Alessandro Ticozzi
(scrittore)
Padova 2.5.201
Intervista di Gianfranco Gramola
Un simpatico
appassionato di cinema che ha scritto ben 9 libri con una competenza da vero
esperto. Cresciuto con i miti di Alberto Sordi, Ugo Tognazzi, Vittorio Gassman e
Nino Manfredi, gli piacerebbe scrivere un romanzo che possa poi successivamente
ispirare un film o uno spettacolo teatrale. Appena ha un momento libero corre a
Roma per intervistare personaggi famosi e soprattutto respirare aria di cinema
Alessandro
Ticozzi è nato a Venezia l’11 febbraio 1984. Laureato al DAMS di Padova.
Segnalato nel 2000 con una menzione d’onore al XXI Premio Nazionale di Poesia
e Narrativa organizzato dal Lions Club Milano Duomo, ha pubblicato con Fermenti
il saggio cinematografico L’Italia di Alberto Sordi (2009) e il romanzo breve
Diario di un cinemaniaco di provincia (2010), mentre con SensoInverso il libro
inchiesta Le brave ragazze vanno in paradiso. Noi vogliamo andare dappertutto
(2015), le raccolte di articoli e interviste on line L’inviato dalla rete
(2013) e L’inviato dalla rete 2 (2015) e i trattati Il grande abbuffone: Tra
cinema e cucina con Ugo Tognazzi (2013), La voce e il cinema: Arnoldo Foà
attore cinematografico (2014), Sull’eclettismo di Alberto Lattuada (2014) e Ci
vorrebbe la rivoluzione! Elementi di riflessione politico-sociale nell'opera di
Mario Monicelli (2016).
Intervista
Come ti definisci,
giornalista, poeta scrittore?
Nonostante tutte le interviste che ho
realizzato per i miei libri, non posso definirmi giornalista perché non sono
neanche iscritto all’Albo come pubblicista, tantomeno poeta perché sono
passati davvero troppi anni da quando ho provato a cimentarmi in componimenti
poetici: preferisco definirmi scrittore in quanto comunque almeno un romanzo –
per quanto autobiografico esso sia – l’ho pubblicato (Diario di un
cinemaniaco di provincia), ma soprattutto saggista – in quanto in
prevalenza ho pubblicato appunto saggi cinematografici – e organizzatore
culturale, dal momento che ho anche organizzato due rassegne cinematografiche
dalle mie parti (Saudade brasileira: il cinema brasiliano di Adolfo Celi e
Luciano Salce al Centro Culturale Candiani di Mestre – la mia città
natale – sei anni fa, insieme all’amica e collega Blanca Estela Rodriguez, e
l’anno scorso Uomini contro: Omaggio al cinema d’impegno civile italiano
di ieri e di oggi al Laboratorio Culturale I’M di Abano Terme, vicino a
Padova, città dove mi sono appunto trasferito da due anni a questa parte con i
miei genitori) e comunque sia ormai organizzo personalmente le presentazioni del
miei libri sotto forma di eventi. Così mi sono definito anche sul mio profilo
Facebook: potrei definirmi anche opinionista, dal momento che con questa
qualifica da quattro anni a questa parte telefonicamente – e anche in studio
una volta l’anno – sono ospite fisso della trasmissione Universo
Parallelo condotta da Alex Urbani (che mi ha fortemente voluto in questo
ruolo dopo un paio di ospitate a fine 2011, e con il quale è nata anche una
bella amicizia), che va in onda ogni mercoledì sera su Radiophonica, la web
radio dell’Università di Perugia.
Com’è nata la
passione per lo spettacolo, per il mondo del cinema?
Da bambino e da ragazzino ero spesso a casa
che guardavo tanta televisione: quel mondo mi ha pertanto così affascinato che
sin da allora ho desiderato entrarvi in qualche modo a far parte.
Hai qualcuno
appassionato in famiglia che ti ha trasmesso la passione?
No, però c’è da dire che i miei genitori
– nonostante qualche perplessità iniziale, che solo oggi che sono adulto mi
rendo conto essere stata giustificata perché è davvero difficile inserirsi nel
tessuto lavorativo di quest’ambiente – mi hanno sempre sostenuto e
continuano a farlo.
Quali erano i tuoi
idoli (attori e cantanti) da ragazzo?
