Lucio Gardin (comico, autore e regista)                 Molveno (Trento)  8-8-2021

                             Intervista di Gianfranco Gramola

“L’ironia serve per leggere con gli occhi distorti dell’umorismo i fatti che altrimenti ci porterebbero se non alla pazzia, comunque a star male”

Gianfranco Gramola con Lucio Gardin

Il suo sito ufficiale è www.luciogardin.it  contatti Ivan Dorigatti 347.7661461

Lucio Gardin è nato a Rovereto il 17 novembre del 1964. Ha realizzato vari programmi radio e TV per le maggiori reti tra cui: “Yogurt”, “La sai l’Ultima?”, “Striscia la Notizia”, “Bim Bum Bam", ecc.. Da più di dieci anni scrive un editoriale umoristico a cadenza settimanale su l’Adige, il primo quotidiano del Trentino Alto Adige. Ha lavorato alla realizzazione di testi, layout e story board in vari spot radiotelevisivi tra cui: Agip, Fiorucci, Danone, Torre in Pietra, Monte dei Paschi, Surgela, Italgas, Opel, Ferri. E’ stato testimonial mondiale (cartellonistica e stampa) per le lampade Philips. Dal 2015 è la voce ufficiale nel programma MATRIX CHIAMBRETTI (CANALE 5). E’ stato protagonista di 22 spot pubblicitari sulle TV nazionali e molti altri sulle reti minori tra cui: Lavazza, Mercedes, Wolkswagen, Banca Intesa, Carrefour. Ha vinto cinque Festival Nazionali del cabaret ed ha partecipato a vari programmi TV: “Gnu”, “Cuochi d’Artificio” (RAI 3), “Seven show” (ITALIA 7), “Caffè Teatro Cabaret”. Con il personaggio del FUNNY MANAGER lavora come formatore aziendale e motivatore emozionale per varie aziende ed enti.

Intervista

Di cosa parla il tuo spettacolo “Il sopravvissuto”?

Nello spettacolo “Il sopravvissuto” ironizzerò sulle situazioni divertenti che si sono generate durante il lockdown. Ho anche recuperato delle locandine, dei titoli di giornali ed eventi che sono accaduti durante la pandemia e rideremo su quello che si può ridere insomma.

Come hai iniziato la tua carriera artistica?

Ho iniziato a 14 anni facendo il D.J. nella primissima radio locale trentina, che si chiamava Radio Queen e che è durata un anno. Io ricordo che i proprietari dovevano decidere fra aprire una pizzeria e l’apertura di una radio,  era una delle prime radio libere, perché hanno liberato le frequenze nel 1977. E penso che questi si stiano ancora mangiando le mani. Però quell’anno lì è stato molto bello ed è stato il mio  approccio all’arte, anche se fin da piccolo avevo il piacere di far ridere nelle situazioni in cui si poteva farlo, tipo a scuola, nelle cose di tutti i giorni.

Ma alla domande “Cosa vuoi fare da grande?”, cosa rispondevi?

Quello che poi sono riuscito a fare, perché la mia aspettativa era quella di lavorare nel mondo dello spettacolo, contro ovviamente ogni previsione, perché io provengo da una famiglia povera, di origini operaie. Poi venendo dal Trentino era impensabile che uno potesse guadagnarsi da vivere facendo degli spettacoli o calcando il palcoscenico, perché non c’erano attori professionisti, men che meno nel cabaret, che era una forma d’arte che si vedeva solo in televisione. Ho sempre avuto questa passione che ho coltivato nonostante le difficoltà, perché in Trentino non esistevano comici. Infatti ho iniziato a fare cabaret a Roma, nel locale di Teo Mammucari, che si chiamava “Il Gildo”, che non so se c’è ancora. Io ho fatto un percorso inverso, cioè invece di fare prima il cabaret e poi l’autore, ho iniziato a fare prima l’autore e poi il cabaret.

I tuoi genitori come hanno preso la scelta di dedicarti allo spettacolo?

Loro sono stati per fortuna molto disponibili e hanno capito che è molto più importante vivere i propri sogni, coltivarli, perseguirli, che non avere ogni 27 del mese i soldini dello stipendio fisso, però facendo una vita che non ti piace, di frustrazioni.

Chi erano i tuoi idoli?

Ho ammirato moltissimo Robin Williams, prima che facesse l’attore, cioè quando faceva stand-up, mi piaceva tantissimo la sua velocità e lui era veramente uno dei primi 5  al mondo di sicuro nella stand-up comedy.

Come ricordi la tua esperienza lavorativa con Lillo & Greg?

Loro sono fantastici, perché vivono ad un paio di metri dalla terra, non perché se la tirano, ma perché hanno questa capacità di filtrare l’ironia attraverso il loro modo di fare umorismo che è abbastanza unico. Sono dei geni e sono oltre la media.

Hai lavorato anche con Piero Chiambretti.

