Luciana Battan (scrittrice)
Mezzolombardo (Trento) 14.6.2015
Intervista di Gianfranco Gramola
“DISSONANZE
EROTICHE”: Una storia emozionante e coinvolgente, capace di dialoghi dalla
forte energia narrativa che tracciano i fili di una vena creativa di talento
L’immagine
della copertina è di Anton Merkulov
Luciana Battan, scrittrice trentina, in
questo primo volume della sua “duologia erotica” racconta la storia un po’
complessa di una coppia e lo fa con uno stile che trasuda profondità nel solo
modo di toccare le parole e offrirle al lettore con il peso che portano. Lui,
costretto in un letto d’ospedale devastato dall’aids, viene a sapere
attraverso una cartolina, di aver avuto un figlio da una zingara che le chiede
aiuto. La moglie decide di partire alla ricerca del bambino. Con questo viaggio
l’autrice ubriaca il lettore di esperienze, di storie e di paesaggi e lo fa in
maniera frizzante e gustosa che mette in moto la fantasia. In questo libro, che
si dovrebbe leggere tutto d’un fiato perché è un peccato interrompere le
emozioni e le atmosfere che ci regala in modo elegante e coinvolgente, la
scrittrice trentina inserisce come collante un bel po’ di eros, perché Anna,
la protagonista, è una maestra d’erotismo. Durante il viaggio incontrerà
molti sconosciuti e avrà rapporti sempre più spinti con loro perché ha una
carica sessuale fortissima che la porterà a osare sempre di più, tenendo però
sempre aggiornato il marito, come d’accordo, sulle sue nuove esperienze
attraverso lettere e telefonate infuocate. “Dissonanze erotiche” è un libro
che risveglia il tepore erotico e l’immaginazione addormentata perché
distratta da paure, bigottismo, impegni, orari e preoccupazioni. Un vasto
carosello di scene che innescano un fuoco d’artificio di situazioni
abbondantemente irrorate da quel sano entusiasmo che fa tanto bene alla vita,
raccontati con una capacità di descrivere che lo rende autentico.
Per contattare la
scrittrice trentina la sua e.mail è lucianabattan@yahoo.it
Intervista
A quale età hai
iniziato a pensare seriamente alla scrittura?
Il piacere della scrittura
risale alla giovinezza, ero anche brava a scuola, ma la possibilità di farlo
seriamente risale al 2008-2009. Prima mi sono dedicata al lavoro
specializzandomi anche, attraverso corsi di aggiornamento e studi personali,
nella didattica della matematica che mi piace molto. Ad esempio l'anno scorso ho
ideato assieme a un gruppo di colleghe degli Istituti Comprensivi limitrofi, una
prova di competenza per la quarta classe, ambito matematico, che ha ottenuto
ottime valutazioni dall'IPRASE. Ho riservato le altre energie alla mia famiglia.
Quanti libri
hai scritto?
Ne ho scritti
parecchi e di tutti i generi. Il primo è stato un romanzo storico su Castel
Thun scritto in occasione e in concomitanza con la trasformazione del castello
da maniero e residenza privata a museo provinciale nel 2010. Ho cominciato a
scriverlo più o meno in quel periodo ed è uscito due anni dopo con il titolo
“Zdenko, l’ultimo dei Thun”. Ho scritto anche due libri molto importanti
che non sono stati pubblicati e che appartengono al
genere storico. Ho scritto “Le streghe di Nogaredo” che si basa
sulla storia vera del processo di Nogaredo del 1646/1647, dove sono state
mandate a morte un gruppo di donne
accusate di stregoneria. Questo romanzo ha partecipato l’anno scorso
all’edizione del torneo
letterario di “Io scrittore” che è indetto tutti gli anni da “GeMS”
, che fa
parte del gruppo editoriale di Mauri Spagnol a cui fanno capo Longanesi,
Rizzoli, Guanda, Tea e altre case editrici. E sono stata molto contenta perché
eravamo più di 2300 partecipanti e le mie “Streghe” si sono piazzate tra i
300 finalisti, poi si è fermato lì perché i vincitori erano solo dieci. Anche
quest’anno un altro mio romanzo storico, su 3600 partecipanti, si è piazzato
nei primi 300, quindi attualmente sono in gara anche al torneo letterario con un
altro romanzo storico. Ho scritto anche delle
novelle che hanno anche uno sfondo scientifico importante, per esempio ho
