Eva Crosetta (Giornalista e conduttrice)                Roma 9.3.2022

                                 Intervista di Gianfranco Gramola

“Penso che in questo momento storico in cui ci siamo scoperti tutti più fragili, più insicuri anche attraverso la pandemia prima e ora attraverso lo scenario di guerra, c’è bisogno di aggrapparsi ad un qualcosa di forte: la Fede”

 

Eva Crosetta, originaria di Castelfranco Veneto, è laureata in Giurisprudenza, ha lavorato per un'importante emittente veneta (Antenna 3 Nordest) per poi approdare in Rai, dove ha condotto con Michele Mirabella 'Apprescindere' su Rai3. Attualmente conduce il programma di approfondimento religioso "Sulla via di Damasco" in cui viene trattato in particolar modo il Cattolicesimo.

Intervista

Sei una conduttrice talentuosa e di successo. Mi racconti com’è nata questa passione?

Io alle scuole medie mi sono accorta di avere una grande passione per il teatro grazie al mio professore di italiano che ci fece mettere in scena “Il Caino” di George Byron e io feci proprio il ruolo maschile di Caino e da lì è nato il mio amore per il teatro. Continuai a farlo in diverse compagnie amatoriali e recitai in “Il diario di Anna Frank” e in altri spettacoli. Poi mi sono resa conto di avere una propensione a parlare in pubblico con facilità e mi piaceva, ci prendevo gusto. Quindi iniziai a fare qualche presentazione di eventi e poi ebbi un contatto per avere un colloquio di lavoro ad Antenna 3 Nordest, che è una emittente regionale che copre il Veneto, gran parte del Friuli e la Lombardia. Iniziai a lavorare lì dentro, mentre studiavo giurisprudenza e per me è stata una grandissima gavetta, perché lì ho iniziato a fare di tutto, dal basso. Andavo e giravo i servizi con l’operatore interno, tornavo e li montavo io, all’epoca ancora con la regia analogica, tagliavo le interviste e poi iniziai la conduzione di un programma che si chiamava “Ore 13”, che era una quotidiana in cui c’erano degli ospiti e si creava un contradditorio fra loro e io ricevevo le telefonate da casa. E’ stata una grande palestra perché ho imparato molto. All’epoca ricordo che ho conosciuto Elisabetta Gardini, molto carina, e ho avuto modo di lavorare con lei. Mi disse: “Tu devi cercare di lavorare in Rai, perché hai talento da vendere”. Sono riuscita ad avere un colloquio in Rai e lì iniziò la mia carriera televisiva nella Tv di Stato. Dapprima come inviata di programmi tra cui “Uno mattina”, anzi, la prima cosa che feci è stata “Buongiorno Gigliola” con Gigliola Cinquetti, la domenica mattina, dove io raccoglievo le telefonate da casa e facevo il resoconto un po’ dell’humor  del pubblico che ci stava guardando. Poi dopo anni da inviata, sono arrivata alla conduzione di Linea Verde Orizzonti, che era nella fascia mattutina, cioè dalle 10 alle 10.30 e poi Linea Verde ufficiale delle ore 13.00 ed è stato un programma che mi ha dato molta soddisfazione anche perché, come dico spesso, avevo lo studio più bello del mondo, che è la nostra natura, il nostro bel paese. E poi soprattutto vedere la realtà di tante persone che lavorano la terra, soprattutto in questo momento storico, bisognerebbe ricordarsi da dove arriviamo, il nostro passato, l’importanza della terra. La terra vuol dire famiglia, vuol dire casa, vuol dire valori e non saremo quello che siamo diventati senza questi elementi, queste origini. Quindi vedere i contadini che lavoravano il loro prodotto, che fosse una vite o un ulivo, e lo facevano diventare un prodotto che veniva poi venduto o diventando un’azienda in cui lavoravano i famigliari oltre ad altre persone, a me ha sempre colpito molto, la vedo proprio come una missione. E poi un’altra mia esperienza importante è stata quella con Michele Mirabella, quando ho condotto con lui “Apprescindere”, che era una diretta  quotidiana dal lunedì al venerdì su Rai3, poi ho diversificato andando a lavorare su  La7 dove mi sono occupata di salute, conducendo “L’ora della salute”, toccando tematiche e aspetti sanitari in collaborazione con la Fondazione Umberto Veronesi.

Ora la domenica mattina sei su Rai2 e conduci il programma “Sulla via di Damasco”. Quali sono le tematiche che andrebbero approfondite maggiormente in TV?

