Ricky Gianco (cantante, chitarrista e
compositore) Milano 26.3.2022
Intervista di Gianfranco
Gramola
“Mike Bongiorno? Era una persona
meravigliosa, una persona buona. Sergio Endrigo? Una persona fantastica”
“Un domani vorrei essere ricordato come una
persona perbene, una persona onesta, una persona coerente”
Ricky Gianco, all’anagrafe Riccardo Sanna,
è nato a Lodi il 18 febbraio del 1943. E’ uno
dei precursori della chitarra rock and roll in Italia. Suo compagno di debutto
fu Gino Santercole, nipote di Adriano Celentano e primo chitarrista del gruppo
de I Ribelli. Nel 1958 è stato chitarrista del trio Pepe, Pietruccio &
Lallo (poi divenuti Dik Dik). Nel 1959 incide il suo primo disco sotto il nome
di Ricky Sann: Ciao ti dirò per l'Excelsius, etichetta discografica torinese
legata alla Cetra, con sul retro una sua versione di Bye Bye Love degli Everly
Brothers. Il suo secondo disco è invece un rock all'italiana: Precipito, inciso
anche da Brunetta. Urlatore convertito al rock and roll, nel 1960 collabora con
I Ribelli e, successivamente, con i Quelli, precursori della Premiata Forneria
Marconi. Sempre in quell'anno fonda la propria band - Ricky Sanna e il suo
complesso - assieme a Luigi Tenco al sax ed Enzo Jannacci al pianoforte; con i
due musicisti pubblica il singolo Distrattamente. Successiva è un'incisione con
Gino Paoli - Come un bambino - pubblicata sotto il nome d'arte Ricky e un altro.
Dopo una stagione si unisce a Colin Hicks and his Cabin Boys, e nel 1961 entra
nel Clan Celentano, esperienza che brevemente lo porterà a una brusca rottura
con il "Molleggiato" dopo aver inciso per sé Vedrai che passerà e
nel 1962 Non c'è pietà. È in questo periodo che Gianco compone un
considerevole numero di canzoni (fra cui Pugni chiusi, composta insieme a
Luciano Beretta e Gianni Dall'Aglio, e portata al successo dai Ribelli di
Demetrio Stratos), traduce testi inglesi (di canzoni di genere beat) mostrando
un vivo interesse per la produzione dei Beatles. Degni di nota sono i singolari
brani scritti con Gian Pieretti che Gianco eseguì manifestando un originale
talento anche come chitarrista. Negli anni settanta porta avanti alcuni progetti
musicali (e in seguito teatrali) con il cantautore Gianfranco Manfredi, fra i
quali spicca l'album Zombie di tutto il mondo unitevi pubblicato nel 1977
(lavoro pregevole del quale Ricky Gianco è autore di tutte le musiche).
Parallelamente si dedica anche all'attività di discografico: infatti nel 1973
fonda la Intingo e poi, l'anno successivo (con Nanni Ricordi) l'Ultima Spiaggia.
Nel 1987 è l'orco in Pollicino di Hans Werner Henze con Fedora Barbieri al
Teatro Comunale di Firenze. Nel 1992 esce l'album Piccolo è bello, che include
il singolo Anche un vagabondo, con la partecipazione di Roberto Manfredi e il
musicista Gaudi. Nel 2004 ha portato in teatro uno spettacolo scritto a quattro
mani con Alberto Tonti intitolato È rock'n'roll (dal titolo di una sua canzone
inclusa nell'album omonimo del 1991) in cui racconta i primi dieci anni di vita
della musica rock, dal 1954 al 1964, ovvero fino all'esplosione del fenomeno
Beatles (che Gianco ebbe modo di conoscere durante la sua permanenza in
Inghilterra nei primi anni sessanta e dei quali ha eseguito in disco e in
concerto diverse cover). Il 9 maggio del 2009 è ospite d'onore al Premio Donida,
al Teatro Derby di Milano, dedicato al maestro Carlo Donida, insieme ad altri
artisti quali Mogol, Mario Lavezzi, Platinette, e Michele Fenati e il suo
Quartetto. Il 25 settembre 2013 partecipa al concerto per festeggiare i
cinquant'anni di carriera di Gian Pieretti, che si tiene all'Auditorium di
Mortara (dove il cantautore risiede) un concerto a cui partecipano molti
musicisti tra cui Viola Valentino, Ivan Cattaneo, Marco Bonino, Mario Tessuto,
Paky Canzi, Donatello, i Camaleonti ed Elisabetta Viviani, oltre allo stesso
Pieretti. Nel 2014 riceve la Targa alla Carriera Musica da Bere, che ritira
nell'ambito dell'omonima manifestazione a Vobarno (BS) il 10 maggio e
recentemente a Milano ha ricevuto il
premio Gigi Vesigna nella serata che si è tenuta al Circolo El Salvadanèe.
