Elisabetta
Gardini (attrice - conduttrice)
Roma 12 aprile 2001
Intervista di Gianfranco Gramola
L'attrice che è stata adottata da Padre Pio
In questi giorni è
al teatro Greco di Roma, dove interpreta Nora, nell’opera
del norvegese Henrik Ibsen: “Casa di bambola”.
Elisabetta
è nata a Padova il 3 giugno del ’57. Inizia
con il teatro per poi approdare il TV con “Blitz” (’82) e affianca Pippo
Baudo al Festival di Sanremo (’84) e Mino Damato a “Domenica In”
(’85-’86) e poi come inviata (collegamenti esterni) a Fantastico 5 e 6.
Altri programmi in cui lei partecipa sono: “Europa Europa” (dall’88 al
’90) con Fabrizio Frizzi e “Caffè Italiano” (’92). Per
la Tv va ricordato il grande successo di “Una donna per amico” per la Rai in
cui la bella padovana interpreta il
ruolo di una ginecologa e poi “Donne al bivio”. La
Gardini ha un figlio, Pietro, avuto dal fotografo
Luca Fazzi. Il suo compagno attuale è Fernando Balestra, autore e regista.
Negli ultimi anni si è dedicata anche alla politica, militando nelle
liste di Forza Italia.
Ha
detto:
- La preghiera penso che sia la beauty farm dell’anima
e che aiuti ricaricare lo spirito e a mantenere dritta la barra di una vita
spesso troppo distratta e disordinata.
-
Ho
due santi protettori: Sant’Antonio, il santo della mia città e Padre Pio con
il quale ho quasi un affiliazione, perché quando nacqui, un mio zio andò da
Padre Pio per farmi accogliere come figlia spirituale.
- Ho sempre pensato che la vita è troppo
breve, troppo piccola, troppo limitata e che va quindi sfruttata l'occasione,
quando si incontrano le altre persone, per moltiplicare la propria esperienza e
per vivere in qualche modo la vita altrui.
Curiosità
- Nell'ottobre del 2006, ha litigato nel wc della Camera, con Luxuria
(Wladimiro Guadagno), perché è entrato nel bagno delle donne.
- E' diventata figlia spirituale di Padre
Pio, grazie ad uno zio che conosceva il Santo di Pietrelcina.
- Ha una biblioteca che è molto ricca di
libri dedicati alle donne, perché le piace conoscere ogni problema delle donne.
- Suo padre è un'artista: fa il
pittore.
- E' stata legata a Luca Fazzi, dall'87
al '95.
Intervista
Parliamo
un po’ di Roma. Ti va?
Come
no! Sono venuta a Roma la prima volta come studentessa e quindi l’impatto è
stato straordinariamente positivo. Eravamo alla fine del ’79. Ricordo che era
stato appena eletto Papa Wojtyla.
Per noi del nord, la cosa più incredibile era aprire la mattina le finestre e
vedere un cielo incredibilmente azzurro, con questa luce così
rosata che da noi non è immaginabile. Il mio primo impatto con Roma è
stato un impatto climatico e la cosa che più mi ha colpito è stata la luce.
Questa luce che per me è rosata. Per me Roma è una città rosa, mentre io
provengo da città tra le più grigie del nord, al massimo azzurrine.
Quali
sono state le tue abitazioni romane?
Appena
stabilita a Roma mi sono “arroccata” in
un collegio sulla Cassia, vicino al raccordo anulare, perché avevo lì una
cugina e i miei genitori mi hanno collocata lì, mi sono trovata molto bene in questa zona a nord di Roma che
ci sono ritornata e ancora ci vivo, sulla Cassia, un po’ più vicino alla città
però sempre in questa bella zona. Anche perché posso vedere le bellezze di
Roma quando voglio, però nello stesso tempo sono fuori dallo smog, dal traffico
che in questi ultimi anni sono diventati il più grande problema romano e di
tante grandi città.
A
parte la Cassia, c’è un angolino di Roma a cui sei affezionata?
Come
si fa a dire, Roma ha una bellezza che è difficile dire una zona. Con mio
figlio siamo andati a vedere il
Colosseo restaurato e devo dire che è un incanto. Quello che mi piace di Roma
è che come ti giri, dovunque tu ti muova, in centro, hai questi monumenti che
ricordano il passato. Io sono sempre stata appassionata alle civiltà
antiche. Dico sempre di voler fare un viaggio in Egitto, però, a parte
l’Egitto, Roma è stata la capitale del mondo e lo si vede, lo si sente,
quindi il Colosseo è meraviglioso. O il Fontanone, al Gianicolo, fare una
passeggiata là e guardare la città dall’alto è uno spettacolo. A Roma c’è
che quando fanno un lavoro, bloccano tutto perché
da sottoterra escono delle cose incredibili.
