di tutta l’opera nelle voci dei due protagonisti maschili, Rodolfo
e Marcello. Loro erano stati lasciati dalle loro compagne e non riuscivano a
fare altro che a non pensare a loro, come si fa da adolescenti. E fanno un
duetto in un momento che è il momento più fragile, più tenero di tutta
l’opera, che Puccini non affida
alle donne ma a due uomini, che tra l’altro sono due bravi artisti perché i
protagonisti della Bohème sono un poeta e un pittore, e alla loro fragilità.
E’ molto bello rendersi conto che la fragilità, che la malinconia sono dei
sentimenti che appartengono a tutti e non dobbiamo averne paura.
Come reagisci alle critiche?
Dipende da chi le fa e dal momento in cui
vengono fatte. Agli amici chiedo sempre di dirmi la verità quando vedono i miei
spettacoli. Secondo me le critiche fatte al momento giusto, se partono da un
pensiero giusto, sono sempre fatte per crescere. Io sono una che si auto
distrugge abbastanza e al marito e agli amici dico di non dirmi le cose belle e
le parti belle, ma di dirmi sempre dove ci sono delle cose in cui posso
crescere, in cui posso fare meglio e l’unica cosa che chiedo è di trovare il
momento giusto per farlo. Parlo delle critiche fatte dalle persone che mi
vogliono bene, perché poi ci sono anche quelle dei giornalisti, ma quello è un
altro discorso. Però credo che gli amici e le persone che ti conoscono, devono
trovare il momento giusto per farlo. Nel momento che tu termini uno spettacolo
non puoi e non vuoi sentirti criticare, nel momento esatto in cui tu dai tutto
te stesso sul palco, perché l’attore vero non è un attore a metà,
l’attore vero dà tutto se stesso. Lì in quel momento faccio fatica a
ricevere critiche, perché quando ti danni e dai tutto di te, ti aspetti che
l’altra persona accolga almeno la tua generosità, almeno spero. Penso che un
vero artista non possa non essere generoso e non donare almeno le viscere.
Finito lo spettacolo non sei lucido
e non riesci a recepire nella maniera giusta, perché c’è ancora
l’adrenalina, l’arte che si mescola al sudore, al sogno. Invece la mattina
dopo si, puoi ricevere qualunque cosa. Non credo di essere una persona
permalosa, ma credo di avere tantissima strada da fare e di averne ancora da
imparare da me stessa, riconoscere ancora tanti lati miei, soprattutto di
imparare da tanti artisti, grandi e piccoli. Nel momento in cui rifletto sulle
critiche, so che mi fanno crescere e non patisco. Non mi è mai successo di
avere avuto stroncature forti da giornalisti per fortuna. Ho chiesto a qualche
amico giornalista se hanno mai avuto il coraggio di stroncare completamente
un’opera, un attore e mi hanno detto che un tempo era molto più facile perché
c’era molta più libertà. Adesso si fa molta più fatica a stroncare davvero
qualcuno. Anzi, devo dirti che con lo spettacolo di Faletti ho fatto una tournée
in America e abbiamo avuto un sacco di recensioni, sono state tutte molto belle
e abbiamo avuto 4 stelle su 5 di recensione sullo spettacolo. Sono molto
orgogliosa di come sono andate le cose anche all’estero. C’erano giornalisti
che potevano benissimo “uccidermi”, tanto non mi
avrebbero più rivista. Comunque in generale ho sempre avuto dei bei
riscontri, soprattutto dal pubblico, perché alla fine la cosa che importa di più,
secondo me è arrivare a chi a teatro non ci va tanto, a chi non ha nessun tipo
di snobismo, di pregiudizio, a chi ti scrive un messaggio, cerca la tua mail, ti
cerca sui social e ti scrive: “Era la prima volta che venivo ad uno spettacolo
e qualsiasi spettacolo tu farai,
sappi che io ci sarò”. O un signore che ti fa una domanda perché non ha
capito una cosa e ti mette anche in condizione di pensare tu stesso a certe
cose, a delle persone che ti fanno notare delle cose che tu magari dopo mesi che
lavoravi allo spettacolo, non ci avevi fatto caso.
E’ molto bello che a volte certi personaggi nascano quasi insieme ai
consigli della gente, del pubblico, e che tu magari capisci quando c’è un
punto che piace alla gente e dove la gente si perde e capisca quando è il
momento di puntare di più, di lavorare di più sul momento, di lavorare di più
su una pausa per dare più valore alla parola successiva. Devo dire che a me il
pubblico aiuta tanto nel lavoro sul personaggio. Io lo spettacolo di Faletti lo
porto in scena da 6 anni e in novembre ho fatto le ultime 3 repliche e lo porterò
in giro anche quest’anno e ancora questo mio personaggio di Linda, cambia, si
trasforma con me, con le mie esperienze e ancora adesso modifico cose, aggiungo
magari un’intenzione che si era persa dietro un angolo. E’ un po’ come uno
scrittore quando termina un romanzo, torna indietro e corregge, aggiunge o
toglie. Ad esempio, un giornalista quand’è che
capisce che un articolo è perfetto? A volte ti vengono in mente delle
cose che vorresti aggiungere. Io ad un certo momento ho sentito l’esigenza di
scrivere un testo e non riuscivo a chiuderlo, ogni giorno cercavo una frase e
non andava mai bene, cercavo una parola migliore ma è difficile capire quando
è il momento di mettere fine ad una propria opera.
