Amadeus
(conduttore, showman e Dj) Roma
15.3.2017
Intervista
di Gianfranco Gramola
Quattro chiacchiere con il noto conduttore ed
ex dj in cui racconta gli inizi della sua carriera e svela il segreto del suo
successo. Un professionista della Tv, simpatico e paziente dalla capacità di
comunicare con parole semplici. “Vorrei dire grazie a tutti coloro che mi
hanno dato la possibilità di fare qualcosa e di dimostrare ciò che so fare”
Amadeus,
all’anagrafe Amedeo Umberto Sebastiani, è nato a Ravenna il 4 settembre del
1962. Oltre a essere un conduttore di successo dei vari programmi televisivi, è
anche un conduttore radiofonico, uno dei più illustri showman del panorama
televisivo italiano e anche un DJ. Ha condotto programmi di spicco come
Festivalbar, vari Quiz Show, il programma Eredità, L’anno che verrà e così
via. All’interno del mondo dello spettacolo è molto apprezzato grazie al suo
carisma in grado d’intrattenere il pubblico in modo rassicurante. Ha iniziato
la carriera come DJ, nei bar e nelle discoteche per poi approdare in una radio
locale, poi la Radio Capital Music
Network. Nel 1982 il giovane ragazzo riuscì ad approdare nella RAI, per condurre il suo primo
Quiz: La formula vincente. Quindi si trasferisce a Mediaset, dove conduce il
programma di varietà musicale DeeJay Television su Italia 1. I vari successi
dei programmi che Amadeus è chiamato a dirigere lo portano presto in alto nelle
classifiche di popolarità in Italia, tanto che nel 1999 il conduttore si
guadagna il simpatico appellativo de “Il
Signore del Preserale”. Nel 2006 Amadeus decide così di migrare
nuovamente verso le reti Mediaset (più volte nella sua carriera Amadeus
è protagonista di lunghi "tira e molla" tra la Rai e Mediaset), da dove quindi torna
alla RAI nel 2008 per condurre altri programmi. Tra i programmi di maggior
successo da lui condotti sia sulle reti RAI che sulle reti Mediaset ci sono Festivalbar,
Quiz Show, L'eredità,
Mezzogiorno in famiglia, Reazione
a catena - L'intesa vincente, Stasera
tutto è possibile e L'anno che
verrà e Music Quiz.
Attualmente è in tv con “Soliti ignoti – Il ritorno”.
Ha detto:
- Ho una vita famigliare che va bene, due figli meravigliosi, un lavoro che mi
piace. La tv è un mestiere, non è lo scopo della mia vita.
- Se dicessi che non sogno di
condurre Sanremo, sarei l’uomo più bugiardo della Terra.
- Mio padre mi ha insegnato a sudare a
soffrire: senza impegno non ci sono conquiste in nessun campo.
- Ho passato momenti bui. Li ho superati sposando Giovanna e facendo un figlio.
Ero rimasto colpito dalla sua bellezza e dall’eleganza. Abbiamo gusti simili.
Io sono un orso, non amo le feste, le prime, le inaugurazioni. Lei è come me.
Stiamo bene anche da soli, per una coppia è fondamentale.
- In tasca ho dei portafortuna: l'immagine di
Santa Rita, un sassolino che mi regalò mia zia e una collana che mi ha dato mia
moglie Giovanna.
Curiosità
- Accanito tifoso dell'Inter, ha dato al suo secondogenito il nome di José in
onore di Josè Mourinho.
- Amadeus ha frequentato per 4 anni
l’Istituto agrario “Marc’Antonio Bentegodi” di Bovolino (Verona) per poi
diplomarsi geometra.
- Nell’aprile 2015 il conduttore televisivo
è stato vittima di una bufala in cui è stato dato per morto.
Intervista
Il
presentatore è al Teatro delle Vittorie di Roma che sta facendo le prove del
programma “I Soliti Ignoti – Il Ritorno”( Rai1,
tutte le sere dal lunedì al venerdì
alle 20.40)
Quando sei venuto a Roma e come ricordi
l’impatto?
Adesso vivo a Roma da quattro anni, ma ho
abitato anche prima, a Roma. Quando facevo “Domenica In” nel
1999/2000 mi sono trasferito a Roma per tre anni. Poi sono tornato a Milano e
quando avevo lavoro a Roma mi
spostavo. In realtà è la terza volta che torno a vivere a Roma, una città che
conosco da tantissimi anni. Io sono cresciuto a Milano ma da bambino vivevo a
Verona con i miei genitori di origine siciliana. Quindi ho sempre girato molto
l’Italia, un po’ per ragioni di parentela, un po’ perché
a quei tempi facevo il deejay e quindi facevo le serate in giro per
l’Italia, ma devo dire che l’impatto con Roma è stato di curiosità, perché
ero affascinato dal fatto che a Roma ci fosse la televisione e il cinema. Quindi
è stato un impatto positivo anche se ho trovato che il vivere a
Roma è completamente diverso dal vivere a Milano, perché sono due città
completamente diverse.
