Gianni Togni (cantante – musicista) Roma 28.3.2007
Intervista di Gianfranco Gramola
Dal
Folk Studio di Roma alla conquista dell'America
Gianni Togni è nato a Roma il 24 luglio del
1956. Da giovanissimo impara a suonare la chitarra e il pianoforte come
autodidatta e nel 1974 inizia ad esibirsi al Folkstudio di Roma, presentando le
canzoni che via via compone. Nel 1975 incide il suo primo album
"In una simile circostanza",
nato con la collaborazione di un gruppo di jazzisti come Biriaco, Siliotto e
Maurizio Giammarco. Questo lavoro, seppur ancora immaturo, mette in evidenza la
capacità dell’autore di contaminare la musica pop con altri generi e il suo
desiderio di sperimentare. Nel 1980 arriva il successo inaspettato e travolgente
sia con il singolo “Luna” che con l’album "…e in
quel momento, entrando in un teatro vuoto, un pomeriggio vestito di bianco, mi
tolgo la giacca, accendo le luci e sul palco m’invento" .
Da quel momento, e per quasi tutti gli anni ’80, è un susseguirsi di dischi
che puntualmente raggiungono i vertici delle classifiche.
Singoli come "Semplice", “Giulia” e "Vivi”
si impongono un po’ ovunque e vengono anche tradotti in inglese, mentre "Per
noi innamorati", nella versione spagnola intitolata
"Par enamorado", vende oltre i 2 milioni di copie in molti paesi del
Sud America. La fama si estende fino in Giappone dove gli LP
“Le mie strade” e "Bollettino
dei naviganti” escono sul mercato con conseguente tournee che
si concluderà con una indimenticabile serata al Budokan di Tokyo. Questi
sono i semplici numeri di anni belli e trascinanti, fatti di 100 concerti
teatrali e stadi estivi sempre pieni. Nel 1988, decide che è arrivato il
momento di voltare pagina e compone in piena libertà le canzoni per il disco
“Bersaglio
mobile”.
L’intelaiatura musicale è complessa e pensata fin dall’inizio per essere
supportata da musicisti di diverse estrazioni, ma il pubblico non lo capisce e
ne decreta un sonoro insuccesso. Gli anni ’90 cominciano con il cd di inediti
“Singoli”,
dove le ballate più intime si alternano a ritmiche inusuali per l’artista.
Nel 1997 si avvicina al teatro scrivendo le musiche di "Hollywood:
ritratto di un divo", con Massimo Ranieri come protagonista
e con la regia di Giuseppe Patroni Griffi e diventa subito un grande successo di
critica e di pubblico con tre anni consecutivi di repliche. Sempre per Massimo
Ranieri scrive e produce nel ‘97 il disco "Canzoni in corso", che
contiene il brano "Ti parlerò d’amore" con cui il cantante-attore
partecipa al Festival di San Remo. Nel 1996 per le continue richieste dei suoi
fans pubblica un cd antologico, con due canzoni inedite, dal titolo
"Cari amori
miei" che ottiene il disco
d’oro in Italia. A seguito di questo inatteso successo parte per una breve
tournee italiana a cui seguiranno concerti in Europa e in Australia. Nel 1997
esce "Ho
bisogno di parlare", ultimo cd in ordine di tempo, con 11 brani inediti. In
questi stessi anni, però, Togni continua a dedicarsi alla musica sinfonica:
compone, per la grande orchestra, la sigla e i commenti sonori della
trasmissione su Madre Teresa di Calcutta trasmessa da Canale5 e realizza
particolari arrangiamenti musicali per diverse produzioni televisive. Nel 2001
il Teatro Stabile di Stoccolma, lo Stadsteatern, gli commissiona le musiche e la
direzione artistica per il musical sinfonico “G and G” ispirato alla vita di
Greta Garbo. La “prima” va in scena l’ 8 febbraio 2002 ed ha un tale
successo che i biglietti per i quattro mesi successivi di repliche in cartellone
vengono venduti nel giro di pochi giorni. Il suo perfezionismo e la continua
ricerca di un suono caldo, analogico, accurato e naturale lo portano a lavorare
molto a lungo sui dieci brani che compongono l’album “La vita nuova” e che
viene registrato, nel corso di quattro anni, in varie sessions tra Italia,
Olanda e Los Angeles. “La vita
nuova” esce il 15 novembre 2006 ed è il disco della “consapevolezza” e si
avvale di un affiatato gruppo di giovani e talentuosi musicisti, tra i migliori
dell’attuale scena rock-jazz romana.
