Franco Monaco (giornalista e scrittore) Roma 13.9.1991
Intervista di Gianfranco Gramola
Il futuro di Roma è legato al futuro
dell’Italia, e il futuro dell’Italia è legato all’intelligenza degli
italiani
Franco Monaco è
nato a Spezzano della Sila il 21 novembre del 1915. Laureato in Legge all'Università La Sapienza di Roma. Sull'altopiano della
Sila ha partecipato alle gare ippiche organizzate, in quegli anni, dal Direttore
del Deposito Stalloni, di Santa Maria Capua Vetere, un ente impegnato nel
miglioramento della razza equina italiana. Dal 1938 al 1941 è stato redattore
del settimanale degli Universitari romani Roma Fascista, con l'incarico
di critico cinematografico. Il suo primo articolo è stato dedicato al
"Dottor Jeckill". Nel 1941 redattore de Il Giornale d'Italia,
diretto da Virginio Gayda (portavoce ufficioso del Capo del Governo per la
politica estera). Dal 1945 al 1947 è stato redattore de La Tribuna del
Popolo con incarichi vari: critico cinematografico; titolare della rubrica
quotidiana Una al giorno, poi cambiata in Allegretto; inviato per
servizi speciali.Nel 1948 Gerente Responsabile de L'Ora d'Italia
(quotidiano fondato da Emilio Patrissi, parlamentare staccatosi dall' Uomo
Qualunque di Guglielmo Giannini). Dal 1950 al 1980 ha lavorato all'Enit (Ente
Nazionale Italiano Turismo) con incarichi di vertice: Redattore Capo del
Notiziario Turistico Italia; quindi Direttore Responsabile della rivista L'Italia
e Capo Ufficio della Presidenza. In questo periodo ha letteralmente
"rastrellato" l'Italia, percorrendola in lungo e in largo per
documentarne le attrattive, e farle conoscere all'estero, con articoli e con
servizi fotografici. Ha viaggiato in auto e in treno, sempre munito di due
macchine fotografiche, una Leica e una Rolleiflex. Nel 1956 ha fatto materia di
lavoro turistico perfino il suo viaggio di nozze, servendosi della graziosa
moglie per animare immagini fotografiche di Ansedonia, di Orbetello, della
Grotta della Bàsura, del Giardino Hambury, di San Remo e di San Romolo, di
Portofino e di altre località della Liguria. Nel periodo 1950-1980 ha, inoltre,
pubblicato alcuni libri di carattere turistico. Nel 1957 è stato collaboratore
della RAI. Nel 1963 ha creato l'Agenzia giornalistica Italia Notizie e
nel 1987 l'Agenzia giornalistica Documenti Italia, ambedue tuttora attive
con periodicità settimanale. Dal 1967 al 1973 è stato collaboratore turistico
del Giornale d'Italia. Concluso nel 1980 il lavoro all'enti, Franco Monaco si è
dedicato interamente al quotidiano Linea , pubblicandovi centinaia di
articoli e le rubriche "Italiani discutibili" (medaglioni di centinaia
di italiani d'oggi) e "Italia così", seguiti poi dalla rubrica
bisettimanale "Parliamoci chiaro" nella quale ha messo a fuoco
personaggi e situazioni paradossali della mediocre realtà nazionale odierna.
Dal 1974 al 1994 Franco Monaco ha pubblicato una serie di libri di carattere
politico, pur rimanendo assolutamente fuori del Palazzo. Anzi Monaco è forse
l'unico giornalista che non ha mai messo piede né a Palazzo Chigi, né a
Montecitorio, né a Palazzo Madama.
Premi
e riconoscimenti
Premio giornalistico BARGA (1951) - Premio
giornalistico VALSESIA (1952) - Premio giornalistico CUNEO (1952) - Attestato di
Benemerenza (per la fotografia) dell'EPT di Rieti (1953) - Diploma di Merito
(per la fotografia) dell'AAST di Vallombrosa (1954) - Premio della Cultura della
Presidenza del Consiglio (1959) - Attestato di Benemerenza dell'Associazione
Maggio Eugubino (1960) - Premio giornalistico PALLAVICINI (1968) - Premio
giornalistico ORVIETO (1968) - Premio giornalistico dell'Accademia Piacentina
(1968) - Premio BENEMERITI DEL TURISMO (EPT di Roma) (1969) - Premio
giornalistico AIP Pellicceria (1969) - Premio giornalistico RUSTICHELLO DA PISA
(1970) - Il 1º dicembre 2015 il quotidiano Il
Messaggero ha pubblicato un articolo, intitolato "Monaco, cento
candeline per il decano dei giornalisti", nel quale ha messo in rilievo che
Franco Monaco continua la sua attività ed ha quasi ultimato il suo
quattordicesimo libro, dedicato, come tutti gli altri, agli Italiani.
