Gino Castaldo (giornalista e critico
musicale)
Roma 27.3.2021
Intervista di Gianfranco Gramola
“La passione per la musica nasce da
piccolo, perché mi piaceva scrivere e mi piaceva la musica. Due cose che si
sono combinate insieme e che poi si sono inserite nel mio lavoro”
Gino Castaldo è nato a Napoli il 20 ottobre
del 1950. Nella sua attività
professionale si occupa di critica musicale, divulgazione musicale e conduzione
radiofonica. Scrive per il quotidiano la Repubblica, ha curato l'inserto
settimanale «Musica» dello stesso quotidiano, ha condotto programmi per Radio3
Rai insieme con Filippo Bianchi (critico e divulgatore musicale, organizzatore e
operatore culturale, poi direttore di Musica Jazz, storica rivista
specializzata). Dal 2005, insieme con Ernesto Assante, tiene le lezioni di rock.
Viaggio al centro della musica con lo scopo di approfondire, grazie anche
all'ascolto guidato e all'ausilio di video e filmati, la storia di coloro che
sono entrati nella leggenda del rock. Dal 2011 la domenica pomeriggio dalle 14
alle 16, sempre insieme con Assante, conduce il programma Playlist su Radio
Capital. Dal 2017 conduce su Rai Radio 2, assieme a Ema Stokholma, il programma
Back2Back. Ha condotto le dirette radiofoniche del Festival di Sanremo 2018,
2020 e 2021 insieme a Ema Stokholma e Andrea Delogu, mentre nell'edizione del
2019, in coppia con la Stokholma. Dal 2 gennaio 2021 conduce sui canali Rai, con
Melissa Greta Marchetto, Magazzini Musicali, settimanale di attualità e musica.
E’ sposato dal 2016 con Mary Cavallaro, giovane press agent e nel 2020 i due
sono diventati genitori del piccolo Arturo. Oggi il critico musicale vive a
Roma, dove si è trasferito da giovane per inseguire il suo sogno di diventare
giornalista
Libri
Dizionario della canzone italiana, 3 vol.
(1990) - La Terra Promessa. Quarant'anni di cultura rock (1994) - La mela
canterina. Appunti per un sillabario musicale (1996) - Blues, Jazz, Rock, Pop.
Il Novecento americano (con Ernesto Assante), (2004) - 33 dischi senza i quali
non si può vivere. Il racconto di un'epoca (con Ernesto Assante), (2007) - Il
buio, il fuoco, il desiderio. Ode in morte della musica (2008) - Il tempo di
Woodstock (con Ernesto Assante), (2009) - Music:box. Quando i grandi fotografi
raccontano la musica (2011) - Beatles (con Ernesto Assante), (2014) - Il romanzo
della canzone italiana (2018) - Lucio Dalla (con Ernesto Assante), (2021).
Intervista
Come nasce la tua grande passione per
la musica?
La passione per la musica nasce da piccolo,
perché mi piaceva scrivere e mi piaceva la musica. Due cose che si sono
combinate insieme e che poi si sono inserite nel mio lavoro.
Prima di dedicarti completamente alla
musica, hai fatto altri lavori?
Ho fatto qualche lavoretto da ragazzino, però
poi è successo una cosa abbastanza incredibile. Mandai un pezzone di jazz ad
una rivista molto prestigiosa che si chiama “Musica Jazz” e loro lo
pubblicarono. Avevo 21 anni ed ebbi subito la sensazione che poteva essere un
lavoro quello di scrivere di musica. Infatti nel giro di poco
collaborai con una rivista alternativa importante e poi mi chiamarono a
“ La Repubblica”. Oggi sembra assurdo ma mi chiamarono loro. Avevo 25 anni e
io dissi che ci dovevo pensare (risata), perché erano tempi così e iniziai a
collaborare. Diciamo che la musica è stata da subito il mio lavoro, perché
cominciai anche a collaborare in radio.
I tuoi genitori come hanno preso la tua
scelta di dedicarti alla musica?
Mio papà lavorava nel mondo dello
spettacolo, perché faceva l’autore, quindi sono cresciuto fra teatro,
televisione, musica, ecc … Lui per reazione avrebbe voluto che facessi un
mestiere più sicuro. Papà immaginava un futuro da ingegnere, da dottore, in
banca o di lavori classici e invece poi ho finito per seguire le sue orme. Però
lui poi ha capito e ha accettato che io lavorassi in quel mondo.
Da critico musicale, quali sono le doti che
deve avere un buon musicista?
E’ una domanda complessa perché
risponderei in modo diverso a seconda dei periodi. In linea generale le doti
sono quelle che il musicista deve avere innate. Poi bisogna avere il demone
dell’arte, del cambiamento con chi ha voglia di fare sempre qualcosa di
sensato, che è una cosa che spesso non succede nella musica, perché spesso è
ripetitiva. Oggi succede anche che molto spesso prevalga la logica del profitto
più che non la logica artistica. Negli anni ‘60/’70 la priorità era prima
il lavoro artistico e poi quello economico.
Hai scritto parecchi libri di musica.
L’ultimo, insieme a Ernesto Assante, è su Lucio Dalla. Cosa ti ha spinto a
raccontare il grande cantautore e cosa ti ha colpito di lui?
