Carlo Lizzani (regista) Roma 24.5.1998
Intervista di Gianfranco Gramola
Un
regista che si è servito del cinema per conoscere il suo paese
Il
regista, critico, scrittore e sceneggiatore è nato a Roma, il 3 aprile del
1922. Intellettuale e studioso, sin da giovane fa parte della redazione della
rivista "Cinema" e di "Bianco e Nero". Inizia la sua
carriera come attore nel 1946 in "Il sole sorge ancora" di Aldo
Vergano e come sceneggiatore al fianco dei maestri del neorealismo italiano. Nel
1947 partecipa all'avventurosa realizzazione di "Germania anno zero"
di Roberto Rossellini, e dallo stesso anno, con "Cacca tragica"
inaugura il sodalizio artistico con Giuseppe De Santis, per il quale collabora a
numerose sceneggiature, tra cui "Riso amaro" (1949). Il 1951 è l'anno
del suo esordio registico, con "Achtung! Banditi!", un film sulla
Resistenza che segna l'orientamento della sua carriera registica e che viene
premiato al Festival di Karlovy Vary. Nel 1953 con "Cronache di poveri
amanti", tratto dal romanzo omonimo di Vasco Pratolini, ribadisce la sua
estraneità e l'opposizione al regime fascista. Pur realizzando nel corso della
sua carriera registica anche film comici, western-spaghetti e documentari, molte
delle opere sono ispirate a fatti di cronaca o storici. Pubblica una sua storia
del cinema, tiene per molti anni un corso di regia e sceneggiatura al Centro
Sperimentale di Cinematografia di Roma e dal 1979 al 1982 è Direttore della
Mostra del Cinema di Venezia. Negli anni ha continuato a perseguire il suo
progetto sul recupero della memoria del cinema italiano, non attraverso gli
scritti, ma con le immagini, realizzando delle video - monografie sul
neorealismo e i suoi maggiori esponenti. Nel 1996 trasforma il libro di Ugo
Pirro, "Celluloide" in un film, dove ricostruisce la genesi di
"Roma città aperta", realizzando così un prezioso documento. Dal
1983, con "C'era una volta il re e il suo popolo", coerente alla sua
visione di un cinema per tutti, inizia a realizzare sceneggiati televisivi,
soprattuto di tipo storico-politico, come "Il caso Dozier" (1993),
"Maria José, l'ultima regina" (2002), "Le cinque giornate di
Milano" (2004). Nel 2005 è tornato sul set con "Tanto pe' canta'",
per favorire la riscoperta della grande tradizione della canzone romana e nel
2007 ha presentato alla Mostra di Venezia, fuori concorso, nella sezione
Maestri, il film "Hotel Meina".
Ha
detto:
-
Sono arrivato ad un punto della mia vita in cui sono stanco di cronaca e
violenza. E poi, diciamo la verità, dopo Tarantino e Scorsese, che ci si può
inventare?
- Ero
tentato dalla politica, ma la mia vocazione era un’altra. Ancora prima della
lotta clandestina, avevo sognato la letteratura e il cinema.
- Mi
sono sempre sentito schizofrenico. Giovane cinegufino attratto da Lenin, poi
militante comunista però un po’ dubbioso, rivoluzionario con la passione per
le macchine di lusso. Come ne sono uscito? Quando ho capito che non
io, ma la storia è schizofrenica: malgrado Hegel e Marx, non va avanti,
né indietro, ma va dove le pare.
Curiosità
- Ha
partecipato alla realizzazione dei film collettivi “Togliatti è tornato” (1964), “ Documenti su Giuseppe Pinelli” (1970) e, in forma anonima, ai
documentari sulla manifestazione della CGIL a Roma (24.3.1984) e sui funerali di
Enrico Berlinguer.
- Il
3 aprile del 2002 è stato festeggiato il suo compleanno (80 anni) in
Campidoglio e una celebrazione al Piccolo Teatro di Milano, città dove il
regista ha girato 8 film.
- Il
18 giugno del 2002 è stato nominato Cavaliere di Gran Croce Ordine al merito
della Repubblica Italiana e nel
2007 ha ricevuto come premio alla carriera il David di Donatello.
-
E’ uscita la sua autobiografia:” Il mio lungo viaggio nel secolo breve” (Einaudi).
- Suo
papà Mario, faceva il commercialista, giornalista e fotografo dilettante ed era
di famiglia repubblicana e un po’ antifascista.
- Nel
settembre del 2007, ad Agrigento, è stato premiato con "L'Efebo
d'oro", per il libro "Il mio lungo viaggio nel secolo breve".
Intervista
E’
nella sua casa in via dei Gracchi (zona Prati).
Romano
de Roma,vero?
Certo!
Sono nato in pieno centro storico, ed esattamente in via dei Coronari. Dopo via
dei Coronari ho abitato a piazza
Madama, verso corso Rinascimento e quindi vivevo praticamente a piazza Navona e
dintorni.
Com’era la Roma della tua infanzia?
Ricordo
che a quei tempi fu una grande sorpresa quando vennero gli autobus, che noi
chiamavamo gli “sbattibus” , si, perché
davano quest’idea di essere sballottati. Fu una grande sorpresa.
Certamente Roma era una città molto più tranquilla. Il traffico che abbiamo
adesso, allora non c’era e Roma era molto più vivibile. Era tutto più a
misura pedonale. Per esempio, quando noi andammo ad abitare al lungotevere dei
Mellini, che è appena al di là del ponte, che oggi è come stare in centro, ci
furono saluti commossi da parte di zie, parenti e amici. Dicevano:” Non ci
vedremo più!”.