scritto la storia della “Lattina Argentina”, un libro per bambini, dove in modo
fantasioso parlo del riciclo dei materiali. A scuola avevamo fatto tutto un
percorso con l’azienda ASIA, quella che provvede allo smaltimento dei rifiuti
in Trentino, quindi in seguito a questo, proprio per consolidare l’educazione
ambientale che è fondamentale, ho
scritto questo libretto, che è stato pubblicato dalla scuola, ma che è rimasto
all’interno, cioè l’abbiamo dato solo agli scolari e alle famiglie. La
versione di questo libro si trova anche on line. Un altro mio libro per bambini
è stato “La città delle api”. Non è stato pubblicato, io ho soltanto
prodotto la versione e-book. Su
Amazon si possono trovare i miei e-book che
io ho messo a disposizione per farli conoscere. L’anno scorso ho pubblicato
con la Montag Edizioni la prima raccolta di genere erotico. Devo fare una
parentesi su questa raccolta dal titolo “Rosso riflesso”. Avevo partecipato
ad un concorso della Montag Edizioni e poi mi è stata
proposta la pubblicazione ed è uscito Rosso Riflesso, che è un dato
importante perché da lì poi, è partito il progetto della duologia erotica di
cui stiamo parlando adesso.
Mi fai un breve
riassunto del tuo libro "Dissonanze erotiche"?
Questo
libro parla di una donna, Anna Mandelli, una donna semplice, di media cultura,
senza particolari pregi o difetti. All’improvviso succede qualcosa che cambia
la sua vita. Questo qualcosa è la malattia del marito che poi si rivelerà una
malattia devastante e probabilmente letale. Il racconto si svolge in
Italia e poi in Europa nel periodo fra l’84 e l’85. “Dissonanze
erotiche”, e il
secondo volume che uscirà a breve, sono
ambientati in questi due anni, in concomitanza con lo scoppio mondiale del
problema dell’AIDS, virus che era stato scoperto soltanto due anni prima. Lei
è una donna giovane piena di vitalità, è una donna
che ha una carica sessuale e erotica molto forte, però si ritrova sola,
la famiglia non è lì ma vive sul lago di Lecco. Lei è divisa fra il lavoro
alla Rinascente di Milano che non la soddisfa più di tanto,
e le visite serali che fa al
marito, tra l’indecisione, l’insicurezza e la paura
di non sapere qual è il suo malessere. Per mesi lei rimane in questa
incertezza di non sapere cos’ha il marito. Lì scatta questo cambiamento e lei
comincia a cercare altri uomini e questo innesca un meccanismo di libertà, di
riuscire a manifestare il proprio io in maniera totale
e globalizzante, facendo esperienze di quasi tutti i tipi, che una donna può
fare. Quindi se vogliamo vederla dal punto di vista simbolico e metaforico
questo libro è un inno alla “libertà” della donna, a una libertà che
dovrebbe essere senza pregiudizi perché la
nostra
libertà sessuale è sempre stata limitata dai giudizi morali ed etici. In
questo libro il primo elemento di cambiamento è la malattia, il secondo
elemento è l’arrivo di una
notizia fulminante. Sembra che il marito, un antropologo serbo, che per
raccogliere i dati dei suoi studi, e fare la tesi di laurea, è stato sul Delta
del Danubio e lì ha avuto un’avventura con Marija Cassian, una giovane
zingara, che le fa sapere di aver avuto un figlio con lui inviando una cartolina
dalla Germania e chiedendogli aiuto. I due coniugi si consultano, il marito Rami
Jancović è immobile all’ospedale, e lei che è una donna generosa, una
donna che ama, e che le sembra già quasi di amare questo bambino anche se non
lo conosce, credono a
questa semplice cartolina, e rispondono a questo grido di aiuto. E lei parte da
Milano e inizia il vero viaggio. Un viaggio che farà emergere le
sue potenzialità erotiche perché conoscerà uomini di varie etnie, di varie
estrazioni sociali, di varie culture. Nel primo libro dalla Germania arriva fino
a Vienna. Nel secondo libro si parte da Vienna, dal lago di Neusiedl, che è sul
confine con l’Ungheria, si arriva a Budapest, poi a Belgrado e poi attraverso
un flash beck dei ricordi del marito che ci racconterà le sue vicende d’amore
sulle rive del Danubio andrà a finire anche a Sulina che sta appunto sul Delta
del Danubio.
