Giuditta Saltarini (attrice) Roma 6 dicembre 2007
Intervista di Gianfranco Gramola
Una
simpatica attrice, vedova del mitico Renato Rascel
Giuditta
Giuditta (Roma 1941), terza signora Ranucci (il vero cognome di Renato Rascel),
dopo Tina De Mola e Huguette Cartier, esordisce come attrice di prosa in “Sei
personaggi in cerca d'autore” di Pirandello, regista Paolo
Giuranna, protagonista Tino Carraro. Poi passa alla Compagnia dei Quattro del
regista Franco Enriquez, dello scenografo Emanuele Luzzati e degli attori
Valeria Moriconi e Glauco Mauri, partecipando, in tre stagioni, a vari
allestimenti: “Le Fenici” di
Euripide,”La dame de Chez
Maxim's” di Feydeau, “Le
mosche” di Sartre e “I
giusti” di Camus. Incontra Renato Rascel, che le affida un ruolo
nella serie televisiva “I racconti di
padre Brown “. Quindi, dopo un anno di studio (canto e danza),
recita accanto a Rascel nella commedia musicale “Alleluja
brava gente” di Garinei e Giovannini, in scena nel 1970 al Sistina
di Roma e replicata per due anni. Nel cast, Gigi Proietti (che sostituì
Domenico Modugno, un forfait a pochi giorni dal debutto), Mariangela Melato (la
prostituta Belcore), Gerry Bruno (ex componente del quintetto dei Brutos) nel
ruolo del “medicino”, Elio Pandolfi stralunato “archiepiscopo”, Enzo
Garinei spassoso tombarolo. Giuditta Saltarini era la vergine Peronella. Ci fu
un ritorno alla rivista tradizionale con “In
bocca all'Ufo”, definita dall'autore Dino Verde “favola musicale
italo-galattica con lustrini e varietà”. In televisioni partecipa a
“Vernice fresca”, “Metronotte di notte”, “Nemici per la pelle”,
“Cane sciolto 2”, “Solo per dirti addio”. Al cinema ricordiamo “Al
cuore si comanda” (2003) di Giovanni Morricone in cui recita accanto a Claudia
Gerini e Pierfrancesco Favino e “Ovunque sei” (2004) di Michele Placido, che
oltre alla Saltarini vede nel cast Stefano Accorsi, Violante Placido, Barbora
Bobulova e Stefano Dionisi.
Teatro
Questa
sera si recita a soggetto (Pirandello)
- La Fenice (Euripide)
- La Dame De Chex Maxime (Feideau)
- Le mosche di Sartre - I Giusti (Camus)
- Alleluia Brava Gente (
Garinei Giovannini) - Nel mio piccolo
non saprei (Costanzo, Terzoli, Vaime) - Farse
d'amore e di gelosia (Amendola, Corbucci) - Non
ti conosco piu' (A. De Benedetti) - In
bocca all'ufo (Verde, Broccoli) - La
Casina (Plauto) - Due
giri intorno al parco (Schisgal) - Pigiama
per sei (Camoletti) - L'avaro (Moliere) - Angelo
azzurro - La Mandragola (Macchiavelli) - Il
medico dei pazzi - Amore mio asciugami.
Televisione
I
racconti di Padre Brown - Metronotte di notte (8
puntate) - Nemici per la pelle (6
puntate) - La compagnia stabile della
canzone - La porta magica - Cane sciolto 3 - Solo per dirti addio - Maresciallo
Rocca - Don Matteo - Casa Vianello – Vivere (2001-2002-2003)
protagonista nel ruolo di Colette.
Cinema
“Ovunque
sei” con S. Accorsi,
B. Populova, regia di M. Placido e “Faccia
da Marito” di Giovanni Moricone con Claudia Gerini.
Ha detto del marito Renato Rascel:
- Dicono
che i comici nel quotidiano sono tristi: lui non era così, era allegro, però
non c’è dubbio che quella malinconia tipica del comico la possedeva in parte,
fantasioso al mille per mille. In fondo era un sentimentale, cosa rilevabile in
tutti i suoi personaggi, sempre dolci e amorosi.
