Luca
Barbarossa (cantautore)
Roma 18.10.2013
Intervista di Gianfranco Gramola
Un
bravo ragazzo, semplice, umile, innamoratissimo di Roma. “Ci sono dei luoghi
che trasmettono qualcosa di estremamente positivo e fanno sentire privilegiato
uno che è nato e cresciuto a Roma”
Per
contatti il suo uff. stampa è Daniela Turchetti e.mail turchesia@gmail.com
Sono
nato a Roma il 15/4/61 e ho cominciato a suonare come musicista di strada nella
seconda metà degli anni ’70. Insieme con Mario Amici mettiamo insieme un
repertorio che spazia dal folk americano ai Beatles, fino ai cantautori
italiani. Avevo sedici anni e avevo già capito che a tennis non sarei arrivato
tra i primi dieci del mondo. Cominciai quindi a scrivere canzoni. 1980 Gianni
Ravera mi chiama a partecipare alla finale del Festival delle voci nuove di
Castrocaro. Ospite della serata un ragazzo di quelle parti ancora sconosciuto: Vasco
Rossi. Canto due mie canzoni, Sarà l'età e Roma puttana,
vinco e accedo di diritto al Festival di Sanremo. 1981 Vado a Sanremo
nella sezione nuove proposte col brano Roma spogliata (ex puttana), mi
ritrovo in finale con i Big, arrivo quarto in assoluto e primo tra i giovani,
vince Alice. Sulla scia del grande successo di vendite del 45 giri Roma
spogliata esce il mio primo 33 giri Luca Barbarossa. Parto in tour con Riccardo
Cocciante, apro i suoi concerti. Torno a Castrocaro come ospite per passare
il testimone al nuovo vincitore. In finale passano totalmente inosservati due
ragazzi, Zucchero e Ramazzotti, vince Fiordaliso. 1982
Partecipo al Disco per l'estate con un nuovo singolo, La strada del sole,
prodotto ancora da Shel. Ottimo riscontro, il disco entra nei primi posti della
classifica ma la Fonit, per un errore di forma, blocca la distribuzione a pochi
giorni dall'uscita del singolo. Questo mi permette di chiedere la liberatoria. 1983
Lascio la Fonit Cetra per la CBS, che poi diventerà Sony Music. 1985
Reclutato da Gianni Morandi, entro a far parte della Nazionale Italiana
Cantanti, con Mogol, Ramazzotti e tanti altri. Giochiamo solo a
scopo benefico, raccogliendo fondi per varie iniziative. 1986 Con la
produzione di Tonino Coggio e Roberto Davini realizzo il singolo Via
Margutta. Con questo brano torno a Sanremo, classificandomi tra gli ultimi,
ma con un ottimo riscontro dopo il festival. 1987 È la volta di Come
dentro un film, album che contiene anche Via Margutta. Altro Sanremo, arrivo
nono, ma l'album va molto bene (disco d'oro). I teatri cominciano a riempirsi e
i miei concerti ospitano grandi artisti come Morandi, Cocciante, Carboni,
Ruggeri, Mike Francis. Prendo in tour con me una ragazzina romana
(ma laziale) con una bel musetto e molto talento: Paola Turci. 1988
Terzo a Sanremo con L'amore rubato e primo in classifica di vendite dei
singoli e degli album con Non tutti gli uomini. Il disco contiene Quartiere,
cantata con Fiorella Mannoia, Senza panico con Eros Ramazzotti
alla chitarra elettrica e Yuppies. Durante il festival ricevo in diretta
un bellissimo telegramma di Franca Rame e Dario Fo sul contenuto
della canzone. Nello stesso anno partecipo all'Eurofestival a Dublino. 1989
Esce a settembre Al di là del muro, mio quarto album di inediti. L'album
contiene anche Mandela, canzone liberamente tratta dalle lettere dal
carcere del leader sudafricano, e scritta in appoggio al movimento
internazionale Nelson Mandela free now. 1992 Con Portami a
ballare vinco Sanremo e pubblico il mio quinto album Cuore d'acciaio. Lucio
Dalla e Gianni Moranti mi spronano a partecipare al festival con Portami a
ballare, in quel periodo vivo a Bologna. L'album lo produce Roberto Costa,
già collaboratore di Dalla e di Carboni. Primo posto in classifica e
disco di platino. 1993 Un'intensa attività concertistica è documentata
dall'album live Vivo. Grandi musicisti e un pubblico meraviglioso danno
vita a questo progetto discografico. Produce ancora Roberto Costa. 1994 Le
cose da salvare è il frutto dell'incontro con Vincenzo Mancuso,
chitarrista e produttore siciliano, conosciuto per la sua collaborazione con Francesco
de Gregori, il quale partecipa alle registrazioni del disco suonando
l'acustica in Ho bisogno di te. Esce un singolo provocatorio e scanzonato, Cellai
solo te, con un video particolarmente divertente che vede come protagonista Corrado
Guzzanti. L'album contiene L'angelo custode e Sciogli l'amore.