Lui è un grande professionista e anche lui ha iniziato con la radio. E’ un grandissimo regista degli spettacoli, ha tutto in mente ed è un presentatore straordinario. Una volta Bruno Voglino, che è quello che lo scoprì, ci chiamò perché io facevo parte del cast di un programma di Rai3 che si chiamava “Gnu”, dove c’era Voglino, e gli dissi che ammiravo moltissimo Chiambretti e lui mi disse che Chiambretti è straordinario perché quando presenta, si studia meticolosamente ogni personaggio, ogni situazione e poi utilizza quello che il contesto gli consente di utilizzare. Da lui c’è solo da imparare, perché è un grande maestro della televisione, è uno dei grandi come Gianni Boncompagni e come Renzo Arbore. E’ un grande professionista ed è uno da cui apprendere e da rubare il mestiere a piene mani. 

Com’è nata l’idea del MegaBait?

Il MegaBait è una costola di un programma che feci in una televisione trentina, che era “Notizie alla brace”,  era una specie di “Striscia la notizia” ad litteram, dove toccavo la politica e avvenimenti della nostra regione. Ebbe un successo enorme, poi dopo la televisione, che era TCA, chiuse. Ricordo che c’era Mario Volani che la gestiva in maniera professionale, come adesso è gestito Canale 5, ed era una televisione avanti anni luce per essere una televisione regionale. Finito quel programma lì sono andato a Mediaset, ho fatto un provino, l’ho passato e ho iniziato a fare l’autore a Mediaset. Poi sono andato a Milano e poi per tre anni a Roma, dove ho lavorato per Tele Montecarlo, dove facevo la fascia per i ragazzi. Allora c’erano le televisioni generaliste, per cui c’erano le fasce orarie, quelle per i bambini, un orario per gli adulti, ecc … Ora tutto è cambiato perché ci sono le televisioni tematiche. A quel punto, per una serie di vicissitudini, sono tornato da Roma, che è una città molto caotica, se non ci sei abituato, e volevo fare ancora qualcosa nella televisione regionale e ho pensato di fare un programma quotidiano divertente. Allora chiesi a Loredana Cont se voleva partecipare, spiegandole la struttura del programma. Lei non aveva mai fatto televisione ed era titubante, perché lei era più un’attrice di teatro e non sapeva se era il caso di lavorare in tv. Le dissi di non preoccuparsi perché avrei fatto tutto io. “Tu seguimi, ti allestisco io il programma addosso”. Così è stato ed è andata avanti per dieci anni.

Alle Feste Vigiliane prendi in giro molti personaggi della nostra regione. C’è stato qualcuno che se l’è presa?

La domanda giusta sarebbe “C’è qualcuno che non se l’è presa?” (risata). Io ho un grandissimo rispetto è una grande considerazione per Mario Malossini, perché nonostante le vicissitudini che ha avuto, nonostante che io l’abbia preso in giro, perché il programma che facevo “Notizie alla brace”, come dicevo prima, era molto ironico, sarcastico e c’era della satira, per cui non potevi non considerare quello che succedeva e lui è sempre stato una grandissima persona che ha capito come fanno solo i grandi, da Giulio Andreotti in giù, che l’ironia va tutelata, che non erano attacchi personali ma era un ironizzare sugli eventi che erano pubblici. Lo stesso vale per le Feste Vigiliane. C’è chi è intelligente e capisce l’ironia, perché poi le Feste Vigiliane  sono come il carnevale di una volta, dove il ruolo delle persone si inverte e diventano dei giudici e i giudici invece diventano spettatori. Se tu consideri questo, non puoi prendertela, perché è un gioco alla fine.

Prima di esibirti, hai un rito scaramantico?

Si, accendo il microfono, perché ho  recitato una volta senza accendere il microfono e non sentiva nessuno. Per cui io ogni volta, prima di esibirmi, accendo il microfono e controllo che funzioni.

L’umorismo, l’ironia servono come arma per conquistare le donne?  

L’ironia serve nella vita in generale, per affrontare la quotidianità e per vedere con occhi distanti anche le cose meno positive. Di solito i comici sono molto sensibili e quindi mascherano questa loro sensibilità con l’ironia per evitare di soffrire e anche qua mi rifaccio a Robin Williams, come anche Charlie Chaplin. L’ironia serve per leggere con gli occhi distorti dell’umorismo i fatti che altrimenti ci porterebbero se non alla pazzia, comunque a star male.

Il complimento più bello che hai ricevuto?

Io spero che il più bello debba ancora venire, magari ci sarà stasera. E’ come per le partite di calcio, ogni partita è a sé stante. Poi dopo capita di sbagliare un rigore, come hanno fatto dei grandi giocatori, o  di far dei goal straordinari. Comunque i complimenti più bello sono quelli delle persone che ti dicono che hanno passato una bellissima serata, che era da tanto che non ridevano così. Che ho fatto dimenticare per una sera i loro problemi.

