Alda D’Eusanio (giornalista e
presentatrice) Roma 26.10.2016
Intervista di Gianfranco Gramola
“La vita vera è fuori dalla Tv, perché la
vita vera è fatta di calore umano, di amicizia vera, di comprensione, di
solidarietà … il mondo della Tv non è questo. La maglietta con la scritta
“Dalla”? Se potessi tornare indietro credo che non lo rifarei. Mi dispiace
comunque per quelli che si sono sentiti offesi. Non era mia intenzione mancare
di rispetto”
Alda D'Eusanio è
nata a Tollo (Chieti) il 14 ottobre del 1950. Dopo la laurea in sociologia, diventa giornalista professionista il 9
giugno 1988. Dal 1988 al 1994 conduce il TG2 Stanotte, e nella stagione
1994-1995 il TG2 delle 19:45, edizione principale della testata. In seguito è
conduttrice e autrice di vari programmi televisivi, come il rotocalco
pomeridiano “L'Italia in diretta”
nella stagione 1995-1996 (reintitolato in seguito La cronaca in diretta e poi ancora “La vita in diretta”) e il settimanale di attualità “Domani
è un altro giorno” nel 2000. Il programma televisivo per cui è più
conosciuta è il talk show “Al posto
tuo”, in onda il primo pomeriggio su Rai 2, iniziato nel 1999 e da lei
ideato e condotto fino al 2003, diventando il programma leader nella fascia
oraria del primo pomeriggio nelle stagioni 1999-2000, 2000-2001 e 2001-2002. In
questo periodo è alla guida anche di alcune trasmissioni di prima serata sempre
dello stesso genere di “Al posto
tuo”, come “Batticuore”
su Rai 2 nella primavera del 2001, programma in cui coppie conosciutesi tramite
chat s'incontravano dal vero per la prima volta, e “Un
pugno o una carezza” in onda in prima serata su Rai 1 nella primavera
del 2002. Nella stagione 2003-2004, è sostituita da Paola Perego alla
conduzione di Al posto tuo, ma
conduce “Qualcosa è cambiato”,
in onda su Rai 1 in prima serata nei primi mesi del 2004. Dopo un periodo
d'inattività torna in televisione nell'estate del 2006 con un genere per lei
inedito, il quiz, con la trasmissione estiva di Rai 1 “Il
malloppo”. Nella primavera del 2007 propone un nuovo programma nel
pomeriggio di Rai 2: il talk show “Ricomincio
da qui” (confermato anche nella stagione successiva 2008-2009) e nelle
estati del 2008 e nel 2009 il programma di prima serata “Ricominciare”
in onda sempre su Rai 2. Nella stagione televisiva 2009-2010 “Ricomincio
da qui” è cancellato, e la D'Eusanio presenta sempre su Rai 2 dal 4
ottobre 2009 per dieci puntate il programma “Ci vediamo domenica”, trasmesso nella tarda mattinata
domenicale. In attesa di una nuova trasmissione, è apparsa come ospite in vari
programmi televisivi di Rai e Mediaset. Il 24 gennaio 2012 è stata travolta da
una motocicletta mentre attraversava di poco fuori dalle strisce pedonali in
corso Vittorio Emanuele a Roma, riportando una frattura occipitale e alcune
emorragie. È stata subito ricoverata al Policlinico Agostino Gemelli. A seguito
dell'incidente, è stata in coma ed ha intrapreso una terapia riabilitativa
neurologica.
Ha detto:
- Io vivo la televisione come fosse un gioco
di società. Quando faccio un programma so che non sto scrivendo una pagina di
storia, ma sto passando del tempo piacevolmente con chi mi guarda.
- Papà era innamoratissimo di mia madre, un
uomo molto onesto e protettivo, un contadino tutto d’un pezzo ed è sempre
stato l’eroe di noi figli.
- Sono stata aiuto montatore, regista,
ricercatrice, prima di arrivare al giornalismo. Sono diventata giornalista a 40
anni, caporedattore a 46.
- Dicono che sono tutta rifatta. Non è vero
e non lo sopporto, come non sopporto chi ti prende di mira per l’età, come se
avere più di 50 anni fosse una colpa.
Curiosità
-
Il suo nome completo è Alda Ubalda D'Eusanio ed ha una laurea in Sociologia con 110 e lode.