Rispetto ai precedenti vende meno, comunque disco d'oro. 1996 Nasce il
mio studio di registrazione Matrioska di Roma, dove registro Sotto lo stesso
cielo, che contiene Il ragazzo con la chitarra, brano che partecipa a
Sanremo, e Ali di cartone. 1999 Lascio la produzione della Sony
Music, che continua a distribuirmi, e mi autoproduco con l'etichetta Margutta
86. Il mio esordio da indipendente è Musica e parole, mio ottavo lavoro
di inediti. Arrangiamenti di Romano Musumarra. Contiene Segnali di
fumo, in duetto con Tina Arena, cantante australiana di origini
siciliane. Una delle tracce è Domani, canzone che donerò ad Operation
Smile come colonna sonora del video istituzionale di presentazione dei loro
interventi umanitari. 2001 La Sony Music pubblica una raccolta a chiusura
del nostro precedente contratto: Viaggio di ritorno 2001-1981. Vent'anni
di canzoni in un viaggio a ritroso fino al debutto del 1981. 2003 Ancora
al Festival con Fortuna, ritratto di una prostituta nomade, ispirato
liberamente a Bocca di rosa. Luciano Pavarotti esce in tutto il mondo con
il suo primo ed unico album di inediti, sceglie proprio una mia canzone, Il
canto (Barbarossa/Musumarra) come singolo e video promozionale del cd. 2007
Esce il singolo Aspettavamo il 2000, un pezzo generazionale che mette
insieme il sacro e il profano della storia recente, narrata da un ragazzo
cresciuto col mito del 2000, atteso come futuro, e divenuto, nel giro di una
notte, il passato. 2008 Esce il mio decimo album di inediti: Via delle
storie infinite. Dopo vari tentativi non proprio riusciti, approdo alla
collaborazione con Adriano Pennino, un bravissimo arrangiatore
napoletano, registriamo al Quattrouno di Roma con grandi musicisti come Agostino
Marangolo, Gigi De Rienzo, Mario Schilirò. Torno in
classifica di vendite. 2008/9/10 Da una serie di improvvisazioni nate in
occasione di alcuni show case, prende vita Attenti a quei due, con Neri
Marcorè. Lo spettacolo teatrale mette insieme
comicità, satira e musica
dal vivo. In questo periodo comincio a dedicarmi anche alla conduzione
radiofonica, grazie ad un'intuizione del direttore di Radio1 Antonio
Caprarica. In realtà in passato avevo condotto una quarantina di puntate di
Mezzogiorno con, sempre su Radio Rai. Insieme con Enrica Bonaccorti, a
Radio1, condivido l'avventura di Tornando a casa. 2010 Ogni sabato
e domenica mattina su Radio 2 va in onda Radio2 Social Club, mi
affiancano la Social Band, Virginia Raffaele e Adolfo Margiotta
che poi lasceranno il posto a Paola Minaccioni e Andrea Perroni.
Il programma ha i suoi punti di forza nella musica dal vivo e nell'
intrattenimento. Radio2 Social Club diventa la casa di molti artisti, non solo
musicisti, che vengono per il gusto di esibirsi dal vivo alla radio o per
presentare i loro nuovi progetti. 2011 Morandi mi invita al
Festival di Sanremo, canto Fino in fondo in coppia con Raquel del
Rosario. Secondo in classifica di vendite, era un po' che non accadeva.