Discografia
LP e CD:
(1975) In una simile circostanza – (1980) …E in quel momento,
entrando in un teatro nuovo, un pomeriggio
vestito di bianco, mi tolgo la giacca, accendo le luci e sul palco m’invento
– (1981) Le mie strade -
(1982) Bollettino dei naviganti – (1983)
Gianni Togni – (1984) Stile libero – (1986) Segui il tuo cuore –
(1987) Di questi tempi – (1988) Bersaglio mobile – (1992) Singoli – (1996)
Cari amori miei – (1997) Ho bisogno di parlare – (2006) La vita nuova.
Singoli:
(1977) Ma tu non ci sei più, (1980) Luna, (1981) Semplice, (1982) Vivi,
(1983) Per noi innamorati, (1984) Giulia, (1984) Se me ne andrò
( Se te ne andrai via da me ), (1986)
Segui il tuo cuore.
CD Musicals:
(1997) Hollywood : ritratto di un divo (2 CD), (2002) G.and G. (registrato dal
vivo)
Ha detto:
-
La politica la seguo con interesse ed un po’ di preoccupazione. Nessuno scrive
e discute di cose profonde o propone idee nuove, radicalmente innovative e
di cui si sente veramente il bisogno. Parlano e litigano, come in un brutto
programma televisivo, di piccole cose ed in ogni occasione danno la sensazione
di essere arroganti e scollati dalla realtà.
-
Dal futuro mi aspetto una maggiore attenzione ai problemi ecologici da parte di
tutto il mondo e la fine di tante inutili guerre e violenze.
-
Per vivere la vita ci vuole tempo e tempo occorre anche per approfondire le
cose da dire, soprattutto quando ti esprimi con la musica.
- Solo gli artisti e i filosofi potranno
salvare il mondo.
Curiosità
- Gianni Togni, per cultura e sensibilità
non ha mai amato il divismo, le apparizioni televisive, la ripetitività delle
azioni e delle parole, le necessità commerciali e tutti gli stereotipi,
soprattutto artistici, che questo tipo di meccanismo si porta inevitabilmente
dietro.
- Per tre anni ha fatto il supporter dei Pooh in giro per l’Italia , Canada e USA.
- La nuova filosofia di vita per Gianni è
quella di apparire il meno possibile, di cercare di fare solo le cose che
veramente gli interessano.
Intervista
E’ nel suo ufficio di promozione
artistica Acquarello, di via dei Leutari, a Roma. Disponibile,
simpatico e per niente altezzoso, ti mette subito a proprio agio, dandoti del tu
e parlando come si parlano due vecchi amici.
Gianni,
che rapporto hai con la tua città?
Il
mio rapporto con Roma è bellissimo, anche perché quando sono lontano da questa
città per un lungo periodo, volente o dolente, ne sento la nostalgia.
Chiaramente sono avvantaggiato dal fatto di abitare nel centro storico
e quindi fare colazione la mattina tra i monumenti che, fra l’altro, vedendoli
tutti i giorni, alla fine non li guardi neanche più. Però quando me ne
allontano ne sento la nostalgia e anche il richiamo.
In
quale zona di Roma hai passato l’infanzia?
Io
sono nato all’Aventino, poi ho passato l’infanzia tra San Giovanni e piazza
Bologna e dopo mi sono trasferito in centro. Sono ormai 25 anni che vivo qui.
C’è
un angolino di Roma che ami particolarmente?
Sono
molto gli angoli di Roma a cui sono affezionato. Con l’Aventino ho un
rapporto anche un po’ di tristezza, ma questa sensazione non so come
spiegartela. Sono nato lì, mi piace la quiete che trovo in questo posto, ho la
possibilità di passeggiare e pensare con calma. Però credo che il luogo di
Roma a cui sono più legato è tutta la parte di piazza Bologna, perché lì ho
vissuto i momenti più importanti, da un punto di vista della mia formazione non
solo musicale, ma anche adolescenziale. Ho composto tanto e lì ho iniziato
anche a muovere i primi passi musicali, cioè quando andavo al Folk Studio.