Nella sua carriera ha pubblicato più di 20 album e 4 raccolte.
Intervista
Hai iniziato a cantare giovanissimo.
Quando hai capito che cantare sarebbe diventato il tuo lavoro?
Io non l’ho mai considerato un lavoro, non
l’ho mai neanche pensato. Io ho iniziato a cantare che avevo 7 anni, poi in
pubblico a 11 anni e ho vinto il primo premio ad una
manifestazione e poi a 16 anni ho iniziato a registrare dei dischi.
L’anno dopo ho conosciuto Giampiero Reverberi, il bravo produttore che aveva
portato alla Ricordi molto cantanti della famosa scuola genovese, e lui mi ha
voluto alla Ricordi, così mi sono trovato in mezzo all’oro, non a loro, perché
c’erano Giorgio Gaber, Gino Paoli, Umberto Bondi che erano già un po’ più
conosciuti. Poi c’erano quelli che stavano faticando un po’, come io, che
ero un po’ la loro mascotte, perché avevo 7/8
anni in meno di loro. Poi c’erano Enzo Jannacci, Luigi Tenco, Sergio
Endrigo e lì siamo andati avanti fino all’età di 18 anni, fino a quando
Celentano mi ha sentito cantare. Tra l’altro io cantavo, ma avevo un difetto
di pronuncia, cioè non pronunciavo bene la erre, ma non era una erre da
correggere, era sbagliata la posizione della lingua per emettere il suono.
Adriano Celentano mi ha detto: “Sei bravissimo, peccato che hai quella
erre”. Io allora, dopo aver parlato con i miei genitori, ho frequentato una
scuola di dizione e anni dopo ho incontrato Celentano in uno spettacolo e lui mi
ha detto: “Ma tu sei quello che non aveva la erre? Come hai fatto?”. E io
per fare lo spiritoso, gli ho risposto con una battuta: “Beh, sai, mio papà
è molto ricco, me l’ha comprata” (risata). Comunque non ho mai considerato
il cantare come un lavoro che dovevo fare, lo facevo perché era quello che
sentivo di fare e mi faceva stare bene, e mi faceva sentire felice. Infatti
quando avevo 7/8 anni, in casa, quando c’erano i miei con degli amici, io con
una chitarra finta mi mettevo davanti a loro e cantavo e mi facevano i
complimenti e quando mi chiedevano cosa volevo fare da grande, io rispondevo
“cantare”. E loro: “Si, ma per vivere che lavoro vuoi fare?”. Capito?
Perché il cantare a quei tempi non era considerato un lavoro.
I tuoi genitori come hanno preso la tua
scelta artistica?