-
Ha scritto due libri: “ Il peccato in Parlamento” e “L’albero
socialista”.
- Nel 2010 ha vinto il Premio Penisola
Sorrentina Arturo Esposito, coordinato da Mario Esposito e presieduto da Magdi
Allam.
- È stata soprannominata ironicamente “La
zarina” in un articolo comparso su Panorama, e per questo motivo la
conduttrice ha agito in via giudiziaria contro il settimanale, che è stato poi
condannato a risarcirle un danno di 60 milioni di lire.
Intervista
Come ricordi i tuoi inizi in Tv?
Me li ricordo come un momento molto bello e
di grande stupore, perché io non miravo di andare in televisione, ma spesso
nella vita è come se il destino fosse tracciato. C’era un mio amico che
lavorava in televisione e mi ha chiesto di scrivere dei testi. Allora ho
iniziato a scrivere testi e poi ho cominciato a seguire le troupe televisive e
quindi a fare giornalismo televisivo. Ed è
stato per me un momento molto bello, di grande felicità, perché poi ho capito
che quello era il tipo di comunicazione che si confaceva di più al mio
carattere, alla mia personalità.
I tuoi genitori che futuro sognavano per
te?
Mia madre tuttora mi dice: “Te ne sei
voluta andare da casa e adesso hai lo stress e non hai figli. Se restavi a casa,
avresti dei figli e non avresti lo stress”. Io
vengo da Tollo, un piccolo paese dell’Abruzzo, da una famiglia contadina,
siamo 4 figli. Mia madre non voleva nemmeno che studiassi, mentre mio papà mi
ha sempre appoggiata. Lui è sempre stato molto contento e orgoglioso di me e
diceva sempre: “Di Alda D’Eusanio ce n’è una sola”. Mamma, visto che
volevo studiare, ha preteso che non facessi il Liceo, ma che facessi le
Magistrali, perché così almeno facevo la maestra e restavo al paese, secondo
lei. Invece ho voluto fare l’Università, sempre con l’appoggio di papà e
quindi contro il parere di mamma. Il sogno di mamma di vedermi maestra, sposata
con figli, è andato infranto, ma ho realizzato quello di papà. Ricordo quando
papà ha visto un mio articolo su un giornale, ha pianto di gioia.
Il mondo della Tv era come te lo
immaginavi o ti ha deluso?
Il mondo della Tv è difficile, Gianfranco,
non è un mondo facile. E’ un mondo in continua evoluzione. E’ bello il
lavoro che fai, perché se ami il tuo lavoro, hai anche la forza di resistere.
Ma umanamente e anche professionalmente, non è un mondo gratificante. La
vita vera è fuori dalla Tv, perché la vita vera è fatta di calore umano, di
amicizia vera, di comprensione, di solidarietà … il mondo della Tv non è
questo.
La popolarità crea vantaggi ma anche
svantaggi. Mai avuto problemi di stalker?
No, problemi di stalker per fortuna non ne ho
mai avuto. La popolarità è una gran bella cosa, Gianfranco, perché grazie
alla mia popolarità affettuosa mi è consentito di aiutare il prossimo. Io vedo
la differenza che c’è quando la gente ferma me o quando ferma il grande divo,
io non sono percepita come una diva. Sono come la vicina di casa o l’amica di
famiglia. Quando vado a fare la spesa, il mio cameriere dice: “Signora, se va
lei, non mangiamo”. Questo perché quando vado a fare la spesa mi fermo a
parlare con tutti e torno dopo tre ore. A me piace ascoltare le storie della
gente e mi fermano in continuazione per raccontarmi i loro problemi o per
chiedermi un consiglio. Questo vale anche quando c’è una persona che ha un
bisogno burocratico o sanitario. Io metto a loro disposizione la mia simpatia
popolare, per cui trovo maggior aiuto, maggior collaborazione. La popolarità
aiuta in questo e ti gratifica perché puoi fare qualcosa per gli altri.
La trasmissione che ti ha dato più
soddisfazione?
Tranne il grande flop che ho fatto con
“Qualcosa è cambiato”, un programma serale che è andato malissimo, infatti
alla seconda puntata l’ho bloccato, tutti gli altri mi hanno dato molta
soddisfazione perché li ho creati io, ne sono stata autrice e conduttrice.