Altra zona che adoro è Trastevere. Lì sono andato a vivere da solo che ero
molto giovane e in quella zona ho passato anche dei momenti difficili, cioè
negli anni ’77 - ’78 , dove i movimenti politici erano abbastanza violenti.
Però devo ammettere che quando torno da quelle parti provo una grande emozione
e trovo che ci sono degli angoli meravigliosi che ancora non ho visto. Ci sono
dei palazzi, delle case e delle costruzioni architettoniche meravigliose. Dietro
piazza Bologna ci sono delle cose storiche molto belle, perché è molto
ottocentesca, con queste ville straordinarie. Una villa che mi piace sempre di
più è villa Paganini, che trovo un posto meraviglioso e tutte quelle cosa
intorno che trovo molto “newyorchesi”, come se fosse una piccola New York,
quella bella, quella città con dei valori internazionali. Quando torno da
quelle parti mi sembra di rivivere momenti straordinari.
E
dei romani che mi dici? Come li trovi?
I
romani in realtà è vero che sono un po’ indolenti, ma il grande pregio dei
romani è che hanno visto tutto. A Roma sono passati Imperatori, Re, Papi, i più
grandi statisti e artisti e non si fanno abbindolare facilmente, cioè in
questo, da un punto di vista del Dna, sono smaliziati. Quindi hanno un rapporto
con le persone molto più vero, più alla pari. Questo secondo me è un grande
pregio. Io, anche nei momenti di grande successo, sono riuscito a vivere a Roma
tranquillamente, creandomi sempre intorno una serie di amici e contatti che
erano in qualche modo complici e c’ho vissuto benissimo. Probabilmente uno dei
grandi difetti di Roma è che trovo più grande è la maleducazione civile e
anche quello di lasciare le macchine in
doppia e terza fila, gettare le carte per terra dando poi la colpa ai
turisti. Purtroppo per me questa è una grande piaga e ci soffro pure. Mi fa
stare male questo non amare la propria città e non rendersi conto che un po’
di educazione basterebbe a rendere questa
città molto più bella, più vivibile e meno confusionaria. Il grande pregio di
questa città è che è internazionale e devo dire che gli ultimi due sindaci
hanno fatto grandi cose e non parlo di politica, ma parlo di persone. Vedo Roma
un luogo culturalmente avanzato, internazionale, di alte vedute e vista e
apprezzata da tutto il mondo. Abbiamo anche delle iniziative straordinarie a
Roma. Abbiamo una delle migliori difese e tutela degli animali che ci invidia
tutta Europa, perché qui stanno lavorando molto bene anche sugli animali.
Quando una città comincia ad apprezzare, capire e lavorare per difendere gli
animali, vuol dire che si sta appassionando sempre di più all’umanità.
Quindi spero che questa sia un preludio, un migliore comportamento da parte di
tutti. Basterebbe molto ma molto poco e mi auguro che questo avvenga.
Hai
mai scritto una canzone per Roma?
Io
ho scritto una canzone che si chiama "Nannare’", dedicata ad Anna
Magnani ed anche a Roma e dove canto anche alcune frasi in romanesco. E poi
chiaramente disseminate in tante canzoni e in tanti testi c’è sempre stato un
riferimento a Roma come città.
Tu
hai avuto tantissime soddisfazioni artistiche. Ce n’è una in particolare che
ti è rimasta nel cuore?
La soddisfazione che mi è rimasta più
impressa forse è stata quella di poter suonare, oltre che negli stadi in
Italia, al Budokan di Tokyo. E’ stata veramente una grande emozione, una
grande conquista che mi resterà impressa nel cuore e ricorderò per tutta la
vita. Riguardi ai “musical” ne ho musicati due che hanno avuto un grande
successo. Uno era nel 1997 e si chiamava “Hollywood : ritratto di un divo”
con Massimo Ranieri e ha avuto un successo immenso. L’altro a Stoccolma, nel
2002, si chiamava “G.and G”, dedicato alla mitica Greta Garbo, con tutta la
stampa contro. In quell’occasione era stata fatta veramente una campagna
protestante furibonda, sembrava veramente i protestanti contro i cattolici (risata) e invece il successo è stato talmente grande che è durato un anno e
mezzo. C’è stata una standing ovation di una ventina di minuti, pensa. Queste
sono cose che ti rimangono impresse nella vita. Altra
soddisfazione è stata quella di fare gli arrangiamenti per Gilbert Becaud.