Io sono per le cose di contenuto e di qualità. Penso che in questo momento storico in cui ci siamo scoperti tutti più fragili, più insicuri anche attraverso la pandemia prima e ora attraverso lo scenario di guerra, c’è bisogno di aggrapparsi ad un qualcosa di forte. Io ho la fortuna di avere il dono della Fede che non tutti hanno e che non è una cosa che compri o che ti arriva per grazia ricevuta. E’ una continua lotta, un lavorio interno quotidiano.  E la sfida nel mio programma è comunque non raccontare le cose soltanto per chi è credente, per chi ha già la sua convinzione, ma arrivare anche a chi non crede, a chi non  c’ha mai pensato e quindi allargare loro gli orizzonti, perché io penso che le persone hanno un gran bisogno di spiritualità, chiamiamola così,  anche perché quando intervisto le persone nel mio programma, sia che siano dei grandi manager, dei capi d’azienda, degli intellettuali, che siano persone con problematiche di dipendenza, che può essere un tossicodipendente, piuttosto che una donna che abusa di alcool o è stata vittima di violenza, c’è sempre un minimo comun  denominatore fra tutte queste persone ed è il desiderio di essere amati. E’ proprio ricorrente, cioè noi come uomini abbiamo il desiderio di essere amati. Se partiamo dall’origine e sappiamo che c’è una persona che c’ha amato e ci ama incondizionatamente in maniera totalmente disinteressata e ha dato la vita per noi, è tanta roba, come si suole dire. Poi chiamalo Dio, chiamalo Budda, chiamalo Allah, chiamalo energia, chiamalo come vuoi, a me non interessa quello, ma il fatto di riscoprire i valori, i principi che abbiamo, perché dicono tanto che ci troviamo in una società del fluido, in cui tutto è fuggevole, tutto è provvisorio e questo avviene anche nelle relazioni che siano d’amicizia o d’amore, nella famiglia che magari è più colpita e frammentata di un tempo. A me piacerebbe che ci fosse un ritorno all’autenticità, perché siamo tutti bravi a parlare sempre e a pretendere di avere diritti su tutto in nome della libertà, che va benissimo la libertà, però se vuoi i diritti ti devi ricordare anche che hai dei doveri. E sembra quasi che questa cosa voglia venire meno, essere nascosta in nome appunto di un principio di una libertà assoluta. Ma delle regole ci devono essere altrimenti siamo allo sbando e molto spesso vediamo come vanno determinate cose.

Come inviata sei stata a Lourdes. Che ricordi ti ha lasciato quel pellegrinaggio?

Quel pellegrinaggio lo feci con l’associazione cattolica Unitalsi e lì ti colpisce la dedizione che hanno i volontari per queste persone, innanzitutto nell’accudirle, nell’accompagnarle e anche gli stessi malati vanno lì non solo per cercare il miracolo, ma c’è proprio la speranza, la voglia di toccare con mano propria questa speranza. Ed è quello che vogliamo tutti, anche se magari non siamo affetti da patologie, da malattie. Quello mi ha colpito molto, anche perché torni a casa cambiato. Quando mi dicevano: “Torni cambiato da Lourdes” è vero, è così. E’ un santuario che ha un’atmosfera particolare che ti trasforma veramente, io ho fatto un’esperienza l’ultimo giorno, perché lì ci sono stata quattro giorni, singolare.

Mi racconti questa esperienza?

