Vicky
Maria Catalano (attrice)
Roma 9.8.2022
Intervista di Gianfranco Gramola
“Io
sono sempre stata fin da bambina molto ambiziosa, perché vivevo e vivo
tutt’oggi di grandi sogni”
Intervista
A
cosa stai lavorando, Vicky?
A
Luglio ho iniziato le prove del nuovo spettacolo teatrale che debutterà
quest’anno, Così è se vi pare (Pirandello). Sono molto contenta della nuova
compagnia, tutti attori straordinari ma soprattutto persone preziose che ho
avuto la fortuna di incontrare come la nostra protagonista Milena Vukotic,
Gianluca Ferrato e Pino Micol, quindi tre grandi attori del panorama italiano e
tutti gli altri. Questa meravigliosa compagnia del teatro Quirino, deve tutto al
maestro Geppy Gleijeses,che ha fortemente voluto questo spettacolo e che ne
firma la regia. Intenso, ricercatore e rivoluzionario, dalla scenografia
all’innovazione di una prosa, la più bella commedia di Pirandello, con un
tocco di moderna creatività. Geppy Gleijeses infatti ha chiesto al più
importante videoartist del mondo, di creare degli ologrammi
tridimensionali, donnine e piccoli uomini da 60 centimetri che altro non sono
che i personaggi della commedia. Abbiamo fatto una prova aperta al 30 di luglio
con pubblico e addetti ai lavori e sono rimasti molto contenti, affascinati del
lavoro meraviglioso che ha fatto il regista Gleijeses e adesso siamo pronti per
iniziare la tournèe di quest’anno.
Mi
racconti com’è nata la tua passione per la recitazione?
Mia
madre era un’attrice sul territorio reggino, faceva parte di un gruppo che si
chiamava e si chiama tutt’oggi “Blu Sky Cabaret”, il fondatore è Mimmo
Raffa, attore, regista e produttore che a tutt’oggi mantiene la sua
compagnia di teatro. Quindi sono cresciuta con mamma, andando alle prove. Avevo
3 / 4 anni e infatti ho debuttato che avevo 4 anni in una commedia in dialetto
calabrese, al teatro Loreto di Reggio Calabria, in via Sbarre Centrali, teatro
dove sono cresciuta e che ora è stato dismesso. Era un teatro molto carino, un
centinaio di posti ed era tenuto benissimo.
Quindi è nata lì la passione, perché fin da piccola respiravo la
cultura del teatro, poi pian piano questa passione è cresciuta e verso i 12
anni ho cominciato ad andare e venire da Roma p poi mi sono trasferita nella
capitale verso i 17 anni per studiare in accademia.
Fra
colleghi hai notato più rivalità e complicità?
Nel
mio percorso, soprattutto in teatro, sono stata fortunata perché ho trovato
sempre colleghi molto altruisti, quindi complici. Non è facile trovare colleghi
che si danno per te, che si regalano soprattutto quando sei in scena e
soprattutto con quello che è il teatro che è dal vivo, quindi non hai come al
cinema una seconda possibilità di rifare la scena o di riviverla diverse volte
e anche migliorarla. Lì è una volta e via,
è andata e quindi sono stata fortunata perché ho incontrato tanti
colleghi molto complici, molto disponibili, altruisti e di grande umiltà. Non
mi è mai capitato in teatro di avere grandi rivali. A dire la verità, un po’
di rivalità c’è sempre, forse ai casting più che quando il lavoro l’hai
già ottenuto.
Quali
sono le tue ambizioni?
Io
sono sempre stata fin da bambina molto ambiziosa, perché vivevo e vivo
tutt’oggi di grandi sogni. Probabilmente quello che mi ha fatto continuare,
anche se questo è un mestiere molto difficile, è stato quel pizzico di follia
che mi ha accompagnato, perché anche in periodi terribili, dove non riuscivo a
lavorare tanto, pensavo di abbandonare, ma poi quella follia è stata sempre
quella parte di me che mi ha aiutata ad andare avanti. Anche oggi la mia
ambizione è fare il grande cinema, ci sto provando tanto. Il teatro lo faccio
sempre, ho anche una associazione culturale che è nata nel 2012 e che ha
prodotto tanti spettacoli. Però mi piacerebbe lavorare di più nel cinema.
Prima
di entrare in scena hai un rito scaramantico?