Reality, favorevole o contrario?

Non ci andrei, non mi piacciono e poi io mi conosco, per cui sarei eliminato ancora nei titoli di testa (risata). Direbbero: “Interrompiamo la trasmissione, mandiamo via Lucio Gardin”. (risata).

Se ti fosse andata male come artista, avevi un piano B? Cosa avresti fatto nella vita?

Non ho mai avuto un piano B, devo dire la verità, perché ero talmente convinto che sarebbe diventato il mio lavoro, che non ho mai avuto o pensato ad un’alternativa. Ho sempre fatto questo lavoro, perché ho iniziato come sceneggiatore, autore, poi come regista di cortometraggi e ho vinto dei festival, per cui ho fatto varie cose, sempre nell’ambito artistico.   

A chi volesse avvicinarsi al mondo dello spettacolo, che consigli daresti?

Oggi le cose sono molto cambiate rispetto ad una volta, i social media hanno rivoluzionato tutti i paradigmi della crescita artistica. Adesso ti basta avere una buona idea, la metti su youtube, invece una volta dovevi fare il palcoscenico. Infatti uno dei problemi che incontrano spesso le persone che si avvicinano negli ultimi anni al mondo dell’arte, è questo, perché tu puoi essere un fenomeno su youtube o sui social, e  trattieni per 10 minuti, però poi quando sei sul palco devi stare un’ora e mezza. Ed è lì la differenza, lo stare sul palco, il capire il pubblico, il giocare a tennis con il pubblico. Tu dici una battura, il pubblico reagisce, tu ne dai un’altra, ecc …Diceva uno molto più importante di me: “Molte volte l’umorismo è dettato più dalla pausa che da quello che dici”. E la pausa la determina il pubblico con le sue reazioni.

Quali sono le tue ambizioni?

Adesso stiamo preparando una nuova sit-com per il web, sto lavorando molto con le aziende, perché mi sono inventato una format che si chiama “Il Funny Manager”, dove io vengo introdotto all’interno di un workshop aziendale come finto relatore serio, naturalmente nessuno lo sa, tranne chi mi ha chiamato, e lì inizio a parlare seriamente come fossi un relatore vero e poi comincio a dire delle cose divertenti. Questo è un format  che mi piace molto, che sta crescendo  sempre di più. Per cui la mia ambizione è quella di continuare a fare quello che sto facendo, questo percorso di crescita artistica.

Cosa ti ha insegnato come artista e come uomo questa pandemia?  

Mi ha insegnato che alle volte si dava credito a delle persone che invece era meglio perdere, perché questa pandemia ha diviso le persone tra impauriti del mondo, impaurito di ogni cosa e persone che invece si sono riconsiderate. Io nel periodo della pandemia mi sono molto rimesso in gioco, ho cercato di capire un po’ più di me, perché prima della pandemia eravamo tutti di corsa e non avevi tempo di fare niente. Invece con la pandemia, non potendo fare niente, eri lì tutto il giorno in quarantena e pensavi a quello che stavi facendo. Quindi la pandemia mi ha aiutato a capire anche l’importanza dei rapporto personali, il valore dello stare con le persone a cui vuoi bene e che ti vogliono bene. E, ti ripeto, il fatto che ci sono delle persone che tu magari lasciavi avvicinare nel tuo ambito, che poi non valeva neanche la pena perché era un rapporto molto superficiale. Questa pandemia direi che ha messo a nudo pregi e difetti delle persone.

Nella vita, oltre che a recitare, curi delle passioni?

A me piace molto leggere e quello che leggo poi cerco di sfruttarlo nell’ambito lavorativo, artistico. 

Chi e cosa porteresti con te su un’isola deserta?

Dei libri di sicuro, porterei anche il computer, ma non si può perché non c’è l’energia elettrica. Porterei degli amici.

A chi vorresti dire grazie?

Prima di tutto ai miei genitori, perché hanno sempre creduto in me e mi hanno lasciato fare, magari non so se ci credevano davvero, però mi hanno sempre sostenuto.

A chi vorresti dire scusa?

A tantissime persone, Quando fai satira, tu sei sempre in bilico su una lama e ti basta una parola e rischi di offendere qualcuno. Una parola in meno e rischi di non far ridere.  All’inizio si può sbagliare per cui io potrei chiedere scusa a tutte le persone che si sono sentite offese. Io da molti anni faccio un cabaret molto pulito e sto  attento a non toccare la sensibilità delle persone perché credo che uno viene a vedermi per divertirsi.

Il tuo rapporto con i fan?

Bello, a me piacciono le persone che mi seguono e tratto allo stesso modo i successi come gli insuccessi, per cui non celebro eccessivamente i fan, così come non celebro eccessivamente i detrattori. Prendo atto che ci sono molte persone che mi seguono e mi fa molto piacere.