Memo Remigi
(cantante, compositore e conduttore)
Roma 16.1.2022
Intervista di Gianfranco
Gramola
“La mia fidanzatina, quella che poi è
diventata mia moglie, nel periodo delle vacanze, entrava
nei locali, soprattutto quelli al mare, e mi offriva per cantare la sera in
cambio del soggiorno gratuito in una pensione”
Memo Remigi, all’anagrafe Emidio Remigi, è
nato ad Erba il 27 maggio 1938 ma è cresciuto a Como. E’ un cantante,
paroliere e conduttore tv e radiofonico. Come musicista ha pubblicato una decina
di album e una quarantina di 45 giri. Ha partecipato a molti programmi
televisivi.
Intervista
Come ha vissuto l’esperienza di
“Ballando con le stelle”?
E’ stata un’esperienza al di fuori delle
mie aspettative. Quando mi ha chiamato Milly Carlucci mi ha chiesto se volevo
rappresentare i miei coetanei e dimostrare loro che ad una certa età si posso
fare ancora determinate cose. Questa esperienza mi ha fatto bene e credo che
abbia fatto bene anche agli altri che l’hanno seguita. Parlo sempre dei miei
coetanei.
Qual è il segreto della sua energia,
della sua vitalità?
Credo che non ci sia nessun segreto. Ho
sempre cercato di fare una vita sana fin da ragazzo. Non mi sono mai ubriacato,
non mi sono mai drogato, ho fumato da ragazzino ma ho smesso anche quello. Poi
ho sempre fatto una vita da sportivo e non ho mai tralasciato di stare attento
all’alimentazione, anche se di natura non sono mai stato un grande mangione.
Sono una persona con caratteristiche normali, di conseguenza sono tutto
proporzionato a quello che faccio e a come sono.
Da chi ha ereditato il talento musicale,
il dono del canto?
L’ho ereditato da mia mamma, che cantava
alla domenica quando facevamo i concertini in casa. Io suonavo la fisarmonica,
mio padre il pianoforte e mia mamma cantava. E si cantavano tutte le canzoni
dell’epoca dei miei genitori, quindi canzoni antichissime che ancora adesso
ricordo e che fanno parte del mio repertorio.
Che ricordi ha della gavetta?
La gavetta la ricordo con molto piacere,
perché è stata una gavetta che ho fatto da ragazzo. Quando ho incontrato la
mia fidanzatina, quella che poi è diventata mia moglie, mi ha chiesto cosa
volevo fare da grande e io le ho detto che volevo fare il musicista. Allora lei
si è rimboccata le maniche e mi è stata vicino e inizialmente
nel periodo delle vacanze, lei entrava nei locali, soprattutto quelli al
mare, e mi offriva per cantare la sera in cambio del soggiorno gratuito in una
pensione. Praticamente facevo il cambio merce, cioè facevamo le vacanze estive
in una pensione pagata dal proprietario del locale, dove io la sera
andavo a cantare. Per cui il mio inizio è stato quello, ad un certo punto ho
formato un gruppo musicale e ho girato tutti i Night di tutt’Italia, partendo
da Palermo dove facevo 15 giorni, poi Catania altri 15 giorni, poi a Reggio e
poi salivo a Napoli, Roma, per cui ho fatto tanti anni di Night Club. Per cui di
gavetta ne ho fatta tanta.
La canzone deve più commuovere o
infiammare?
Secondo me la canzone deve toccare
determinare corde per chi l’ascolta. C’è magari a chi la canzone fa un
determinato effetto e a chi ne fa un altro. Dipende sempre da come viene
recepita la canzone. Ovviamente ci sono delle canzoni particolari in cui quando
uno le ascolta dice: “Quella situazione l’ho vissuta anch’io”. Allora
credo che certe canzoni tocchino
determinate corde emotive, mentre ci sono altre canzoni che vengono recepite per
creare allegria, per ballare o per spensieratezza. Ogni canzone ha una propria
caratteristica.
L’artista deve essere anche un po’
istrione?
