Luciano Luciani  (poeta romanesco)   Roma sett. 1990

                     Intervista di Gianfranco Gramola
 

L'ho conosciuto un giovedì sera nella redazione del periodico dialettale romano "Rugantino", assieme ad altri poeti. Luciano con le sue poesie e la sua simpatia ci ha deliziato la serata. Da allora siamo diventati buoni amici. La notizia dei suo improvviso decesso, datami dall'amico Domenico Pertica, m'ha lasciato incredulo. In omaggio alla sua memoria pubblico quest'intervista che Luciano gentilmente m'ha concesso, nel settembre del '90, iniziando con una sua bella poesia.

Tramonto romano

S'è fatta sera; er sole s'annisconne

e tigne de violetto ere celo azzuro;

l'ombre se fanno er nido addosso ar muro

e Fiume smorza er verde su le sponne.

L'urtime rondinelle vagabonne

giocheno a acchiapparella ar chiaroscuro;

er ponentino intrufola un sussuro

fra l'arberate e stuzzica le fronne.

Le stelle oprono l'occhi, a poco a poco,

fionnanno ne lo spazzio senza fine

un carosello d'attimi de foco.

Così, mentre la luna s'arza er velo,

Roma, che già s'addorme, opre er confine

pe sparpajà li sogni verzo er celo. 

Intervista

Sei romano de Roma, vero?

Eccome! Sono nato a Roma esattamente nel giorno di Natale del lontano '34, cioè sotto il segno del Capricorno. Sono ragioniere( analista - programmatore, perito in informatica. E sono diventato tutto ciò (ma, credimi, non è un gran che) dopo aver fatto gli studi classici, che interruppi appunto per diplomarmi ragioniere (fui proprio uno sciocco). Tuttavia, la "deviazione professionale"  non mi impedì di aggiornare costantemente le mie biblioteche classico-romanistica e dialettale, per le quali vado orgoglioso, sia per il numero dei volumi, sia per la qualità e la rarità degli stessi.

Roma, che sensazioni ti regala?

Le sensazioni che mi regala Roma le ho abbondantemente espresse attraverso gli articoli che periodicamente pubblico sul giornale, ma, se ciò non fosse sufficiente, posso aggiungere che ne sono un eterno innamorato; e soffro, come tutti coloro che amano la più bella città del mondo, a vederla maltrattare e deturpare dalla indifferenza e talvolta anche dall'invidia degli « invasori ».

Quando vuoi fare una passeggiata, che zona o via preferisci?

Se dovessi scegliere una via o una zona di Roma per intraprendere una passeggiata « purificatrice », punterai senz'altro sul colle Palatino (quando i turisti dormono, però) lontano dal caos del traffico, per sentirmi, integrato sognatore, più vicino alle dirute vestigia di quella che fu una delle più grandi civiltà del mondo, tanto per illudermi di possedere ancora quel primitivo piccolo spazio della mia troppo cresciuta città.

Difetti e virtù del romano?

Tra i peggiori difetti dell'autentico romano, ci sono, naturalmente, due ataviche virtù come l’altruismo e la tolleranza, le quali vengono storicamente male interpretate dai succitati « invasori » che ne approfittano per classificare il romano indolente e menefreghista. Alle virtù già citate come difetti aggiungerei, ma è un mio libero arbitrio e non so quanto si possa definire una virtù, l'ironia, che sovente diviene autoironia e permette al romano di sdrammatizzare, minimizzandoli, anche gli avvenimenti più catastrofici, consentendogli di fare, in molte circostanze, buon viso e cattivo gioco.

Ma Roma ha un suo fascino personale?

Altroché se Roma ha un suo fascino « personale », anche se persona non è! Basta allontanarsene per qualche giorno per rendersi conto quanto grande e profondo sia il suo richiamo. Una vera e propria lusingatrice, una sirena in « terra », direi. Per un romano starne lontano per lunghi periodi significa soffrire di nostalgia cronica. E' come togliere a un poppante la
zinna della madre.

Luciano, qual è la tua piazza preferita? Perché?

La mia piazza preferita è quella di S. Giovanni in Laterano, perché ci sono nato e perché nei pomeriggi di piena estate sulle scalinate della Basilica ci si gode il più bel ponentino della città.

Quali piatti tipici romani gradisci molto?

Da buon romano, i miei piatti preferiti, sono naturalmente a base di « abbacchio », che mangio con disinvoltura in tutte le maniere, preferibilmente alla cacciatora, brodettato, fritto panato o al forno con le patate. Non disdegno un buon fritto di cervelli, animelle e carciofi. E trattandosi di pesce, la mia gola tira per le ciriole al sugo con i piselli freschi.