Mi avevano detto: “Vuole fare il bagno nell’acqua?”. Lì ci sono delle vasche di acqua gelida, dove ci si può immergere. Questa era una cosa che sentivo e non sentivo e quindi continuavo a posticipare fino all’ultima mattina del mio soggiorno e non ti nascondo che quando mi sono calata in quell’acqua e sono poi venuta fuori dalla vasca, a  me è venuto da piangere, un pianto liberatorio. Poi ognuno, a seconda del periodo che sta passando, che sta attraversando,  ci vede o ci coglie quello che vuole vedere. Però sono delle dimensioni, degli aspetti della vita in cui diventi più piccina davanti ad un qualcosa a cui non riesci ad attribuire il nome. Un’altra esperienza per me fondamentale che ho vissuto e di cui parlo sempre molto volentieri è quando sono andata in Africa, nella repubblica democratica del Congo, a Kinshasa. Sono stata lì un mese e ho lavorato in una missione insegnando italiano con il mio ostentato francese, a questi bambini, ragazzi e anche adulti, perché quando hanno l’opportunità di poter apprendere un qualcosa  da una persona che viene dal mondo “civilizzato”, si tuffano per imparare. E lì ho provato delle cose che non avevo mai provato in vita mia. Innanzitutto quello di sentirmi bianca, che noi non siamo abituati a sentirci  bianchi. Io ero l’unica bianca che c’era lì, quindi per loro dovevo essere assolutamente una suora, perché non poteva esserci altro motivo della mia presenza, nel cuore della miseria e della povertà. E lì ho visto delle cose incredibili, per quanto possiamo vedere nelle immagini brutte attraverso la TV o nei mezzi di comunicazione, rimangono le immagini, ma quando sei li, invece è tutt’altra cosa. Non lo puoi neanche raccontare ma ti restano dentro tutta la vita. Mi ricordo che mentre aspettavo la macchina per partire, c’è stato un bambino che ha fatto capolino con la testa e mi ha detto: “Fame, fame”. Questo ti toglie il cuore veramente, ti toglie il fiato. Molti di questi ragazzi entrano in seminario non tanto per una vocazione religiosa, ma il più delle volte per avere la possibilità di mangiare qualche cosa, per avere un pezzo di pane. Io insegnavo loro e mi ricordo che una domenica c’era stata una cerimonia in cui venivano dati i voti e questi seminaristi ricevevano anche la visita dei genitori, dei parenti dai villaggi vicini e il giorno dopo, durante la lezione, ho chiesto ai miei alunni quali doni avevano ricevuto, perché vedevo che i parenti portavano qualche pacchetto. Un ragazzo mi rispose che aveva ricevuto da sua sorella della carta da lettere, che per noi sembra un qualcosa di desueto, d’altri tempi dal sapore antico e sua madre invece gli aveva donato un consiglio. A me questo è sembrato di una tale sacralità questa espressione che mi sono sentita molto povera nella mia vita comoda, nel mio pezzo di mondo in cui abbiamo tutto a portata di mano, tanto che quando sono rientrata a casa, mia madre mi sorprese a guardare l’acqua che usciva dal rubinetto. Perché dopo un mese in cui non hai luce, non hai  l’acqua e la devi bollire per 40 minuti per poterla bere, ti rendi conto di come siamo abituati bene, fin troppo bene. Per questo trovo importante non sprecare l’acqua e neanche l’energia elettrica. Vengo proprio adesso da una iniziativa che riguarda il risparmio energetico, ideato da Caterpillar e Rai Radio2 che si chiama “Mi illumino di meno”, per cercare di capire quanto conta e quanto è importante l’energia. In questa iniziativa facevano pedalare dei personaggi del mondo dello spettacolo che andavano a caricare una batteria che contribuiva così a dare energia, un progetto che si concluderà nei prossimi giorni con il concerto di Malika Ayane. Noi dobbiamo  capire che il nostro pianeta, la nostra terra è la nostra casa e dobbiamo avere un grandissimo rispetto per lei, anche iniziando proprio dalla nostra quotidianità, cioè non lasciando la luce accesa, non tenere l’acqua che scorre mentre ci laviamo i denti, cioè in una modalità risparmio, e devi essere contento di avere queste accortezze, perché sai che stai facendo del bene a te e al posto in cui mettiamo i piedi ogni giorno della nostra vita.

Quali sono le tue ambizioni?

Per primo è tornare in palestra (risata), perché mi limito alla camminata quotidiana, ma “un’anima longa” ha bisogno anche di tonificare. La mia ambizione è quella di continuare a fare il mio lavoro, perché già avere un posto di lavoro al giorno d’oggi  non è scontato, quindi io cerco di tenermelo stretto e poi magari avendo fatto ultimamente delle cose sempre di impostazione giornalistica, mi piacerebbe dare più spazio alla mia verve più comica o più umoristica e un contenuto di intrattenimento, che potrebbe essere un modo per mettersi un pochino alla prova e quindi non essere  inquadrata in qualcosa di definito e basta, perché già viviamo in una società in cui c’è questa tendenza.

Oltre al lavoro curi delle passioni, degli hobby?