Cosa ti ha spinto
ad affrontare un tema intrigante come quello dell'eros?
E’ un tema hot,
un tema hard, un tema difficile, un genere oltretutto difficilissimo da
scrivere, ma allo stesso tempo molto stimolante e molto accattivante per uno
scrittore. E’ una prova del fuoco anche perché è un genere dove è un attimo
scadere, scadere in tutti i sensi. Certamente è una sfida, però il messaggio
che si vuol dare secondo me è forte, è potente e quindi valeva la pena
provarci. All’inizio certamente ci sono stati dei dubbi, delle perplessità.
La trama l’ho scritta in tre giorni, durante le feste dei Santi, poi ci sono
stare delle modifiche però il disegno è rimasto quello originale. Quello che
mi ha rinforzata è stato il discordo di aver già scritto “Rosso riflesso”
e dal quale avevo avuto giudizi positivi tant’è che l’editore Mario
Tricarico, proprio dopo aver letto il mio “Rosso riflesso” mi ha chiamata
chiedendomi se potevo affrontare una progetto così. E la sfida è stata
altissima anche perché pensavo di aver chiuso con il genere erotico dopo
“Rosso riflesso”, invece a quanto pare mi stanno convincendo del contrario
perché secondo gli esperti del settore, sembra che riesca molto bene a trattare
questo genere.
Scrivendo di
eros non temi di venire etichettata?
Si! E’ già in
preventivo questo rischio, ma è un rischio che bisogna correre, perché o
rinunci fin dall’inizio proprio perché ti lasci condizionare così tanto dal
pregiudizio che riguarda quello che pensano gli altri di te, i tabù e
l’associazione che fanno, ossia che tu sei il libro. Quindi il rischio è
altissimo. Se ti lasci assoggettare da questi timori perderesti gli stimoli per
scrivere. Ho dovuto farmi forza e trovare il coraggio di affrontare, e
lo sto facendo tutti i giorni, questo
lavoro di affrontare il pregiudizio
degli altri e all’inizio anche i miei stessi pregiudizi perché nessuno ne è
immune, dai pregiudizi che si porta
dietro dalla propria infanzia, dalla propria educazione. Quindi io tutti i
giorni faccio i conti sia con i miei pregiudizi
e a maggior ragione con quelli dei
miei lettori. Confido molto nella sensibilità di chi mi legge affinché sappia
interpretare, perché qui l’erotismo è forte, è potentissimo, è lampante,
è descritto nei particolari ed è esplicito. Però dentro tutto questo c’è
tanta emotività, c’è sensibilità ma non
c’è orrore, non c’è niente di brutto, è
una cosa bella. Il messaggio che vorrei far arrivare è che se riuscissimo a
vedere l’erotismo come qualcosa di bello, che arricchisce la nostra vita, che
la rende felice, allora può essere veramente un arma vincente.
Ti ispiri a qualche modello di scrittore?
Gli scrittori
di questo genere secondo me scrivono in modo
diverso da come scrivo io.
Facciamo un esempio della più famosa che ci sia, la E.L.James, autrice della
mitica trilogia “Cinquanta Sfumature di Grigio”. Dal
punto di vista dello stile e della narrazione e anche dei contenuti siamo molto
lontane, quindi non ho potuto prenderla come modello. Ho letto anche altre
autrici come Irene Cao, Sylvia Day, proprio perché necessitavo di un confronto.
Mi chiedevo “Come fanno le altre? Come scrivono le altre? Cosa scrivono?”.
Il mio modo di scrivere si differenzia dalle altre. Invece come modello nello
stile dello scrivere ci sono i grandi. Io sono un amante di Tolstoj, di Dostoevskij,
di Elizabeth Holby, della Isabel
Allende. Le mie letture sono molto diversificate, ad esempio leggo tantissimi
thriller, ho letto quasi tutti i libri del finlandese Jo Nesbo, il re del
thriller. Sto leggendo Giancarlo De Cataldo e tempo fa
ho letto un bellissimo libro di una giovane scrittrice ebrea che ha
scritto “Una notte soltanto Markovitch” (Ayelet
Gundar-Goshen, ndr). Ogni volta
che ho la fortuna e la grazia, di trovarmi tra le mani un libro bello e scritto
bene, oltre ad arricchirmi culturalmente, sento che da loro assorbo qualcosa . E
questi li considero i miei maestri.