Come e dove hai conosciuto Aldo Fabrizi?

Aldo Fabrizi lo conobbi circa trent'anni fa. Partecipai ad un concorso di Poesia Romanesca in cui egli era Presidente della giuria. Il mio « sonetto » gli piacque talmente tanto che non solo gli assegnò il primo premio di medaglia d'oro, ma volle, a titolo personale, conferirgli un ulteriore premio speciale e personale: un dipinto. Mi invitò quindi in casa sua tre,giorni dopo per ritirare il segno della sua stima. E da lì nacque la nostra lunga, sincera amicizia fatta di tante care attenzioni, di reciproca ospitalità, di lunghissime telefonate, di moltissimi incontri in ambienti culturali, dialettali, in giurie, in salotti letterali e, perché no, anche di belle mangiate nelle tipiche osterie di Roma. Amicizia che si protrasse fino ad alcuni mesi prima del suo,fatale ultimo ricovero in clinica. Povero Aldo! Se n'è andato in silenzio, lasciandomi tra le sue borbottate confidenze, tanti aneddoti del  suo vissuto che forse un giorno, fantasia permettendo riordinerò nella mente e pubblicherò.

Cosa ne pensi del periodico Rugantino?

Del Rugantino non posso che pensare bene. Esso è un giornale diffuso maggiormente in ambienti culturali ed è letto da molti, se non da tutti, tra gli uomini politici (Andreotti in testa) che gravitano tra il Senato e la Camera, quindi nelle adiacenze della redazione di piazza S. Agostino. Il proprietario, Achille Marozzi è un tenace combattente, disposto a tutto pur di mantenere in vita il suo « foio ». Ed io mi sento orgoglioso e onorato di essere redattore già da molti anni.

Com'è avvenuta la tua collaborazione con questo periodico?

Il mio ingresso nel Rugantino è datato 1966, anno in cui il giornale era ancora di proprietà del conte Fortunato Lay, ora ultranovantenne.Il periodico rimase in vita sino al 1974 e alternò da quell’anno le pubblicazioni cambiando più volte proprietario e cessando definitivamente l'attività agli inizi del 1975. Riprese, poi, costantemente ad uscire dal 1980, anno in cui venne rilevato dall'attuale proprietario.

Quando hai scritto la tua prima poesia?

La mia prima « espressione in versi » la scrissi subito dopo la fine della guerra, nel lontano 1945. Fu premiata in un mini concorso per poeti in erba e pubblicata su Cappuccetto Rosso , un giornalino per bambini che usciva all'epoca.

Qual'è il premio che ricordi con più piacere?

Naturalmente il premio che ricordo con più piacere e che mi procurò una grande emozione, tra i tanti ricevuti negli anni, è stato sicuramente la,mia prima medaglia d'oro, vinta al Festival del Sonetto del 1966, epoca in cui entrai a far parte ufficialmente della famiglia dei poeti romaneschi.

Secondo te, Roma è la più bella città del mondo?

Roma è la città più bella del mondo, senza punti interrogativi! E il perché, ormai, almeno dal mio punto di vista, dovrebbe essere insufficientemente acclarato. Sono romano e tanto dovrebbe bastare a giustificare ogni  "sbandata sentimentale" nei confronti della mia città. Ma, indipendentemente da ciò e tanto per rimanere nel più prossimo Ottocento, anche i Goethe, i Gogol, gli Stendhal, i Gregorovius e via dicendo, pare che la pensassero come me pur non essendo romani. O no?

Se tu avessi la possibilità, cosa cambieresti a Roma?

Se potessi cambiare qualcosa a Roma, trasformerei in prima battuta tutti coloro che la disprezzano, ma ci vivono o ci speculano su, nostro malgrado, in tanti piccoli pezzi di « pecorino co' la lagrima » da dare in pasto alle vecchie «sorche » (femminile romanesco di sorcio, dal peso medio di circa 800 grammi) che imperversano indisturbate lungo gli argini del nostro non più tanto biondo Tevere. Così troveremmo in quell'umano formaggio « veleno » a sufficienza per sterminare, una volta per tutte , gli scomodi ratti e ci troveremmo contemporaneamente liberati da quella genìa di neocacizzati (bel neologismo è?), sgraditi ospiti. In seconda battuta manderei a farsi fottere sotto la coda (perdonami l'espressione, caro Gianfranco) in qualche altra più amena località della Penisola (ma remota il più possibile da Roma) tutti i componenti della Camera, il Senato, le Segreterie politiche con gli annessi apparati ministeriali, nessuno escluso (il Rugantino lo riceverebbero ugualmente per abbonamento). Sogni proibiti... caro Gianfranco.