Opere
Italia viva. Dizionario turistico delle manifestazioni. Ed.
Vallecchi. 1956 - Guida autoturistica
della Calabria (con centinaia di illustrazioni a disegno di Virgilio
Retrosi e Margherita Monaco). Ed. Sapu. 1957 - Manifestazioni italiane (Guida turistica). Ed. Guiditalia. 1958 -
Guida alla XVII Olimpiade. Ed.
Banca del Lavoro. 1960 - Roma curiosa
(Guida turistica, con centinaia di illustrazioni curiose). Ed. Echi d'Italia.
1965 - Guida alle feste folcloristiche
italiane. Ed. LEA (Automobile Club d'Italia). 1966.
Intervista
In quale quartiere è nato e a quale si sente più legato?
Non sono nato a Roma, ma in Calabria, sulla
Sila. Però sono a Roma fin da neonato. Abito ai Parioli e preferisco questo ad
altri quartieri perché meno ossessionato dal traffico.
Roma che sensazioni le regala?
Me ne ha regalate tante, bellissime, in altri
tempi. Oggi me ne regala parecchie sgradevoli: ma non ne ha colpa. Roma è essa
stessa una vittima della situazione.
Quando vuole fare una passeggiata, che
via o zona preferisce?
Passeggiare per Roma? Ma come è possibile,
ormai? Ci si può appena camminare e per motivi di lavoro.
Qual è il difetto che lei vede nel
romano? E la sua più grande virtù?
Non credo che esistano ancora moltissimi
autentici romani. Difetti e virtù di quelli che abitano a Roma sono ormai
appiattiti sullo standard nazionale.
Cosa le fa veramente amare Roma?
Il suo passato: più quello prossimo che
quello remoto. Voglio dire quello della serena e ottimista Roma capitale del
Regno d’Italia.
Qual è la sua piazza preferita?
Piazza San Pietro. La preferisco perché
quando è vuota ci si può respirare e quando è stracolma di gente non lo è
per motivi mercantili, politici e pseudo – musicali, ma soltanto spirituali.
C’è una Roma che lei ricorda molto
volentieri?
La Roma dei meravigliosi concerti che le
bande dei Carabinieri, della Polizia e della Guardia di Finanza eseguivano nella
basilica di Massenzio; la Roma della
“Roma” di Testaccio, con Bernardini e Ferraris IV; la Roma del Concorso
Ippico di piazza di Siena con Crispa del colonnello Borsarelli e Nasello del
capitano Filipponi: la Roma dell’Accademia d’Italia che lavorava nella
splendida Farnesina: la Roma di Cinecittà che si apprestava a fare la
concorrenza a Hollywood.
Qual è il piatto tipico romano che
preferisce? E quello che non gusta?
In vetta l’ossobuco e la coda alla
vaccinara. Nelle trattorie di Roma è da rifiutare soltanto il pesce congelato e
il tiramisù.
Roma è o era la città più bella del
mondo?
E’ stata una delle più belle città del
mondo sotto Augusto.
Roma è ancora una città vivibile?
Mah! Oramai bisognerebbe intendersi sul
termine “vivibile”. Certo è che per la sempre più diffusa malavita
(racket, prostituzione, traffico di droga, ecc ….) una grande città non è
altamente vivibile.
Secondo lei, se il governo avesse sede
in un’altra città italiana, Roma sarebbe più amata?
Sicurissimamente, Gianfranco.
Di Roma le dà più fastidio il caos o
la sporcizia?
La sporcizia nel caos.
Qual è il futuro di Roma e cosa
bisognerebbe fare per migliorarla?
