Alessandra Celletti (musicista) Roma 12.11.2012
Intervista di Gianfranco Gramola
Una
grande artista, cresciuta in una famiglia di artisti. La musica? E’ un elemento magico
capace di legare visibile ed invisibile in una affascinante trama poetica. La
musica è ciò che dà sostanza e voce ai sogni e alle emozioni.
Alessandra
Celletti (Roma, 6 giugno 1966) nasce
in ambito prettamente classico, ma le sue esperienze musicali e artistiche si
moltiplicano con improvvise deviazioni in un ambito musicale e creativo molto
personale, rivolgendo la propria attenzione soprattutto al colore dei suoni e
all’equilibrio dinamico tra le note; lontana dalle etichette, difficilmente
catalogabile nei cliché preesistenti, trasversalmente capace di passare da un
genere all’altro con un unico imprescindibile comun denominatore: il
pianoforte. Oltre ad imporsi come autrice con il lavoro "Chi mi darà le
ali" (2006) , Alessandra è apprezzata interprete di un vasto repertorio
che include composizioni di Debussy, Ravel e Satie; ma anche Gurdjieff/De
Hartmann, Scott Joplin e Philip Glass. La conferma del suo talento autorale
arriva nel 2007 quando pubblica "The Golden Fly", sedici composizioni
originali per piano. Seguito, nel 2008 da “Way Out”, per la prestigiosa
label inglese LTM, 16 brani nei quali le sonorità del pianoforte, con
naturalezza ed equilibrio, si fondono alla forza ritmica della batteria. Tra le
collaborazioni spiccano quelle con il compositore inglese Mark Tranmer (aka GNAC)
con il quale ha pubblicato l'album "The Red Pages" e quella con uno
dei massimi esponenti della musica elettronica sperimentale contemporanea, Hans
Joachim Roedelius con il quale ha scritto e prodotto l’album “Sustanza di
Cose Sperata”, del 2009, pubblicato contemporaneamente ad "Alessandra
Celletti plays Baldassarre Galuppi”. Di lei si interessa anche il musicista e
produttore Gianni Maroccolo per la cui etichetta realizza “Sketches of
Sakagawea”, un cofanetto in cartone serigrafato, contenente un libro ed un cd
a tiratura limitata a 200 esemplari numerati.
el novembre 2011 il suo nuovo
lavoro di composizioni originali intitolato “CRAZY GIRL BLUE” anticipato
dall’esperimento “W.C.” sonorizzazione che accompagna la prima uscita, per
la casa editrice Transeuropa, di un inedito di George Bataille.
Intervista
In che modo ti sei avvicinata
all’universo della musica? O meglio quando hai iniziato a interessarti
seriamente alla musica?
Suono il pianoforte da quando ho appena sei
anni ed ho sempre avuto, fin da piccola, un
rapporto con la musica molto serio, anche se leggero e giocoso. Potrebbe
sembrare una contraddizione, ma riesco a prendere veramente sul serio soltanto
ciò che viene fatto con leggerezza e gioia.
Hai qualche artista in famiglia?
Si! Diciamo che l’arte nella mia famiglia
non manca: ho una zia che è una bravissima pittrice,
un’altra zia è stata attrice, mia mamma anche dipinge e mio padre, pur
non essendo musicista professionista, ha sempre dedicato alla musica molto del
suo tempo. E’ lui che mi ha avviato allo studio del pianoforte.
Mi racconti un po’ del tuo percorso
artistico.
Come ti dicevo suono il piano da quando sono
bambina. A undici anni sono entrata al Conservatorio di Roma dove mi sono
diplomata in pianoforte. Tuttavia l’approccio accademico mi è sempre stato un
po’ stretto e così ho sempre rivolto la mia attenzione anche a tutte le nuove
tendenze musicali, dal pop, al rock, all’elettronica, fino alla musica punk.
Suonavo Chopin e Mozart, ma ascoltavo Lou Reed e Brian Eno. Non faccio
distinzioni tra i generi, mi interessa qualsiasi tipo di espressione musicale,
purché ci sia il cuore e una ricerca autentica. Questa eterogeneità la riporto
nelle mie scelte musicali e nel mio modo di comporre. Ho realizzato molti album
ma nessuno è simile all’altro.
Hai mai pensato ad un nome d’arte?
In effetti non ho mai pensato a sostituire il
mio nome di nascita. Forse perché ho sempre considerato il mio lavoro di
musicista un lavoro “naturale” e non un qualcosa che richiedesse una
“finzione” scenica. O forse, al contrario, perché per essere sincera dovrei
cambiare nome ogni volta che salgo sul palco per un nuovo concerto. Ogni volta
mi piace essere un “personaggio” nuovo e diverso.
