Franco
Moscon (attore)
Mezzolombardo (Trento) 10.3.2015
Intervista di Gianfranco Gramola
Medico
di professione, attore per hobby (una passione che dura da quasi 50 anni), vanta
ad oggi quasi 100 film: ha iniziato da ragazzino, per caso, lavorando per
Antonioni, Wertmüller, Tornatore, Bellocchio, al fianco di mostri sacri come
Alberto Sordi, Nino Manfredi e tanti altri. Il consiglio di Vittorio Gassman:
“Cercate ‘na poltrona comoda”
Per contattare l’attore trentino la sua
e.mail è franco.moscon@gmail.com
Intervista
“La
mia qualifica – spiega Franco Moscon di
Lavis, cittadina dove è nato e risiede -
è quella di Ricercatore Biomedico e mi occupo di medicina diagnostica nel campo
delle Neuroscienze (Alzheimer e Parkinson in modo particolare) e il mio lavoro
si svolge in stretta collaborazione con diversi istituti di ricerca sia
italiani, che stranieri, come il Paul Scherrer Istitute di Villingen vicino a
Zurigo, il Max Planck Istitute di Düsseldorf in Germania, e l'Università di
Cambridge in Inghilterra, per quanto riguarda l'otreoceano collaboro anche
ultimamente, con la Columbia University di New York”. Figlio di un muratore e
di una sarta, Moscon ha una grande passione per il cinema, nata quando aveva 15
anni. “Era l’estate del 1966 ed ero in visita da parenti - mi
racconta il dr. Moscon - stavamo facendo
una scampagnata a Manziana, sul lago di Bracciano, vicino a Roma. Mio cugino
conosceva di vista il regista Giorgio Simonelli. Eravamo in un bar per un
aperitivo e Simonelli rivolgendosi a me disse: “Ti andrebbe dopo pranzo di
venire da me a fare una comparsata?”. Io ho guardato mio cugino cercando di
capire, perché non ero pratico di film e di comparse. Accettai quasi per gioco
e il regista mi diede l’indirizzo dove recarmi e mi raccomandò di essere lì
nel primo pomeriggio. Mio cugino mi accompagnò sul set e il costumista mi mise
addosso una specie di poncho a righe bianche e nere. Poi mi disse: “Sei capace
di reggere un carretto con l’asinello?”. Mio nonno Moscon aveva sempre avuto
asini e cavalli e da ragazzino andavamo spesso insieme con il carretto in paese
o in campagna e a volte mi lasciava condurre il carro, quindi un po’ di
praticità l’avevo. “Va bene” disse il costumista. Mi vestì da peone
messicano e mi
mise un cappello di paglia per coprire i capelli biondi, mi sporcò la faccia
con un po’ di terra e all’improvviso mi
ritrovai catapultato sul set. Che emozione. Nella scena
dovevo attraversare il paese mentre i messicani sparavano in aria in
segno di festa. Provai a far andare il carretto ma l’asino non andava.
Guardandomi in giro ho notato un carretto
pieno di carote che faceva parte del set, ne ho presa una e l’ho data
all’asinello. La carota funzionò e l’asino andò avanti. Dopo alcune prove
l’asinello tornò a fare i capricci. Allora, ricordando il nonno, ho legato la
carota ad un bastone e l’ho messa davanti all’asino. L’asino ripartì e le
riprese vennero bene perché l’inquadratura era da dietro e quindi non si
vedeva il bastone. In poche parole “la necessità aguzza l’ingegno”, come
dice il proverbio. Il film era “I figli di Ringo” con
Franco Franchi e Ciccio Ingrassia.
Che
ricordi hai di Franco Franchi e Ciccio Ingrassia?
Due
personaggi fantastici. Io li conoscevo attraverso i film che avevo visto
all’oratorio di Lavis e andare lì, sul set, e con timore reverenziale,
conoscerli dal vivo è stata una emozione indescrivibile. Per me era come se
fossero di famiglia, come degli zii. Ti dirò di più… Ciccio Ingrassia che
sembrava scontroso, un po’ distaccato, era più bonaccione di Franco Franchi.
Però tutti e due erano persone molto umili e semplici.
Dopo
I figli di Ringo hai proseguito con il cinema?
Dopo
questa “avventura” un’agenzia di casting mi ha fatto un paio di foto e ha
preso i nomi delle comparse. Allora le agenzie di casting non avevano i data
base come hanno al giorno d’oggi. L’anno dopo mi arrivò una chiamata con la
quale mi chiedevano se volevo
andare a Roma a fare un’altra volta il peones, a vendere la verdura sulla
strada nel film di Anton Giulio Maiano “La freccia nera” con Loretta
Goggi. Ho accettato chiaramente. Dopo questo lavoro mi hanno
iscritto in un’altra agenzia di casting. L’anno dopo non ho fatto niente.
