Enrico
Vanzina (sceneggiatore - scrittore)
Roma 17.03 1998
Intervista
di Gianfranco Gramola
Uno
sceneggiatore che attraverso il cinema prova a far sorridere gli italiani
Enrico
Vanzina e Gianfranco Gramola
Enrico
è nato a Roma il 26 marzo del 1949 (ariete), da papà Stefano (Steno) e da
mamma Maria Teresa Nati. Laureato in Scienze Politiche,
ha iniziato la sua carriera come aiuto regista del padre Steno e dal 1976 è sceneggiatore
di cinema e di Tv. Inoltre è produttore, giornalista e scrittore. Ha scritto più di 80 film
di successo (Sapore di mare - Yuppies - Via Montenapoleone - I miei primi
40 anni - Anni ’60 - I ragazzi della III C, ecc…), ha
pubblicato quattro libri (Le finte bionde (’86) - Colazione da Bulgari (’96) -
La vita è buffa (2000) - Commedia all'italiana (2008). Ha una rubrica domenicale sul Messaggero, dal
titolo:"Che ci faccio io quì?". Inoltre è stato ospite fisso del
programma sportivo “Controcampo” (Italia 1), come opinionista per la Roma.
Enrico Vanzina è figlio del grande Steno (1917-1988), quello de "Un
americano a Roma, Guardie e ladri e tanti bellissimi film che restano indelebili
nella storia del cinema italiano. Enrico e suo fratello, il regista Carlo, hanno
ereditato la passione e la bravura di fare il cinema dal papà. Nato in
una famiglia di intellettuali (il padre , oltre a personaggi legati al mondo
del cinema, frequentava poeti e scrittori), Enrico si dichiara "prigioniero
del cinema commerciale", però è contento di far ridere la gente,
perché è convinto che la gente "ha bisogno" di ridere .
Ha
detto:
-
Amo osservare gli italiani, Vip e non, con
i suoi tic, le sue manie, i suoi lati ridicoli e ne faccio un ritratto un po’
buffo e un po’ ironico.
-
Dicono che il paese è allo sfascio. Ma i ristoranti sono pieni, le autostrade
intasate e le prenotazioni per i weekend sul tutto esaurito.
-
Non penso quasi mai alla mia età. Lascio che il tempo mi trascini
tranquillamente in avanti senza ostacolarlo, senza opporre resistenze. Così
evito di confrontarmi con le rughe, con gli inevitabili primi acciacchi dell'età
e con qualche impercettibile vuoto di memoria.
-
Ogni tanto mi chiedo: perché continuo a vivere a Roma? E' una città difficile,
piena di cialtroni, di cafoni, dove la furbizia e la maleducazione sembrano
averla vinta sui valori più profondi che dovrebbero regolare la convivenza
civile.
-
Appartengo a quell'antica specie di imbecilli, oggi in via d'estinzione, che
ancora si ostinano a fumare.
-
Non possiedo il cellulare perché non mi piace. In un mondo di imbecilli a
scheda voglio rimanere un fesso a gettone.
- E'
bello ridere. Anche di una fesseria. E' bello anche comprarsi qualcosa di
inutile. E' bello conoscere nuove persone. E' bello piangere. E' bello cambiare
idea. E' bello anche perdonare. Già, perdonare. Forse la cosa più bella
della vita.
-
Allo scoccare dei miei 50 anni non posso dimenticare i miei adorati cani,
testimoni affettuosi e silenziosi del mio piccolo destino di uomo fragile spesso
incoerente.
- Da
circa 35 anni sono tifoso della Roma. La parola "tifoso",
naturalmente, è un eufemismo: in realtà non sono un tifoso, sono un malato.
Curiosità
-
Nell’86, insieme al fratello Carlo (regista) ha fondato la casa di produzione
Video 80.
-
Come suo padre, ama conservare i giornali, le cartoline ricevute a Natale, i
vecchi vestiti, le scarpe, i ricordi di viaggio, i soldi stranieri fuori
corso, i libri e i giocattoli di quand'era bambino.
- Il
suo padrino di battesimo è stato Marcello Marchesi, uno degli uomini più
spiritosi, vulcanici ed intelligenti del dopo guerra.
-
Laureato in scienze politiche ha iniziato la sua carriera come aiuto regista del
padre.
-
Nel 1972 si è sposato con Tookata, una ragazza orientale. La cerimonia avvenne
in un tempio buddista e fu celebrata da un vecchio monaco. Il matrimonio durò
un anno. Dal 1994 è sposato con Federica.
-
Per andare all'inaugurazione del Piper di Roma (17.2.1965), ha preso di
nascosto la Giulietta di papà Steno. Non avendo la patente, andò a sbattere.
-
Riccardo Cocciante era suo compagno di scuola.
Intervista
Ho
avuto il piacere e l'onore di incontrare il produttore cinematografico e
sceneggiatore Enrico Vanzina, durante il mio ultimo soggiorno romano (ott. 2002), nel suo ufficio, ai Parioli. In quell'occasione Enrico, oltre che a dedicarmi
un pò del suo tempo, mi ha fatto omaggio del suo libro " La vita è
buffa" con una dedica speciale: " All'amico Gianfranco, educato,
gentile, affettuoso ed intelligente. Enrico Vanzina". Un grande romano
de Roma, oltre che un grande amico.
In
che zona di Roma sei nato e che ricordi hai della tua infanzia?