L'album doppio si intitola ironicamente Barbarossa Social Club. Ci sono
quattro inediti e molti brani del mio repertorio rivisitati live in studio con
la Social band. Tra gli inediti Non mi stanco mai, con Max Gazzè
e Roy Paci e Quando la notte cade giù, con Fiorella Mannoia.
Il primo maggio sono sul palco di San Giovanni con Neri Marcorè,
cantiamo Immunità di Alfano e Romina, una mia parodia di Felicità sul
lodo Alfano. 2012
Bellissima stagione di concerti, a Ferragosto sul lungomare di Ostia, 30000
persone per un concerto speciale con ospiti Fiorella Mannoia e Alex
Britti. Con Fiorella condividiamo più volte il palco e nasce una
collaborazione che la porterà ad incidere una mia canzone nel suo album Sud: Luce.
2013 Sono sul palco del primo maggio all'Ilva di Taranto a
rivendicare il diritto ad avere diritti per i cittadini di Taranto. Duetto
ancora con Fiorella davanti a 50000 persone che sulla coda musicale
dell'ultimo brano gridano in coro: Taranto libera! Succedo ad Enrico Ruggeri
alla presidenza dell'Associazione Nazionale Italiana Cantanti, la 22°
Partita del cuore, allo Juventus Stadium di Torino, registra il tutto esaurito e
raccoglie 1.800.000 euro destinati alla ricerca, per il momento record assoluto
di raccolta fondi durante una Partita del cuore.
Ha
detto:
- E’
nata un'amicizia tra Neri Marcorè e me, che ancora oggi è uno dei regali più
belli che abbia mai ricevuto.
In
passato ho scritto molti brani da osservatore e da cronista. Oggi preferisco una
prospettiva più esistenziale. Sto più attento a quello che accade dentro di me
e alla ricerca costante di un punto di
equilibrio.
- Il
cantante e a maggior ragione gli artisti devono impegnarsi, anche se il termine
impegnato non mi è mai piaciuto. L’artista è uno che osserva la realtà con
occhi più attenti di altri, e deve avere il coraggio di osservare quella realtà
che gli altri non vogliono vedere, compresi i mezzi di informazione.
- Il
computer è indubbiamente uno straordinario strumento di comunicazione ed altro,
ma credo che insieme alla TV ed al traffico stradale ci rubi troppo prezioso
tempo per stare all'aria aperta a fare quello che ci pare.
Curiosità
- Sabato
17 aprile del 1999, Luca si è sposato con Ingrid Salvat, da cui ha avuto tre
figli: Valerio, Flavio e Margot.
- Quando
cercavano il protagonista di “Un
medico in famiglia” gli proposero il ruolo del Dr. Lele. “Non ho accettato
perché ho preferito dedicare il mio tempo alla musica e alla mia famiglia”.
Il ruolo venne poi assegnato a Giulio Scarpati.
Intervista
Com’era
la Roma della tua infanzia, Luca? Come te la ricordi?
Io
sono nato proprio nel centro storico. Quindi me la ricordo come un paese, con
gli artigiani con la loro bottega. Mio nonno era uno di questi. Sopra la bottega
aveva l’abitazione. Noi ragazzi si giocava molto per strada. Diciamo che
l’invadenza del turismo di massa e delle macchine, non era così invasiva come
oggi e di conseguenza c’era più spazio per giocare e divertirci per le strade
e per parlare. Abitavo a pochi passi da via Margutta.
A
questa via hai dedicato una bellissima canzone.
Si!
Perché durante il rastrellamento dei tedeschi, dei nazisti, i miei nonni
riuscirono a nascondere un bambino ebreo nel retro bottega di uno studio di un
pittore. Lo nascosero tra una tela e l’altra. E questi racconti che mi narrava
mio nonno mi hanno talmente colpito che poi via Margutta mi è rimasta dentro.
Quando poi sono cresciuto ho scritto questa canzone un po’ sui miei ricordi.
Attualmente
com’è il tuo rapporto con Roma?