Questo passato così importante e straordinario che riemerge da ogni angolo. Uno
va a farsi una passeggiata a Campo di Fiori e trova una Roma di una volta,
quella descritta dai poeti dialettali.
Cosa
provi nel tornare a Roma dopo una lunga assenza?
Quando
torno a Roma è come tornare a casa. Dopo la mia Padova, chiaramente. C’è una
differenza fondamentale, che le posso dire, tra la mia città natale che è
Padova, dove sono nata e cresciuta, e Roma. A Padova, in qualche modo mi sento
proprietaria di questa città, mi sembra che le strade, i palazzi mi
appartengano, essendo padovana, essendone anche in un modo convinta perché amo molto la mia città, mi sembra di
appartenere a quelle pietre e che quelle pietre mi appartengano. Roma la
rivedo sempre con lo stupore del visitatore in qualche modo, perché mi rendo
conto che sono ospite di questa città e mi comporto da ospite “ben
educato”.
Pregi
e difetti dei romani?
La
cosa che più mi diverte dei romani veri, anche se devo dire che credo siano una
minoranza di noi che invadiamo questa città, che ci lamentiamo del casino ma
che siamo noi che lo creiamo, è lo
“spirito romano” perché trovo che il romano riesca sempre ad essere molto
divertente, ha una capacità di improvvisare battute a volte anche pungenti,
riesce ad essere in qualche modo pesante ma nello stesso tempo leggero, e questa
trovo sia una grande qualità perché tutto sommato sdrammatizza. Sembra che
veramente questa civiltà che ha alle spalle l’abbia preparato a vedere “di
tutto di più” per rubare lo slogan della RAI, e quindi ha questa sorta di
distacco un po’ sornione, che qualche volta può essere il suo limite, è
difficile coinvolgere in modo travolgente un romano, in un certo senso.
Praticamente è in qualche modo un suo pregio e un suo difetto.
Il
tuo rapporto con la cucina romana?
Il
mio rapporto con la cucina romana è buono, anche se ovviamente la considero una
cucina delle grandi occasioni, perché come tutte le cucine tradizionali con
tradizioni importanti sono cucine abbastanza pesanti. Non si può mangiarla
tutti i giorni. Sarebbe troppo impegnativo per il fegato però sarebbe molto
soddisfacente per il palato.
Come
vivi la Roma by night?
La
Roma by night poco, per me la Roma by night è fatta soprattutto di case. Casa
mia, casa di amici o qualche piccolo ristorante dove ormai mi sento a casa e tra
amici. Non sono una che ama la vita mondana. La limito a qualche piccola
occasione sempre motivata a qualche occasione mia personale o di qualche amico.
La notte la amo molto, però per me la notte è concentrazione, in qualche modo
reagisco ai disavanzi del gran
casino della giornata e quindi mi sembrerebbe un gran controsenso andare a
rituffarmi nel gran casino della vita notturna. Per me la notte permette o di
concentrarmi, o di rilassarmi da sola o con qualche persona che appartenga alla
mia vita privata. Diciamo che la notte per
me è il privato, mentre il giorno
è il pubblico, il lavoro, gli incontri, la vita frenetica in cui siamo
costretti oramai tutti i giorni. Ma la notte se non dormo è dedicata agli
affetti, alla famiglia e a me stessa.
Com’è
avvenuto il tuo accostamento verso il mondo dello spettacolo?
E’
avvenuto con il teatro. Io stavo a Padova, volevo fare teatro e per fortuna è
venuto Vittorio Gassman con il suo spettacolo “Far male il Teatro” a fare i
provini anche nel teatro di Padova che è il Verdi e io sono andata e mi ha
presa per la “Bottega” e diciamo che ho avuto un inizio folgorante perché
la prima persona di spettacolo che ho conosciuto è stato Vittorio Gassman, il
mio primo maestro, poi ho debuttato con Giorgio Albertazzi, con un Pirandello
strepitoso, una delle migliori interpretazioni che abbia mai fatto Albertazzi, e
quindi è stato un inizio fortunato, perché oggi come oggi proprio per come è
organizzato il teatro è veramente dura inserirsi e avere subito successo.