Il futuro di Roma è legato al futuro
dell’Italia, e il futuro dell’Italia è legato all’intelligenza degli
italiani i quali dovranno una buona volta capire che l’attuale sistema
politico continua a degradare tutto e in ogni senso. Comunque, per migliorare
Roma bisognerebbe cominciare con una liberazione: liberarla, cioè, da tutti gli
uffici pubblici che la soffocano, iniziando da palazzo Chigi, Montecitorio,
palazzo Madama e il Quirinale. Secondo alcuni il Quirinale potrebbe diventare il
più bell’albergo del mondo e attirare una clientela di altissima classe, con
grande beneficio anche per il turismo
romano. In programma c’è, come lei sa, lo SDO (sistema direzionale
orientale) che dovrebbe appunto trasferire fuori Roma gli uffici
pubblici, ma chissà chi riuscirà a vederlo; la burocrazia lo boicotterà.
Roma è una città che fa cultura?
Fa solo ordinaria amministrazione culturale.
In quale periodo le sarebbe piaciuto
vivere, in quello del Belli, di Trilussa o quale altro?
Come punti di riferimento non considero
significativi né Trilussa, né Belli. La Roma del Belli era la Roma papalina
che non mi interessa granché. La Roma di Trilussa è in parte quella degli anni
Trenta, quando ha scritto “Giove e le bestie” e il “Libro muto”.
Ecco, preferisco quella Roma, ma Trilussa non c’entra. Del resto in un
mio libro che uscirà, credo l’anno venturo, ci sarà un Trilussa visto con
una angolazione un po’ diversa da quella usuale.
E’ vero che ha conosciuto Aldo
Fabrizi?
Si, l’ho conosciuto. Precisamente negli
anni Settanta, in un ristorante romano nel quale l’Ente Provinciale per il
Turismo di Treviso offriva un pranzo interamente a base di radicchio, il famoso
radicchio trevigiano: molto originale e gustoso. Ma la cosa non garbò affatto a
Fabrizi che, come lei sa, era anche gastronomo. Così quel pranzo finì male:
con sgarbate, sgradevoli, nevrotiche invettive ad alta voce di Fabrizi nei
confronti di quel “tutto radicchio” che, secondo lui, era soltanto
mistificazione.
Qual è il poeta romanesco che le piace
molto?
Mi piace, sia pure senza entusiasmo, Cesare
Pascarella. Belli è troppo greve e contorto; Trilussa divertente all’acqua di
rosa. Pascarella mi era simpatico anche per l’impegno con il quale faceva
l’Accademico d’Italia, pur essendo sordissimo.
C’è un messaggio che vorrebbe
lanciare ai romani?
“Ripulite Roma: ramazzate tutto ciò che
l’abbruttisce: in particolare ministeri, enti inutili, racket, prostituzione
stradaiola (maschile e femminile), delinquenza d’ogni colore e provenienza. Se
volete, potete fare di Roma un ideale luogo di soggiorno”. Ma lei crede che un
messaggio del genere potrebbe essere recepito? C’è troppa gente alla quale
Roma fa comodo così com’è.
Fra tutte le tradizioni romane ce n’è
una in particolare che preferisce?
La benedizione papale “Urbi et Orbi”.
Cosa ne pensa del periodico dialettale
Rugantino?
Lo leggevo da ragazzo. Mi piaceva Giggi
Zanazzo che del Rugantino è stato il fondatore. Adesso per motivi professionali
sono soffocato dalla carta stampata quotidiana.
Per lei cosa significa “essere
romano”?
Dovrebbe poter significare parecchie cose e,
prima di tutto, essere cristiano autentico e italiano autentico, cioè non di
anagrafe soltanto.
Nel tornare a Roma dopo una lunga
assenza, cosa prova?
Solo desiderio di riposare fra le mura della
mia casa.
Qual è la terrazza romana da lei
preferita?
Mi piacciono parecchie terrazze, ma non
pubbliche: terrazze di case private, pulite, non mondane, frequentate da gente
selezionata. Terrazze nelle quali non entrano né Marta Vacondìo ex Marzotto, né
Marina Ripa di Meana.
Tempo fa si parlava di eliminare il
mercato domenicale di porta Portese. Qual è il suo parere?
Non lo frequento e non so se abbia ancora da
offrire qualcosa di veramente interessante.
Progetti per il futuro? Libri su Roma o
che altro?
Su Roma, no. Ho in cantiere solo una raccolta
di cinquanta sonetti romaneschi e poi quello che sarà il mio quattordicesimo
libro, quello cui ho accennato prima, che abbraccerà un certo periodo della
storia d’Italia nel quale anche Roma ha svolto un ruolo positivo.
Attualmente collabora con qualche
rivista dialettale o non?
No. Non ho la competenza e la concentrazione
necessarie per dare una collaborazione veramente utile a riviste dialettali.