Sono
nato il 26 marzo del ’49 in via di Propaganda Fide, all’angolo con piazza
Mignanelli e piazza di Spagna, nel palazzo dei D'Avack, una solida
dinastia d'intellettuali romani. Ho vissuto lì fino al
1952. Poi la mia famiglia si
è spostata ai Parioli, dove ho vissuto fino all’età di diciotto anni.
Durante il periodo universitario ho abitato in via di Monserrato. Dalle parti di
piazza Farnese. Oggi abito di nuovo nel centro, vicino piazza di Spagna. Pensa
che bello, quando esco dal portone del palazzo dove abito, guardando sulla
sinistra vedo la bellissima scalinata di Trinità dei Monti. Niente male per
cominciare bene la giornata, eh ?
Ma
com’è cambiata Roma dai tempi della tua infanzia?
Pensa,
Gianfranco, che ho una mia foto in carrozzina a piazza di Spagna, datata 1950.
C’è mia mamma che spinge la carrozzina e nella piazza non c’è neanche una
macchina. Roma era così… vuota di macchine, ma piena di contenuti. Ecco
com’è cambiata.
Ma
allora per te Roma è o era la città più bella del mondo?
Sicuramente
è, non ci sono dubbi. Sai, a dire la verità ho criticato molto la gestione
paralizzante, per noi romani, di Rutelli con tutti ‘sti lavori, ‘sti
cantieri aperti per il Giubileo. Invece adesso, onestamente, devo dire che è
stato fatto un grossissimo lavoro e secondo me, in questo momento è senza ombra
di dubbio la città più bella del mondo.
Com’è
attualmente il tuo rapporto con Roma?
Il
mio rapporto con la Capitale è semplice. La amo. Talvolta la odio. La perdono.
La accuso. La disprezzo. Ma quando sono lontano mi manca. Roma per me è come
una persona cara. E come a tutte le persone alle quali voglio bene il rapporto
è conflittuale.
Ami
la cucina romana?
Non
ho un buon rapporto con la cucina romana. Sono un romano che dal punto di vista
gastronomico ha dei gusti nordici. Non amo la trippa, non amo la pajata.. non
amo tanto la cucina romana.
Enrico,
c’è un angolo di Roma a cui sei particolarmente legato?
Mi
piace piazza Mignanelli, perché ci rivedo mia mamma giovane. Era bellissima.
Sul serio, una delle donne più belle di Roma.
Qual
è, secondo te, il fascino di Roma?
Ti
rispondo con un aneddoto. Una volta un amico di Stendhal venne a Roma e
chiese:"A cosa serve il Colosseo?". Stendhal rispose:"A far battere
il cuore". Ecco, Roma fa battere il cuore.
Cosa
significa per te “essere romano”?
Per
me essere romano significa venire da lontano ed avere delle responsabilità
intellettuali e di gusto. E poi significa anche coltivare l’umorismo.
Un
monumento che ti piace e uno che
butteresti giù molto volentieri?
Mi
piace molto la fontana di Trevi. Forse perché mi ricorda qualcosa di teatrale.
Di Roma non butterei giù nessun monumento… non sono violento (risata).
C’è
un personaggio della Roma del passato che ami particolarmente?
Un
personaggio che ho sempre amato è Cicerone. Era un genio-normale. Un uomo di
buonsenso. Ma tosto.
A
Roma si fa cultura, Enrico?
Non
lo so. Non mi interessa. Io, nel mio piccolo, faccio un po’ di cultura buffa.
Talvolta anche graffiante.
Se
il governo avesse sede in un’altra città italiana, Roma sarebbe più amata?
Se
il governo non fosse a Roma… Roma
sarebbe rimpianta.
Cosa
provi nel tornare a Roma dopo un’assenza?
Certe
volte provo la sensazione
che tutto quello che avevo detto di male di Roma, in realtà è mitigato dall’approccio all’estero , perché in fondo Roma non è
poi tanto male.
Come
vivi la Roma by night?
Poco,
caro Gianfranco. La vivo soprattutto andando in giro per strada che mi sembra
l’atteggiamento migliore. Perché Roma è forse una delle poche città del
mondo che quando si esce la sera è come andare in giro di giorno. In altre città
devi per forza entrare nei locali. Invece qui, nelle strade, è sempre un
piccolo teatro ed è molto divertente.
Com’è
avvenuto il tuo accostamento verso il cinema?
Ho
iniziato a fare il cinema perché sono nato in una famiglia di cinema. Mio
padre, Steno, era regista già nel primo dopoguerra. Mio fratello Carlo fa il
regista. I nostri amici lavorano quasi tutti nel cinema. Non ho fatto grandi
scelte. Sono diventato cineasta senza rendermene conto.
Io e Enrico Vanzina
Qual
è stata la tua più grande soddisfazione nel campo artistico?
Quella
di poter dire, a distanza di anni, che
in piccolissima parte porto avanti un discorso di cinema popolare che ha
iniziato mio padre tanti anni fa.
Un
tuo sogno nel cassetto?
Che
la Roma vinca di nuovo lo scudetto.
Un
tuo sfogo?
Vorrei
dire a Bin Laden che io faccio lo scrittore. Non so usare il fucile. Non so
sgozzare un essere umano con un temperino. Non so innescare un timer di una
bomba da far esplodere in mezzo alla gente. Però possiedo una penna. E una
penna, talvolta, può essere più micidiale di un missile.