Secondo te questo libro può far bene alle
coppie?
Si! Assolutamente si, perché fa capire
quanto importante sia una continuità sessuale bella nella coppia, ci prospetta
che la sessualità può venire meno come nel caso della malattia, quindi ci fa
bene riflettere e valorizzare tutte le nostre capacità e potenzialità sessuali
ed erotiche!
Cosa
ti ha colpito, ti ha appassionato o ti ha emozionato di più nello scrivere
questo libro?
Direi
forse il viaggio. Io ho dovuto fare una ricerca geografica costante, nel senso
proprio anche spiccio, tipo quanto ci impiega con il treno, se
prende il treno, se prende la cuccetta, da Donaueschingen nella
Foresta Nera per arrivare a Vienna, che strada potrà fare da Vienna per
arrivare a Budapest. Una ricerca geografica che ti fa conoscere l’Europa e
diversi posti e dietro c’è anche la ricerca storica. E qui è emersa anche la
mi curiosità come scrittrice un po’ geografica e storica, perché dovevo
immergermi nella realtà europea degli anni ’80 che sono quelli della cortina
di ferro. Lei per fare il viaggio
alla ricerca del bambino va avanti a tappe e arriva tardi e alla richiesta del
marito di tornare a casa si chiede: “Torno a casa o
vado avanti a cercare questo bambino”. Prova ad immaginare negli anni
‘80 una donna da sola che deve andare in Ungheria, deve andare in
Serbia e deve varcare la famosa cortina di ferro. Quindi c’è anche questo suo
patema, questi suoi timori di questo viaggio che va
avanti, ossia un viaggio nella geografia e nella storia. In più nel
tragitto, degli uomini che incontra si sente attratta, e lei li cerca e di
solito non sbaglia un colpo. Però in questo c’è un grossissimo rischio,
perché tu non sai mai chi trovi. Lei li sceglie così, a pelle, perché c’è
in una donna e anche nell’uomo questa reciproca capacità di trasmettere
questi impulsi che ti fanno capire che
gli piaci oppure no. Si capisce fra
una coppia se ci sono delle affinità. Lei queste cose le avverte subito perché
ha delle grandissime capacità
ricettive e sa benissimo che può toccarle anche un serial killer, eppure ci sta
con molto coraggio, oserei dire.
Ho letto il libro di Franco
Califano dal titolo “Il cuore nel sesso”. Alla domanda:”Perché un libro
sull'erotismo?” ha risposto che per essere credibile ci vuole uno pratico”.
Sei d’accordo?
Questa è la sua
battuta. Questa risposta fa chiaramente riferimento alla credibilità delle sue
parole scritte. Se qualsiasi libro che leggi non usa le parole più adatte per
trasmettere un messaggio di verità, qualsiasi cosa scriva, tu lo chiudi dopo un
po’ perché non è credibile. Quindi a maggior ragione Califano dice che se tu
non hai provato di persona, non puoi scrivere o al massimo puoi tentare di
scrivere, ma non in modo così credibile. Per quel che mi riguarda mantengo il
segreto e al momento non posso esprimermi. Sicuramente ho lavorato in modo da
essere credibile e la fatica grossa è che non è un erotismo a cliché, che si
ripete come spesso succede anche nella vita quotidiana di coppia che è una cosa
ripetitiva e che arriva alla monotonia finché arriva lo sfinimento del
desiderio. Anche per questo ho voluto fare leva su queste diversità di
esperienze che acutizzano e
arricchiscono la sfera sessuale. Perché secondo me non abbiamo ancora capito
che l’erotismo va coltivato, va allevato come un orto, come un giardino,
altrimenti diventa un ménage ripetitivo che perde del suo fascino e va a
morire.
Un
motivo per cui uno dovrebbe leggere il tuo libro?