- Era
uno sciatore provetto e bravo,
perché ha imparato a 40 anni, ma era anche una persona determinata, per cui quando si metteva in testa una cosa, la
faceva a tutti i costi.
- Ha
sempre pescato nei grandi personaggi della storia, tipo Napoleone. Non è che li
prendesse in giro, ma li voleva smitizzare. Non a caso, a proposito di
Napoleone, diceva:” Io non ho capito perché tutte le iconografie ci mostrano
Napoleone con la mano destra sul duodene e il mignolo nell’orecchio”.
- Della
sua estrazione umile non ha mai fatto un mistero. Diceva sempre di aver imparato
a cantare da sua nonna che lavava i panni nella fontana del rione Borgo.
Curiosità
- Si
era ritirata dalle scene dopo la scomparsa del marito (2. 1. 1991), però il
richiamo e l’amore per il palcoscenico si fa sentire e negli ultimi anni è
tornata in attività, soprattutto in teatro.
- Prima
di entrare nel mondo dello spettacolo, faceva la magazziniera nella farmacia
Uroda, a Piazza Capranica, a Roma.
- Ha
una boutique in viale Bruno Buozzi, 35.
Intervista
La trovo a casa sua, sulla Flaminia. Mi
dedica un quarto d’ora perché deve scappare in teatro, per le prove dello
spettacolo dell’attore napoletano Vincenzo Salemme.
Com’è
nata la sua passione per lo spettacolo?
Intanto
sono figlia d’arte, perché mia mamma era un’attrice di prosa e mio padre
era un cantante lirico e quindi la mia infanzia l’ho passata praticamente
dietro le quinte o comunque su un palcoscenico. Penso che dipenda da questo. In
casa si parlava di lavoro e quindi gli argomenti erano quelli.
Qual
è stata la sua più gran soddisfazione artistica?
In
campo artistico direi che è stata “I Giusti” di Camus, che io feci al
teatro di Corte, di Napoli, con Andrea Giordana e Claudio Gora, dove facevo il
mio primo spettacolo da protagonista e dove ebbi delle critiche fantastiche.
Credo che il ricordo più bello e quindi l’esperienza più bella sia stata
quella. Poi dopo ce ne sono state altre, però quell’esperienza me la ricordo
con molto piacere.
Ricorda
il suo debutto?
Lo
ricordo con una grande paura e una grande agitazione. Poi essendo in un luogo
abbastanza suggestivo, dentro palazzo Reale, con questo teatro molto romantico,
è stato molto emozionante.
A
una ragazza che vuole intraprendere la carriera di attrice, quale consiglio darebbe?
Oggi
di consigli ne possiamo dare molto pochi onestamente, perché tanto ognuno fa
quello che crede sia la cosa più giusta. Non c’è dubbio che se io dovessi
dare un consiglio a una figlia che vuole intraprendere questo lavoro, direi che
prima di tutto deve studiare, si deve preparare e non deve soltanto guardarsi
allo specchio e vedersi una bella ragazza e pensare di fare l’attrice, visto
che ha un bel fisico e una bella faccia. No! Oggi più che mai bisogna essere
molto preparati per quello che si va a fare e decidere quello che si vuole fare.
Da
ragazza aveva degli idoli?
Io
non ho mai avuto idoli a livello cinematografico, anche perché quando ero
ragazza io erano in voga più attori e attrici americane, perché di cinema
italiano, almeno io, ne vedevo poco, anche perché si andava poco al cinema. In
televisione allora non c’erano molti film. Più che altro, come attrici
teatrali, quando ero una ragazza molto giovane, mi piaceva molto la Proclemer,
oppure Valentina Cortese, oppure la Falk e la stessa Valeria Moriconi, con cui
ho avuto la fortuna di stare in compagnia due anni e mi ha insegnato tanto. Se
ho cercato di seguire un modello forse è stato proprio quello di Valeria
Moriconi, perché avendoci lavorato insieme, non c’è dubbio che qualche cosa
mi ha lasciato e ho cercato di carpire anche un po’ di questo lavoro.
Il
complimento più bello che ha ricevuto e da chi?
