Danila Stalteri (attrice e sceneggiatrice)
Roma 27.10.2017
Intervista di Gianfranco
Gramola
Una romana de Roma energica e spiritosa, che
ha
iniziato una carriera da giornalista e poi correttrice di bozze in una casa
editrice. Poi la scelta definitiva di fare l’attrice. In questi giorni è a
teatro con una commedia divertentissima “Sex & equivoci”. E di Roma dice
“Amo la mia città. Alla sindaca Raggi consiglio
di fare qualcosa per farsi amare un po’ di più”
Danila Stalteri è nata a Roma il 9 Luglio
(l’anno non si dice). Da quasi vent’anni lavora nello spettacolo, spaziando
fra teatro, televisione e grande schermo. Ha lavorato anche nel doppiaggio negli
stabilimenti della Fonoroma (Cinecittà). A teatro ha
lavorato con registi come Nello Mascia, Francesco Macedonio, Enrico Maria
Lamanna, Sergio Japino, Gianfranco Gallo e Carlo Emilio Lerici. In TV ha
partecipato a diverse fiction di successo tra cui Terra Ribelle e Un’altra
vita di Cinzia Th Torrini, A un passo dal Cielo e Don Matteo con Terrence HiII,
Madre aiutami con Virna Lisi, Provaci ancora prof con Veronica Pivetti e Tutti i
padri di Maria con Lino Banfi. Nel 2015 ha messo in scena (e poi in tournée) il
suo divertente one woman show dal titolo “Manco fossi Laura Chiatti” e
quest’anno è in teatro con una commedia tutta da ridere: “Sex & equivoci”, scritta e interpretata da lei.
Ha detto:
- Il mio tempo libero lo passo
facendo lunghe passeggiate in bicicletta, oppure camminando per ore ed ore per
le strade della mia città, Roma, che amo alla follia. E poi leggo molto,
dipingo (sono del tutto autodidatta, però) e pratico yoga e meditazione.
- Sono buddista. Sono stata per tutta la vita una “cattolica svogliata”; ho
deciso di praticare questa fede perché è quella che più si adatta alla mia
spiritualità. E’ una fede che favorisce l’etica morale, ma che soprattutto
ti insegna a non rivolgerti mai a qualcosa di esterno a te.
- Sono vittima di uno stalker che
non dà tregua a me e a chi mi sta vicino con telefonate, minacce e
quant’altro.
- Il sorriso sempre e ovunque. Un sorriso
rallegra la giornata e mette di buon umore te e chi ti circonda.
Intervista
Sei
in teatro con “Sex & equiVOCI”. Come sta andando la commedia, qual è il
tuo personaggio e brevemente la
trama.
Lo
spettacolo sta andando molto bene e abbiamo fatto due giorni di sould out
all’anteprima di settembre. La trama è molto semplice, parla di equivoci che
ruotano intorno al sesso. Parla di una telefonista di un call center erotico che
si chiama Amalia, interpretata da me, che vive nello stesso stabile di Nando, il
figlio della portiera, interpretato da Massimo Corvo, che ne fa pure la regia.
Amalia è fidanzata con Alfonso, detto Fonzie (Stefano Apicella), un meccanico
ciociaro mezzo disoccupato. Lo spettacolo si snoda appunto attraverso degli
equivoci che si svolgono fra questi tre personaggi. Poi c’è anche un gioco di
grafica attorno alla parola “equivoci” … chi verrà a teatro capirà
il perché.
Tu
sei autrice e interprete di questo spettacolo. E’ più difficile interpretare
o scrivere una commedia?
E’
più difficile interpretarla sicuramente, almeno per me, nel senso che quando
scrivo una cosa, poi ci metto mesi a perfezionarla. L’idea, l’ossatura la
scrivo di getto, poi ovviamente si raffina, si lima, come si suol dire.
Interpretare una cosa scritta da te, a cui vorresti dare ancora più
significato, ancora più sfumature, è proprio difficile perché
è una tua creatura e la vorresti rendere al meglio. Quindi non sei mai
soddisfatto.
Hai
mai pensato ad un nome d’arte?
Quand’ero
ragazzina, qualcuno me lo disse, ma sono un po’ contraria a questa cosa. Se
hai un nome talmente brutto va bene cercare un nome d’arte. Io ho il cognome
che tanti sbagliano l’accento, ma per questo non vale la pena di cercare un
nome d’arte.
I
tuoi genitori che futuro sognavano per te?
I
miei genitori sognavano tutt’altro lavoro. Io ho iniziato una carriera da
giornalista, lavoravo in redazione per un quotidiano nazionale e poi ho fatto
anche la correttrice di bozze in una casa editrice. Loro il mio futuro se lo
aspettavano più nel giornalismo o nell’editoria. Io invece ho avuto un
periodo ballerino in cui mi barcamenavo fra possibili lavori e poi ho scelto
definitivamente di fare l’attrice.