Anche quando ho composto la sigla e i commenti sonori della trasmissione su
Madre Teresa di Calcutta trasmessa da Canale5 è stata una grande soddisfazione
personale. Ne ho avute tante, caro Gianfranco.
Ma i tuoi genitori che futuro sognavano
per te, Gianni?
Devo dire che i miei genitori non mi hanno
mai predestinato ne mi hanno mai ostacolato. Mio padre mi avrebbe chiaramente
sognato laureato. Ero avviato ad una laurea certa, perché ero molto bravo in
critica letteraria, anche perché ho studiato con dei grandi intellettuali degli
anni ’70 e ’80 ma poi la passione per la musica mi ha travolto, anche se
quella passione lo avuta da sempre. Ho tentato in tutti modi di continuare a
studiare, ma poi il successo è arrivato all’improvviso e non solo italiano ma
anche internazionale e quindi cominciavo a fare promozioni in Spagna, in
Germania, in Giappone e in Sud America e non ce la facevo a tornare indietro e
studiare. Facevo anche concerti negli stadi. Prima era tutto più semplice,
quando suonavo come supporter dei Pooh, suonavo però il pomeriggio trovavo il
tempo di studiare. Credo che questo era il sogno di mio padre, mentre mia madre
no ha mai avuto problemi.
Hai qualche parente-artista in famiglia
che ti ha trasmesso la passione?
Ho parecchi artisti in famiglia, Gianfranco.
Forse da questi ho ereditato la
passione per la musica. Mia nonna paterna suonava il pianoforte, componeva ed
era cantante lirica. Mio zio paterno è un giudice ma anche un jazzista, mia
mamma per tanti anni aveva suonato il pianoforte. Mia zia è un’artista e
crea, perché è una pittrice e disegna gioielli personalissimi. Diciamo che nel
Dna c’era un po’ di artista.
Per un ragazzo che vuole avvicinarsi al
mondo della musica, cosa consigli?
Prima di tutto il consiglio che do è quello
di non inventarsi un talento. Il talento non si compra e non si può imparare
e quindi verificare che il talenta esista veramente. Questo è un punto
fondamentale. Il talento sembra una cosa bellissima detta come parola.
“Talento” detta così suona molto bene, ti sembra saltellante ma è anche
una brutta bestia, è una tigre in salotto, sempre affamata e chi ti può dare
molte gioie e molte soddisfazioni ma anche dei dolori pesantissimi. Chi ce
l’ha, ha una benedizione ma anche una grossa croce addosso e i talenti sono
sempre anche molto diversi, come l’intelligenza. Io non credo ad una
intelligenza sola o ad un talento solo. Quindi il consiglio che do è verificare
questo, cioè se uno ha talento musicale e quello, ripeto, non si può comprare
ne insegnare. Una volta capito questo ci vuole una grandissima passione e una
grande forza di volontà per sopportare sacrifici, porte in faccia e questo
spesso, perché sono esami continui e le umiliazioni in questo campo si hanno
sempre e non bisogna farci caso e abbattersi. Terzo consiglio è quello di non
adeguarsi a quello che sono le mode, perché chi comincia cercando di cavalcare
una moda, un’onda per arrivare subito cercando una scorciatoia, sbaglia gia in
partenza. Se uno dice:” Se faccio un pezzo così, lo mando alla radio, se
faccio così mi vedono, se faccio Sanremo anche se con una canzone brutta, però
intanto mi faccio vedere, se vado da Maria De Filippi divento famoso “. Tutto
questo è assolutamente sbagliato. Invece chi ha veramente talento non si
preoccupa di tutto questo e va avanti per la propria strada e crea il suo mondo
faticosamente. Nessuno ti può insegnare a cantare e a comporre, puoi avere
delle basi tecniche ma poi cantare, comporre e descriversi diventa semplicemente
un’attività quotidiana che ognuno deve fare come esercizio continuo, che non
ha possibilità di accorciarsi come tempi di preparazione.
Quando arriva l’ispirazione?
L’ispirazione non si sa mai quando arriva.