Il
complimento più bello che ho ricevuto è stato quello di Edoardo De Filippo,
perché con mio marito Renato, intorno ai fine anni ’70, primi anni ’80,
facemmo una trasmissione e in questa trasmissione facevamo un atto unico di
Edoardo che era “Pericolosamente”, dove io ero l’unica donna. I personaggi
erano tre, praticamente lei, lui e l’amico, ma l’amico nel senso buono. Io
mi trovai a recitare questo ruolo come attrice napoletana, io non sono
napoletana e allora Renato mi insegnò ad avere la calata napoletana e quando
ebbi occasione di passare una serata con Edoardo, perché poi ne abbiamo passate
diverse serate in compagnia del grande Edoardo De Filippo, mi fece i complimenti
dopo aver visto questa trasmissione in televisione e avrei voluto registrare
quello che mi disse, perché fu una grande emozione per me. Edoardo, si sa, non
era un tenero, ma schietto e molto severo e quindi il fatto che mi avesse fatto
i complimenti mi riempì di grande gioia e ancora oggi me lo ricordo molto bene.
Ho letto da qualche parte che ha
conosciuto tuo marito in un istituto fisioterapico. E’ curioso come avvengono
gli incontri, non le pare?
Si!
L’ho conosciuto proprio in un istituto fisioterapico. Renato aveva preso uno
strappo muscolare e andava a farsi dei massaggi in quell’istituto. Io, per
puro caso, quel giorno ero lì, perché la fidanzata del titolare di questo
istituto era una mia amica, ed ebbi occasione, quando Renato uscì dallo studio,
di incontrarlo e me lo presentarono. Io allora ero una giovane attrice e in quel
periodo ero molto avvilita perché avevo fatto lo spettacolo di cui le ho
parlato prima “ I Giusti” di Camus, che poi è finito prima del tempo per
questioni economiche, come spesso succede purtroppo in teatro, ed ero
dispiaciuta perché volevo arrivare a Roma ovviamente ed avere anche la critica
romana che si accorgesse di me. Allora dissi a Renato che mi sarebbe piaciuto
rimettere in piedi la compagnia a Roma e gli dissi anche che avevo dei piccolo
risparmi e, come ho detto tante volte, lui mi rispose: "A regazzì, se c’hai
quattro soldi, tietteli da parte. Avrai altre occasioni per dimostrare quello
che sai fare" (risata).
Com’era
Renato come marito?
Era
una persona straordinaria. Io sono stata fortunatissima perché con me è stato
sempre di una grande gentilezza, di un grande sentimento d’amore e
d’affetto. Per me Renato era tutto, era marito, amante…. padre no, perché
Renato ci teneva molto ad essere uomo con la sua donna. Non mi ha mai fatto
sentire la differenza di età e forse sono stata io che ha fatto più fatica
nello stargli appresso, perché era un vulcano e quindi è stato un marito
straordinario. Qualcuno, con una puntina di non so cosa, mi ha fatto notare i 30
anni di differenza, ma io, devo dire la verità, non l’ho mai sentita questa
differenza e comunque sono stata una donna fortunata perché ho vissuto 22 anni
con lui e oggi come oggi non possiamo saperlo quanto possa durare un matrimonio,
anche fra coetanei. Ho vissuto 22 anni con un uomo che mi ha dato tutto, mi ha
fatto sentire la donna più importante del mondo, la donna più bella del mondo.
Mi ha dato tutto quello di cui una donna ha bisogno. L’unico rammarico che ho
è che purtroppo suo figlio Cesare, non ha avuto l’opportunità di conoscere
suo padre come avrebbe avuto bisogno di conoscere, perché purtroppo Renato ha
iniziato a stare poco bene quando il figlio Cesare aveva 12/13 anni e gli ultimi
anni sono stati un pochino difficili per lui che era un bambino e che
aveva bisogno di avere vicino un papà dolce e tenero, come lo era stato fino a
quel momento. Io credo comunque che sarebbe stato un padre eccezionale, credo
che gli sarebbe piaciuto moltissimo
prenderlo per mano e avviarlo in questa carriera che vuol fare anche lui, con
una certa determinazione e con una certa severità. Sarebbe stato veramente di
grande aiuto per suo figlio.