Quali
sono le virtù di un buon attore?
Sicuramente
non essere troppo egocentrico, nel senso che bisogna essere egocentrici ma non
troppo. La cosa più brutta in un attore è quando non sa ascoltare il partner
in scena, cioè che pensa solo a quello che deve fare lui, come viene bene lui
in scena e ai modi di accalappiare l’attenzione del pubblico. In realtà
bisogna saper valorizzare il proprio partner ascoltandolo e dandogli spazio. Per
me la miglior virtù di un attore è la generosità in scena.
Prima
di entrare in scena hai un rito scaramantico?
No. Più che un rito ho una cadenza di cose
che voglio fare. Ad esempio mi voglio vestire ad una certa ora, un quarto
d’ora prima di entrare in scena voglio stare da sola chiusa in camerino e non
voglio parlare con nessuno e mi voglio concentrare. Però un
rituale vero e proprio, no.
Il mondo dello spettacolo era come te
lo immaginavi o ti ha deluso?
Il mondo dello spettacolo è mille volte
peggio di come lo immaginavo (risata). La cosa più semplice che nella vita
normale faresti in due giorni, nel mondo dello spettacolo si ottiene veramente
con una fatica immensa. Diciamo che quando facevo televisione era tutto molto più
facile e poi la Tv ti da più credibilità come artista, nel
senso che io posso fare mille fiction e potrei essere una pessima
attrice, come succede molte volte.
Ci sono persone che continuano a lavorare in televisione e sono inascoltabili
come attori. Invece l’attore che fa tanto teatro è visto come un attore di
serie B e questo crea molta fatica nel portare avanti il proprio lavoro. Io
comunque vado avanti perché poi i risultati li ottengo. Ovviamente non avrò la
popolarità come protagonista di una serie tv famosissima, però non importa.
Sono soddisfatta ugualmente perché sto facendo delle cose che ho scritto
io,distribuisco io, curo io i rapporti con i direttori dei teatri, ecc … Ci
sono dei teatri che mi danno delle attestazioni di fiducia, mi chiamano e mi
dicono: “Ci vediamo l’anno prossimo. Fai un’altra bella commedia, perché
il nostro pubblico ti vuole”. E questa è la cosa più importante.
Hai un sogno nel cassetto che vorresti
realizzare?
Il mio sogno nel cassetto che prima o poi
vorrei realizzare è scrivere uno spettacolo e farlo produrre da una grande
produzione e io occuparmi di fare solo l’artista. E’ dal 2015, cioè quando
ho messo in scena “Manco fossi Laura Chiatti”, il mio primo spettacolo che
ho scritto da sola, che praticamente più che l’attrice faccio
l’imprenditrice, che è una cosa bellissima però anche molto stancante.
A chi vorresti dire grazie?
Sembrerò cinica ma vorrei dire grazie a me
stessa, perché in questo ambiente non ti aiuta proprio nessuno o meglio sono in
pochi che mi hanno dato una mano, però solo a livello morale, cioè con parole
di incoraggiamento. Ringrazio sicuramente la mia famiglia, il mio fidanzato e
gli amici più stretti, quelli che mi dicono sempre di non mollare. Una persona
che voglio ringraziare è Cinzia TH Torrini, con la quale ho lavorato due volte
in due serie televisive,perché è stata
lei a spingermi a scrivere. Lei parlando con me di tante cose, di qualche
situazione della mia vita, mi disse che secondo lei ero sprecata a fare solo
l’attrice, che dovevo anche scrivere. E mi ha dato proprio lei l’idea del
mio primo spettacolo. Questa nuova fase la devo a lei.
Nel tuo ambiente ci sono più
raccomandazioni o meritocrazia?
Nel mio ambiente è tutta una
raccomandazione. Non bisognerebbe mai dire queste cose nelle interviste perché
se lo dici sembra che tu lo dica perché lavori poco, ma in realtà è proprio
così. La realtà è che c’è un sacco di gente brava, talentuosa che sta a
casa, perché non ha nessuno che li raccomanda. Però la raccomandazione non è
soltanto la questione di andare a letto con qualcuno, è anche una questione di
essere sempre presenti, fare le prezzemoline nelle feste, andare sempre in giro
per farsi vedere. Per carità, è una cosa carina e a me se capita, lo faccio,
però ci sono delle persone per le quali la carriera è solo quello, cioè
essere presenzialisti e andare in giro per farsi vedere e magari ottengono anche
dei risultati. Io preferisco lavorare su altre cose e curo meno questo genere di
rapporti. Poi se c’è la festa dove mi invitano, ci vado. Devo dire che le
raccomandazioni contano e non nego che se un giorno qualcuno mi vuole
raccomandare, accetterò molto volentieri, dopo tutto il mazzo che mi sono fatta
per quasi vent’anni. Quindi faccio un appello, se volete raccomandarmi per
meritocrazia, accetto volentieri, però senza nulla in cambio.
