Simona Marchini (attrice) Grottaferrata (Roma)
22. 8. 1998
Intervista di Gianfranco Gramola
Una
nonna sprint, innamorata della sua città
Simona
Marchini, nata a Roma il 19 dicembre del 1941, è un’attrice teatrale e
cinematografica, presentatrice televisiva e radiofonica, "talent
scout", autrice e regista di teatro. L’attrice, che è figlia
del miliardario Alvaro, della dinastia dei Marchini, potenti costruttori edili
ed ex proprietari della Roma ai tempi d’oro, esordisce nel 1980 con Iside
Martufoni, personaggio ironico della trasmissione televisiva “A tutto gag”,
raggiungendo poi la notorietà nel 1985 con “Quelli della notte” di Renzo
Arbore. In seguito si dedica al cinema ed alla regia, tornando nuovamente in
televisione presentando “Prossimamente non stop” (1987) con Maria Amelia
Monti e “Pronto chi gioca?” con Giancarlo Magalli. Due anni dopo è la
protagonista di “Piacere Raiuno” con Piero Badaloni e Toto Cutugno e nel
1993, di “Ieri, oggi e…domani?” al fianco di Gianni Minà ed Enrico Vaime.
Nel 1997, realizza la mostra "Opera", percorsi nel mondo del
melodramma" al Palazzo delle Esposizioni di Roma. In teatro non mancano
interpretazioni degne di nota, come "Malemamme", per la regia di Guido
Torlonia, a fianco di Enrica Bonaccorti e in "Ahi, corpo crudele" di
Giuseppe Manfridi, per la regia di Piero Maccarinelli.
Da allora si è dedicata principalmente alla radio (vedi “Donna
domenica: donne sull’orlo di una crisi di humor”) e al teatro (vedi "Rugantino"). Da anni si occupa anche dell’organizzazione del Festival di
Todi, inoltre è ambasciatrice dell’Unicef. Nel 1985 ha aperto la galleria
d’arte "La nuova
Pesa" (come omaggio sentimentale al padre), non solo per esporre
arti visive, ma anche come centro culturale per giovani artisti in cerca di un
piccolo posto al sole
Ha
detto:
- Quello che i comici siano attori di serie B
è un pregiudizio molto italiano e molto stupido. Comunque è molto più
difficile far ridere. Inoltre, io detesto gli schemi mentali per cui un attore
viene catalogato e collocato in una certa area dalla quale non si può muovere.
- Più di una volta mi hanno proposto di
mettermi in politica e naturalmente per l’Ulivo ed io devo dire che
concettualmente non sarei lontana all’idea, perché penso che una persona
credibile, una persona limpida, onesta ed indiscutibile come io sono, un apporto
potrebbe darlo. Però non ho mai avuto il coraggio di osare, perché per fare
politica occorre un altro tipo di cultura. Io sono molto diretta, molto
rigorosa.
- Bisognerebbe imparare ad andare a piedi,
perché a piedi si incontra la gente, si fanno amicizie, ci si conosce, ci si
riappropria della città, la si vede realmente, ammirandone i suoi palazzi, gli
alberi, le bellezze, la preziosità che va conservata.
- A fine estate provo un gran magone, perché
è la fine della dimensione del piacere, quella dove troviamo il tempo per
dedicarci a noi stessi, ai nostri desideri e alle letture.
- Io dico che ci sono delle forse angeliche
che ci sostengono quando abbiamo il coraggio di fare delle scelte. Io sono
un’attrice sui generis che a 22 anni, in crisi coniugale profonda, ha avuto
l’opportunità e la forza di iniziare questa carriera.
Curiosità
-
E’ stata sposata due volte: il primo marito è stato un amico d’infanzia, il
barone Roberto Paolopoli (dal matrimonio è nata Roberta) e il secondo è
stato con Ciccio Cordova, l’ex calciatore della Roma.
- Nel
2000 è diventata nonna di Gabriele, nato dal matrimonio della figlia Roberta
con il psicologo americano Brent.
- Ha
conseguito la laurea in Lettere Moderne presso l'Università La Sapienza di
Roma.