Roma
è sempre una città che mi emoziona. Ogni volta che giro per Roma, soprattutto
nel centro storico, la trovo incantevole. Ci sono dei luoghi che ti trasmettono
qualcosa di estremamente positivo e fanno sentire privilegiato uno che è
nato e cresciuto a Roma. Privilegiato perché è circondato da bellezza, da un
clima incredibilmente fortunato. Siamo nella seconda metà di ottobre e qui
praticamente sembra estate. Si mangia all’aperto, c’è una luce
meravigliosa. Ovviamente è una città dove arrivano tutti, perché Roma è il
centro di tante cose. E’ il centro della politica e di conseguenza anche delle
proteste contro la politica istituzionale. Quindi da una parte le scorte dei
ministri, dall’altra parte i carri blindati e gli schieramenti dei poliziotti
per i cortei. Poi a Roma c’è il Vaticano, ci sono i pellegrinaggi, ci sono
gli scioperi. Ci vengono da tutta Italia a fare gli scioperi a Roma. Vengono
tutti qui, di conseguenza bisogna muoversi un pochino facendosi largo tra la
folla. E questo per chi vive a Roma è l’aspetto senz’altro più fastidioso.
Però è uno scotto che devi pagare
a fronte di tutta una serie di benefici che invece hai sempre avuto.
Quali
sono state le tue abitazioni romane?
Io vivo da tantissimi anni a Monteverde.
Questo è un quartiere fortunato perché rimane un quartiere per residenti e non
una zona di passaggio. E’ un quartiere sufficientemente umano, vivibile nel
senso che i sono ancora artigiani, piccole botteghe, negozietti a livello
famigliare e quindi non sei condannato ad andare per forza al supermercato. Qui
trovi il meccanico con il quale parli della partita della Roma, c’è il
falegname, il ciabattino, c’è la piccola trattoria e il baretto per fare la
colazione. Sembra un paesino e a piedi è molto vivibile, perché non sei
costretto a prendere la macchina per avere dei servizi. Qui ci sono le scuole
per i miei figli, le scuole di musica, le palestre e le piscine dove i ragazzi
possono fare sport. Devo dire che alla fine un romano come me, pur di non
prendere la macchina è disposto quasi a tutto. Quindi si finisce per
identificare Roma con il proprio quartiere.
Com’è
il tuo rapporto con la cucina romana? So che sei un buongustaio.
La
cucina romana è un’ottima cucina, anche se povera come molte cucine popolari
del territorio italiano, perché ovviamente nascono dalle vecchie ricette. Qui a
Roma molte cose sono nate dal mattatoio, a Testaccio, perché i dipendenti
stessi del mattatoio, venivano pagati con le parti degli animali che non si
vendevano, perché i signori non le compravano. I signori compravano il filetto,
il controfiletto e la costata e cose così. Le animelle, la trippa, le
interiora, la coda, la lingua e tutto il materiale di scarto veniva poi
sapientemente cucinato per renderlo appetibile e un po’ meno selvatico. Quindi
è una cucina di altri tempi che presuppone anche un rapporto calorico alto.
Dopo che hai mangiato la coda alla vaccinara devi lavorare otto ore per
smaltirla. Non puoi sederti davanti al computer, ma devi fare un lavoro manuale.
I
muratori la digeriscono bene.
Si!
Ma devono tirar su un palazzo (risata). Va bene che anche loro adesso hanno
degli apporti tecnologici moderni per alleviare le fatiche del loro lavoro e
quindi fanno meno sforzi. Quindi quella romana è una cucina senz’altro
appassionante che mi diverto fare. In casa la stessa cucina delle osterie e
delle trattorie romane riesci a farla in modo molto più leggero. Io mi diverto
a cucinare e devo dirti che tutto sommato, una grigia se tu la cuoci nel suo
grasso, non aggiungendo l’olio, è più digeribile. Non esagerare con il
formaggio e il pepe e la grigia
diventa più light. Comunque la cucina romana è forte, saporita, interessante
dal punto di vista oramai più antropologico che non gastronomico.
Frequenti
una trattoria in particolare?