Per
questo fatto di trovarci a pochi passi, da fare a piedi, sembrava una distanza
enorme. Da piazza Madama, via delle Cinque Lune che poi nel ’36 o ’38
divento corso Rinascimento. Questa era in poche parole i ricordi della mia
infanzia. Poi ricordo la scuola al Visconti, perché era a portata di mano. Più
tardi, a 17/18 anni a palazzo Braschi, al cinema Guf. Quindi la mia infanzia
l’ho passata tutta in un’area di un km. quadrato.
Attualmente
com’è il tuo rapporto con Roma?
Ma
ora sono proprio contento di essere tornato proprio al centro, a via dei
Gracchi, perché malgrado il traffico ritrovo le strade che percorrevo
nell’adolescenza, nella mia gioventù. Non è che fossi andato molto lontano,
perché prima stavo dalle pareti di via Camilluccia. Però a via dei Gracchi
respiro l’aria di quella che respiravo quando avevo 18 anni.
Quindi mi ritrovo in casa mia. Io non amo andare lontano, cioè
allontanarmi troppo dal centro. Se dovessi cambiare ancora casa, tornerei ancora
al centro, malgrado l’aria sicuramente irrespirabile e tutti gli altri disagi
connessi.
C’è
un angolo a cui sei affezionato?
Mi
sento legato a piazza Navona, appunto perché c’ho passato l’infanzia, si può
dire. L’infanzia ai Coronari, l’adolescenza a piazza Madama, la prima
gioventù a palazzo Braschi, le prime prove, il fatto di cominciare a scrivere,
di organizzare le proiezioni del cinema classico, ecc… Tutto si è svolto
intorno a piazza Navona. Per questo motivo ci sono affezionato, perché di quel
posto ho dei grandissimi ricordi. Amo piazza Navona che è, in fin dei conti,
l’ombelico di Roma, di Roma antica.
Ami
la cucina romana, Carlo?
Diciamo
che mi piace. L’abbacchio, i bucatini, la coda alla vaccinara, pasta e
fagioli, pasta e ceci, pasta e lenticchie. Ogni tanto vado in qualche buon
ristorante tipo La Campana o al Bolognese e faccio una scorpacciata di specialità
romane.
Cosa
provi nel tornare a Roma dopo un viaggio?
Ma
qualche volta, soprattutto se sto via tanto, non so a Parigi o a New York, trovo
certamente un fatto di dimensioni più strette, di servizi più faticosi. Non è
che provo emozioni particolari, ma faccio solo delle osservazioni, dei paragoni.
Parlami
del Tevere.
Sul
Tevere io c’ho fatto un documentario:” Flumen”. Dal Tevere io stesso ho
imparato tante cose che nemmeno conoscevo. Tutto questo percorso fantastico che
porta fino al mare. Ci sono degli scorci nel lungotevere che sono meravigliosi,
anche se il biondo Tevere non è più biondo.
Cosa
ti preoccupa di più del futuro di Roma?
Embè,
Gianfranco, il traffico e nel futuro immediato
il Giubileo. Certamente la paura di Roma è che venga schiacciata da
questi 30 milioni di pellegrini che verranno in visita per l’anno santo.
Nei
momenti liberi, in quale zona di Roma ami rifugiarti?
A
villa Borghese, villa Pamphili. Mi piace andare sulla terrazza del Pincio ad
osservare la città che corre frenetica. Mi piace stare a villa Borghese, in
mezzo al verde, che in fondo, rispetto a Napoli e Milano, qui ce n’è, per
fortuna.
A
Roma si fa cultura?
Adesso
devo dire che si fa molta cultura, c’è stata una ripresa. Mostre, musei
sempre aperti e fino a tardi. In questo senso mi pare che Roma funzioni molto
bene. Ci sono molti cinema e teatri. Prima, parlo di 20/30 anni fa,
non c’erano. A Roma insomma, il divertimento non manca.
Da anni si parla di eliminare il mercato
domenicale di Porta Portese. Cosa ne pensi in merito?
Io
sono contrario, anche se non conosco bene le polemiche. Forse vorrebbero
spostarlo, più che eliminarlo, così farebbe contenti gli abitanti di quella
zona di Trastevere. C’è da dire che Porta Portese, il famoso mercato delle
pulci romano, è ormai un’istituzione, una tradizione, un pezzo di folclore,
un’attrazione. Non si può eliminare.
Com’è
avvenuto il tuo accostamento verso il mondo del cinema?
Prima
volevo fare lo scrittore, poi scrivendo appunto sul cinema, mi sono appassionato
e volevo fare il critico. Lì ho conosciuto Giuseppe De Santis, De Sica,
Rossellini che mi hanno incoraggiato e con il loro aiuto mi sono dato al cinema,
come regista.
Progetti?
Adesso
uscirà a settembre, per la Rai “La donna del treno”, con Gaia De Laurentis,
Antonella Fattori e Alessio Boni, un giallo e poi di progetti ne ho tanti. Non
è esclusa anche una “Congiura di Catilina”.
Un
tuo sogno nel cassetto?
Un
film su Visconti giovane, sul grande Visconti.
Un
consiglio ai turisti che invaderanno Roma per il giubileo?
Di
sostare fuori Roma, se possibile, anche nei propri interessi, tutto sommato e di
usare il più possibile i mezzi pubblici e di rispettare la città che li
ospita.