Non
vorrei sembrare quella che insegna, io questo lo faccio quando insegno
matematica e scienze a scuola perché è il mio lavoro. Nel libro non mi sono
mai posta questo pensiero di insegnare qualcosa a qualcuno, me ne guarderei
bene, inoltre io non giudico mai nessuno. Tutti quelli che Anna incontra e sono
personaggi tosti, non vengono
giudicati, non c’è un giudizio morale. Con il mio libro non voglio insegnare,
tuttavia la diversificazione sessuale ed erotica che c’è, potrebbe nel
lettore stimolare qualcosa, creare curiosità o anche il piacere di vedere che
potrebbero accadere certe cose senza che uno diventi qualcosa di strano, di
mostruoso che segue una naturalità. E’ un erotismo esplosivo che asseconda
molte esplosioni che probabilmente abbiamo dentro e che regolarmente reprimiamo.
Ecco la forza di Anna, la protagonista del libro. La maggioranza delle persone
lascia queste cose a livello
onirico, di desiderio, di sogno perché non ha il coraggio di dirle e men che
meno di provarle, però sono bisogni e istinti che abbiamo dentro e che abbiamo
tutti. Le perversioni nascono proprio da questo, dai tabù e dal fatto che ad un
certo punto a forza di reprimere, poi uno scoppia e l’erotismo diventa
perversione proprio perché non è stato coltivato nel modo giusto.
Hai
un sogno, un desiderio, un progetto che vorresti fosse realizzato?
L’editore
mi aveva chiesto tre libri e gli ho detto che probabilmente non ne farò
nemmeno uno. L’occasione era importante e una casa editrice che mi
propone di scrivere era un occasione stuzzicante. Nonostante le paure proprio
per scrivere cose di questo genere, alla fine dopo tre giorni ho detto di si
perché ho pensato che era l’occasione della vita. Mi sono detta: “Proverò
con uno e vediamo come va”. Non ero sicura
di essere in grado perché un conto è scrivere racconti che hanno una
durata e un tempo come “Rosso Riflesso” e un conto è scrivere una trilogia.
Era un’impresa ciclopica quando me l’ha proposta. Quindi il mio desiderio è
che questi due libri escano, vengano pubblicizzati, vengano compresi, che il
primo abbia successo altrimenti il secondo forse non uscirà e rimarrà nel
cassetto, perché è già pronto ed è più complesso ancora, forse anche più
vivace del primo, e che la gente ne capisca lo spirito con cui è stato scritto.
Qualcuno mi ha chiesto se potrebbe diventare un film. Ho risposto: “Le
ambientazioni ci sarebbero, perché facciamo un excursus in Europa, i personaggi
ci sono nelle loro varie caratteristiche, la storia c’è, quindi ci sono tutti
gli ingredienti per diventare un buon film.
C’è
da dire che un film non avrebbe il fascino del libro. Giusto?
E’
impossibile trasportare a livello cinematografico tutte le emozioni, tutte le
sensazioni che tu come scrittore riesci a dare con le parole. L’immagine è
insufficiente per bella che sia e per bravo che sia il regista. Il libro è
tutta un’altra cosa, perché le parole hanno tutta un’altra potenza
evocativa e narrativa dell’immagine e il film si basa sull’immagine.
Parliamo di scrittura. Per te scrivere è fatica mostruosa o divertimento assoluto?
Dobbiamo fare un distinguo. Divertimento
assoluto non esiste perché secondo me un vero scrittore non si diverte, nel
senso che scrivere non è una partita di tennis o andare a ballare la sera. Per
entrare nello specifico c’è stato un giorno che per scrivere mezza pagina ho
fatto quattro ore di ricerche. Non mi sono divertita, certo mi ha incuriosita e
ho sudato perché come ti dicevo prima dovevo cercare dei dati. Poi arrivano
quei momenti che trovi l’ispirazione e le parole scorrono veloci e allora
arrivi a scrivere tre pagine e allora si che mi sento felice. Poi con la pratica
cominci a diventare astuta e usi dei stratagemmi per auto salvarti. Uno dei miei
stratagemmi è quello di non chiudere mai il computer senza che non ci sia già
l’inizio del proseguo. Quindi quando riaccendo il computer il giorno dopo
trovo già l’imput, proprio per evitare il blocco dello scrittore. Il blocco
l’ho avuto una volta nel secondo libro ed è durato circa una settimana. Avevo
la trama in testa però mancavano le parole, mancavano i momenti per la
creazione di tutto per mettere in pratica quella parte di trama.