Nel ’69 mi chiamarono da Roma per
dirmi se volevo fare il ruolo di rivoluzionario, sulle barricate, nel film di
Gigi Magni “Nell’anno del Signore”. Ho accettato chiaramente.
Hai
un aneddoto che riguarda il film?
Ce
n’è uno molto simpatico tra me e
Vittorio Gassman. “Oggi me va de fumà de fino – mi disse Gassman – me vai
a prendere le Peer dalla Sora Amelia?”. Vado a prendere le sigarette, le porto
all’attore che apre subito il pacchetto e Alberto Sordi, che era lì vicino,
gli scroccò una sigaretta e se ne andò via. Gassman ne accese una e mentre se
la gustava seduto sulla poltrona, gli dissi: “Signor Vittorio, lei che è un
grande maestro, non è che potrebbe insegnarmi qualche trucco di come stare sul
set?”. “A Frà – rispose il maestro – come prima lezione te vojo dì
‘na cosa. Tu quando arrivi sul set, che sia mattina, mezzogiorno o sera,
guardate attorno e cercate una poltrona comoda”. Lì per lì rimasi un pochino
deluso per questo consiglio un po’ leggero. Ma con il tempo
questo consiglio mi è tornato utile. Non più tardi di 15 giorni fa
eravamo nella chiesa di Collalbo, sul Renon, a girare una scena del film che si
chiama “Fraulein”, con
Christian De Sica (il quinto film che giravo con lui)
dove durante la Messa al prete suona il cellulare, i chierichetti ridono e altre
cose strane, ecc… All’improvviso il cielo diventa grigio e inizia a fare
freddo. Erano due gradi sotto zero. Siamo entrati con il sole, abbiamo girato
tre ore e per finire nevicava. Ho detto a mia moglie: “Vieni che andiamo a
cercare una poltrona comoda, da riposare le gambe”. Anche lì, per
l’ennesima volta, mi è venuto in mente il consiglio di Vittorio Gassman e la
sua “poltrona comoda”.
Hai
mai pensato ad un nome d’arte?
Ho
pensato al nomignolo di Frankie, come mi chiamano ogni tanto gli amici quando ci
troviamo sul set. Ma non è mai stata una cosa seria.
Quali
erano i tuoi miti, i tuoi idoli da ragazzo?
Totò,
Fernandel, Gino Cervi, il tenente Sheridan, ecc…
C’è
una parte che ti piacerebbe recitare?
Ho
sempre sognato di fare la parte dello sceriffo in un film western. Mi vengono in
mente i film di Sergio Leone, un regista che mi ha sempre affascinato: “Per un
pugno di dollari – Il buono, il brutto e il cattivo – C’era una volta il
West ”. Mi sarebbe piaciuto recitare come sceriffo in film di quel genere.
Il
mondo del cinema ti ha sempre affascinato o ti ha anche deluso?
Ci
sono stati anche momenti di delusione e qualche volta ci sono ancora. Tu vai a
fare un casting per una parte e dopo non te la danno o te ne danno un’altra, lì
per lì ci rimani un po’ male, però pur di rimanere nel giro, accetti
ugualmente. Bisogna avere uno spirito di adattamento enorme. Ho avuto delusioni
ma tantissime soddisfazioni e per questo ringrazio Dio. Da questa passione mi si
sono aperte le porte del cinema e dopo 49 anni sono ancora qui. Nel luglio del
2016 faccio le nozze d’oro con il cinema. Una soddisfazione enorme è stata
quella di fare dieci puntate con l’ispettore Derrick (Horst
Tappert, ndr), che io ho definito il mio secondo padre, un
signore sul set, un signore nella vita.
Franco Moscon, la moglie Franca e l'attore Terence
Hill
L’hai
frequentato anche fuori dal set?
Si,
siamo diventati molto amici! Quando è morto il 13
dicembre 2008 a
Monaco, io ero presente e ho pianto più di quando sono morti i miei genitori.
Amavo moltissimo papà e mamma in particolare, ma Derrick ero un secondo papà
in tutti i modi. Quando veniva a fare le terme a Merano, al Palace, ci trovavamo
su insieme a Lucio Dalla, pace
all’anima sua. Poi a fine settimana della Traubenkur (settimana della cura
dell’uva), mi invitava in un agritur sopra Marlengo e lì insieme al suo
aiutante Frits, si mangiava e beveva e poi dovevamo portare in hotel sia lui che
Frits, perché non ce la facevano a guidare la macchina. Comunque Derrick era
sempre un signore soprattutto sul set, sia se cominciavi all’alba, che a
mezzogiorno o la sera. Aveva un carattere docile e affabile, però sul set si
imponeva, ma finite le riprese era un gran signore. Spesso qualche regista mi
dice che quando interpreto la parte di un avvocato o di un prete, ho lo sguardo
e un atteggiamento un po’ duro, un po’ altezzoso, invece di averlo più
morbido, più rilassato. Penso che
questo atteggiamento l’ho
ereditato da lui. Però a parte questa facciata sul set, il Franco è una
persona che “el magna el beve e el se diverte” nei dovuti canoni.