A me piacciono le camminate in mezzo alla natura, ne sento proprio il bisogno per il mio equilibrio mentale e ho la fortuna di vivere vicino alla riserva naturale di monte Mario, qui a Roma, e mi ci immergo almeno un’ora al giorno, quando posso. Per me questo è come l’aria, è fondamentale e vitale. Poi mi piace giocare a tennis, mi piace leggere e leggo tanto per il programma che conduco per documentarmi sugli ospiti che vengono in studio, e poi mi piace scrivere. Ho iniziato in Africa a scrivere dei racconti sul mio soggiorno africano e lo voglio portare a termine. Ho fatto leggere qualche racconto a mia madre e a qualche amico e mi hanno detto che vale la pena di arrivare alla conclusione. L’ho promesso a mia madre che avrei cercato di finirlo. Penso che in Italia siano più le persone che scrivono che quelle che leggono. Mi ricordo che ho fatto un servizio su Rai3 e ho scoperto che in Italia vengono pubblicati ogni giorno 20 libri, compresi il sabato e la domenica. Dati del 2013.

Se ti dico Roma, cosa mi rispondi?

Ti rispondo Amor (risata). E’ una città che è diventata la mia città, perché ci vivo dal 2008 e non ti nascondo che inizialmente la vivevo come un dormitorio, perché giravo molto per l’Italia per lavoro. Adesso la vivo di più e oltre al clima che è sempre gradevole, c’è un motivo per cui gli antichi romani hanno scelto Roma come capitale dell’Impero Romano, perché è ottimale e in una posizione strategica. E’ una città che non è mai tanto inquinata perché c’è sempre questo ponentino che soffia. Poi tocchi con mano il passato, anche perché il Sacro Romano Impero e la scuola ateniese sapevano già tutto, basta leggere qualche autore classico di quei tempi. I discorsi di Sofocle sono così attuali che pensi che noi non abbiamo scoperto niente. Il rischio che corri nel vivere a Roma è di darla per scontata, perché a volte non l’apprezzi come dovrebbe essere apprezzata. Ci sono degli scorci che ti ritrovi a scoprire all’improvviso e quindi è una città sempre in grado di sorprenderti. Poi corri il rischio anche di andare a visitare dei posti, delle determinate cose quando vengono a trovarti degli amici da fuori e ti chiedono di portarli a vedere le terme di Caracalla o il foro di Augusto. Invece bisognerebbe impegnarsi almeno una volta al mese per vedere qualche cosa, perché non so quante chiese ci sono a Roma, ma sono tante e una più bella dell’altra. Un mese fa ho fatto una passeggiata in centro con degli amici vicino al Colosseo e siamo saliti sopra il foro di Augusto e andando dritto entri nell’ingresso del foro di Augusto, mentre se giri a sinistra  c’è una strada in salita che ti porta fino alla chiesa di San Bonaventura al Palatino. C’è questa strada antica in salita e alle parti ci sono delle porte/finestra dove puoi vedere dei pini e degli ettari di terreno verde, e sei a due passi dal Colosseo. La magia di Roma è proprio questa.

In che zone hai abitato?

All’inizio ero vicino al quartiere Flaminio e adesso sto sulla Camilluccia e quindi mi sono spostata sulla collina di monte Mario, che è il punto più alto di Roma, così domino dall’alto. Io adoro fare quei tornanti in salita, togliermi dal centro e andare a vivere nel verde, sarà che mi ricorda le mie origini venete. Non so se riuscirei a vivere nel centro di Roma, sono un po’ perplessa.

Secondo te il nuovo sindaco sta mantenendo le promesse elettorali? Hai visto dei cambiamenti in città?

Devo dirti che questa pandemia ci costringe sempre di più a stare chiusi in casa e in più io faccio una vita abbastanza ritirata. Anche perché se prendo il covid, chiude una puntata e non faccio lavorare 30 persone, quindi mi sento responsabile mettendoci la faccia. Non giro tantissimo per Roma, però il problema che non  vedo cambiato è quello dei rifiuti. Non si può dire che Roma sia una città pulita e mi piange il cuore vedendola così sporca. Questo fa parte anche della inciviltà dei suoi abitanti. Diciamo che le riunioni condominiali possono essere a volte una buona cartina torna sole della situazione umana e della città. Per non parlare del “car sharing”…

Dici quelle macchine che tu puoi prendere con l’app?

Si! Le abbandonano ovunque. Ne hanno abbandonata una in centro proprio nello svincolo di una strada e quando è arrivato l’autobus non riusciva più a girare. Ho assistito alla scena e ho visto 6 persone che sono scese dalla loro auto e con forza sono riusciti ad alzare e spostare quella macchina. Ognuno dovrebbe farsi un esame di coscienza per una comune e civile convivenza. Così dovrebbe essere, soprattutto in una città che accoglie milioni di turisti.