Quali sono stati i tuoi musicisti di
riferimento?
Sicuramente Erik Satie, il mio amato
compositore francese: il più stravagante e bizzarro personaggio della storia
della musica. E poi John Cage, il provocatore giocoso e geniale. Ma anche Bach,
il padre (anzi il nonno) della musica moderna. E ancora Brian Eno, David Bowie,
Nick Cave…Ma più di tutti la mia gratitudine va alla mia ultima e
indimenticabile insegnante di pianoforte, Vera Gobbi Belcredi: era una donna
speciale che mi ha trasmesso in modo diretto il vero significato della musica.
Cos’è
la musica per te?
E’
un elemento magico capace di legare visibile ed invisibile in una affascinante
trama poetica. La musica è ciò che dà sostanza e voce ai sogni e alle
emozioni. La musica è ciò che è capace di “metterti in salvo” nei momenti
critici.
A quale canzone sei più legata? Perché?
Non potrei mai rispondere a questa domanda.
La vita è talmente ricca e fluida che ci vogliono tutte le canzoni del mondo.
Quali
sono le doti di un buon musicista?
Non
saprei neanche questo, ognuno è diverso ed il bello è che non ci sono regole
per essere un bravo musicista. Per qualcuno potrebbe essere una qualità la
disciplina, per qualcun altro la fantasia o addirittura il disordine, per qualcuno il saper rispettare le partiture, per qualcun
altro saperle stravolgere. Penso che però ciò che è comunque indispensabile
sia mantenere vivo l’entusiasmo e la voglia di cercare costantemente qualcosa
di autentico.
Professionalmente sei severa con te
stessa?
Mi impegno molto per cercare di migliorarmi
sempre, però non mi sono mai piaciute le punizioni, né da altri nè da me
stessa. Quindi cerco sempre di vedere i miei lati migliori e di partire da lì
per andare avanti. E poi non c’è
bisogno di essere perfetti.
Prima
di una esibizione (prima di salire in palcoscenico) hai un rito scaramantico?
No,
anzi ci tengo a combattere qualsiasi tipo di superstizione. Prima di salire sul
palco ho il cuore che batte e ne sono felice…Poi vada come vada.
Hai
mai avuto il “blocco” dell’artista?
L’espressione
artistica è legata ai fatti della vita, all’emotività. A volte non si ha
niente da dire. E’ normale che sia così e in quel caso è meglio non dire
niente.
Oltre alla musica, ti piace anche
“scrivere”?
Quando andavo a scuola l’italiano era la
mia materia preferita. Mi piaceva molto fare i temi. Però mi piaceva anche
disegnare: adoro i colori. Il bello della musica è che
in un certo senso racchiude un po’ tutto.
La tournèe che ricordi con maggior
affetto?
Nel 2009 sono stata negli Stati Uniti insieme
ad Hans Joachim Roedelius per proporre al pubblico americano il nostro album
“Sustanza di Cose Sperata” prodotto dall’etichetta americana “Transparency”.
Abbiamo suonato a San Francisco e poi abbiamo viaggiato in macchina lungo
la costa californiana per arrivare a Los Angeles. Insieme a noi c’era il
fantastico produttore dei miei ultimi lavori Michael Sheppard e il suo amico dj
Bennett. E’ stato un tour magico e ricco di emozioni che non dimenticherò.
Un complimento artistico che ricordi con
molto affetto?
Una signora dopo un concerto mi disse: “La
tua musica fa stare talmente bene che la dovrebbero vendere in farmacia”. Mi
ha fatto sorridere.
L’ambiente che ti circonda influenza la
tua vena creativa?
Certamente si, soprattutto il mio gatto che
mi gira sempre intorno mentre suono e compongo.
Ti è mai successo un inconveniente
durante una delle tue esibizioni?
Se intendi qualche nota sbagliata, o
un’amplificazione non perfetta, o inciampare in un gradino prima di giungere
al pianoforte…diciamo che mi è successo un po’ tutto. Ma fortunatamente ho
un buon carattere, così sono sempre andata avanti e alla fine il calore del
pubblico ha rimesso sempre tutto a posto.
C’è un sogno artistico che ti
piacerebbe realizzare?
Sono felice della mia situazione artistica.
Mi ritengo fortunata perché ho intorno persone che mi aiutano nel mio lavoro e
che mi stimano e perché ogni giorno ricevo messaggi di gratitudine e di affetto
da parte di chi ascolta la mia musica. Sono riuscita a trovare un mio spazio
espressivo fatto di creatività libera e questa è per me la cosa più
importante. Il mio sogno è semplicemente di riuscire a condividere con sempre
più persone il mio mondo artistico.