Si, soprattutto. Deve essere istrione anche
perché essendo istrione credo che abbia la possibilità di durare di più nel
tempo, perché tanti miei colleghi che sono solamente cantanti, che hanno fatto
un paio di successi, poi magari al terzo disco non hanno imbroccato la terza
canzone di successo, sono finiti senza lavoro e senza più un’attrazione verso
il pubblico. Tanti sono finiti male e ancora adesso sono un pochino disperati e
questo perché si sono limitati ad essere solamente cantanti. Credo che chi
faccia questo mestiere deve essere un’artista a 360 gradi. Io ho iniziato a
fare il cantante, poi il musicista, perché prima di cantare suonavo. Poi mi
sono messo a cantare e quando non cantavo più le mie canzoni, cantavo quelle
degli altri. Poi facevo Night, facevo le sale da ballo, poi ho fatto teatro, ho
fatto la televisione, ho fatto trasmissioni per bambini, ho fatto Topo Gigio.
Bisogna essere istrionici sapendo
gestire la propria personalità, facendo tante cose.
Rivede le sue esibizioni?
Si, quando mi capita si, soprattutto quando
fanno vedere i programmi in cui ero ragazzo, quando ero più giovane e avevo
tanti capelli (risata), cioè quando ero un bel ragazzo e le ragazze impazzivano
per me. Adesso è un po’ più dura e se vuoi colpire, devi colpire con il
fascino, con l’esperienza e avere ancora oggi una certa credibilità.
L’importante è non diventare patetici, perché per arrivare ad una certa età
bisogna cercare di essere lucidi di mente, poi avere una carrozzeria ancora
piacevole e soprattutto un motore che funziona. Sono tre ingredienti con cui vai
avanti fino a 90 anni.
Ma il mondo della canzone è più un
manicomio o un tempio?
Dipende da dove si può arrivare con una
canzone. Ad esempio per me, determinate mie canzoni, sono diventate un tempio,
perché la mia prima canzone “Innamorati
a Milano” del 1964, è una canzone di grande attualità e si sente ancora
adesso che siamo nel 2022. Avendo scritto “Io ti darò di più”, la canzone
che è stata incisa in tutto il mondo, in questo caso ho raggiunto con le mie
canzoni il famoso “tempio”. Mentre il mondo della follia, della pazzia, può
essere raggiunto anche in determinate situazioni che capitano nella tua vita. Ma
le mie canzoni vivranno anche quando non ci sarò più, ci sarà sempre qualcuno
che ascoltando una mia canzone, mi farà rivivere.
Due parole su alcuni personaggi che ha
conosciuto. Partiamo da Sergio Endrigo.
Sergio mi ha voluto con lui nel 1967 ad
interpretare una sua canzone a Sanremo, dove ho avuto appunto il piacere di
condividere quel momento. La canzone era “Dove credi di andare”. Lui aveva
già scritto “Io che amo solo te”, una canzone meravigliosa, mentre io ero
ancora agli inizi della mia carriera, per cui è stato un grande personaggio e
un grande interprete della canzone italiana.
Bruno Lauzi?
Ci telefonavamo per raccontarci le
barzellette. Lui è sempre stato una persona molto ironica, molto spiritosa,
tant’è vero che ultimamente quando è stato colpito dal parkinson, aveva
portato in scena uno spettacolo proprio basato tutto sulla malattia, prendendosi
in giro. Lui durante una serata, raccontava: “A me è sempre piaciuto bere,
però adesso con il parkinson è più quello che verso che quello che bevo”.
Un giorno mi ha telefonato e mi ha detto: “Sai Memo, finalmente ho trovato il
mio luogo ideale di villeggiatura… le isole Tremiti”. Lui aveva queste
battute straordinarie. Avevamo fatto uno spettacolo insieme dove lui cantava le
canzoni genovesi e io quelle milanesi e lo spettacolo si chiamava “Milano -
Genova, andata e ritorno”.
Fred Bongusto?
Altro grande personaggio che mi ha sempre
affascinato perché anche lui ha fatto il Night come me. Lui e Bruno Martino
erano un po’ i miei idoli perché avevano fatto
il mio percorso. Poi loro hanno continuato a fare Night e io mi sono un
po’ staccato quando ho sciolto il mio gruppo musicale e ho cominciato a fare
il solista con il pianoforte, raccontando gli aneddoti legati alle mie canzoni e
facendo un po’ di cabaret.
Dalla vita ha più avuto o ha più dato?
Io alla vita ho dato tanto, perché ho sempre
dato perché ero predisposto a dare, cioè avevo delle caratteristiche e delle
doti, che ringraziando i miei genitori, mi consentivano di cercare di dare
sempre con poco sforzo. Per cui mi
è sempre andato tutto bene, diciamo così, e sono convinto di aver dato molto
ma anche di aver ricevuto tanto. E ancora oggi ricevo tantissimo e mi meraviglio
che ancora alla mia età abbia così successo come lo avevo anni fa.