Per te è più difficile iniziare un
racconto, terminarlo o pensare alla storia?
Per me è stato finirla. Io sono una
giornalista e lavoro per Rai Cultura, ma questa è un’altra cosa. Io faccio
cose diverse, più scientifiche legate all’istruzione. Per quanto riguarda
l’arte per me è più difficile chiudere, perché se tu senti l’esigenza e
l’urgenza di comporre qualcosa, la storia ti arriva. A me è arrivata come un
fulmine, perché avevo bisogno di parlare di donne e in pochi giorni avevo
proprio lo scheletro di quello che volevo scrivere. Per me è stato molto
difficile chiuderlo, ma negli spettacoli scritti da me ancora oggi mozzico le
parole. Il lavoro dell’attore tu puoi permetterti di non concluderlo, perché
le sfumature, le intenzioni possono variare un po’ a seconda di una tua
esperienza passata, di un tuo dolore. Può venirti in mente un qualcosa in più
per dare più vita al personaggio che stai interpretando.
Sei sposata con il giornalista e
scrittore Massimo Cotto. Come l’hai conosciuto e come ti ha conquistata?
L’ho conosciuto nella Repubblica di San
Marino, ad una festival di musica. Io ero lì con degli amici, tra cui anche il
mio agente di allora che voleva che l’accompagnassi. Ero tra il pubblico e
Massimo faceva parte della giuria. Lui si diverte molto a raccontarmi che ha
avuto un colpo di fulmine nei miei confronti, appena mi ha visto entrare in quel
teatro, ma io non mi sono accorta di nulla. Però mi ha fatto molto ridere perché
la presentatrice l’ha chiamato sul palco e lui dopo aver parlato del suo
ultimo libro, scendendo la scaletta, continuava a fissarmi e mi guardava
talmente fisso che è caduto per terra. E lì comincio ad avere qualche dubbio
di piacergli. In realtà la nostra storia è costellata di cadute perché poi ci
incontriamo a cena dopo la serata del festival musicale e lui si apre con me e
mi dice: “Sei la donna della mia vita” e io l’ho invitato al teatro
Quirino a Roma, dove facevo lo spettacolo di Buzzanca dal titolo “La zia di
Carlo”. Lui lavorava in radio a Roma, a Saxa Rubra e una sera viene dietro le
quinte ad aspettarmi. Io l’abbraccio e cadiamo tutti e due (risata). Poi a
Roma, al ristorante Dante, lui si
dichiara e dice: “Io sono innamorato di te, voglio conoscerti meglio e voglio
fidanzarmi con te e che tu sia la mia donna”. Io ricordo che ero uscita
qualche sera a cena con lui, sapevo di piacergli e questa dichiarazione mi ha un
po’ imbarazzato. Lui sostiene che io abbia risposto: “Mi dispiace ma a me
piacciono gli uomini belli”. Questa è una cosa che dice lui perché vuole
farmi sentire in colpa, ma io so benissimo di non essere in grado di dire una
frase così becera, così terribile. Io ho risposto in maniera più fine:
“Massimo, io non sono interessata a te”.
Però con gli amici lui vuole dire questa cosa terribile. Sai cosa è
successo? E’ successo che io gli ho detto di no. Lui il giorno dopo mi ha
detto: “Ok, tu mi hai detto di no,
ma se ti fa piacere anche solo stare con me, per conoscermi, io vorrei
continuare a vederti indipendentemente da quello che possiamo essere noi due
come coppia”. Lui non si è arreso, ha continuato a volermi vedere e io ho
cominciato a vederlo con occhi diversi e pensavo che non vorrei mai che questo
facesse sul serio, che fosse veramente interessato e non volesse prendermi in
giro. Io ho avuto qualche esperienza un po’ brutta con gli uomini e temevo
sempre che volessero prendersi gioco di me. Quindi abbiamo avuto la prima
uscita, che non fosse una semplice cena e sai dove mi ha portato?
Dove?
