Isabella
Bossi Fedrigotti (scrittrice e giornalista)
Milano
9.9.2010
Intervista di Gianfranco
Gramola
Una scrittrice che non ha dimenticato di
essere anche una cronista
Per
contattare la scrittrice trentina, l'e-mail è ibossi@corriere.it
La
contessa Isabella Bossi Fedrigotti è nata a Rovereto (TN) il 3 marzo del 1948 e
vive a Milano dove lavora, in qualità di articolista e inviata, al Corriere
della Sera.
Ha esordito nella narrativa nel 1980 con il romanzo "Amore mio uccidi
Garibaldi", seguito nell' 1983 da "Casa di guerra", nel 1991 da
"Di buona famiglia" con il quale ha vinto il Premio Campiello. Nel
1996 ha poi pubblicato "Magazzino vita" , nel 1998 la raccolta di
racconti "Il catalogo delle amiche", nel 2001 "Cari saluti"
e nel 2003 "La valigia del signor Budischowsky". Tutti i suoi libri
sono stati tradotti in varie lingue straniere. Ha inoltre partecipato a un
volume a più voci sull'handicap infantile intitolato "Mi riguarda"
(e/o) e tiene una rubrica di colloquio con
i lettori sul Magazine settimanale del Corriere e una quotidiana sul
forum del Corriere on line. “SENTIRE” è orgoglioso di averla tra le sue
firme.
Opere
Amore
mio, uccidi Garibaldi (1980) – Casa
di guerra (1983) – Di
buona famiglia (1991) – Magazzino vita (1996) – Diario di una Dama di Corte
(1996) – Il catalogo delle amiche
(2000) – Cari Saluti (2003) – La
valigia del Signor Budischowsky (2004) – Domani anch'io. Storie di ordinario
successo (2005) – Il
vestito arancione (2007) – Il primo figlio (2008).
Ha
detto
-
La
mancanza di prospettive e la mancanza di speranza non possono che costituire un
avvelenamento lento ma sicuro per un progetto di vita matrimoniale.
-
Che
senso ha sbandierare suo depliant turistici ambienti incontaminati, boschi
silenziosi, aria cristallina, panorami immacolati per vacanze rilassanti se,
come contorno ingombrante, si offre poi il rombare incessante di motori, i
serpenti interminabili di automobili e motociclette che sgommano, suonano il
clacson e impestano l’aria?
-
Viaggiare
per turismo non mi interessa. Viaggio per lavoro, ma le vacanze, per me, sono
legate sempre al Trentino.
-
La
crisi della famiglia si combatte anche non lasciando le famiglie sole con i loro
problemi.
- Nelle
storie che scrivo, tutto é inventato dal vero: le storie reali sono elaborate
attraverso la mia fantasia e il mio sentire.
-
Scrivere salva la vita, a sé stessi, prima di tutto. E poi può servire,
piacere, donare qualcosa anche ad altri.
Curiosità
-
E’
vedova di Ettore Botti, da cui ha avuto due figli, Vittorio ed Eduardo.
- Fu Federico Bossi Fedrigotti,
padre degli attuali proprietari (e di Isabella), a creare il primo "uvaggio
bordolese" in Italia, ottenuto, cioè, con la vinificazione contemporanea
di uve Merlot e Cabernet, le basi dei grandi vini di Bordeaux. Era il 1961. Al
nuovo vino, accompagnato da un costante successo, fu dato il nome di "Fojaneghe
rosso", dalla tenuta dove si coltivavano - e si coltivano- le uve migliori
delle due varietà.
- E’
proprietaria, insieme ai fratelli, Maria Josè e Gianpaolo, della “Conti Bossi
Fedrigotti”, azienda agricola che produce vini di alta qualità. L'azienda,
gestita con il supporto tecnico e commerciale di Masi Agricola, è costituita di
40 ettari di vigneto divisi in tre principali tenute sui due lati dell'Adige:
Maso San Giorgio (Rovereto), Fojaneghe (Isera e Mori) e Sant'Antonio (Pomarolo).
Intervista
Sei
nata a Rovereto. Che ricordi hai della tua infanzia trentina?
Ricordo
un’infanzia felice nel giardino di casa a Borgo Sacco assieme ai miei fratelli
e ai compagni di scuola. E in casa anche il nonno. Parenti in visita, spesso, e
a me piaceva che a tavola si fosse in tanti.
Quando
sei “fuggita” da Rovereto per andare a Milano e in quale occasione?
Non
è stata una fuga, bensì il momento, eccitante però anche pieno di malinconia,
di andare all’università.
Com’è
attualmente il tuo rapporto con Rovereto?
Più
volte al mese torno a Rovereto, resta sempre la mia casa, anche dopo tanti anni.
Quando ci torni, casa provi e
viceversa, quando sei a Milano, cosa ti manca di Rovereto?
A
Rovereto mi mancano gli amici cari che ho a Milano, a Milano mi mancano i luoghi
amati, il lessico familiare e, naturalmente, quel sentirsi a casa che provo a
Rovereto.
Hai
lasciato degli amici a Rovereto?
Sì
ne ho lasciati alcuni, ma ci vediamo e ci sentiamo abbastanza regolarmente.
Dove
hai frequentato le scuole?
Scuole
elementari a Borgo Sacco, le medie a Rovereto, liceo (classico) in collegio
dalle monache.
Quali
erano i tuoi idoli da ragazza?
E’
passato troppo tempo perché me ne ricordi… E poi, stando in collegio, non
andavo al cinema, non sentivo canzoni e, quanto alle letture, erano permesse sole
quelle edificanti.