Quello che più mi ha divertito è “Al posto tuo” e devo dire che mi ha dato
una grandissima popolarità, che io all’epoca non ho neanche capito, perché
attraversavo uno dei momenti più dolorosi della mia vita, perché era morto mio
marito. Non capivo neanche quello che mi accadeva intorno. Quello che però mi
ha dato più soddisfazione è stato “Ricomincio da qui”, dove ho aiutato
molte persone. Era un programma ideato da me che si proponeva di aiutare il
pubblico ad affrontare le piccole e grandi difficoltà della vita e con
l’aiuto di un team di esperti si cercava di fornire ai protagonisti consigli
utili per trovare una soluzione al loro problema. Diciamo che almeno il 70 per
cento delle storie raccontate, hanno
trovato una soluzione.
Ora stai lavorando a qualche nuovo
programma?
Negli ultimi quattro anni mi sono curata per
uscire dall’epilessia e da tutti i problemi che mi ha creato l’incidente che
ho avuto, il coma, ecc … C’è voluto molto tempo per riprendermi, per uscire
fuori da un qualcosa che è stato miracoloso per come è andata. Ero morta,
invece sono viva e senza gravi handicap, come potevo finire di avere. Ho
studiato molto e ho ripreso la padronanza della mia intelligenza. Ogni tanto
vado nei programmi dove mi invitano come ospite quando c’è un argomento che
mi piace. Ho ricominciato a fare Tv in questo senso. Studio, leggo e scrivo per
un giornale che si chiama “In famiglia” e sto riprendendo lentamente la mia
attività di giornalista, anzi comunicatrice, perché più che giornalista mi
sento una comunicatrice. Ho vissuto sempre il mio lavoro in modo molto
passionale ma anche molto normale, come se fossi, come dice mamma,
un’impiegata delle poste. Non mi sono mai sentita né una star, né una diva,
né niente di diverso da quella che in realtà sono. Sono una figlia di
contadini, trasferita a Roma tanti anni fa, vivo il mio quartiere come se fossi
al mio paese, perché so tutto di tutti, parlo con tutti, tutti mi raccontano i
loro problemi, mi chiamano il sindaco del quartiere sanità (risata).
Ad una ragazza che volesse lavorare in Tv,
che consigli daresti?
Se ha veramente il desiderio e il talento,
consiglierei di combattere tutte le battaglie che può combattere per arrivare
dove vuole arrivare, ma deve essere un qualche cosa di veramente talentuoso, di
non fare come quei ragazzi che vedono nella TV la possibilità di diventare
qualcuno o qualcosa e che poi non è così. La televisione è una grandissima
fabbrica di illusioni e quindi di delusi. La televisione è un meccanismo e una
delle forme di comunicazione più potente che c’è perché è la più
divulgativa, la più conosciuta, una
volta la gente leggeva oppure sentiva la radio, adesso vede la televisione, non
sono più i quotidiani a fare notizia in quanto è la televisione. E’ un
meccanismo di grande fascino ma anche di grande illusione, sembra che tutti
grazie ai reality possano andare in televisione, ma poi quelli che restano sono
pochissimi, perché spesso la
televisione è anche un meccanismo che crea dei mostri. Fabrizio Corona per
esempio, che è uno che commette cose illegali, che non si possono e non si
devono fare, ma che diventa una sorta di “eroe”. Lo chiamano eroe negativo,
ma se è negativo non capisco perché lo chiamano eroe, ed è uno che va nelle
discoteche, che prende 30.000 euro solo per stare lì dieci minuti e farsi
vedere. Come dicevo prima, la televisione crea anche dei mostri.
La maglietta che hai indossato “Dalla”
che ti ha creato tanti problemi, se tornassi indietro la rimetteresti?
Io devo confessare che l’ho messa nel modo
più innocente, perché non era previsto che mettessi quella per andare in onda.