- Al
Bioparco di Roma, ha aperto una scuola per ragazzi “contro il consumo di
troppa Tv ebete” (per informazioni 063610892), dove i giovani potranno
imparare le note, a suonare il pianoforte, cantare e soprattutto, assieme alla
chiave di violino, troveranno
quella che schiuderà loro la vita.
- Il
padre ha recitato nella Filodrammatica del Dopoguerra e sua sorella ha aperto il
Teatro Talia, uno spazio plateale per i bambini, dove si rappresentano dalle
fiabe del Fratelli Grimm alle pièce più impegnative di Shakespeare.
- Nel 2006 ha prestato la propria voce ad uno
dei personaggi di "Sulle ali dei gabbiani - L'isola
va in città", film di animazione basato su un racconto di
Bianca Pitzorno. Il cartone animato partecipa alla raccolta fondi a favore della
campagna UNICEF "Uniti per i bambini, Uniti contro l’AIDS ".
Intervista
In
quale zona hai trascorso l’infanzia, Simona?
A
Monteverde Vecchio, che era un quartiere bellissimo, prevalentemente di villini
con dei grandi prati per i bambini. Quindi era un posto assolutamente adatti ai
piccoli. Si camminava disinvolti, si andava a scuola a piedi. Era una specie di
grande paese. Io abitavo in via Strovieri, in un grande palazzo costruito da mio
padre e da mio zio e avevo tantissimi amici e cuginetti e si stava molto
insieme, si era più solidali. Le mamme condividevano anche il controllo dei
ragazzini che giocavano. C’era veramente un clima molto famigliare, da piccolo
paese. Caratteristica che ancora qualche quartiere conserva anche se in minima
ma minima parte. Io adesso abito ai Parioli, ma scendendo da casa c’è il
parrucchiere che conosco, c’è il fornaio dove mi servo che è un amico, c’è
l’omino della frutta di cui ho fiducia. C’è ancora una dimensione di
comunicazione. La mia Roma era sicuramente più frequentabile, più
percorribile, con meno pericoli e si poteva tranquillamente giocare in strada e
noi bambini andavamo a comperare i quaderni
per la scuola da soli o a prendere il cono gelato in piazza. In quella
Roma c’era un clima di grande distensione. Direi però che dopo gli anni ’60
è incominciato il grande disagio e quindi anche maggior delinquenza e maggior
traffico.
Il
degrado, in poche parole.
Il
degrado è comune alle grandi città, purtroppo e Roma è una città che si è
così affollata negli ultimi anni, in una vivisezione continua. Quindi anche
questo non ha semplificato, in più mancanza di decentramento, affollamento di
Ministeri, di uffici, ecc…la metropolitana che non si riesce a finire più per
problemi di sovrintendenze alle belle arti e poi i mille problemi atavici della
città, una città che è sede del governo e anche della chiesa, non
dimentichiamolo. Quindi ha tutte le difficoltà del caso. E poi, diciamo la
verità, che chi l’abita,
evidentemente non si adopera molto per proteggere la sua città. Perché questo
è anche un problema di educazione che non riguarda solo Roma, è un problema
generale, cioè di rispetto delle cose che appartengono a tutti.
Ma
allora Roma è o era la città più bella del mondo, Simona?
E’
la città più bella del mondo, Gianfranco. Roma è sempre una città
meravigliosa, nonostante tutto. Naturalmente ha subito i disagi di un
arrembaggio edilizio selvaggio, forsennato, i disagi di una rete metropolitana
scarsa, limitata e che non riesce a risolvere i problemi fondamentali del
traffico. E poi tanti altri disagi che conosciamo bene. E’ una città che non
è stata concepita per un traffico così imponente, è una città che è stata
concepita per la carrozza e il cavallo. Quindi è evidente che i disagi
crescono, la popolazione si è moltiplicata in breve tempo. Però la bellezza di
Roma mi pare talmente indiscutibile. Io ho degli amici a Milano, milanesi doc,
che erano venuti molto critici a lavorare a Roma e adesso si sono stabiliti per
sempre. Basta guardare per aria, invece di guardare per terra e da un
cornicione, a una cupola, a una finestra barocca credo che ci sia da vedere in
continuazione qualcosa che gratifica il cuore e lo spirito. E’ un problema
culturale come sempre, però se non si insegna alla gente ad apprezzare certe
cose, è difficile che la gente capisca la bellezza della propria città, no?
