Pippo Franco (attore e cantante)
Roma 15.2.2021
Intervista di Gianfranco Gramola
“Oreste Lionello? Un collega geniale,
imprevedibile e ricco di fantasia”
Pippo Franco, all’anagrafe Francesco Pippo,
è nato a Roma il 2 settembre del 1940. E’ un attore, cantante, comico,
cabarettista, conduttore televisivo, sceneggiatore, commediografo, regista
teatrale e umorista italiano. Pippo Franco è stato un rappresentante della
commedia all'italiana, ed è fin dagli anni settanta uno dei principali
cabarettisti e conduttori della televisione italiana. Ha fatto parte della
storica compagnia di varietà Il Bagaglino, presentando tutti i suoi spettacoli
televisivi e teatrali.
Ha detto:
- Marija Pavlovic, la veggente di Medjugorje,
vede la Madonna tutti i giorni. Più di una volta, mi è capitato di assistere
all’apparizione ed ogni volta è un grandissimo privilegio.
- Tutta la mia esistenza si è basata sulla
ricerca di mio padre. Devo tutto quello che è successo dopo è legato a
quell’avvenimento.
- Sono convinto che i dati sulla pandemia
siano “incomprensibili, parziali e forse anche pilotati”.
- I comici diventano tali per superare una
sorta di emarginazione.
Curiosità:
Pippo Franco ha origini irpine e marchigiane:
il padre, Felice Pippo, era infatti di Villanova del Battista, mentre la madre,
Wanda Grassetti, era originaria di Fano.
Nel 1969 ha partecipato al Cantagiro con La
licantropia, ottenendo un buon successo.
Ha frequentato il liceo artistico a via
Ripetta. Tra i suoi insegnanti c’erano Renato Guttuso e Giulio Turcato, che
hanno favorito in lui la passione per la pittura.
Libri: Il matto in casa (1981) - Evoluzione
interiore. Il primo passo (1997) - Pensieri per vivere. Itinerario di evoluzione
interiore (2001) - Non prenda niente
tre volte al giorno. Il lato comico dell'esperienza umana, con Antonio Di
Stefano (2002) - Qui chiavi subito. Insegne, annunci, cognomi e strafalcioni
tutti da ridere con Antonio Di Stefano (2006) - L'occasione fa l'uomo ragno.
Strafalcioni, cartelli, scritte sui muri e altri capolavori di umorismo
involontario, con Antonio Di Stefano (2007) - La morte non esiste. La mia vita
oltre i confini della vita, con Rita Coruzzi (2012).
Intervista
Come sta vivendo questo mezzo lockdown?
Come mezzo? (risata). Lo vivo come lo vivono
tutti, con le dovute accortezze, ma personalmente cerco di non preoccuparmi,
perché vivo una vita non movimentata o movimentata
in parte. I teatri sono chiusi, i cinema sono chiusi per cui è tutto un po’
bloccato per cui lo vivo conseguentemente. O vivo così, senza troppa ansia.
In attesa che riaprano i cinema e i
teatri, sta preparando qualcosa?
Sto preparando molte cose. La mia attività
non è soltanto quella dell’attore, ma anche quella dello scrittore, dello
sceneggiatore, faccio molte interviste perché sono anche una persona nota,
perché ho fatto molte cose e ho attraversato diversi mondi. Per cui la mia vita
è sempre movimentata.
Lei ha studiato pittura con il famoso
maestro Renato Guttuso. Come ricorda quel periodo?
Non ho avuto soltanto Renato Guttuso come
maestro, ma anche il professor Giulio Turcato. Ho avuto tanti professori avendo
fatto il liceo artistico. I ricordi sono quelli di un’epoca molto poetica che
adesso è praticamente dimenticata, che è scomparsa. Però allora c’erano
tante gallerie d’arte, l’Italia era molto più attiva e anche l’arte era
importante. Adesso non è più come prima e non c’è più quella fioritura che
prima aveva caratterizzato quel periodo.
I tuoi genitori che futuro pensavano per
lei?
Non pensavano nessun futuro, perché il
futuro non si pensa per i figli. E’ un errore pensare al loro futuro, perché
un figlio nasce diverso dal padre e dalla madre. Quando i genitori impongono o
si aspettano un mestiere, vuol dire che poi in qualche modo non lo aiutano a
crescere. Amare vuol dire costruire l’indipendenza della persona amata. Questo
è il mio concetto e presumo anche quello dei miei genitori.