Infatti Albertazzi me lo disse tempo fa: “credo che tu sia l’unica
attrice che ha avuto un debutto così tutto in regola. La scuola con un grande
Maestro, poi il debutto con una grande compagnia con un ruolo proprio da giovane
attrice, una tournee di otto mesi, non esiste più questo tipo di teatro, non si
fa più”.
Qual
è stata la tua più gran soddisfazione in campo artistico?
Ma,
sai, mi dicono sempre che è l’ultima cosa che abbiamo fatto. Per me è questo
ritorno a teatro in dose più massiccia anche se, avendo un bambino ancora
troppo piccolo, non lo faccio a tempo pieno. Poi ho fatto le riprese
quest’inverno, per cui mi sono trovata adesso in sei mesi a fare tre
personaggi strepitosi di Ibsen. Ho fatto “Spettri” a gennaio al Piccolo
Eliseo, “Casa di Bambole” al Teatro Greco fino all’altro giorno e fra un
po’ comincio a preparare un altro personaggio per il Festival che comincia nel
mese di luglio. Ho avuto da parte del pubblico un bel riscontro, a fine serata i
volti così soddisfatti del pubblico teatrale che ti applaude e che è commosso
con te è una grande soddisfazione.
E
la tua più grande delusione?
Quelle
devo dire che le rimuovo, per come sono fatta ho una memoria che cancella quelle
cose negative, ho tendenzialmente un
carattere positivo. Sono portata a tenere le delusioni come un’esperienza di
vita che mi ha insegnato qualcosa, negativo può essere costruttivo. Quello che
abbiamo nelle nostre mani è il presente e il futuro. Quello che è stato è
stato, io credo che sia tutto in qualche modo non casuale e tutto quindi sia
qualcosa di cui avevamo bisogno, anche le cose negative perché tante volte si
trova l’energia per ripartire e ricominciare in qualche modo da capo il
percorso che qualche volta si smarrisce. Spesso lo si smarrisce quando le cose
vanno bene, non quando vanno male. Ti devo dire che io non ho rimpianti, ho un
carattere passionale per cui mi arrabbio sulle cose che avvengono, per cui in
generale posso dire che in questo momento mi dispiace molto e mi arrabbio molto
perché il mondo dello spettacolo in qualche modo ha dei difetti di fondo. E’
stato distrutto molto rispetto ad una tradizione teatrale importante che
avevamo, rispetto alla tradizione cinematografica importante che avevamo,
rispetto anche ad una televisione importante che avevamo che era considerata una
delle migliori del mondo e che se guardo mi accorgo che s’è lavorato molto
per massacrare tutto questo patrimonio che avevamo. Però spero sempre, perché
ci sono tanti giovani e tante persone che
continuano a fare questo mestiere con passione e amore, Spero che si possa
continuare a crescere invece che a vivere così in questo modo mediocre spesso
contrastato da interessi che non sono quelli artistici e la politica
dovrebbe aver poco a che fare con questo mondo per non essere
sbertucciato, voglio dire che dai tempi di Shakespeare è sempre stato un potere
alternativo. Oggi vederlo così omogeneo, così omologata ai poteri mi fa un
po’ tristezza. Vorrei che anche noi seguissimo quella tradizione anglosassone
cui gli artisti si impegnano veramente in battaglie sociali e non di partito. E
qui da noi questa abitudine non c’è perché mi sembra che da parecchi decenni
ormai in Italia si ha l’abitudine di mettersi dalla parte di chi può dare
qualcosa e di chi in qualche modo può fornire dei privilegi. Ma questo è un
discorso più ampio. Io avrei voglia di fare alcune battaglie sociali, in un
certo senso, in tanti settori. Uno fra questi, che esula dal mondo dello
spettacolo, è una battaglia a favore dei diritti per i bambini, perché
nonostante tutte le parole che vengono scritte nelle nostre leggi e che sono
perfette, poi vedi che mancano i presupposti concreti perché il bambino sia
veramente al centro dell’interesse, perché sia tutelato, sia protetto. Uno
studio recentissimo ci ha confermato che un bambino su 5 soffre di patologie
mentali, quindi viviamo in una società sofferta e sofferente. Avrei voglia di
trovare dei progetti, delle strade per fare qualcosa, anche se è difficile se
non si ha un ruolo, ma in qualche modo devo trovarla.