All’epoca c’erano le magliette che si acquistavano nelle librerie, con
scritte la frase del grande scrittore, dello scienziato, ecc … e a me avevano
regalato questa maglietta con quella parola che io ho trovato irriverente ma
divertente, spiritosa e io la vedevo in quel modo. Non ho capito invece che
entrare nelle case può trovare qualcuno che la trovava offensiva. Siccome
quando si entra nelle case degli altri devi essere rispettoso di tutto, se
potessi tornare indietro credo che non lo rifarei solo perché mi da fastidio
mancare di rispetto a qualcuno. Quindi una cosa che io ho trovato divertente poi
è stata fraintesa. Poi naturalmente è stata usata per attaccarmi e hanno
scritto che questo è istigazione alla prostituzione. Per quelli che mi hanno
attaccato in modo così vergognoso
la rimetterei soltanto per provocarli, perché lo meritano. Mi dispiace comunque
per quelli che si sono sentiti offesi. Non era mia intenzione mancare di
rispetto.
Il tuo rapporto con la fede?
Con la fede ho un rapporto molto personale.
Non sono quella che va in chiesa tutti i giorni o tutte le domeniche. Ci vado
alle feste comandate. Però ho un rapporto con la fede molto sincero e profondo,
perché cerco di metterla in pratica. Non mi piace andare in chiesa e poi uscire
e fare l’esatto opposto di quella che la mia fede, la mia religione mi ha
insegnato. Cerco di andare in chiesa e di fare la comunione quando
sono veramente pentita, se no non la faccio. Cerco la solidarietà, il
rispetto, l’onestà e mettere in pratica gli insegnamenti della nostra
religione. Io non credo nella fede e nella pratica fasulla. Non credo nel
perdono della confessione, cioè che se tu confessi i tuoi peccati e chiedi
perdono, vieni perdonato e poi esci e cominci a fare quello per cui hai chiesto
il perdono.
Papa Francesco ti ha conquistata?
Papa Francesco mi lascia molto perplessa. Mi
ha conquistata all’inizio, poi io che faccio comunicazione, mi accorgo subito
se una persona usa la comunicazione in modo eccessivo e predica ma poi non
pratica. Mi sembra un papa che fa molte cose a favore delle televisioni, delle
telecamere, un po’ troppe, mentre papa Wojtila lo trovavo più sincero nella
comunicazione, direi più autentico. Questo Papa mi sembra un po’ meno
autentico. Sono diventata un po’ diffidente, o meglio più prudente, mentre
all’inizio ha avuto la mia simpatia immediata.
A chi vorresti dire grazie?
A mio marito.
Come ti ha conquistata tuo marito?
Con l’intelligenza, con la cultura e con
l’onestà intellettuale. Lui è l’uomo più intelligente che ho conosciuto.
Tutte le volte che ci litigavo, mi riconquistava sempre con l’intelligenza,
con il dialogo e con la cultura grande che ha sempre avuto. E quella è una cosa
che mi manca. Tant’è vero che vado a leggere i suoi libri quando non capisco
una cosa e ci trovo sempre una risposta.
Se ce l’avessi davanti, cosa gli
diresti?
Grazie per amarmi così, per non farmi
sentire sola. Io mi vedo con i suoi occhi, prima non mi piacevo, ora mi piaccio.
Grazie per tutto quello che mi hai insegnato, grazie per l’amore che mi hai
dato, grazie per amarmi ancora così, grazie per tutto quello che mi hai dato.
Gianni è la cosa più bella che ho avuto nella vita.
A chi vorresti dire scusa?
A mio marito, per tutte le volte che mi sono
arrabbiata e per le cose cattive che gli ho detto. Cose cattive che si dicono
quando ci si arrabbia, ma sono cose che poi ci si pente di aver detto. C’è
una cosa a cui continuo a chiedergli scusa, o meglio perdono. Io non accettavo
l’idea che morisse … l’ho fatto fare a pezzi. In dieci giorni l’ho fatto
operare 4 volte. I dottori mi dicevano che non c’era niente da fare e io
urlavo “Dovete operare, dovete operare”. Ho capito poi che io pensavo a me
stessa, non a lui. Io non potevo vivere all’idea che lui morisse. Non potevo
vivere senza di lui. Gli ho fatto fare delle cose sul suo corpo allucinanti e il
suo corpo era diventato come il vestito di Arlecchino. Stavo vivendo momenti di
disperazione. Lì i medici dovrebbero capire che un parente non può decidere.
Una mamma, una moglie pur di tenersi il padre, il marito, il figlio gli farebbe
fare qualunque cosa, ma lì è il nostro egoismo che viene fuori, perché
l’amore vero è quando tu lo lasci andare nel momento che non c’è più
niente da fare. Accettare e pensare al suo bene. Che vita sarebbe stata per mio
marito, attaccato alle flebo e alle chemioterapie? Sarebbe stata una vita
d’inferno. Io in quel momento non ho pensato a lui, ho pensato a me. Se
l’avessi davanti gli chiederei perdono.