I miei attori preferiti erano – e sono
tutt’oggi – i “mattatori” della commedia all’italiana Alberto Sordi,
Ugo Tognazzi, Vittorio Gassman e Nino Manfredi, in quanto attraverso i migliori
film da loro interpretati hanno fornito – sotto la parvenza del veicolo più
immediato per arrivare al grosso pubblico qual è quello della commedia – uno
spaccato satirico - critico di grandissimo acume e lucidità della società
italiana di allora e – per certi aspetti che ancora purtroppo sopravvivono –
anche di adesso. I miei cantanti preferiti sono invece i cantautori italiani più
importanti degli anni Sessanta e Settanta: anche loro infatti, nelle loro
migliori composizioni, sono stati la vera e propria coscienza critica del nostro
Paese dal pubblico al privato, formando un canzoniere che simboleggia appunto la
nostra memoria collettiva.
Hai scritto parecchi
libri sull’argomenti cinema. Come nasce la scelta dei personaggi che inserisce
nei tuoi libri?
Sono i personaggi che ammiro di più sin da
ragazzino e che hanno appunto contribuito a formare la mia coscienza critica nei
confronti della società che ci circonda, e mi ritengo fortunato ad essere
riuscito a intervistare i pochi superstiti di quella meravigliosa generazione
del cinema italiano del dopoguerra o – per i tanti di loro che non ci sono più
– i loro familiari.
Hai fatto anche molte
interviste. Quale ti ha dato più soddisfazione?
Tutte le interviste che ho realizzato per i
miei libri sono servite ad arricchirmi e a lasciare qualcosa di indelebile
dentro di me, in quanto sono riuscito a contattare persone o personaggi capaci
di trasmettere importanti esperienze di vita e d’arte.
Le interviste le fai
per telefono, via e.mail o live?
In prevalenza per telefono e altre volte via
e-mail, ma talvolta ho avuto il privilegio di poterne fare alcune a casa o
nell’ufficio di questi personaggi a Roma (praticamente tutti vivono là).
Quale artista
vorresti intervistare o inserire in un tuo promosso libro?
Praticamente tutti quelli che mi piacciono di
più li ho intervistati – o inseriti – in L’inviato dalla rete e L’inviato
dalla rete 2, i due volumi che raccolgono appunto quasi tutti i miei
articoli e interviste precedentemente usciti on line: in base ad altri
saggi monografici che mi piacerebbe realizzare sui grandi personaggi del cinema
italiano del dopoguerra (dopo quelli su Sordi, Tognazzi, Foà, Lattuada e
Monicelli), me ne verranno certamente in mente di nuovi, anche se tante delle
persone che hanno lavorato con questi personaggi non ci sono più per ovvie
ragioni anagrafiche.
Il libro che ti ha
dato più soddisfazione?
La voce e il cinema: Arnoldo Foà attore cinematografico, in
quanto la moglie Anna Procaccini mi ha seguito con grande attenzione durante la
lavorazione del libro – senza però mai essere invadente – affinché potessi
svolgere al meglio il mio lavoro, aiutandomi in tutto e per tutto anche nel
presentarlo e nel promuoverlo successivamente. E – ciliegina sulla torta –
il decano dei critici cinematografici italiani, Gian Luigi Rondi, nella sua
prefazione al volumetto ha caldamente elogiato il mio operato.
Ho letto
“L’inviato della rete”. La prefazione è di Enrico Vaime. Come hai
conosciuto Vaime e come l’hai convinto a firmare la prefazione del tuo libro?
Sei anni fa ero stato contattato dal casting
di un programma televisivo RAI per prendervi parte come pubblico: alla signora
che appunto faceva i casting ho lasciato una copia del mio primo libro
– uscito l’anno precedente – L’Italia di Alberto Sordi, e
successivamente mi ha fatto sapere che suo marito l’aveva letto e gli era
piaciuto. Suo marito era appunto Enrico Vaime. Quando tre anni dopo avevo
raccolto i miei pezzi usciti on line tra il 2008 e il 2012 in L’inviato
dalla rete (il secondo volume – la cui introduzione è invece firmata da
Pino Strabioli – contiene invece quelli dal 2013 al 2015), le ho chiesto se
suo marito sarebbe stato disponibile a scrivermene la prefazione e così è
stato.