Ha
dei progetti teatrali?
Al
momento sto facendo un’esperienza magnifica al teatro dell’Opera con
Vincenzo Salemme, che mette in scena “La vedova allegra”, sia come regista, sia come attore e quindi sono nel cast di
quest’opera, mi sto divertendo moltissimo. Per ora c’è questo progetto e
poi vedremo. Come disse Edoardo “Gli esami non finiscono mai”, ed è proprio
così, perché per noi attori, ogni volta è una sorta di esame e tutto sommato
siamo attrici che facciamo questo lavoro da 30 anni, ancora dobbiamo fare i
provini per avere un ruolo e dobbiamo sempre dimostrare di saper fare questo
lavoro, per cui finito un lavoro, altro esame per un altro lavoro (risata).
Parliamo
un po’ del suo rapporto con Roma?
Con
Roma ho un rapporto bellissimo, perché ci sono nata e quindi è la mia città,
ma si è accentuato questo mio amore per Roma proprio attraverso Renato, perché
lui me la fatta scoprire ulteriormente con le sua canzoni. Nello spettacolo che
ho appena finito, dicevo che se io ho avuto una rivale nella mia vita è stata
Roma, perché Renato per Roma avrà scritto non so se 10 o più canzoni, per me
ne ha scritta una e poi lui ha amato Roma in maniera talmente smisurata, che non
fosse altro per questo, la amo anch’io.
Ma
Renato non è romano de Roma, giusto?
Renato
non era romano, perché materialmente non era nato a Roma. Lui era nato a Torino
perché era figlio di genitori cantanti di operetta. Il papà Dante era cantante
e la madre Paola era ballerina classica e dove li portava il lavoro, loro
stavano e quindi ecco il motivo perché Renato è nato a Torino. La sua famiglia
comunque era di quelle romane doc, ossia delle famose sette generazioni e Renato
è stato battezzato in San Pietro. C’è da dire che Renato ha amato tutta
l’Italia, per lui non c’era distinzione tra nord e sud, per carità. Lui
diceva sempre che il più gran complimento è stato quando a Milano gli
dissero: "A Renatì, ti c’hai solo un difetto: non c’hai la targa MI" (risata). Ma così era dappertutto, a Torino, a Firenze, a Bologna, ecc… Ma
Roma era Roma. Quando sono rimasta incinta, l’ho seguito per un pochino nella
sua tournée e quando lui aveva fatto i suoi conti, su quando poteva essere il
momento della nascita di nostro figlio, mi ha spedita a Roma, perché ha detto
che nostro figlio, deve nascere a Roma. E quindi, anche per questo, Roma è una
delle città più belle del mondo.
Cosa
le manca di Roma quando è via per lavoro?
Intanto
mi manca lo spirito romano e poi mi mancano i suoi tramonti. Io quando rientro
tardi la sera, come in questi giorni, che esco dal teatro, vedo quel San Pietro
con il sole che sta per tramontare, è uno spettacolo unico e capisco perché
stranieri quando vengono a Roma, non se ne vogliono più andare via. Ma questo
è uno dei piccolo miracoli che abbiamo a Roma. Roma o la si ama subito o la si
odia, perché Roma ha tutti i difetti che può avere una grande metropoli, il
traffico, non si cammina più, lo smog, la delinquenza, però ha un qualcosa, un
fascino che t’incanta. Quando cammini per il lungotevere e vedi questi ponti,
l’isola Tiberina che sta in mezzo al fiume, ecc… E’ una città stupenda.
Dove ne troviamo una con un fascino così? New York è bellissima, per l’amor
del cielo, ma come ho detto prima Roma è Roma.
E come diceva Alberto Sordi, se “Roma”
la leggi al contrario, leggi “amor”.