Parliamo di Roma. Tu sei di Tollo
(Chieti). Quando sei venuta a Roma e come ricordi l’impatto?
L’impatto con Roma è stato bello, perché
ho deciso io di venire a vivere qui. Avevo 18 anni, quindi ci ero venuta con
grandissima felicità e sono stata molto contenta della mia scelta e lo sono
tutt’ora. L’impatto è stato grande, come diceva mio padre quando
l’ho portato a vedere San Pietro. Mi ha colpito la grandiosità, perché uno
che viene dal paese, dove ha vissuto in una dimensione piccola, venendo a Roma
vede tutto molto più grande. Una grandiosità che mi ha anche dato un impatto
duro all’inizio, perché era un impatto di solitudine. In un paese conosci
tutti, non vedi più una persona solo quando muore, ma continui a vederla e
ricordarla quando vai la domenica al cimitero. Il paese è fatto anche di
piccole abitudini, esci di casa conosci tutti e non c’è la solitudine o
l’isolamento, perché anche la malattia, la disgrazia o la vergogna viene
vissuta sempre nella comunità, è sempre tutto molto sociale quello che accade.
Nella grande città non è così, perché c’è l’isolamento e la solitudine
dell’appartamento. All’inizio mi mancavano i miei piccoli animali perché al
paese avevamo i cani, i gatti, le galline, c’era di tutto. E allora ho
cominciato a fare così anche qui, ho preso una tartaruga, poi il pesce rosso,
poi il gatto, poi il cane e ho cominciato a rompere le palle ai vicini:
“C’hai il sale, c’hai l’aglio, ho finito la cipolla, che mi presti un
po’ di zucchero”. E ora vivo nel cuore di Roma come se vivessi nel mio paese
e ho capito che con la comunicazione e il calore umano, riesci a rompere quella
solitudine e quell’isolamento. Tant’è vero che la mia casa la chiamano
“La casa del calore umano”. Chiunque può venire e mangiare, c’è sempre
un piatto caldo per tutti e una bella accoglienza.
Quali sono state le sue abitazioni romane?
Adesso sto in corso
Vittorio Emanuele. Ho avuto molti sfratti quasi tutti per morosità, perché
sono stata molto povera e non avevo i soldi per pagare l’affitto. Dicevo
sempre, scherzando, che il best seller di Alda D’Eusanio è “Le mie
pigioni” (risata). Sarebbe stato un buon best seller, raccontare tutte le
volte che dovevo abbandonare la casa per morosità perché non avevo né i soldi
per l’affitto, né i soldi per mangiare. Devo anche confessare che io sono
stata condannata per contumacia per un furto di merce dal valore di 3000 lire,
nei magazzini Standa di Pescara. Stavo con due bambine gemelle e le ragazzine
hanno preso due sciarpette che costavano 1500 lire ognuna, perché avevano
freddo. Io non me ne sono accorta e quando siamo uscite siamo state fermate e
per difendere le bambine ho detto
che le sciarpette le ho prese io. Il bello è che io sono entrata in quel posto
per mangiare un panino. Alla fine ho pagato quello che dovevo pagare, però mi
è rimasta una condanna di quel genere. Il mio consiglio è quello di non
prendere mai le cose che non sono vostre.
Agli inizi dove sei andata ad abitare?
Appena arrivata a Roma sono andata a vivere a
pochi metri da dove vivo adesso, ossia in via Sforza Cesarini, poi ho abitato in
via della Purificazione, poi in via Sistina, poi in via della Pisana e ora sto
in corso Vittorio Emanuele. Ho sempre abitato in bei posti, a parte via della
Pisana, che però ho dovuto lasciare. Ora però la casa è mia, l’ho
acquistata nel 2001, anche se ci vivo con mio marito dal 1977. Di fronte a me
c’è una bellissima chiesa ed è un posto che mi piace molto. Se dovessi
uscire da qui impazzirei.
Con i romani come ti sei trovata?