Come
tutti gli attori di teatro, abbiamo il rito in comune del “Merda, merda,
merda” e la pacca sul sedere. In particolare non ne ho, però mi piace pensare
alla mia parte e prima di entrare in scena devo sorridere, per fare felice il
pubblico che viene a vederti. Penso: “Su Vicky, coraggio che si va in scena”
e poi mi chiudo nel personaggio e non penso ad altro, così non perdo la
concentrazione.
Dopo
uno spettacolo temi di più il giudizio del pubblico o della critica?
Quello
che temo di più, se vogliamo usare questo termine, è quello del pubblico. Mi
dispiacerebbe se il pubblico rimanesse scontento, deluso. E lì che l’impegno
dell’attore deve essere sempre al massimo e io cerco sempre di dare il
massimo. Mi dispiacerebbe una critica negativa, però al giudizio del pubblico
ci tengo molto.
Ho
letto che sei molto appassionata di Shakespeare.
Lo
era anche mia madre, perché in Calabria mia madre ha una piccola biblioteca in
casa e quando ero piccolina, mamma mi raccontava a modo suo le storie più
famose di Shakespeare e la curiosità per questo poeta è cresciuta nel tempo.
Poi l’ho ritrovato anche all’università. Sono laureata alla Sapienza alla
facoltà di lettere e filosofia, in lingue e traduzione, ho fatto l’indirizzo
per cinema e teatro, per cui ovviamente ho studiato sui testi classici,
letteratura e la storia del teatro inglese. Per cui il mio amato Shakespeare mi
ha accompagnata anche nei miei anni universitari. Tra l’altro ho avuto una
grande insegnante, Isabella Imperiali, amante del teatro, che ha scritto anche
diversi libri con Peter Brook, anche
lei è docente di storia del teatro inglese alla Sapienza di Roma, alla facoltà
di lettere e filosofia. Ho ricordi bellissimi, lei ci faceva leggere in aula.
Non eravamo trattati come studenti che vanno lì, ascoltano la lezioncina, ma
lei ci faceva leggere i testi e ce li faceva leggere in lingua originale, perché
io parlo perfettamente inglese e spagnolo. E’ stato bellissimo e lei è una
grande insegnante.
A
chi vuole avvicinarsi al teatro, che consigli daresti?
Sicuramente
di leggere, perché questa abitudine si è un po’ persa fra i giovani di oggi
ed è una cosa che dico sempre ai ragazzi quando faccio gli incontri nella
scuola. Mi è capitato di fare dei corsi nelle scuole, un progetto che anni fa
ho scritto con un collega, e che abbiamo portato in giro per le scuole e si
chiamava “Il teatro a scuola” e noi partivamo sempre da lì. Sicuramente
attraverso il gioco, perché il teatro è quello, la lettura è importantissima.
Gli consiglierei intanto di leggere di più ed essere molto curiosi e poi se
proprio la passione c’è, di iscriversi ad una scuola dove insegnano tutte le
materie che riguardano la recitazione, il teatro e questo mestiere.
Dalla
Calabria a Roma, in quale occasione ti sei stabilita nella capitale
e come ricordi l'impatto?
Ho
iniziato a viaggiare fin da quando ero piccolina, proprio per la passione della
mamma, che mi portava spesso a teatro a Roma e anche a Milano. Poi a 12 anni ho
iniziato ad andare a Roma per fare qualche lavoro e a
17 anni mi sono trasferita a Roma, ma già sapevo e attendevo quella data per
andare in accademia dove sono andata a studiare dal maestro Giovanni Battista
Diotaiuti, al teatro La Scaletta, dove poi mi sono diplomata. L'impatto è stato
bello, vivere poi in un'accademia dove i ragazzi venivano da tutta Italia con lo
stesso sogno, è stato molto bello. Poi devo dire che sono stata molto
fortunata, perché nel mio percorso di vita ho incontrato sempre persone che
come me erano semplici e nella semplicità vivevamo di questo grande amore e poi
ne abbiamo fatto un lavoro. Devo però fare un passo indietro Gianfranco perché
ovviamente io partendo da Reggio, dal teatro Loreto, sono stata indirizzata da
Mimmo Raffa, un grande amico, il mio mentore fin da quando ero piccolina. Lui mi
mandò dal maestro e disse: "Se vai a La Scaletta, c'è il maestro
Diotaiuti, che è il migliore, lui è proprio la storia del teatro
italiano". Ed è stato così, purtroppo il maestro ci ha lasciati pochi
anni fa. Ma prima di questo, andai a trovare una persona che mi è stata vicina.
