Ninni Bruschetta (attore, regista teatrale e
sceneggiatore) Roma
2.8.2022
Intervista di Gianfranco
Gramola
“Mio padre che faceva l’avvocato, era un
uomo molto aperto e gli piaceva molto il teatro, soprattutto gli piaceva che io
facessi una carriera diversa dalla sua”
Ninni Bruschetta con Cettina Donato
Ninni Bruschetta, all'anagrafe Antonino
Bruschetta, è nato a Messina il 6 gennaio del 1962. Nel 1983 fonda una sua
compagnia teatrale, la Nutrimenti Terrestri, dedicandosi principalmente a
soggetti di valenza sociale. Tra le sue regie, I carabinieri di Beniamino
Joppolo (1993), Giulio Cesare di William Shakespeare con Giampiero Cicciò nel
ruolo di Marco Giunio Bruto (1998). Corruzione al Palazzo di giustizia di Ugo
Betti (1999), Antonio e Cleopatra di Shakespeare (2001), Medea di Franz
Grillparzer con Anna Maria Guarnieri (2001), L'istruttoria - Atti del processo
in morte di Giuseppe Fava di Claudio Fava con Donatella Finocchiaro (2006). Dal
1996 al 1999 è stato direttore artistico del Teatro di Messina. Nel 2010 ha
pubblicato il libro “Il mestiere dell'attore” edito da Bompiani, con una
prefazione di Franco Battiato. Nel 2012 ha messo in scena L'ufficio di Giacomo
Ciarrapico e Mattia Torre (gli autori della serie tv Boris). Nel 2016 ha
debuttato al "Teatro Menotti" di Milano con Amleto di Shakespeare, con
Angelo Campolo nel ruolo del titolo. Nel febbraio 2016 è uscito il suo secondo
libro, edito da Fazi e intitolato “Manuale di sopravvivenza dell'attore non
protagonista”. Nel 2017 ha messo in scena Il giuramento di Claudio Fava.
Cinema e TV
Al cinema ha lavorato a film come La vita che
vorrei di Giuseppe Piccioni, Il giudice ragazzino di Alessandro Di Robilant,
L'uomo in più di Paolo Sorrentino, Mio fratello è figlio unico di Daniele
Luchetti, mentre in televisione ha recitato, tra l'altro, nelle fiction Paolo
Borsellino di Gianluca Maria Tavarelli, Il generale Dalla Chiesa di Giorgio
Capitani e Aldo Moro - Il presidente. Dal 2007 interpreta il personaggio di
Duccio Patanè, un direttore della fotografia cocainomane, nella serie Tv Boris
trasmesso dalla tv satellitare Fox, nonché in Boris - Il film. Dal 2009 al 2010
ha interpretato in Squadra antimafia - Palermo oggi il ruolo di Alfiere,
poliziotto valoroso che muore nella seconda serie. Nel 2010 ha interpretato il
commissario Cavaterra nella fiction Rai Lo scandalo della Banca Romana a fianco
di Giuseppe Fiorello e Vincent Pérez. Inoltre è apparso in episodi di alcune
fiction molto popolari quali Don Matteo o Distretto di Polizia. Dal 2011 è
Salvatore Lobascio nella serie televisiva Fuoriclasse. Nel 2012 è nel cast de
La moglie del sarto per la regia di Massimo Scaglione. Nel giugno 2016 entra nel
cast secondario di Un posto al sole, soap in cui ricopre il ruolo di Gualtiero
Valle. Nel 2017 invece è tra i protagonisti della commedia di Max Nardari La
mia famiglia a soqquadro.
Intervista
Il 4 agosto sarai alla rassegna
“Sotto l’angelo di Castello” con lo spettacolo “I siciliani – vero
succo poesia”. Mi racconti questo spettacolo musicale?