Cosa
provi nel tornare a Roma dopo una lunga assenza?
Da
una parte i disagi, il traffico e tutte quelle cose che ti ho detto prima e che
conosciamo bene tutti che mi fanno una rabbia alle volte, perché dico che
questa città non merita tutto ‘sto disagio, ‘sto casino. Poi però mi basta
guardarmi intorno e ammirare la bellezza di Roma per farmi passare la rabbia,
perché questa città ha delle bellezze che incantano. A volte proprio mi
commuove. Io tutti i giorni attraverso il ponte per andare verso piazza del
Popolo, nella mia Galleria d’Arte
e guardo regolarmente il Tevere e
intravedo Castel Sant’Angelo. Beh, ci sono momenti che è emozione pura. Perché
il bello è che bisogna imparare a guardarla, ad osservarla e ad amarla questa
città. La bellezza di Roma non è una cosa che può tramontare.
I
romani come li giudichi? Avranno dei pregi ma anche dei difetti, non ti pare?
Come
no! Parlando di romani romani, cioè tradizionali io credo che il loro pregio,
sotto l’apparente cinismo e indifferenza, in realtà hanno un cuore tenero,
tutto sommato e il difetto può essere lo stesso, ribaltato. Il fatalismo di chi
ne ha viste troppe, porta un eccesso di disinteresse per la città.
C’è
un angolino romano a cui sei affezionata?
Beh,
Gianfrà, ce ne sono molto di angolini di Roma che io amo profondamente,
soprattutto quelli legati alla mia infanzia, cioè da Monteverde Vecchio a Villa
Sciarra e in particolare al tempietto di Bramante, sul Gianicolo, che mi ha
sempre fatto una grande impressione. Quella specie di architettura in miniatura,
uno straordinario pre-barocco. Ecco, direi che questo è un posto che mi è
particolarmente caro.
Da anni si parla di eliminare o spostare
il mercato domenicale di Porta Portese. Cosa ne pensi?
Non
mi pare che Porta Portese costituisca un grosso problema logistico. Direi che
qualche tradizione va pure protetta. Ora non mi rendo conto e non so valutare il
disagio che provoca, francamente. Io non abito in quella zona e quindi non so
dirlo, però non mi sembra sia uno dei motivi di maggiore allarme. Tutto sommato
Porta Portese ormai fa parte della nostra storia e della nostra tradizione e
quindi lo proteggerei.
In
quale Roma del passato ti sarebbe piaciuto vivere, Simona?
Nel
passato anche recente bisognava sicuramente essere ricchi e potenti per poter
vivere bene, questo in generale vale anche al giorno d’oggi, ma in particolare
nel passato, perché basta leggere “Il piacere “ di Gabriele D’Annunzio,
per esempio e si capisce chiaramente come non ci fosse una borghesia, ma la
percepisci, pur non sentendo il
peso di questa borghesia, già fine ‘800 circa. Quindi diciamo che
c’era una vita estremamente brillante, affascinante a livelli alti, una
vita di società anche raffinatissima, colta e molto ricca e poi il resto era
abbastanza desolato e desolante. Però anche la Roma del primo ‘900, quella
che mi raccontava il maestro Gavazzeni, che ha avuto un papà liberale al
Parlamento, era una Roma affascinante anche se c’erano le strade sterrate pure
nel centro e c’erano le donnine con le galline fuori dal portone. Però era
una Roma anche di circoli culturali, letterari, era la Roma di Pirandello e
quindi una Roma di grande raffinatezza culturale. Diciamo che mi sarebbe
piaciuto vivere nella Roma fine ‘800, primi ‘900. Quel periodo non mi
sarebbe dispiaciuto.
Ti
piace la cucina romana o sei a dieta?
Beh!
Gianfrà, odio le diete e quindi la cucina romana mi piace molto, in particolare
la matriciana. E’ vero che è una cucina pesantuccia, però è anche una
cucina semplice.