Allora ero proprio una ragazzina, avevo 17 – 18 anni, ero appena arrivata a
Roma, in questa grande città, molto dispersiva e se non hai dei punti di
riferimento, venendo dalla Calabria, dove non c’è tutto questo mondo dello
spettacolo, del cinema e della televisione è difficile. Andai a trovare in via
Archimede 80/a Donatella Rimoldi, che è la mamma di Matteo Garrone, nonché la
moglie di Marco Onorato, grande direttore della fotografia, ed è stata la prima
persona che mi ha fatto capire quanto sia importante studiare per diventare una
brava attrice. Ovviamente all’epoca parlavo con una dizione non perfetta,
quindi per me è stata dura i primi anni, perché ho dovuto fare un corso di
dizione per parlare bene l’italiano, perché noi calabresi abbiamo le vocali
tutte aperte. E ho avuto la possibilità di respirare l’aria che si viveva lì,
dove lei convogliava tutti gli
attori, i registi ed era bellissimo. Io sono stata anche fortunata se vogliamo,
di arrivare a Roma e di avere quel punto di riferimento. Ricordo che c’era
questo piccolo ristorantino in zona piazza Euclide a Roma, che era il ritrovo
per tutti gli artisti, gli attori, registi ed era bello.
In
quali zone hai abitato?
Ho
girato tante zone di Roma. All’inizio sono stata in zona Nomentana, perché
quando sono arrivata a Roma ho fatto anche l’università, quindi abitavo
vicino a villa Mirafiori, perché la facoltà di lingue e lettere e filosofia e
gli studi delle materie straniere si studiava a villa Mirafiori, che è in una
traversa di via Nomentana, che si chiama via Carlo Fea. Invece a La Sapienza
studiavo materie italiane, in piazzale Aldo Moro. Poi mi sono spostata in via
Venti Settembre per un periodo, vicino a piazza della Repubblica e poi mi sono
trasferita a Giulio Agricola, sulla Tuscolana e poi sono andata dalle parti di
viale Libia, via Eritrea, nel quartiere Trieste, dove tutt’oggi vivo, vicino a
Villa Ada.
La
cucina romana ti ha conquistata?
Si
e devo dire che oramai sono romana di adozione, perché ho vissuto più di metà
della mia vita a Roma, sono 22 anni che sto qui. Mi piace la cacio e pepe, la
matriciana. Mi piace molto la cucina romana, ma adoro anche i piatti della mia
Calabria.
Da
qualche mese Roma ha un nuovo sindaco. Hai notato dei miglioramenti?
Qui
si apre uno scenario un po’ complicato. La verità è che abbiamo massacrato
il sindaco che c’era prima, la Raggi e quello che è arrivato dopo io non
l’ho mai visto, per cui non so se c’è o non c’è in realtà, perché a
quanto vedo e da quello che leggo sui social e sui giornali, ancora
miglioramenti non ne ho visti, quindi non saprei dire. Forse ha bisogno di un
tempo fisiologico per ambientarsi, perché Roma è la città italiana più
difficile da amministrare. E’ molto grande e quindi bisogna tenere conto anche
di quello. Il sindaco di oggi si è portato dietro i problemi lasciati dalle
vecchie amministrazioni. Lì ci
sarebbe tanto da dire, bisognerebbe parlare un po’ di tutto.
Ma
Roma è o era la città più bella del mondo?
E’
una bella domanda Gianfranco. Quando sono arrivata a Roma non era così, era
molto più bella. Ora in effetti negli anni sta peggiorando. Ho studiato anche
all’estero e quando gli amici vengono a trovarmi a distanza di qualche anno,
in effetto il commento che dobbiamo
sopportare noi che ci viviamo è: “Mamma mia, Roma è peggiorata da morire,
sotto ogni aspetto”. I servizi, la pulizia, i rifiuti, la manutenzione delle
strade piene di buche. Purtroppo è un dato oggettivo, non è soggettivo, lo
sappiamo tutti perché è sotto gli occhi di tutti, basta venirci un paio di
giorni per rendersene conto.