Lo
sai che c’è una canzone di Renato che dice questo? Non mi ricordo esattamente
il titolo, però dice proprio questo. Questi sono i veri romani che hanno amato
Roma. C’è da dire che Roma ha dato i Natali a questi artisti, anche se Renato
non è romano, a questi grandi personaggi come Alberto Sordi, a poeti come
Trilussa e Belli, a Fiorenzo Fiorentini che era un poeta e un bravo attore, non
ché cantore di Roma straordinario.
Io sono un grande appassionato di Roma e
del romanesco, per niente ho collaborato con il periodico Rugantino e agli inizi
scrivevo in dialetto romanesco. Certo che il mondo è strano, perché la
politica divide il paese, mentre la cultura, per fortuna, lo unisce.
E’
vero. Unisce però le persone intelligenti.
Quali
sono state le sue abitazioni romane?
Abbiamo
abitato in via delle Tre Madonne, nella zona Parioli per molti anni, poi per un
periodo sulla Flaminia Nuova. Renato aveva una villa bellissima in via Cortina
D’Ampezzo con piscina, che però è rimasta alla seconda moglie (risata).
Come case, Renato non era di quelli che
voleva abitare nel cuore di Roma, penso essenzialmente per i rumori, perché
come tutti gli artisti la sera fanno tardi e la mattina vogliono riposare e
stare a letto un po’ di più. O forse perché ancora non c’era questa
cultura di vivere nel cuore di Roma. All’epoca si scappava, perché Renato
tutto sommato ha vissuto da bambino in Borgo, proprio a due passi da San Pietro. Una volta siamo andati in quella zona
lì, per rivedere i posti della sua infanzia e a trovare i vecchi amici. “Ah, Renatì,
guarda che c’ho – diceva un suo amico commerciante - guarda ‘sto cornetto,
mangia ‘sto cornetto caldo caldo”, poi usciva quell’altro: "Ah Renatì,
guarda ‘st’arancia, che cos’è, la vuoi assaggià?" (risata). Ero uno
spettacolo, veramente. Questo è il folclore romano, lo spirito del vero romano
de Roma.
Nei
momenti liberi, c’è un angolo di Roma in cui ama rifugiarsi?
Quando
ho quel momento di nostalgia, c’è un posto dove vado, dove mi rifugio, ed è
il Gianicolo, perché c’ha tutta una storia e lì anche perché in quel posto
Renato mi fece la prima dichiarazione d’amore e quindi con questa Roma sotto
ero uno spettacolo, poi era di sera, con tutte le lucine accese e quindi fu
tutto molto romantico. Pensa che io avevo trovato un uomo che faceva ancora
queste cose, cioè per dire alla compagna che aveva vicino, che gli voleva bene
e che l’amava, l’ha portata lì, al Gianicolo, facendole veder questa
magnificenza di città, questo scenario meraviglioso, dalla terrazza del
Gianicolo…
Adesso i fidanzatini vanno a ponte Milvio
a giurarsi eterno amore, mettendo un lucchetto al lampione.
Esatto.
Tutti quanti in fila, pensa che novità, per chi ci arriva adesso.
Per
un’artista, Roma cosa rappresenta?
Penso
che Roma rappresenti un po’ il passaporto, perché credo che Roma sia una città
così cordiale, così aperta, una città che accoglie tutti e qui possono venire
veramente tutti, da tutta Italia e da tutto il mondo, però è difficile che ti
decreti il successo, per cui se un’artista riesce a convincere Roma, io credo
che ha fatto un buon 70 per cento di percorso.
Ha
mai pensato ad un nome d’arte?
Quando
ho iniziato io a fare questo mestiere si usava. Io mi ricordo che una volta feci
un provino con Vittorio Gassman e portai “Il gabbiano” di Cecov e quando mi
chiese come mi volevo chiamare e non so perché dissi Giuditta Mondì e lui mi
chiese il mio vero nome e cognome. “Saltarini - gli dissi – però tutti mi
dicono che è troppo lungo. Il nome Giuditta è troppo lungo, il cognome
Saltarini anche”. E lui mi disse: "E che vuol dire, anch’io mi chiamo
Vittorio Gassman". A quei tempi si usava cambiare il proprio nome e cognome e
usare un nome d’arte. Da quel momento non c’ho più pensato e ho usato il
mio vero nome e cognome.