Parliamo della tua città. Com’è il
tuo rapporto con Roma?
Amo la mia città e non sono come quelli che
dicono “con Roma ho un rapporto di odio e amore” . Io la amo e basta. Non
riuscirei a vivere lontana da Roma, anche se ho avuto delle opportunità di
trasferirmi in altre città, anche fuori dall’Italia. Sono tutte città che mi
hanno appassionata, mi sono piaciute, dove sono stata bene, però ho proprio il
mal d’Africa, nel senso che sto bene solo a Roma. Io sono la classica romana
che va a vedere la statua della Libertà, ma poi dice che “Però il Colosseo
è più bello”. Io amo tutta Roma, non solo le cose belle, amo andare nelle
periferie e amo molto la romanità, quella delle borgate, dei quartieracci, dei
burini. Quella è la vera Roma, quella che mi piace molto.
In quali zone hai abitato?
Io a Roma ho abitato dappertutto. Ho vissuto
a piazza Bologna, poi a Portonaccio, a Testaccio, a San Giovanni, a Prati e ora
sto a piazza Sempione.
Lo vivi il tuo quartiere?
Io appena mi trasferisco in una casa nuova
devo subito fare il giro del quartiere per vedere e conoscere le persone e la
realtà del posto, poi frequento i negozi e i mercatini. Secondo me ogni
quartiere deve essere un piccolo paese, dove ci si conosce tutti, ci si aiuta.
Stando qui a piazza Sempione ho scoperto che alle spalle di casa mia c’è una
fonte naturale d’acqua, dove le persone prendono l’acqua con le taniche e se
la portano a casa. L’ho saputo parlando con la gente del quartiere.
C’è un angolo di Roma che ami
particolarmente?
Avendo vissuto quasi cinque anni in zona
Prati, adoro quella zona intorno al Vaticano, tipo Borgo Pio e
dintorni. Amo molto anche il lungotevere sotto Castel Sant’Angelo, dove
andavo a fare lunghe passeggiate sia a piedi che in bicicletta.
I romani, come li trovi e perché
secondo te, quando sono in giro, si fanno riconoscere?
(risata): E’ vero, ci facciamo riconoscere
sia in senso positivo che in quello negativo. Io racconto sempre questo
aneddoto, questa scena a cui ho assistito di persona, proprio nella metro
Ottaviano. Una signora straniera, alla biglietteria della metro, fa
vedere un biglietto giornaliero metrebus e dice al bigliettaio: “Scusi,
ma con questo posso andare in giro tutto il giorno?”. E il bigliettaio
risponde: “Si se nun c’hai un cazzo da fa” (risata). Per un attimo mi sono
vergognata, perché mi sono detta “ma guarda tu se è una risposta da dare”.
Pensavo che la signora si arrabbiasse, invece si è messa a ridere e allora ho
pensato che questo è un genio, con quella battuta fulminante ha fatto ridere
tutti. Purtroppo (o per fortuna) noi romani siamo fatti così e ci sono delle
situazioni in cui ci facciamo riconoscere e siamo unici anche per questo. Quindi
o ci ami o ci odi (risata).
A parte il traffico, le buche e i topi,
cosa ti dà più fastidio di Roma?
Il lato della simpatia, della battuta, anche
quando magari è sconveniente, nel senso quando è fatta in un contesto
sbagliato, la tollero. Quello che mi dà fastidio di Roma e quindi non mi piace
è la mancanza di legalità. Su questo sono una romana atipica, non nel senso
che i romani siano dei lestofanti, però abbiamo questa cosa del “Vabbè, che
me frega - ma tanto fanno tutti così - ma chi me lo fa fa – tanto questa cosa
nun la paga nessuno”. E questo modo di pensare, di agire
è una cosa che un pochino mi scoccia, anche perché siamo pur sempre la
Capitale d’Italia e quindi dobbiamo dare anche il buon esempio. E siamo anche
una delle mete turistiche più importanti al mondo. A me certe volte fa davvero
fastidio salire su un autobus, vedere che ci sono stranieri tutti precisi con il
loro biglietto, e molti romani che viaggiano senza pagare. Una volta ho visto un
gruppo di stranieri disperati perché non riuscivano a trovare i biglietti per
l’autobus. Questi si sono rivolti ad un gruppo di ragazzi e loro hanno
risposto: “Ma che ve frega, io so’ trent’anni che nun faccio er bijetto”.
Questo mi da fastidio.
Un consiglio alla sindaca di Roma?
Di fare qualcosa per farsi amare un po’ di
più. Ha sicuramente una fetta di romani che la ama, però ci sono anche
moltissimi detrattori. Io penso che non sia facile essere sindaco di Roma. Penso
che lei tante cose le voglia ancora fare, ma dovrebbe avere un
maggiore rapporto con la cittadinanza. Io la vedo un po’ arroccata lì, da
sola. Dovrebbe coinvolgere di più i cittadini e ascoltare di più chi l’ha
votata.