Tu
hai lavorato in film diretti da
Michelangelo Antonioni, Gigi Magni, Giuseppe Tornatore, Lina Wertmueller,
Marco Bellocchio. Con quale regista ti sei trovato meglio?
Mi
sono trovato bene con tantissimi. Uno è Massimo Campiotti con cui ho lavorato
nel film “La guerra sulle montagne”. Massimo l’ho trovato veramente un
professionista e soprattutto un amico. Dopo
mi sono trovato meravigliosamente bene con Anton Giulio Maiano. Gigi
Magni, gran conoscitore di cose romane, era una persona straordinaria e molto
intelligente. Mi sono trovato bene anche con qualche regista russo che faceva
delle puntate diverse di Derrick. Una regista simpaticissima e schietta, anche
se diceva spesso parolacce, era Lina Wertmüller, che era una che amava stare in
compagnia. Un altro regista estero con cui mi sono trovato bene è stato Til
Sweiger dove ho recitato l’anno scorso in “Honig im Kopf ”, un film
strappalacrime. Come attore invece mi viene in mente Monica Vitti , quando ho
fatto “Il mistero di Oberwald”, dove facevo la parte di maestro di caccia,
una simpaticona. Poi ho trovato stupenda Claudia Cardinale. Ci siamo trovati tre
anni fa a girare “La montagna silenziosa” e abbiamo ricordato i tempi in cui
abbiamo lavorato insieme. Un attore con cui ho lavorato recentemente e che ho
trovato simpaticissimo è Alessandro Siani nel film “Il principe abusivo”
che mi chiamava sempre papà e mia moglie la chiamava mamma.
Con
quale attore ti piacerebbe lavorare?
A
parte lavorare ancora con Alessandro Siani mi piacerebbe lavorare con Claudio
Bisio. Un altro attore con cui mi avrebbe fatto piacere lavorare, ma che
purtroppo non è più tra noi, è il mitico Marcello Mstroianni. Come mi
piacerebbe lavorare con la trentina Francesca Neri, se ho la grazia di essere
scelto.
Ma
non dovevi fare un film con lei?
Il
film con Francesca Neri doveva iniziare i primi di marzo a Trento e dopo si
spostava a Londra. Così mi avevano detto il 31 ottobre 2014, quando ho fatto il
casting per una parte recitata con l’aiuto regista a Trento, con la Format di
via Zanella, che è della Provincia: la Trentino Film Commission. Hanno mandato
un po’ di attrezzature in Trentino per iniziare il film, e di colpo si sono
fermati. La Exformat, che ha sede a Trento e ha dei teatri di posa in quel di
Arco, che ha in mano i casting delle comparse trentine, mi ha detto che hanno
optato di girare prima a Londra e dopo verso Pasqua verranno a fare la parte
stabilita in Trentino.
Di
tutti gli attori con cui hai lavorato, qual è il più antipatico?
In
certi momenti devo nominare il mio coetaneo Christian De Sica, in certi momenti
era carinissimo. Anche Giancarlo Giannini all’epoca era così, però era ed è
molto bravo. Però in linea di massima devo dire che mi sono trovato bene quasi
con tutti.
Il
più umile?
Come
donna sicuramente Monica Vitti, una persona semplice, alla mano. Anche Loretta
Goggi con cui ho recitato ne “La freccia nera”, era una ragazza umile.
Daniele Pecci con cui ho fatto tre film, è un gran simpaticone.
Il
più bravo?
A
parte i mostri sacri come Alberto Sordi, Vittorio Gassman, ecc… devo dire
Giancarlo Giannini che ha recitato molto bene ed ha un grande carisma. Mi
piacerebbe lavorare ancora con lui, come mi piacerebbe recitare con Lando
Buzzanca, anche se adesso ha una certa età.
Per
la simpatia?
Per
simpatia e disinvoltura direi Franco Franchi e Ciccio Ingrassia. Sono quelli che
mi hanno colpito di più e che mi hanno stimolato ad andare avanti con questo
hobby, perché per me fare la comparsa nei film è un hobby. Molti mi chiedono
se ho mai pensato di farne una professione. Ho risposto loro che c’ho fatto un
pensierino, solo che quando l’ho fatto avevo quasi 50 anni. Dovevo pensarci
prima e allora diventava una cosa più seria. Altro attore simpatico era Ugo
Tognazzi, come lo era l’attore toscano Renzo Montagnani. Lui era molto
simpatico sul set, dove faceva tutte le zingarate di “Amici miei”. Ho avuto
modo di incontrarlo due volte in aereo e l’ho trovato una persona scontrosa e
antipatica.