Ciò che mi ha spinto a scrivere la storia di
Lucio Dalla è che lo conoscevo bene
umanamente, era un grande della canzone, le sue canzoni sono bellissime, e
l’ho frequentato molto. Poi la ragione che amo è che è il momento in cui il
pubblico sembra gradire molto le narrazioni musicali dei suoi motivi, quindi
c’è sembrato che raccontare Lucio sia la cosa più bella in questo momento,
anche perché a differenza di altri protagonisti della canzone, lui ha avuto una
vita molto interessante e molto intrecciata con le sue canzoni. Il racconto
sembrava particolarmente appassionante, come poi è successo, anche scoprendo
cose che credevo di sapere e invece non sapevo, perché l’abbiamo saputo dopo
aver fatto delle ricerche, dove abbiamo scoperto tante cose in più su Lucio
Dalla.
Com’è nata la serie di Repubblica “Le
cassette ritrovate”?
Quello è nata proprio alla lettera come dal
titolo, nel senso che un tempo registravo
le interviste su cassette e le ho sempre conservate, le ho messe da parte in uno
scatolone. Poi quando è cominciato il lockdown mi sono ritrovato a fare un
po’ di pulizia per casa e a spulciare le cose accumulate in casa. Ho messo
mano a quelle cassette e ho comprato anche un lettore nuovo di cassette, perché
non ce l’avevo più e curiosamente la prima cassetta a cui ho messo mano era
quella con Pino Daniele e Massimo Troisi insieme. Quindi è stata una grande
emozione sentire le voci di questi due grandi artisti. Ho risistemate le
cassette e poi è partita questa idea che è piaciuta anche al giornale e
abbiamo creato questa serie con Repubblica.
Parliamo di radio. Come ti sei avvicinato
alla conduzione radiofonica?
La radio è una mia vecchia passione, perché
l’ho fatta parecchi anni fa, non ricordo neanche quando l’ho cominciato a
fare. Con il tempo mi è capitato di fare parecchie esperienze radiofoniche,
anche con la Rai. Poi negli ultimi tempi ho ripreso in maniera stabile, prima
con radio Capital, dove facevo un programma settimanale, poi quattro anni fa
c’è stata la proposta di Radio2 e mi hanno fatto conoscere Ema Stokholma, che
non conoscevo, perché piaceva l’idea di mettere insieme due personaggi così
diversi, sia come età ma anche professionalmente. L’idea piaceva moltissimo e
siamo partiti con Back2Back. Devo dire che è davvero una grande avventura,
perché sono quattro anni che andiamo in onda, tutte le sere. A livello
personale è un po’ un casino come orario, perché sono impegnato tutte le
sere, ma è anche una cosa molto bella perché andiamo in onda alle 21.00 ed è
uno spazio in cui siamo liberi da
playlist e quindi mettiamo della musica che amo molto e questo è impagabile.
Hai condotto la diretta radiofonica del
festival di Sanremo con Andrea Delogu e Ema Stokholma. Come ti è sembrato il
festival di quest’anno?
Dal punto di vista musicale l’ho trovato
molto interessante. Come svago bisogna dire che c’era una situazione difficile
e pesante per via del covid e questo si può anche capire. Poi noi abbiamo avuto
l’avventura strana di avere un punto di osservazione
particolare, perché eravamo proprio dentro il teatro. Sono anni che vado
ai festival di Sanremo, ma una situazione così non mi è mai capitata. Molto
spesso ci accorgevamo che i cantanti si giravano e ci guardavano incuriositi e
con certe facce (risata). Questa è stata un’esperienza diversa rispetto agli
altri anni, che ho vissuto in modo diverso e mi sono anche molto divertito,
proprio perché c’era questa situazione particolare.
Gino Castaldo con Ema Stokholma
La musica può essere terapeutica?
Sempre, o meglio se la musica è brutta può
fare anche male (risata). In linea di massima diciamo che è una medicina
straordinaria e senza controindicazioni.
Tu sei nato a Napoli. Quando sei arrivato a
Roma?
In realtà io mi sono trasferito da Napoli a
Roma che avevo pochi mesi, quindi sono cresciuto a Roma. Abbiamo sempre
mantenuto un buon rapporto con Napoli, perché la mia famiglia è di Napoli e
con i miei ci andavamo in continuazione perché abbiamo sempre avuto un rapporto
stretto con la mia città natale. I miei poi sono tornati a vivere a Napoli.
In quali zone di Roma hai abitato?
Ho girato un po’ tutta Roma. La prima
abitazione appena arrivati da Napoli è stata a Ciampino, poi dopo in via
Nomentana e poi in zona Prati. Ho abitato un po’ dovunque e in altri
quartiere.
Cosa ti piace e non di Roma?
Di Roma mi piace quasi tutto perché sono
sempre stato un fanatico difensore della città eterna e posso dire con una
certa conoscenza che probabilmente Roma è davvero la città più bella del
mondo, c’è poco da fare. Quindi faccio fatica a trovare difetti.
A Roma ci sono tanti musicisti di strada e
tutti molto bravi. Meriterebbero di stare in tv, non trovi?
A questo non so rispondere. Il fatto è che
oggi c’è un’offerta musicale enorme e questo è un problema perché è
molto difficile emergere. C’è una quantità di musicisti che fa paura, quindi
penso che questo sia il problema di tanti artisti di strada di emergere.