Lei ha lavorato con moltissimi personaggi.
Un suo ricordo di Gabriella Ferri, simbolo della romanità?
Siamo nati artisticamente insieme, nello
stesso locale. Abbiamo percorso una strada insieme, abbiamo fatto “Dove sta
Zazà” che era il primo varietà a colori e poi abbiamo vissuto tutta quanta
una vita, quindi come faccio a parlare di un ricordo solamente. E’ stata un
legame molto importante per la mia vita e anche la mia per la sua.
Ha lavorato con Gigi Magni.
Con Gigi Magni ho avuto sempre un buon
rapporto. Ho fatto quattro film con lui e siamo stati pure in Africa. Abbiamo
vissuto tante avventure e poi era una persona molto preparata per quanto
riguarda la storia, la visone storica, la ricostruzione. Era una persona non
comune, molto rara.
Oreste Lionello?
Io e lui siamo nati artisticamente insieme,
in pratica. Abbiamo vissuto tutta la vita insieme. Che dire di un collega così
geniale, imprevedibile, così ricco di fantasia. Abbiamo fatto moltissimi
spettacoli insieme, praticamente da tutta la vita, cioè da quando ci siamo
conosciuti.
Quando è iniziata la sua avventura con il
Bagaglino?
L’hanno aperto nel 1975, ma ce n’era un
altro Babaglino che era in una cantina a Roma, in via della Campanella e aveva
140 posti. Al Bagaglino, poi salone Margherita di via Due Macelli, appena
abbiamo fatto i primi spettacoli, abbiamo avuto subito un grande successo, perché
abbiamo inaugurato un genere che poi è stato definito cabaret.
Nella sua vita artistica ha avuto
moltissime soddisfazioni. Ha avuto qualche delusione?
In tutta la vita si hanno delle delusioni,
non ci sono solo soddisfazioni. Come si può pensare che la vita sia fatta solo
di soddisfazioni? Poi bisogna vedere cosa si intende per soddisfazioni. Le
delusioni fanno parte della vita di ciascuno di noi e spesso attraverso le
delusioni che arrivano le soddisfazioni.
Fra colleghi lei ha trovato più rivalità
o complicità?
Tutte e due. Nel nostro mestiere c’è
sempre chi ha dei problemi, però per quanto riguarda me ho trovato sempre
complicità e rispetto, avendo prevalentemente condotto i programmi, io cercavo
di servire tutti e tutti quanti poi si calmavano. Poi c’erano quelli che non
avevano nessun problema, Però nel nostro mondo c’ è un po’ di tutto.
Di cosa ha bisogno per essere felice?
Di niente. Cercare di essere felice è una
questione interiore, non è una questione di lavoro o una questione di altra
natura. E’ un bisogno interiore, un bisogno di essere felice semplicemente.
Lei ha scritto 5 libri. Mi ha colpito il
titolo dell’ultimo: “La morte non esiste”. C’è un
messaggio che vuole lanciare?
“La mia vita oltre i confini della vita”
è il sottotitolo. Il messaggio è che esiste un mondo invisibile nel quale
tutti gli artisti vivono e nel quale più o meno credono. E poi che il tempo non
esiste soprattutto e quindi non esiste nemmeno la morte. Epicuro, filosofo
greco, diceva che la morte non la incontriamo mai, perché quando siamo vivi,
lei non c’è. Quando arriva, noi non ci siamo più.
Il suo rapporto con la fede?
Sono un uomo di fede. Non so cosa aggiungere.
Se le dico Natuzza Evolo, cosa mi dice?
Che ho vissuto un lungo periodo con lei e tra
le tante persone che ho conosciuto è stata molto utile alla mia vita. Devo
molto a lei perché quando non sapevo che decisioni prendere, quelle importanti,
mi rivolgevo a lei e mi ha sempre dato una soluzione.
Ho letto che lei collabora con una delle
protagoniste di Medjugorje, la veggente Marija Pavlović. Come l’ha
conosciuta e in che maniera collabora?
Come l’ho conosciuta non me lo ricordo, ma
ho lavorato con lei. Faceva dei raduni, dei cenacoli di preghiera e io ero lì
con lei. L’ho seguita diverse volte e anche a
Medjugorje siamo stati assieme.
Un domani come vorrebbe essere ricordato?
Non è un problema che mi riguarda proprio.
Non ci penso nemmeno (risata).