Quali sono i suoi prossimi impegni?
I miei impegni sono quelli di continuare a
cantare nel programma di Serena Bortone “Oggi è un altro giorno” su Rai 1
fino a giugno. Adesso facciamo la settimana di Sanremo per cui tutta la
trasmissione si sposta a Sanremo e poi abbiamo registrato una canzone insieme a
Valeria Fabrizi, dal titolo “Il grande viaggio”, sottotitolo “Ma quale
vecchi!”. Questo perché vogliamo portare avanti con la canzone quello che io
e Valeria Fabrizi abbiamo portato avanti a “Ballando con le stelle”, cioè
un messaggio rivolto ai nostri coetanei per dire di non stare seduti sul divano
ma di vivere la vita fino all’ultimo, perché abbiamo ancora tante cose da
dare e da fare. Per cui se non andremo a Sanremo come ospiti, la presenteremo in
un grande spettacolo perché è molto bella e merita.
Un domani come vorrebbe essere ricordato?
Vorrei essere ricordato così, come mi
ricordano adesso le persone, perché quelle che incontro, ancora adesso
ricordano tutto il mio passato. Ci sono ad esempio quelli che erano i bambini di
una volta e che ora sono adulti e hanno i loro bambini e mi fermano per la
strada e dicono: “Vedi questo signore? E’ Memo Remigi e faceva Topo Gigio”.
E il signore mi chiede: “Mi fa Topo Gigio?”: E io, rivolto al bambino “Ma
cosa mi dici mai” (Memo fa la voce di Topo Gigio) e il bambino mi guarda come
se fossi un alieno, mentre i genitori ridono divertiti. Ho lasciato un ricordo a
questi genitori, cioè ai bambini di una volta, il ricordo di questo personaggio
strepitoso che è stato Topo Gigio. Vorrei essere ricordato per le cose belle
che ho fatto e che faccio ancora.
Ad un ragazzo che si avvicina alla musica,
che consigli vorrebbe dare?.
Oggi il percorso è molto più difficile, il
mondo è cambiato, la tecnologia nel campo musicale può aver migliorato in
alcuni settori, ma peggiorato in altri. Infatti noi siamo ancora qui, a distanza
di tantissimi anni, che cantiamo ancora le canzoni dei favolosi anni ’60.
Mentre le canoni di oggi non so se arriveranno a cantarle l’anno prossimo.
Se le dico Roma, cosa mi dice?
Roma sta diventando la mia seconda città.
Vivo qua perché sono nel programma di Serena Bortone, poi quando ho fatto
“Ballando con le stelle” stavo a Roma, quindi diciamo che al momento mi
sento più romano che milanese (risata). Di Roma mi piace molto l’atmosfera e
mi piacciono i romani, anche se sono un po’ pressapochisti e meno precisi
rispetto ai milanesi. Quando dai un appuntamento ad un romano dici: “Ci
vediamo domani, a che ora?”. E il romano: “Se vedemo domani ad una certa
ora”. E non si sa dove e a che ora. A Milano se dici alle 3 sono le 3.
Comunque a Roma si sta bene, è una città molto bella, però il discorso dei
rifiuti è davvero tragico, per non parlare delle buche. Bisogna dare una
sistemata a questa città, bisogna reinvestire, perché Roma è una città
straordinaria, un museo a cielo aperto, è la nostra Capitale, il
biglietto da visita per tutti i turisti che vengono in Italia. Invece
trovo che Milano stia diventando una città esemplare e dovrebbe essere così
anche Roma.
La cucina romana l’ha conquistata?
Mi ha sempre conquistata la cucina romana. Se
vieni a Roma, non te fai ‘na carbonara, ‘na cacio e pepe o ‘na matriciana?
Magari anche un po’ d’abbacchio.
Quando è venuto a Roma la prima volta?
A Roma ci sono venuto da ragazzino, insieme
ai miei genitori, per cui venire a Roma era un’avventura straordinaria. Mio
padre mi portava in giro per la città a visitare i monumenti, i musei, le
piazze, le chiese, le fontane e il Colosseo. Ho imparato a conoscere Roma da
ragazzino e l’impatto è stato affascinante ma era un Roma molto diversa e
meno caotica rispetto a quella di oggi.