Dopo una settimana grazie anche all’aiuto di mio marito ci sono riuscita e il
finale è volato.
Quanto ci hai messo a scrivere la duologia
erotica?
Ho scritto i due libri in sei mesi. Molti non
mi crederanno ma è così. Non chiedermi come ho fatto ma credimi è un record.
Difatti ho mandato la trama in novembre e li ho finiti agli inizi di maggio. Il
primo l’ho finito in febbraio.
Quanto
contano per te i libri?
Tanto.
I libri sono la mia passione. Senza i libri la vita è dimezzata, perché il
libro ti fa vivere. Tu vivi la tua vita ma i libri ti fanno vivere tantissime
vite parallele alla tua. Cosa c’è di più bello di entrare nella mente degli
altri, nelle vite degli altri rappresentate dai personaggi, nei sentimenti degli
altri, negli accanimenti della vita degli altri, nei loro dolori e nelle loro
gioie, nei posti degli altri che girano in tutto il mondo. E’ come poter
frequentare durante la tua vita una miriade di persone come
fossero vere, che altrimenti non avresti modo di sapere neanche che
esistono. Questo è la lettura per me, è la cosa più bella.
Scrivere
per te corrisponde a un’urgenza personale, ad una valvola di sfogo o è
semplicemente una grande passione?
Credo
che sia non tanto uno sfogo ma quasi un bisogno, perché dentro di me c’è
qualcosa che io non so dirti cosa sia, ma che mi dice che questa cosa
devo metterla nero su bianco. Ti faccio un esempio semplicissimo che ti
illumina. Noi a scuola raccogliamo i
tappi delle bottiglie per una onlus trentina che poi li usa per comprare e
aggiustare i furgoni che servono per i poveri. Un giorno una classe ha letto
la mia “Lattina Argentina” e hanno voluto farmi un regalo. Questi ragazzi
hanno preso questi tappi e hanno
costruito un pupazzetto per ringraziarmi del fatto che avevo scritto la “
Lattina Argentina”, un libro che li aveva divertiti tanto. Un giorno mi hanno
chiamata nella loro classe e mi hanno fatto delle domande sul libro e alla fine,
tutti felici e contenti, mi hanno fatto questo regalo. “Che bello – ho detto
– ma come lo chiamiamo?”. Alla fine lo abbiamo chiamato “mister Tappetti”.
I ragazzi tra una chiacchiera e l’altra mi hanno detto che sarebbe bello
creare una storia. In pochi giorni
ho scritto la storia di mister Tappetti. Se vai su Amazon vedi
il mio “Mister Tappetti cerca
un’amica”. Ti ho raccontato questo per dirti come possono nascere delle
storie. Il pupazzetto perché non resti solamente una serie di tappi messi
insieme ho pensato che avrebbe quasi avuto bisogno di una sua vita e chi è che
gliela può dare? Una storia. Ecco
da dove nasce la mia voglia di scrivere. Ad esempio con Anna Mandelli,
protagonista di “Dissonanze erotiche”, ogni
passo che faceva non potevo lasciarla sola durante la settimana, durante i
giorni perché sapevo che era lì che mi aspettava. Quindi non è neanche uno
sfogo mio ma è quasi un senso del dovere verso questi personaggi inventati, però
che alla fine diventano quasi veri e questo è il bello. Per me Anna Mandelli è
come se fosse una persona vera. La mia dedizione a lei è proprio
quella che potrei avere non per un personaggio fittizio ma per una
persona vera e questo mi stimola e mi tira fuori il meglio che posso fare per
lei e per raccontare la sua storia.
È
più difficile iniziare un racconto oppure trovare il finale?