Io ho iniziato a 12 anni a studiare chitarra
classica, ma mia zia e mia mamma volevano che andassi al conservatorio, mentre
mio padre era contrario. Era contrario perché nella famiglia di mia madre
c’era il padre che era maestro di banda e il fratello di mia madre era
professore di oboe, solo che con la guerra, il professore di oboe era finito per
lavorare in una assicurazione. Allora mio padre mi diceva: “Si, vai a studiare
per tanti anni al conservatorio, così finisci per lavorare in una assicurazione
come tuo zio”. Lui voleva che facessi l’università, ma io non ne avevo
assolutamente intenzione. Ad un certo punto finii in una scuola che non
c’entrava per niente, che era quella di ragioneria, perché allora c’era
sempre l’idea e la mentalità che ci voleva quel foglio di carta, un diploma.
Ma a metà anno, ho mollato e ho cominciato a scrivere canzoni. Avevo 17 anni.
Nella tua lunga carriera hai incontrato
molto personaggi. Se ti dico Mike Bongiorno, cosa mi dici?
Che era una persona meravigliosa, che era una
persona buona e che aveva le idee chiare, era intelligente ed era molto
generoso. Tra l’altro mi aiutò quando avevo 16 anni, avevo appena fatto il
mio primo disco e lui mi invitò in un suo Carosello, come giovane cantante,
come dilettante e poi mi invitò nei suoi spettacoli. A quei tempi lui
presentava molto programmi con tantissimi ospiti e c’era un pubblico enorme e
io ero contento perché mi facevo conoscere e lui si considerava il mio
pigmalione, il mio scopritore. Comunque era un uomo molto generoso e faceva un
sacco di beneficenza senza dire niente.
Sergio Endrigo?
Endrigo era una persona fantastica. Sia
Sergio Endrigo che lo stesso Gino Paoli e Luigi Tenco sono emersi grazie a Nanni
Ricordi, che era il boss della Dischi Ricordi. A quei tempi tutti scrivevano
canzoni, ma non le cantavano quelli che le scrivevano, ma i cantanti. E’ stato
Nanni che ha detto: “L’hai scritta tu e la incidi tu”. E così sono nati i
cantautori, ma allora non c’era questa mentalità, c’erano i cantanti e
c’erano gli autori ed erano due lavori diversi. Ricordo che mia madre una
volta vide in TV Gino Paoli che cantava e mi disse: “Bella questa canzone,
peccato che la canti lui”.
Hai incontrato anche i Beatles?
Si, sono stato a Londra, perché io dovevo
fare il primo tempo del loro tour in Italia. Sono stato un pomeriggio con loro
in un teatro dove loro poi, verso le 18.00, facevano uno spettacolo natalizio.
Incontrandoli mi sono reso conto che erano un gruppo eccezionale, che erano dei
mostri sacri e che non era il solito gruppo, la solita musica. Ce ne sono tanti
di gruppi bravi, ma Lennon e McCartney hanno scritto una musica che fra 50 o 100
anni verrà considerata pari a quella di Mozart e di Bach, perché pian piano si
capirà.
La musica secondo te basta sentirla o
bisogna anche capirla?
La musica va sentita, ma diciamo che ci sono
tanti modi di sentirla, come ci sono tanti modi di parlare. A volte ascolti una
canzone e dipende molto dallo stato d’animo con cui l’ascolti, dipende
dall’attenzione che ci metti, dal tempo che ci dedichi. Ascoltare musica è
come leggere un libro, bisogna concentrarsi altrimenti è come non leggerlo.
Come a volte nei film, con delle colonne sonore che non ti accorgi neanche che
ci sono.
Hai una grande esperienza del mondo
musicale. Come vedi la musica di oggi e chi la fa?
La musica c’è ancora, poi c’è una parte
che viene definita musica ma non è musica, che però è interessante. Le
nuove generazioni man mano che si va avanti, portano il nuovo, che naturalmente
non piace ai vecchi. Io quando avevo 16 anni, facevo il rock and roll, perché
io sono nato con il rock and roll, anche i miei nonostante che mi volessero
molto bene, mi dicevano: “Ma come fai con questa musica qui?”. C’è sempre
questa cosa, però ci sono ancora dei bravi musicisti, dei bravi cantautori.