Bene. Roma è una città bellissima, perché
è una città veramente aperta. I romani sono simpatici e come arrivi a Roma è
come vivere al piccolo paese, perché parli con tutti, d’estate quando fa
caldo, trovi ancora le signore che stanno sulla sedia fuori di casa o lungo la
strada, disponibili a fare due chiacchiere. Vicino a campo de’ Fiori trovi
anche chi gioca a carte o a scacchi fuori dal bar o sotto casa. Roma è una città
molto bella e in certi posti ha ancora un aspetto paesano.
Cosa ti dà più fastidio di Roma?
Di Roma mi da fastidio la sporcizia,
l’abbandono, l’offesa e lo stupro continuo che viene fatta alla bellezza di
questa città. Roma è stata Caput Mundi, è stata la città degli imperatori
che hanno portato la civiltà e la cultura dappertutto e si ritrova ad essere
una città stuprata nel suo aspetto più civile, nella pulizia e nella sua
bellezza. Topi che ti passano in mezzo ai piedi, sporcizia dappertutto, buche e
tanta maleducazione. Roma è
talmente stuprata che gli stranieri che vengono a Roma, fanno delle cose che a
casa loro non farebbero mai. Buttano per terra la roba, rompono i monumenti,
sporcano dappertutto. Se vai in Germania non trovi una cicca per terra. I
tedeschi quando vengono qui, buttano per terra le lattine, le bottiglie, le
cartacce e fanno delle cose
vergognose. Da loro non è consentito questo comportamento, invece qui, si. E’
consentita l’inciviltà e la maleducazione. E’ una cosa vergognosa.
La cucina romana ti piace?
Si! Mi piace molto la pasta
all’amatriciana, la carbonara, la coda alla vaccinara, la trippa alla romana,
mi piacciono molto i carciofi alla romana, la porchetta. Mi piace la cucina
ebraica e quella si mangia divinamente al Ghetto.
Sei una buona cuoca?
Si, sono un’ottima cuoca. Mi piace cucinare
e mi piace coccolare gli amici con il buon cibo.
Frequenti una trattoria, un locale della
tua zona?
Io amo molto mangiare a casa, però
d’estate mi piace andare a mangiare fuori. A campo de’ Fiori c’è un bar
trattoria che si chiama “Magnolia”, dove d’estate appunto vado a mangiare
volentieri una pizza, perché ci sono i tavolini fuori e si mangia bene. Oppure
vicino a casa mia, in via Sforza Cesarini, c’è la trattoria “Da Luigi”,
dove si mangia molto bene e ci vado molto volentieri.
Un consiglio al nuovo sindaco di Roma?
Più che un consiglio, vorrei fargli una
domanda: “Ma chi te l’ha fatto fare?”. Se mi avessero chiesto se volessi
fare il sindaco di Roma, avrei risposto di no, grazie. Perché il potere è
responsabilità e responsabilità significa che devi risolvere i problemi degli
altri, quindi devi avere la coscienza di saperlo fare. Fare il sindaco di Roma,
una città che era già in ginocchio, per metterla ancora più in ginocchio, mi
viene da chiederle chi gliel’ha fatto fare. Non puoi accettare di fare una
cosa che non sai fare, ne pensare di saperlo fare. Non è possibile pensare di
poter fare il sindaco di Roma così, a 30 anni, senza avere capacità, senza
avere esperienza e non con un partito, ma un
movimento che non ha esperienza. E’ una delusione grande.
Se tu avessi la bacchetta magica, cosa
faresti per Roma?
Gli darei un sindaco serio, vero. La
risanerei, anche se ci vorrebbe proprio la bacchetta magica.
Un sindaco che ti è piaciuto molto?
Ce n’era uno. E’ morto da poco e si
chiamava Ugo Vetere. Anche Giulio Carlo Argan è stato un ottimo sindaco. Per
fare il sindaco di Roma ci vuole una persona colta ma che abbia anche
l’intelligenza critica, che abbia una certa esperienza. Io ad esempio avrei
candidato Massimo Cacciari. Lui è stato anche sindaco di Venezia. Magari non
avrebbe accettato, però una persona rappresentativa come Cacciari per Roma come
sindaco andrebbe bene. A Roma occorre un sindaco che sappia rappresentare oltre
la città, anche l’Italia intera, una persona che abbia cultura, che sappia le
lingue, un filosofo …. Cacciari, appunto.