Quali sono state le tue abitazioni romane?
Ho sempre abitato in zona Roma
nord, una zona comoda perché è vicina alla Rai e quindi vicina al lavoro.
Con i romani come ti sei trovato?
Bene, Ma io mi adatto facilmente e mi trovo
bene con tutti e sto bene con tutti. Mi ha aiutato anche il fatto che non ho una
staticità di vita, nel senso che non sono uno nato a Milano, sempre vissuto a
Milano da genitori milanesi. Io sono nato a Ravenna, da genitori siciliani,
cresciuto a Verona, vissuto a Milano, insomma un mix. Quindi sono abituato a
stare un po’ con tutti. E’ come quando vai in un altro stato, io non cerco
il ristorante italiano, ma mangio le specialità del posto. Quando cambi città
non puoi pensare di trovare lo stile di vita, le abitudini e la gente che hai
nella tua città. E’ ovvio che in qualche maniera ti devi confrontare con una
realtà diversa, prendendo anche i lati positivi. Di Roma ci sono delle cose che
mi piacciono molto, altre che andrebbero migliorate, però in qualche modo cerco
sempre di vedere il lato positivo in tutte le cose.
La cucina romana ti ha conquistato?
Si, quella si. A Roma si mangia molto bene.
Diciamo che la pasta alla gricia per me non ha paragoni. E il mio piatto
preferito.
C’è un angolo di Roma a cui sei
particolarmente legato?
Roma io la vivo diversamente da
come vivevo Milano. Io Milano la vivevo tutta, Roma invece la vivo a quartieri,
a zone, perché tendo sempre ad avere tutto nello stesso quartiere dove vivo,
essendo più vasta, più estesa rispetto a Milano. Chi vive a Roma non può
vivere ai Parioli e iscrivere il figlio in una scuola all’Eur, ma lo iscrive
in una scuola del suo quartiere. E’ come vivere a Milano e iscrivere tuo
figlio a Bergamo. E’ impensabile. Quindi abitando in zona ponte Milvio cerco
di avere tutto a portata di mano e quindi al massimo mi sposto in zona Prati e
non in zona Piramide. Mi piace vivere il mio quartiere.
Per un’artista cosa rappresenta Roma?
Rappresenta l’occasione di essere nel luogo
giusto, che è la cosa più importante, ed è per questo che mi sono trasferito
a Roma, perché la televisione che faccio, la faccio quasi esclusivamente a Roma
e a Napoli. Da Roma Termini riesco a raggiungere Napoli in un’ora con il treno
o in macchina in un paio di ore. Se fossi a Milano sarebbe una cosa un po’ più
complicata. Essendo la Rai qui in zona Prati, vivere a Roma è uno dei vantaggi
che ho, altrimenti sarei sempre su un treno per spostarmi. Un conto è viaggiare
in treno per un paio di volte, un conto è farlo per anni
e anni e quindi diventerebbe una fatica enorme. Nel mio caso vivere a Roma è
stare vicino al mio lavoro e quindi Roma è il posto giusto.
Per chi vuole fare fiction, cinema
o teatro, Roma è la città
perfetta, mentre Milano
lo è per la moda.
Parliamo della tua professione. Tu hai
cominciato in radio. Com’è nata questa passione?
Da ragazzino amavo guardare la televisione in
bianco e nero. Guardavo i quiz di Mike Bongiorno il giovedì e la Canzonissima
di Corrado e Raffaella Carrà il sabato sera. Quindi sono cresciuto con quella
televisione che mi piaceva tantissimo e sognavo di fare il presentatore. Quando
da ragazzino mi chiedevano cosa volevo fare da grande, rispondevo il
presentatore. Era un sogno che sembrava un utopia, perché all’epoca vivevo a
Verona, città di provincia e non avevo nessuno che avesse a che fare con il
mondo dello spettacolo. Non vivevo
in una grande città come Milano o Roma, quindi era una cosa impossibile. Però
alla fine con un po’ di testardaggine e molta
voglia di provare a realizzare il mio sogno mi sono spostato a Milano, che è la
capitale per quanto riguarda le radio. In quella città nasceva il mondo
importante della radio privata, erano gli anni ‘80 e ho cominciato a lavorare
per Claudio Cecchetto per radio Deejay. A quei tempi radio Deejay si sentiva
solo a Milano e provincia. Da lì poi è nato il mio rapporto con la televisione
Deejay Television e così via.
I tuoi genitori che futuro speravano
per te?
Loro mi hanno sempre lasciato libero di fare
quello che mi piaceva. Mio padre che ha quasi 80 anni fa un mestiere atipico, fa
l’istruttore di equitazione e così anche mio fratello. Mio padre è uno che a
sua volta a inseguito un sogno, chiaramente diverso dal mio, ma che è un po’
fuori dalla normalità. Ai miei genitori bastava che prendessi quel pezzo di
carta (diploma) e poi potevo fare il lavoro che volevo. Non mi hanno mai
ostacolato.