Diciamo che lo si potrebbe definire un
concerto, una strana versione grazie a questo sodalizio che c’è stato, in
questi anni, con Cettina Donato, con cui ho fatto tante cose. Lei ha fatto
colonne sonore per me e altro. Abbiamo fatto lo spettacolo teatrale che si
chiamava “Il mio nome è Caino”, in due, il pianoforte e il mio monologo,
che molti musicisti e qualche
critico teatrale hanno definito una jam session. Poi abbiamo fatto questo
concerto che porta con sé ovviamente il teatro, ma la struttura è
proprio quella di un concerto, perché è uno spettacolo di 11 brani che
raccontano una storia attraverso le poesie di Antonio Caldarella (scomparso nel
2009), questo poeta sconosciuto che faceva l’attore. Grazie ad uno spettacolo
che abbiamo fatto insieme, quando ci siamo incontrati in Argentina, abbiamo
conosciuto queste poesie e le abbiamo trasformate in forma di canzoni. Quindi la
maggior parte dello spettacolo sono canzoni e poi ci sono anche canzoni
recitate, però sempre costruite insieme alla musica.
Con questo spettacolo girerai per
l’Italia?
Domani sarà il 26esimo concerto. Abbiamo
fatto un tour per tutta l’Italia.
Mi racconti com’è nata la tua passione
per la recitazione? Hai artisti in famiglia?
Non ho artisti in famiglia. Mio padre faceva
l’avvocato e mia mamma era laureata in Scienze. Diciamo che la passione si è
incrociata con una serie di congiunture del momento, perché erano gli anni in
cui nasceva il cinema indipendente, il teatro indipendente e ad un certo punto
mi sono trovato a fare questo lavoro, ma ero giovanissimo. La prima regia
teatrale l’ho fatta che avevo 21 anni.
I tuoi genitori che futuro desideravano
per te?
Mia mamma voleva che facessi l’avvocato,
poi ad un certo punto si è rassegnata. Mio padre invece era un uomo più aperto
da questo punto di vista. Nonostante lui facesse l’avvocato e io fossi figlio
unico, mi ha sempre sostenuto, perché
gli piaceva molto il teatro, soprattutto gli piaceva che io facessi una carriera
diversa dalla sua.
Con quali artisti di riferimenti sei
cresciuto? Chi erano i tuoi miti?
Io sono cresciuto sicuramente con Bob Wilson
e Pina Bausch dal punto di vista teatrale e sul piano teatrale ho avuto la
fortuna di vedere molti loro spettacoli. A quei tempi i miei riferimenti erano
quelli. Nel cinema, la prima passione fu il cinema indipendente tedesco, che era
quello che nasceva nei nostri anni, per cui parlo di Wim Wenders, Fassbinder,
Herzog, che erano quelli che avevano
sostituito la “novelle bac” francese che poi noi abbiamo studiato ma non
abbiamo vissuto direttamente.
Quali sono le tue ambizioni?
Le mie ambizioni sono quelle di non avere
ambizioni ovviamente. E’ un’idea che ho avuto fin da quando ho iniziato a
lavorare e la mantengo adesso che ho 60 anni.
Fra colleghi hai notato più una sana
rivalità o competizione?
Tutte e due. Diciamo che i colleghi più
bravi per gioco forza diventano complici e magari la rivalità c’è di
qualcuno che non ha esattamente la
mentalità dell’attore, perché il lavoro di attore è un lavoro sacerdotale,
che non può prevedere la rivalità e l’agonismo.
Teatro, televisione, cinema. In quali di
questi ambienti pensi di dare il meglio o ti senti più a tuo agio?
Il meglio sempre, a mio agio mi trovo ovunque
e più che altro questi ambienti hanno delle funzioni diverse. Il cinema viene
definito come un’arte, il teatro è una disciplina, quindi è un aiuto
spirituale per la vita e non bisogna mollarlo mai. La televisione ti da la
popolarità e adesso per fortuna è diventata più di qualità rispetto a prima.