Quali sono le tue
ambizioni?
Riuscire a dare maggiore visibilità ai nove
libri che ho pubblicato sino adesso tramite nuove recensioni e interviste on
line (spero che anche quella che ti sto rilasciando adesso possa essere un
importante contributo in tal senso) e allo stesso tempo proseguire nei prossimi
anni a scrivere altri saggi monografici sui personaggi più importanti del
cinema italiano del dopoguerra, continuando a seguire gli spunti presenti nei
due volumi di L’inviato dalla rete; tuttavia la vedo dura in tal senso,
in quanto più passano gli anni e più mi accorgo che c’è un disinteresse
sempre più generalizzato nei confronti di questi artisti fondamentali per la
storia della nostra migliore cinematografia nel suo periodo di maggior fulgore.
Progetti?
Accantonati momentaneamente questi saggi per
i motivi di cui sopra, mi piacerebbe scrivere un romanzo che possa poi
successivamente ispirare un film o uno spettacolo teatrale.
Per i tuoi incontri e
presentazioni letterari sei spesso a Roma. Com’è il tuo rapporto con la Città
Eterna?
Ci torno sempre con piacere: mi piacerebbe
tornare anche a viverci, dopo l’esperienza che ho fatto nella prima metà del
2008 mentre facevo stage alla casa di produzione Ciak 2000 di Donatella
Baglivo – persona cui sono molto grato per avermi dato la spinta emotiva per
pubblicare questi saggi cinematografici, sulla falsariga della serie da lei
realizzata I grandi del cinema italiano; detto questo, dovrei però anche
avere un lavoro che sia almeno un minimo retribuito, sennò come faccio a
mantenermi giù?
Quando ci sei venuto
la prima volta e come ricordi l’impatto?
Con mio padre quando avevo sette o otto anni:
ero troppo piccolo per avere un ricordo così preciso del mio impatto con Roma!
Posso solo dirti che tutto mi appariva più grande…
La tua Roma in tre
posti diversi?
San Giovanni, che è il quartiere dove otto
anni fa ho vissuto durante il periodo in cui ho fatto quello stage e dove
tuttora alloggio quando scendo a Roma; San Lorenzo, il quartiere
“alternativo”; Trastevere, dove ci sono i romani più veri e genuini.
La cucina della
Capitale ti ha conquistato? Cosa ti piace e viceversa?
A tavola cerco sempre di andare sul sicuro,
quindi pasta alla matriciana o alla carbonara oppure cicoria saltata al
peperoncino.
Come trovi i romani
(Pregi e difetti)?
Molto aperti e disponibili (a parte i
pariolini, davvero insopportabili in quanto a boria ed arroganza), però tendono
un po’ troppo a prendersela comoda.
Qual è secondo te il
fascino
di Roma?
La sua storia millenaria che ha accolto più
culture nel corso dei secoli.
Quali sono i mali di
Roma che più fastidio di Roma?
Il fatto che ormai tante zone di Roma sono un
cantiere a cielo aperto e che se le zone topiche non fossero raggiunte dalla
metropolitana ci si metterebbe ore ad arrivarci.
Roma della politica,
del turismo ma anche Roma capitale del cinema. Roma è fonte di ispirazione dei
tuoi libri?
Indubbiamente: in Diario di un cinemaniaco
di provincia il protagonista – mio alter ego – rivive attraverso
alcuni flashback ambientati nella Capitale la sua iniziazione al sesso
con ragazze più o meno sue coetanee che per mantenersi gli studi di cinema –
o più semplicemente sperando di entrare nello star system televisivo
grazie alle loro doti fisiche – fanno marchette in appartamento oppure le entraineuse
nei locali di Via Veneto; gran parte delle ragazze che stanno facendo la loro
gavetta nel mondo dello spettacolo e che ho intervistato per il mio libro
inchiesta Le brave ragazze vanno in Paradiso. Noi vogliamo andare dappertutto
si sono dovute trasferire a Roma nella speranza di coronare le loro aspirazioni
artistiche; i personaggi oggetto dei miei libri o che ho intervistato per essi
sono di Roma, o comunque sia ci vivono da anni. Spero che anche a me capiti
l’occasione giusta che mi permetta di stabilirmi là, dopo anni di spola …