A conoscere i suoi genitori (risata). Quindi
non un uomo all’antica ma di più. Poi Massimo è un uomo divertentissimo e mi
ha fatto tanto ridere e adesso che sono quasi 20 anni che stiamo insieme,
abbiamo ancora la bellezza di stupirci uno
dell’altro e di non annoiarci mai. Ogni tanto quando siamo a cena insieme ci
guardiamo e diciamo: “Tu sei la prima persona con cui vorrei divertirmi e
mangiare un buon piatto e con cui stare sempre”. Massimo è un uomo di
grandissima intelligenza e nonostante la grandissima differenza di quoziente
intellettivo che ho io rispetto a lui, è un uomo che non mi ha mai messo in
soggezione e non è mai stato come
il maestro che insegna alla ragazzina, perché lui ha 15 anni più di me. Oltre
alla grandissime esperienze che ha fatto, lui ha intervistato chiunque, però
non mi ha mai fatto sentire inferiore, anzi paradossalmente lui quando finisce
di scrivere un libro o un articolo, mi chiede: “Potresti leggerlo e dirmi cosa
c’è che non va?”. Si capisce che sono innamorata dopo 20 anni? E adesso per
la prima volta, siamo in scena insieme in uno spettacolo. Sono orgogliosissima
perché portiamo in scena uno spettacolo dal titolo “Decamerock” dove lui fa
il narratore e io interpreto il personaggio di Nico, bello e dannatissimo.
Con Roma è stato un colpo di
fulmine?
Si, è stato proprio un colpo di fulmine e
Roma è decisamente la città che amo di più. Secondo me Roma è la città che
ti permette di coltivare il senso di meraviglia. Io come attrice ho sempre
bisogno di stupirmi, di non annoiarmi e Roma è proprio la città che in questo
senso ti stupisce sempre e ti fa sempre innamorare ogni volta. Io l’ho vissuta
quando a 20 anni ho recitato al Quirino, ma poi ci sono tornata. Io adesso
lavoro per Rai cultura tra la Dear e via Teulada e quindi a Roma ci torno
spessissimo sia per il teatro che come attività di giornalista. Non ho sempre
avuto un rapporto pacifico con Roma, ci litighi anche se è la tua città del
cuore, però ogni volta si fa perdonare perché vince sempre lei, con la sua
bellezza. Se la chiamano Città Eterna ci sarà un motivo, no? L’ultima volta
che sono venuta a Roma ero sulla terrazza dell’hotel Hassler, sopra la
scalinata di Trinità dei Monti, e vedevo una bellissima piazza di Spagna. Un
giorno ero in taxi e ho visto un tramonto meraviglioso e ho chiesto al tassista
di fermarsi un attimo in un angolo e sono scesa per pochi secondi per godermi
quello spettacolo che non scorderò mai. A Roma è come se si aprissero dei
piccoli miracoli, nel senso che ti stupisce anche quando meno te lo aspetti.
Ti piace la zona Prati?
E’ un quartiere bellissimo e l’ho vissuto
molto per lavoro e non è un quartiere turistico per eccellenza. Ricordo che
vicino al ristorante “Da Dante” (via Monte Santo, ndr), ho scoperto un
piccolo giardino con un piccolo luna park, sempre aperto al bordo della strada.
Com’è possibile che io che frequento questa zona da 20 anni non mi sia mai
resa conto che dietro ad un angolo c’è un paradiso così? Come dicevo prima,
Roma ci regala tante piccole sorprese. Io Roma l’ho vissuto molto tramite i
tassisti, tramite le trattorie e ho questi punti di riferimento che possono
essere “Il Vegetariano” in via Margutta, per me poesia pura, come può
essere Roscioli, in via dei Giubbonari.
Hai vissuto a Roma?
Ho vissuto un po’ a San Giovanni in
Laterano, che amo molto come quartiere, perché è una zona che rimane popolare
nonostante sia un quartiere che mantiene l’aspetto turistico. Io in quella
zona ho portato in scena qualche anno fa uno spettacolo intitolato “Quella
pazza cosa chiamata amore”, praticamente ho tradotto in italiano la canzone
dei Queen “Crazy little thing called love”, con la regia di Lillo (Lillo e
Greg, ndr). Mi sono innamorata di quel quartiere, ma anche delle periferie se le
vivi da vicino, se te ne innamori. Adoro molto San Giovanni perché ha delle
buone trattorie dove dividere il cibo con gli amici. Il problema di Roma però
è che ha delle trattorie “trappole” per turisti, come nei luoghi più belli
in assoluto ci sono sempre dei posti dove si mangia divinamente e dei posti più
“calamite” per turisti.
Hai un luogo del cuore a Roma?
La mia zona del cuore è via dei Giubbonari e
la zona intorno a campo de Fiori. Quella via non so perché ma mi sembra un
posto di una volta e ogni volta che passeggio, mi sembra un “deja vu”, di
esserci vissuta. E’ una via molto storica e a parte Roscioli, che è un
ristorante, per me è molto di più. Roma
è questo, è proprio l’insieme del grandioso ma anche del semplice, del
popolare. Roscioli, che di giorno vende salumi e formaggi, poi la sera si
trasforma e diventa ristorante. Via dei Giubbonari è la via a cui sono molto
legata, la mia zona del cuore, dove ho avuto gli incontri più belli, dove ho
incontrato amici e anche registi importanti. Lì ho cenato tante volte con
Giorgio Faletti e ho incontrato tantissimi artisti. E’ una zona che ti fa
sembrare di essere in un’altra
epoca.