Quelle
che ho frequentato sono dalle parti di corso Vittorio, di piazza Navona e di via
del Governo Vecchio e quelle zone là, non lontane dal Tevere. Da Settimio, al
Pellegrino ci sono praticamente cresciuto. Oggi se vuoi mangiare una buona
cucina romana devi andare fuori Roma. Devi andare dove usano la materia prima
del territorio. Ai Castelli e nei paesi intorno Roma, hanno una materia prima
talmente sincera, talmente genuina che allora ti puoi permettere di mangiare
quei piatti che poi diventano più digeribili per via della qualità dei
prodotti. C’è un’alta qualità del pecorino romano e c’è un’alta
qualità degli insaccati. Lì riesci a mangiare delle verdure selvatiche che in
città ci sono un po’ perse. Lì trovi ancora le vecchiette nei campi che
raccolgono la cicoria, trovi l’asparago selvatico e cose così.
Per
un’artista Roma cosa rappresenta?
Sicuramente
è stata un fonte di ispirazione. Per me lo è stato, perché ho scritto “Roma
spogliata” e poi “Via Margutta”. Roma è una città dove succedono molte
cose ed è anche una città contraddittoria, una città che alle volte maledici
perché ti fa sentire tradito. Roma
è un amante, una madre, una sorella, è un po’ tutto. Roma è avvolgente e
non puoi ignorarla, non puoi stare a Roma come se fossi in un altro posto. E per
fortuna Roma è anche una città dove ti godi la vita, nel senso che ci
sono molti posti dove si sopravvive con la quotidianità, con la routine,
con il lavoro e il romano è caratterialmente uno che cerca sempre tutti i
giorni di strappare un paio di ore al meccanismo lavorativo per andarsi a
ricreare da qualche parte, per farsi due risate con gli amici parlando della
partita, o a farsi un goccio
all’osteria oppure a fare una passeggiata lungo il Tevere o a farsi un giretto
al mare. Io oggi l’ho fatto, sono andato al mare, ad Ostia a pranzo, ed è
stata una cosa meravigliosa. A Roma le ottobrate sono fantastiche. Roma scatena
sentimenti forti ma a volte anche di odio profondo. Ce ne hanno dette di tutti i
colori, ce ne continuano a dire, poi spesso si fa confusione perché si accosta
Roma alla politica, al Palazzo, alla stanza dei bottoni, alla corruzione. Penso
che in tutte le latitudini d’Italia non ci facciamo mancare niente, non ti
sembra Gianfranco?
Penso
che dal Brennero a Lampedusa, tutto il mondo è paese.
Giusto.
Però Roma crea delle sensazioni, degli umori forti e degli stati d’animo
contrastanti. A nessun romano verrebbe in mente di dire “Milano ladrona”
perché ci sono stati gli scandali degli anni ’80, di tangentopoli, ecc… A
nessuno verrebbe in mente di identificare la città e i cittadini di Milano con
un malaffare. Su Roma non si vede l’ora di trovare la magagna per attaccare
magari tutta una città, e questo ti fa capire che in quell’attacco c’è un
timore reverenziale, capiscono che c’è un qualche cosa più grande di loro e
che in qualche modo vogliono partecipate a questa grandezza anche attaccandola.
Hai
mai pensato ad un nome d’arte?
No!
Non c’ho mai pensato perché fondamentalmente non mi sono mai sentito
un’artista o un cantante, nel senso che io ho sempre cantato quello che
scrivevo. E come autore non avevo nessun desiderio di nascondermi. Il nome
d’arte è una piccola finzione che non mi appartiene. Io nella vita sono la
stessa persona che sale sul palcoscenico e di conseguenza c’è una aderenza
totale tra quello io scrivo, che vivo e che racconto.
In famiglia hai qualche artista, qualcuno
che suona?
No!
Solo io. Sono la pecora nera della famiglia (risata).
La tua più grande soddisfazione
artistica?
La
mia più grande soddisfazione è quando qualcuno mi stringe la mano e mi
dice:”Apprezzo quello che fai. Ti seguo da tanti anni, mi piace il tuo modo di
porgerti e di scrivere canzoni e mi piace il tuo Radio2 Social Club”.
Bello!
Quando viene trasmesso?
Radio2
Social Club è un programma che va in onda il sabato e la domenica su Radio 2,
un programma di musica dal vivo e di comicità, di intrattenimento e anche di
informazione, perché presentiamo tanti ospiti con progetti interessanti. Ecco,
vedere delle persone consapevoli, mature ed equilibrate, persone che ti
sorridono, ti fanno dei complimenti sinceri, che hanno stima nei miei confronti
e di quello che faccio, sono per me cose impagabili, che mi hanno sentire a casa
anche quando non sono a casa. Dopo 32 anni che vado in giro a fare dischi e
concerti, questo è un piccolo miracolo.