Tu sei amico di due personaggi famosi:
Fiorello e Jovanotti. Due parole su di loro …
Fiorello secondo me è il più bravo showman
che abbiamo in Italia. Molto lo hanno paragonato al grande Valter Chiari. E’
un grande dell’intrattenimento. Di Jovanotti ricordo che abbiamo iniziato
nello stesso anno. Anche lui aveva una grande voglia di sfondare anche se
all’inizio gli davano poca credibilità. Ricordo che agli esordi non lo
prendevano molto sul serio. Invece lui ha saputo dimostrare di avere una grande
credibilità e oggi, ogni sua canzone, è un successo. Ha avuto una grande
testardaggine, una grande forza e il coraggio di non arrendersi, mai.
Quali erano i tuoi idoli da ragazzo?
Quelli che ti dicevo prima, Mike Bongiorno e
Corrado, che erano i miei preferiti.
Qual è il segreto del tuo successo?
E’ quello di cercare di essere
assolutamente naturali, perché fingere è difficile, soprattutto per tanti
anni, perché il telespettatore del giorno d’oggi è molto attento ed esperto.
E’ difficile far credere di essere quello che poi in realtà non sei. Oltre ad
essere se stesso uno deve anche avere la capacità e anche la fortuna di trovare
programmi che funzionano, perché questo è molto importante. Poi uno deve
sempre avere voglia di migliorare e avere lo stesso entusiasmo che aveva agli
esordi.
A quale dei tuoi programmi televisivi
sei più legato?
Un po’ tutti mi hanno dato qualcosa,
qualcuno di più e qualcuno di meno. Ovviamente sono legato maggiormente al
Festivalbar, perché è stato il mio
primo programma ed è quello che mi ha fatto conoscere al grande pubblico, con
delle finali in piazza del Plebiscito, davanti a 250 mila persone. Poi in quel
programma ho avuto la fortuna e il piacere di conoscere e
presentare un po’ tutti i cantanti da Pino Daniele a Jovanotti, da
Gianna Nannini ai Duran Duran, ecc … All’epoca tutti i grande della musica
passavano per il Festivalbar. Poi
sono legato anche a “L’Eredità”,
un programma che ho condotto per molti anni.
Tutti mi hanno lasciato qualcosa dentro.
Ma il mondo dello spettacolo era come
te lo immaginavi o ti ha un po’ deluso?
Era come me lo immaginavo, con pregi e
difetti. Non esiste un mondo perfetto, neanche se fai il medico o l’avvocato.
Tutti i lavori, tutti gli ambienti lavorativi hanno
cose negative e cose positive. C’è da dire che il mondo dello
spettacolo è cambiato negli anni, cioè quello di 30 anni fa era diverso da
quello di oggi.
Ad un ragazzo che volesse avvicinarsi
al mondo dello spettacolo, che consigli vorresti dare?
Oggi è più difficile di quando ho iniziato
io. Io dico per assurdo che oggi è più facile andare in televisione ma è più
difficile consolidarsi, perché una volta erano poche le possibilità di andare
in televisione. Era difficilissimo, però ti obbligavano a fare la gavetta, cioè
di iniziare da una tv piccola, una tv locale e se arrivavi sulla tv nazionale ti
facevano fare giusto una piccola apparizione e quindi passavi anni ad imparare
il mestiere di conduttore. Oggi vedi delle persone che hanno fatto piccole cose
e già conducono. Questo è un
problema di mancanza di gavetta, di esperienza. Tutti vogliono diventare
popolari, tutti vogliono diventare famosi subito e quindi è più facile
bruciarsi, viceversa se fai la tua bella gavetta hai un bagaglio professionale
che ti aiuta ad andare avanti e a realizzare il tuo sogno. Però questo non è
neanche colpa dei ragazzi che approdano, ma è colpa anche della televisione, di
chi la dirige e anche del sistema. Questo vale anche per lo sport. Una volta un
ragazzo giocava 15 minuti con i più grandi per diventare un campione, oggi
prendi un ragazzo e lo metti titolare in una squadra, poi dopo alcune partite
giocate male lo mettono in panchina e sparisce.
Hai mai lavorato per solidarietà, per
beneficenza?
Si, tante volte. Con molte associazioni.
Com’è il tuo rapporto con la fede?
Ottimo. Non frequento molto, ma sono
credente.
A chi vorresti dire grazie?
A tutti coloro che mi hanno dato la
possibilità di fare qualcosa, perché al giorno d’oggi è importante per un
ragazzo e per chiunque avere la chance di fare qualcosa. Quindi ringrazio quelle
persone che nell’arco della mia carriera mi hanno dato la possibilità di fare
e di dimostrare quello che so fare. Perché se non ti viene data l’opportunità
è difficile emergere. Grazie a chi mi ha dato fiducia. Nella vita privata
ringrazio molto la mia famiglia.