Qual
è il tuo rifugio trentino?
La
casa di famiglia Borgo Sacco.
I
tuoi genitori, che futuro sognavano per te?
Famiglia
e figli, e li ho accontentati.
Quali
sono i valori che la tua famiglia ti ha trasmesso?
Rispetto,
onestà, generosità e importanza dell’amicizia.
Quando
hai iniziato con il giornalismo, temevi di più il giudizio di papà o di mamma?
Di
mio padre naturalmente. Ma solo in teoria, perché raramente mi leggeva.
Com’è
nata la passione per il giornalismo, per la scrittura. Chi te l’ha trasmessa?
Non
ho idea da chi mi sia venuta la passione per la scrittura. Mio padre scriveva
molto bene, ma non mi ha mai sollecitato in questo senso. I nonni scrivevano un
diario, perché si usava a quei tempi in certe famiglie; e in effetti, ho
cominciato anch’io scrivendo un diario.
Hai
vinto il Premio Campiello. A chi l’hai dedicato?
A
mio marito che fu fiero di me come se fossi stata la sua alunna più brava. E
scriveva anche lui, peraltro.
Hai
mai scritto un libro autobiografico?
Tutti
i miei libri o quasi tutti hanno una certa vena autobiografica sul fondo, nel
senso che narro cose che ho visto, sentito, ascoltato, in qualche raro caso
anche vissuto. Ma tutti gli scrittori lo fanno in diversa misura, credo.
Quando
scrivi un romanzo, ti ispiri a qualche modello di scrittore?
No,
non ne sono capace. Ci sono degli scrittori ai quali vorrei assomigliare, ma
posso scrivere soltanto secondo le mie capacità.
Per
uno che scrive, quando arriva l’ispirazione?
L’ispirazione
non è una colomba che scende dal cielo, non è la manna che piove
all’improvviso; bisogna cercarla con accanimento, cavandosi dal cuore gli
argomenti.
Nei
tuoi racconti, vuoi lanciare qualche messaggio?
Impossibile!
Non sono una saggista e tantomeno una pedagoga.
Nei
tuoi articoli hai fatto delle gaffe?
Sicuramente
ne ho fatte. Ma più che gaffe direi errori, sviste, superficialità,
imprecisioni. Purtroppo nella fretta capita e mi dispiace per ciascuna di queste
cadute.
A
quando il prossimo libro?
Non
ho idea. E non ho scritto una riga!
Un
motivo per cui uno deve leggere i tuoi libri?
Deve?
Nessuno deve leggere niente, men che meno i miei libri. Se gli va, se lo
incuriosiscono, se gli piacciono, che li legga. Se no, pace.
Oltre
ai tuoi, che genere di libri ami leggere?
I
miei a stento li rileggo. Mi piacciono i libri che in qualche modo mi parlino di
me, della mia cultura. Scrittori come Marai,
Nemirowsky, Magris, Roth, Yourcenar. E poi mi piacciono certi libri
gialli, per il tempo delle vacanze.
Una
storia vera, aiuta nella stesura di un romanzo?
Una
bella storia vera, certo, sì, può essere uno spunto formidabile.
Un
domani, come vorresti essere ricordata?
Sono
vecchia, è vero, ma il pensiero mi sembra prematuro.
Qual
è stato l’incontro che ti ha cambiato la vita?
Quello
con mio marito.
Se
tu potessi tornare indietro, cambieresti qualcosa o rifaresti tutto uguale?
Le
scelte fondamentali le rifarei. Ma metterei infinitamente più attenzione nei
rapporti con le persone.
Hai
dei rimpianti?
Certo
che ne ho. Soprattutto avrei voluto stare di più con i miei genitori anziani,
parlare di più con loro, ascoltare le loro storie, ormai tutte perdute…
Cosa
hai sacrificato per arrivare al successo?
Niente
che mi pare, tranne l’essere venuta via da Rovereto. Ma non l’ho fatto in
nome del successo, ma per studio prima e poi per normalissimo lavoro.
Fai
beneficenza o volontariato?
Le
due cose.
Un
collega che stimi molto?
Molti.
Per esempio Emilio Giannelli, Francesco Merlo.
La
cosa più cattiva che hanno detto o scritto su di te?
Non
so, non la leggo e se l’ho letta me ne sono dimenticata.
Il
complimento più bello che hai ricevuto?
Non
so se è il più bello ma è quello che ora mi ricordo. E’ del mio direttore
che a qualcuno ha detto: “Isabella è una scrittrice che non ha dimenticato di
essere anche una cronista.”
Che
rapporto hai con la Fede?
Poca
fede, però molta speranza.
Pensi
spesso all’aldilà?
Penso
alla morte, certo.
E
il tuo rapporto con il denaro?
Ottimo,
penso, perché mi piace spenderlo e anche regalarlo.
Hai
mai fatto delle scelte in cui dopo ti sei pentito?
Ma
sì, certo, tante.
Hai
un sassolino nella scarpa che vorresti toglierti?
Porto
i sandali, non trattengono sassolini.
Chi
porteresti con te su un’isola deserta?
Amici,
parenti e i figli se vogliono venire.
Ti
ritieni fortunata?
Moltissimo.
Quanto
ti influenza l’oroscopo nella vita quotidiana?
Niente.
Hai
un sogno nel cassetto?
Scrivere
un bellissimo romanzo.
A
chi vorresti dire grazie?
Ai
miei genitori per avermi educata lasciandomi scegliere.