Che
rapporto hai con il Tevere?
Il
Tevere mi sarebbe piaciuto tanto poterlo vivere più da vicino, ma dai
piemontesi in poi sono state alzate delle barriere su questo fiume e quindi è
abbastanza distante dal cittadino. Bisogna scendere per guardarlo da vicino.
Quando sono andata 3-4-volte all’Isola Tiberina, ho avuto la percezione del
fiume e ne ho subito il fascino. Purtroppo, visto che i lungotevere sono così
sopraelevati, così alti, non è che il fiume lo vivi così molto da vicino. Però,
passando su un ponte, buttando l’occhio in basso, l’idea che è questo il
fiume su cui è nata la nostra città e si è fermata la nostra civiltà, mi ha
sempre trasmesso molta tenerezza.
Com’è
nata la tua Galleria d’Arte?
Quest’idea
è venuta a mio padre nel ’57 e fondò “La Nuova Pesa” che prima era in
via Frattina, poi a via del Vantaggio. Poi è stata chiusa dal ’74 all’85,
per un’infinità di motivi, anche famigliari e dall’85 ho pensato di
riaprirla come associazione culturale e ho trovato posto in via del Corso.
Diciamo che è una tradizione di famiglia (risata). E’ una galleria di arte
contemporanea ed è stata ed è un punto di riferimento abbastanza vitale e
cruciale direi a Roma. Specie in questi anni in cui la crisi ha chiuso tante
gallerie, creando notevoli disagi all’ambiente artistico romano, che io trovo
vitalissimo. Roma è piena di artisti e di attività culturale, forse più di
tante altre città italiane. Siamo in una fase un po’ sommersa e ci sono state
urgenze di riassetto, economico e strutturale della città che hanno fatto
trascurare e reso poco visibile la vita culturale romana, che però esiste
invece e che è molto, ma molto vitale. Questa Galleria è un punto di
riferimento.
Tu
sei anche attrice. Come ti sei appassionata a questa arte?
Quello
è un istinto che io ho nutrito fin da bambina. Ad un certo punto della mia
vita, quando mi stavo separando, mi è capitata un occasione assolutamente
imprevista di lavoro. Mi hanno invitata a partecipare ad una trasmissione
televisiva diretta da Romolo Siena e che si intitolava “Tutto gag”. In
quell’occasione interpretavo Iside Martufoni. Un caso fortunato perché la
trasmissione andò molto bene e allora ho cominciato a lavorare nel mondo dello
spettacolo. Poi naturalmente con la trasmissione di Renzo Arbore “ Quelli
della notte” la popolarità è cresciuta. Però io non mi sono limitata,
naturalmente, alla stratificazione del successo televisivo che è stato comunque
fondamentale. Io ho voluto fare teatro, cosa che faccio da molto anni, quasi 20,
e in tutti i suoi aspetti, cioè teatro brillante, teatro per ragazzi e teatro
più impegnato. Quest’anno farò Rugantino al teatro Sistina, perché non ho
saputo resistere all’invito del grande Pietro Garinei, naturalmente.
Sei
emozionata a recitare in Rugantino, vero?
Naturalmente
e molto, perché è un pezzo di storia musicale romana e poi è proprio una
storia romana e mi fa molto piacere partecipare a questa commedia.
Qual
è la tua parte?
Io
faccio Eusebia! Quella parte la faceva Bice Valori, la comica. Con me recita
Sabrina Ferilli nel ruolo di Rosetta, Valerio Mastandrea in quello di Rugantino
e Maurizio Mattioli in quello di Mastro Titta. Un grande cast, vero?
Come
no! Un tuo sogno nel cassetto?
Il
mio sogno nel cassetto è vedere Roma finalmente rispettata. Questo significa
molte cose, cioè che i suoi cittadini imparino ad amarla di più, che chi viene
a visitarla non prenda i vizi peggiori degli italiani che sono quelli di buttare
tutto per strada e di maltrattare i monumenti. Questo significa, a monte,
un’acquisizione di civiltà. E questo io me lo auguro per Roma, veramente.