Il mondo del cinema era come te lo
immaginavi o hai avuto qualche delusione?
Forse è meglio di come me lo immaginavo. Dai
racconti che avevamo a livello iconografico e storico, il cinema veniva
rappresentato come un ambiente godereccio, invece è un ambiente di grande
disciplina. Poi si sa che è un’industria quella
cinematografica, quindi è un tipo di lavoro diverso rispetto al teatro e
anche alla televisione, che è un’industria a sua volta, ma è diverso.
Oltre alla recitazione curi delle passioni
nella vita?
Diciamo che la recitazione è diventata anche
il mio lavoro, per mia fortuna. Sicuramente le mie passioni sono legate alla mia
famiglia e ai miei figli. Non ho mai avuto hobby o cose di cui non posso farne a
meno. Faccio molti sport, sono un runner e mi faccio 7 chilometri al giorno, a
60 anni, per 6 giorni a settimana. Gioco a tennis, ma la più grande passione è
una alienazione che mi libera la mente.
Hai mai lavorato per solidarietà?
Sempre, ci mancherebbe, ma per mille motivi.
A parte che tutta la mia carriera è stata segnata dalla lotta alla mafia, che
non è solidarietà ma che è comunque una forma di lotta politica contro un
male sociale. Poi io sono testimonial di una associazione solidale di Messina e
di Medici senza Frontiere. Ho fatto comunque tante cose sia per solidarietà che
per beneficienza. Queste cose se sono fatte bene, le faccio volentieri, ma se
pensiamo agli enti che assorbono gran parte dei soldi che raccolgono, per
mantenere se stessi, e poi quello che danno a chi ne ha veramente bisogno è
pochissimo allora non mi va.
Da Messina a Roma. Come ricordi l'impatto
con la Capitale?
Mi sono trasferito a Roma un po' alla volta,
perché fortunatamente io sono arrivato a Roma negli anni che ha descritto molto
bene Paolo Sorrentino nel film "La grande bellezza", un film sugli
anni '80. Avevo molta paura perché vedevo i ragazzi della mia età che non
trovavano lavoro e la città era pericolosa, una città grande,
che ti lascia solo e mi faceva paura anche se sognavo da tanti anni di
trasferirmi a Roma. Sono andato per molti
anni avanti indietro da Messina a Roma, fino a quando sono riuscito con la mia
compagnia teatrale, con le produzioni che facevamo, ad avere sufficiente
autonomia economica per poter prendere un appartamento senza dover chiedere i
soldi a casa. Quindi mi sono
trasferito a Roma definitivamente a 28 anni e ho cominciato a frequentarla bene.
In quali zone hai abitato?
Dovunque. infatti conosco meglio io Roma dei
romani, perché i romani crescono in un quartiere e conoscono solo quello. Mia
moglie quando andiamo a Roma sud, scende dalla macchina e fa guidare me, perché
non si regola più. Io ho abitato in zona Prati, al Ghetto ebraico e ai Parioli
e ora sto a Roma nord. Sono stato un po' ovunque e poi chiaramente stando in una
zona, ho voluto conoscere anche i quartieri limitrofi, oltre a quelli che
conosco per lavoro. Ad esempio nessun romano conosce bene via Tiburtina, noi
attori la conosciamo bene perché lì
ci sono i laboratori di sviluppo e stampa.
Attualmente com'è il tuo rapporto con
Roma?
Triste, perché è una città abbandonata a
se stessa. Comunque è molto bella e si fa perdonare grazie alla sua bellezza.
Come vivi la Roma by night?
Molte volte a casa (risata). non sono un
nottambulo, ma la Roma notturna di una volta era molto diversa da quella di
adesso.
Roma è o era la città più bella del
mondo?
Lo sarà sempre, Gianfranco, per via delle
bellezze che ha. Inoltre è una città magica perché ha un buon clima, ha dei
colori unici, delle luci particolari e degli angoli molto suggestivi, quindi è
unica.