L’inizio
deve essere corrispondente ad un flash, ad una folgorazione. Quando ho pensato
alla trama ero nel buio totale perché dovevo fare una cosa originale, creare
dei personaggi originali che non fossero il ricco, il bellissimo o quello che
viene a prenderti con l’elicottero. Quindi creare un originalità in tutto e
magari anche in un posto diverso che non sia solo l’Italia o
l’America. Chi potrebbero essere i personaggi? Dove è ambientato il racconto
e che cosa fanno i personaggi? Il racconto è basato su questi tre canoni, ossia
chi, dove e che cosa fanno. E lì, o hai l’illuminazione o non parti e resti lì
continuando ad arrovellarti. E’
dolorosa questa cosa perché non sai cosa fare, continui a rimuginare. Con
l’editore al telefono avevamo parlato di ambientare la storia nell’Europa
dell’est e mio marito che è un lettore molto attento mi ha consigliato di
prendere in mano “Danubio” di Claudio Magris,
che proprio nell’86 ha fatto tutto il percorso fisico da Donaueschingen
fino al mar Nero, percorrendo tutta la via del Danubio. Leggendo quel libro mi
sono fatta un’idea e ho trovato
dei dati certi del percorso e da lì il luogo e il tempo ha iniziato a prendere
forma. Trovato il luogo, il tempo e i personaggi, il quarto elemento importante
è poi quello che succede. In tre giorni, con l’aiuto prezioso di mio marito,
siamo riusciti a mettere insieme la trama. Il finale, se non è proprio un
thriller dove tutti i nodo vengono al pettine, è la conseguenza di tutto quello
che hai scritto e dopo il bello è
che puoi decidere vita, morte di tutti. Questa è la bellezza del finale, perché
puoi dare un finale di speranza o un finale di dolore. Però il più difficile
è iniziare un racconto, un libro.
Hai
mai fatto omaggio di un tuo scritto ai tuoi alunni?
Nel
2011 una mia novella fantasy per bambini ha passato una selezione ed è stata
pubblicata dalla casa editrice CIESSE ed è andata a finire nel volume “Favole
della mezzanotte” i cui proventi sono stati devoluti all’ospedale Gaslini di
Genova per costruire delle strutture di accoglienza per i genitori che sono
ricoverati in quell’ospedale. Passati i due anni il contratto è scaduto, ho
recuperato la mia novella e ho pubblicato un libretto. Adesso appena
consegneremo le pagelle gliene regalerò uno
a testa.
Sei
originaria di Vigo di Ton.
Si!
Il mio libro storico “Zdenko, l’ultimo dei Thun” è nato proprio dal fatto
che mi sono resa conto da quando è diventato museo che non sapevo niente di
quel castello. Dalla casa della mia mamma vedi il castello a due passi. Se tu mi
avessi chiesto a quel tempo perché ci sono i Thun e poi ci sono i Thun
Hohenstein, perché Zdenko era Zdenko che non
era un nome trentino, io non sapevo darti una risposta. Impossibile una
lacuna così. Allora mi sono messa a studiare la storia dei Thun e poi ho avuto
la grazia di avere un amico, un persona di una certa età, che ha fatto il
custode nel castello durante gli ultimi anni di vita del conte, che è stato
appunto Zdenko Franz conte Thun Hohenstein
di Boemia. Attraverso le sue interviste e tutto quello che mi ha raccontato, io
ho messo insieme e ho romanzato la parte storica dei Tono, perché in origine si
chiamavano Tono e in seguito il nome assunse la forma tedesca e sono
diventati Thun e poi sono diventati Thun Hohenstein
perché il ramo del conte Zdenko è venuto dalla Boemia nel 1926 e ha comprato
il castello che stava andando alla rovina. Nel mio libro ho voluto
proprio dare merito alla famiglia di Franz e Maria Teresa Thun di Castelfondo e
di Franz Thun Hohenstein perché si sono presi in carico il castello nel ’26 che era
caduto in rovina in seguito delle disgrazie finanziarie di Matteo Thun del ramo
di castel Thun che avendo perso il patrimonio non era più in grado di
mantenerlo. Loro che cosa hanno fatto? Pur
di non lasciarlo andare in rovina, sono partiti dalla Boemia dove vivevano in un
gran bel castello, quello di Tientsin, e sono venuti qui. E’ arrivato a
Mezzocorona un treno con 18 carrozze piene di oggetti di ogni tipo per arredare
il castello, mobili, arazzi, tappeti persiani, cassettoni a ribalta,
stipi, divani, comodini stile impero, stufe ad olle, argenteria, porcellane,
vetri da tavola, armi bianche, forzieri, carrozze, slitte, oltre a molti
dipinti, che avevano nel castello di Tientsin in Boemia e hanno ristrutturato e
arredato castel Thun e l’hanno conservato nel tempo. Se noi abbiamo castel
Thun come lo vedi adesso è merito di questa famiglia.