Capita che stai tutto il giorno in casa ad aspettarla. Quando ti dicevo che il
talento è una tigre in salotto è questo che volevo dire. Il problema è che
devi stare li, aspettare e cercare di prendere il momento giusto e poi puoi
comporre con facilità. Chiaramente l’ispirazione viene data anche
dall’humus che hai intorno, dalla gente e dalle persone che conosci e che
frequenti. Devi sapere, Gianfranco, che l’ispirazione non esiste, è
nell’aria. Come dicevano i grandi pittori:” L’arte è nell’aria,
l’importante è saperla prendere prima degli altri”, cioè saper capire che
quella cosa è quella che ti piace di più. L’arte è un’esigenza personale
irrinunciabile che poi diventa anche un’esigenza di tutti gli altri. Non c’è
un metodo per farsi venire l’ispirazione. Ripeto che è molto importante la
gente che hai intorno.
Quali sono le tue ambizioni, Gianni?
Quella di continuare a fare questo mestiere,
in piena libertà e senza dover accettare troppi compromessi. Non cerco più il
successo, ma cerco un pubblico attento e di qualità. Non voglio più fare
concerti negli stadi e non voglio più arrivare al numero uno in classifica. Il
successo per me è una cosa che ho avuto e volutamente ad un certo punto ho
abbandonato perché non ne potevo più. A questo proposito diceva una frase
giustissima il regista spagnolo, cui non ricordo il nome…. Aiutami.
Era forse Pedro Almodovar?
Si! Bravo. Diceva:” Non vedo l’ora di
passare di moda, per diventare un classico” (risata). E’ giusto, perché
quando tu sei di moda, purtroppo, sei costretto a cavalcare la moda. Sei
sottoposto a dei meccanismi che volente o nolente, anche se tu pensi di non
volerli accettare, ma inconsciamente poi ti muovi in modo che questo avvenga.
E’ come se adesso mi mettessi a fare della
musica che andasse di moda e quindi scimmiotto quelle cose che vanno di moda per
le radio, per i network. Ma chi se ne importa, a me non interessa quello. Il mio
disco nasce con un suono, con una grande applicazione, con una grande attenzione
e quindi cerco un pubblico di qualità che sono sicuro che esiste, che ha voglia
di venire a teatro a sentire musica e non a vedere musica, che
sono due cose totalmente diverse, e gente che è capace di andare in profondità,
perché solo se sei andato in profondità puoi viaggiare leggero e con
leggerezza sulle cose perché hai avuto la possibilità di pensare e di
approfondire tutto quello che ti sta intorno.
Ricevi molti messaggi dai tuoi fan?
Ho ricevuto e continuo a ricevere moltissimi
messaggi, moltissime e-mail che sono straordinarie
e che non ho mai ricevuto in vita mia e a volte, lo ammetto, mi hanno anche
commosso. Lettere che neanche mi
aspettavo da persone che non mi conoscono e che hanno acquistato il disco anche
per caso. Comunque il complimento più grande che ho ricevuto nella mia vita è
quello sicuramente di aver avuto un pubblico, delle persone e degli amici che mi
hanno “supportato” per tanto tempo e che sono ancora qui a “supportarmi”
e a “sopportarmi”. Questo per me è un grande complimento perché,
nonostante i mie silenzi, i miei abbandoni, le mie voglie di curiosare in altri
mondi musicali, è rimasto un mondo di amici che mi è rimasto non solo fedele
ma è rimasto appassionato e attento, giudicante e che mi ha fatto ritornate la
voglia di riapparire.
Hai un sogno nel cassetto?
Hai voglia. Ce
n’ho tanti (risata). Ho tanti
progetti. Adesso c’è il Tour estivo che partirà in giugno e finisce a
settembre per poi riprendere in teatro
dal 15 ottobre e si fermerà per le vacanze di Natale. Quello di tornare ad
esibirmi in teatro è un sogno nel cassetto. Un altro era quello di incidere un
album dal vivo che non ho mai fatto e che è un sogno che realizzerò dopo il
Tour. Però un mio
grande sogno nel cassetto, forse irraggiungibile, resta quello di poter fare un giorno, una colonna sonora per un grande
film internazionale, di quelli intellettuali, importanti e di un regista
straordinario, aperto e intelligente.