Prima di cantare, hai fatto qualche altro
lavoro?
Da
ragazzo ho sempre suonato. Come ti dicevo prima, ai tempi del Liceo, andavo in
giro la sera a suonare. Ho iniziato addirittura come musicista di strada e avevo
16 anni. Ovviamente in quel periodo sbarcavo il lunario come potevo, quindi
oltre a suonare, che è sempre stata la mia passione, facevo l’insegnante di
tennis. Poi ho fatto il cameriere in Inghilterra, perché volevo passare più
tempo possibile a Londra in quel periodo, perché la musica a Londra era in un
periodo meraviglioso. Londra è una città di musica e io, negli anni ’70,
passavo molto tempo là. E appunto per mantenermi andavo a lavorare nei
ristoranti e alberghi. Ad un certo punto mi ero messo anche a dipingere. Hai
presente quegli artisti che lavorano il vetro, con gli smalti trasparenti.
Facevo delle decorazioni su vetro e poi vendevo, o degli specchi o delle
vetrate. Questi in breve sono stati i lavoretti che facevo prima di suonare
seriamente.
Hai un sogno artistico, Luca?
Non
lo so. Ogni volta che penso:”Vorrei fare questo”, succede che accade. Anni
fa avevo detto ad un mio carissimo amico che mi accompagna al pianoforte e che
si chiama Stefano Cenci: “Mi piacerebbe fare una specie di club, di locale
immaginario alla radio, dove gli artisti vengono a trovarci, si esibiscono,
cantano dal vivo, vengono a presentare un libro, un film, un lavoro teatrale, a
parlare del più e del meno e a confrontarsi”. E questo è diventato Radio2
Social Club. L’altro giorno ho detto che mi sarebbe piaciuto molto far
ascoltare a papa Francesco una mia canzone che si chiama “Luce” e che è
stata poi ripresa da Fiorella Mannoia nel suo ultimo album.
Perché?
Perché
avevo riscontrato nello scambio epistolare tra un uomo di fede come papa
Francesco, di cultura cristiana nel vero senso della parola, che mai nessuno
aveva espresso i valori cristiani come sta facendo lui, con Eugenio Scalari che
invece è un laico, è un uomo che ha una visione della vita diversa da quelli
che hanno gli uomini di fede. Questo scambio epistolare in cui papa Francesco
mette in atto un’apertura forte versoi non credenti, verso i divorziati, verso
gli omosessuali e verso tutte quelle categorie che in passato sono state
ignorate se non osteggiate dalla chiesa. In questo scambio interessantissimo di
opinioni, di pareri ma anche di vere passioni e di valori soprattutto, ho
trovato che c’erano molte assonanze con questa canzone che ho scritto e che
inizia dicendo “Non c’è figlio che non sia mio figlio”. E quando ho
sentito papa Francesco esprimersi dicendo:”Chi sono io per giudicare un
omosessuale” o esprimersi
sulle stragi del Mediterraneo, degli emigranti, ho sentito una vicinanza molto
forte e in un momento come questo, ho pensato che abbiamo bisogno di persone di
questa statura morale, di persone che non si voltano dall’altra parte, che
parlano di naturalezza, che dicono veramente quello che sentono e non quello che
gli conviene dire. E ho pensato che mi piacerebbe avere l’occasione per
cantargli questa mia canzone o almeno fargliela avere in qualche modo. Non ho
fatto in tempo a dirlo che adesso, il 26 ottobre, devo andare a suonare davanti
a lui, in piazza San Pietro, nell’incontro che papa Francesco dedicherà alle
famiglie provenienti da tutto il mondo. I miei, caro Gianfranco, sono sogni
quotidiani. Quello del momento è giù realizzato. Il mio sogno, se così si può
dire, è quello di avere sempre qualcosa da dire, come autore. Perché
l’incubo di un autore è quello di trovarsi davanti una pagina bianca e non
sapere che cosa scriverci sopra.