Ci vuoi parlare dei tuoi progetti
musicali?
Da alcuni anni, dedico sempre più spazio
alla composizione, non rinnegando però la mia attività di interprete. Mi piace
scoprire sempre nuovi autori che entrano in sintonia con la mia sensibilità.
Probabilmente il mio prossimo lavoro discografico sarà proprio incentrato su
questo doppio aspetto della mia personalità. Inoltre vorrei coinvolgere i
musicisti con cui ho avuto il piacere di collaborare nel corso degli anni,
creando una sinergia fatta di colori e di ricerca timbrica. Spero anche di
riuscire a realizzare un tour
piuttosto “bizzarro” in giro per l’Italia … ma su questo non anticipo
nulla. Sarà una sorpresa.
Parliamo di Roma, Alessandra. Com’è il
tuo rapporto con la Città Eterna?
E’ la mia città: non potrei non amarla.
In quale zona di Roma sei nata, e dove
vivi attualmente?
L’infanzia e l’adolescenza le ho
trascorse nella zona di Monte Sacro alto dove ancora abitano i miei genitori. Mi
è sempre sembrato un quartiere un pò “fuori dal mondo”. Quando ero bambina
c’era il 136, un autobus che non passava mai e che ci metteva
un’ora per arrivare solo fino a Porta Pia.
Adesso abito nel quartiere di San Lorenzo. E’ più centrale e mi piace
molto: c’è un’atmosfera viva e sembra di stare in un paese dove tutti si
conoscono.
Il tuo rapporto con la cucina romana? Ami
cucinare? Trattoria preferita?
Solitamente preferisco mangiare cose semplici
e senza eccessivi condimenti: capisco che sono buoni, ma i tipici piatti romani
mi fanno un po’ di paura…Mi piace cucinare, ma solo se ho l’ispirazione
giusta. Altrimenti scendo i miei quattro piani di scale
e vado in una delle trattorie di San Lorenzo: da “Marcello” che è un posto
“storico” proprio sotto casa, oppure al “Pulcino Ballerino”, o ad una
delle tante pizzerie della zona.
Hai mai dedicato una canzone a Roma?
Veramente no. Magari chissà …
Un angolo di Roma a cui sei
particolarmente legata? E perché?
Mi scopro assolutamente “antiromantica”:
non ho un angolino del cuore. Di solito a Roma mi piace girare da sola e senza
meta e farmi sorprendere da scorci che ancora non ho mai visto. E ce ne sono
sempre di nuovi.
I romani, come li trovi (pregi e difetti)?
I romani sono simpatici: è ovvio! A volte un
po’ inconcludenti, ritardatari, nel peggiore dei casi inaffidabili. Qualcuno
un po’ “spaccone”, ma diciamo che nell’insieme sono più i pregi: la
generosità, la fantasia, l’intelligenza, l’umorismo…e poi sono
affettuosi.
Un complimento (un po’ folcloristico)
che ti fanno spesso i romani?
Diciamo che, forse
per essere “internazionali” (spesso mi scambiano per straniera), i romani per farti un complimento preferiscono fischiare.
Se tu avessi la bacchetta magica, cosa
faresti per Roma?
Semplificherei
la burocrazia per regalare ai romani una vita un po’ più scorrevole.
Rimetterei un po’ di correttezza e di serietà al Parlamento e un po’ di
sorrisi in più sulle persone che viaggiano in metro. Regalerei a tutte le
persone che lavorano negli ospedali competenza
e gentilezza. Illuminerei meglio le strade secondarie e porterei un po’ di
bellezza e di musica soprattutto in periferia. E poi restituirei a questa città
una cultura più “libera” e aperta, un po’ come erano le
fantasiose “estati romane” ideate da Renato Nicolini negli anni ’80. Non
sono quasi mai nostalgica ma quello era proprio un bel momento per Roma e
sarebbe bello riuscire a riportare quell’atmosfera vitale anche nel presente.
Per un’artista Roma cosa rappresenta?
Forse a volte non ci rendiamo conto della
fortuna che abbiamo avuto ad essere nati in una città come questa. Certo ci
sono un sacco di cose da trasformare e da migliorare, ma Roma contiene migliaia
di tesori artistici e architettonici che forse nessun altra parte del mondo
possiede. Un’artista dovrebbe essere grato di poter condividere tanta bellezza
e trovare ogni mezzo per valorizzarla.