Economicamente
si può vivere facendo la comparsa?
Assolutamente
no. La comparsa prende 85 euro lordi al giorno e non è che lavori tutti i
giorni. Ogni tanto ti passano le spese di viaggio,
la benzina per spostarsi. Se invece fai una figurazione speciale puoi arrivare a
120 euro netti al giorno. Per gli attori i prezzi sono tutt’altro. Una persona
ben informata mi ha riferito che Christian De Sica, per i due film natalizi
girati a Trento “Colpo di fulmine” e “Colpi di fortuna”, si è preso 2
milioni di euro netti.
Hai
un sassolino nelle scarpe che vorresti toglierti?
Una
cosa che mi sta sullo stomaco e non parlo solo per me, ma a tutta la platea
delle comparse e degli attori minori, è che non siamo tutelati da un sindacato.
Noi comparse all’inizio facevamo 9 ore al giorno, ossia 8 di lavoro e un’ora
di pausa pranzo. Da anni e anni le ore sono diventate minimo 10, certe volte si
sfora e si va anche sul notturno dopo le 20.00 di sera che ci dovrebbe essere lo
straordinario, che non c’è o meglio nessuno te lo contempla. Sono una volta
ci hanno pagati gli straordinari e difatti ci siamo meravigliati tutti ed è
stato l’anno scorso durante il film “Elser es muss sein” del regista Oliver
Hirschbiegel. E’ venuto e ha detto alle comparse del cast: “Tutti quelli che
si sono fermati dopo la cena prenderanno la differenza ossia gli
straordinari”.
Qual
è la differenza fra figurante e
comparsa? Io ho sempre pensato che il figurante è quello che va in televisione,
mentre la comparsa è presente nei film. E’ giusto?
E’
giusto quello che dici, però spesso sul set chiamano figurante anche la
comparsa. La parola comparsa sembra una parola di una volta, mentre figurante
sembra più moderna. Mai il significato è sempre quello. Una volta c’era lo
spazzino ora c’è l’operatore ecologico, ecc… Dopo c’è la parola
figurazione speciale. Praticamente tu sei un personaggio, vestito in un certo
modo, che però viene inquadrato in una certa maniera e quindi sei una
figurazione speciale. A volte capita che ti prendono come comparsa e
all’ultimo minuto il regista ti cambia il ruolo e in quel caso vieni pagato di
più. E qui torniamo al discorso di prima, cioè del sindacato, perché
percepisci di più se hanno l’onestà di riconoscere che avevi firmato da
comparsa, ma per esigenze di copione, ti trovi come figurante speciale. Però
nonostante abbiano al seguito tutte le segretarie di produzione, la ragioniera,
quelli che guardano i conti e le presenze, ecc… si dimenticano, non si sa
come, di pagarti per il ruolo che interpreti.
Quali
sono le tue ambizioni?
Pur
rendendomi conto che i vent’anni se ne sono andati da un bel pezzo,
innanzitutto poter stare in salute e spero che vengano ancora produzioni in
Trentino Alto Adige, visto che a
Bolzano c’è la BLS, Business Location Südtirol,
patrocinata dalla Camera di Commercio, ma anche a Trento c’è la nostra
Provincia, per poter fare qualche bel film in zona. In Alto Adige mi hanno dato
la possibilità di conoscere delle case di produzione austriache, tedesche e
anche svedesi e ogni tanto mi chiamano. Ho notato una cosa, come in tante altre
storie della vita, cioè che se uno sa comportarsi bene, sta con i piedi per
terra, ha voglia di lavorare quando c’è l’opportunità ed è disponibile a
spostarsi, è più facile che venga preso in considerazione.
A
chi vorresti dire Grazie?
Un
grazie speciale lo vorrei dire a mia moglie Franca perché mi ha sempre
incoraggiato. Lei è più una donna da televisione, ha partecipato a tantissime
trasmissioni come opinionista, ossia da
Paola Perego, da Maria de Filippi, da Barbara D’Urso, ecc… Però per
curiosità anche lei si è avvicinata al cinema e nel suo curriculum ha
partecipato a ben 30 film. Io a fine marzo ho fatto il mio 91esimo film. Poi
apprezzo e ringrazio molto la disponibilità dove lavoravo, all’ I.R.S.T.
(Istituto per la Ricerca Scientifica e Tecnologica con sede a Povo di Trento)
perché sono sempre stati di manica larga con me, concedendomi dei permessi per
andare a lavorare sui set.