Quelli che hanno vinto Sanremo Blanco e Mahmood mi piacciono, però ci sono
molti che mischiano il parlato con il cantato e sono cose che hanno interesse
si, però per me non fanno parte del mondo musicale.
Sei contrario o favorevole ai talent
musicali?
Io non li ho guardati, perché li trovo una
speculazione televisiva che poi, per carità, servono anche perché danno la
possibilità a molti ragazzi di farsi sentire, di farsi notare. Noi avevamo gli
spettacoli da dilettanti che ci aiutavano. Però noi ci siamo fatti una gavetta,
questi qui no. Poi mi rendo conto che negli ultimi tempi ci sono dei ragazzi di
una bravura eccezionale e oramai purtroppo funziona solo attraverso la
televisione. Dico purtroppo perché anche la politica funziona così, non c’è
più la politica come la intendevamo noi. Ormai la politica si fa in televisione
più che nei palazzi del potere e ci dicono che fanno, che risolvono, ecc …Ho
letto che hanno rotto il contratto al prof. Orsini perché è uno che dice
quello che pensa, queste secondo me è ingiusto. Ma noi non siamo un paese
libero? Perché uno non può dire quello che pensa? Devo dire solo quello che
pensano loro? Più andiamo avanti e meno libertà avremo a questo punto. Adesso
c’è questa guerra e mi dispiace molto vedere questa gente soffrire, bambini,
anziani, però non gliene frega niente a nessuno della Serbia, dello Yemen o
dell’Afghanistan. L’altro giorno nel programma Propaganda live, c’era una
giornalista che ha fatto un reportage sull’Afghanistan, dove vedi tutti che
piangono, i poveri che non hanno da mangiare, non hanno da bere e di questo non
ne parla nessuno. Nello Yemen poi sono anni che sono con le pezze sul sedere e
anche lì non dicono niente. Hanno fatto fuori Saddam inventandosi che aveva
un’arma nucleare che non aveva. Il prof. Orsini diceva grosso modo queste cose
e gli hanno strappato il contratto. E’ assurdo.
Hai dei rimpianti?
No, anche se mi rendo conto di tante cazzate
che ho fatto. Qualche cosa che assomiglia a dei rimpianti c’è, per esempio di
aver avuto la possibilità di avere un’avventura con una meravigliosa
fanciulla (risata), che poi per motivi indipendenti da me e da lei,
non è successo niente e mi è dispiaciuto molto.
Però non sono rimpianti, perché tutto ciò che avviene è perché
doveva avvenire. Si, noi abbiamo il libero arbitrio e quindi siamo in parte
colpevoli e artefici del nostro destino, però si vede che c’è qualcosa di
scritto. Chi lo sa.
Oltre alla musica, curi delle passioni
nella vita?
Intanto sono un animalista e un vegetariano
da tanti anni, perché io amo in assoluto i bambini e gli animali, perché tutti
e due sono onesti, puri, che non hanno colpe,
quindi perché devono subire? Poi sono esageratamente collezionista, per
cui mi ritrovo che non ho più spazio in casa e quindi mi dovrei trasferire in
un castello. Con il passare degli anni mi dico: “Ma che cavolo continuo a
conservare?”. Ho tantissimi dischi, i famosi LP. Ho iniziato a collezionarli
nel 1964, da quando ho cominciato ad andare in Inghilterra. Lì ho comprato un
sacco di cose che in Italia non c’erano neanche e ho continuato a comprarne.
Ho le mie chitarre, le palle di vetro con dentro la neve e ho dei giocattoli
vecchi, quelli in metallo, quelli di una volta che sono fantastici. Ho tante di
quelle cose che poi ti rendi conto che oltre alla passione per queste cose, c’è
anche un senso di possesso.
Un domani, come vorresti essere ricordato?
Sicuramente come una persona perbene, una
persona onesta, una persona coerente. La coerenza insieme all’amicizia sono
valori che non mi hanno mai abbandonato.