Maria Latella (giornalista e scrittrice) Roma 11.1.2018
Intervista di Gianfranco Gramola
Una giornalista che ha avuto il privilegio di
cominciare la professione quando ancora c’era la possibilità di imparare da
grandi maestri
Maria Latella è nata a Reggio Calabria il 13
giugno del 1957. La giornalista da dieci anni è un punto di riferimento dell'informazione
politica di Sky TG 24 e conduce ogni domenica il suo programma,
"L'Intervista", che ha ricevuto il Premio Ischia come miglior
programma di attualità e politica. Maria Latella ha conseguito la laurea in
Giurisprudenza. Editorialista del quotidiano romano «Il Messaggero», fa parte
del board del Centro Studi Americani e del board Education di Samsung. Ha
lavorato per il gruppo Rizzoli-Corriere della Sera per ventitré anni, prima inviata
di politica per il Corriere della Sera e poi direttore, dal 2005, del
settimanale "Anna". Nel 2006 guida la trasformazione del periodico nel
nuovo "A". Vive dividendosi tra Milano, Roma e Parigi.
Carriera
Dopo aver vinto una borsa di studio della
FNSI e della FIEG, è stata assunta nel quotidiano genovese Il Secolo XIX, dove
ha lavorato come cronista di giudiziaria e poi come inviata. In quegli anni ha
collaborato con il network televisivo americano NBC, nella cui sede di New York
ha maturato uno stage. Dal 1990 al 2005 e'stata al Corriere della Sera, prima a
Milano e poi a Roma come inviata per la politica. Dal 2005 al 2013 è stata
direttore del settimanale "Anna", rinnovandolo anche nella testata che
è diventata "A" nel 2006. Dal 2013 è editorialista per il quotidiano
romano Il Messaggero sulla cui edizione online gestisce anche Il blog Tendenza
Latella.
Televisione
Maria Latella ha esordito nel 1996 su Rai Tre
con "Dalle venti alle venti", programma di informazione politica. Nel
1998 ha condotto, sempre su Rai Tre, Salomone, un talk show di prima serata
dedicato ai temi della giustizia civile. Nel 2005 è stata chiamata da Sky TG24
alla conduzione del programma di attualità e politica Sky TG24 Pomeriggio e da
allora è uno dei volti noti della pay tv con il programma
"L'Intervista", nel quale ospita ogni domenica autorevoli protagonisti
della politica, dell'economia e della cultura.
Radio
Nel 2003 Maria Latella ha condotto su Radio
24 L'Utopista. Tra il 2004 e il 2005, sempre su Radio 24, ogni sabato ha
condotto la rassegna stampa dedicata ai settimanali italiani e stranieri. Dal
2006 al 2015 ha avuto un appuntamento fisso con gli ascoltatori di RTL 102.5 nel
programma condotto da Fulvio Giuliani e Giusi Legrenzi. Dal 13 settembre 2015 su
Radio 24 conduce ogni domenica mattina "Nessuna è perfetta",
trasmissione di attualità concentrata su donne e lavoro.
Libri
Maria Latella è autrice dei libri: Regimental.
Dieci anni con i politici che non sono passati di moda (Marsilio, 2003) - Tendenza
Veronica (Rizzoli, 2004-2009), prima biografia di Veronica Lario, seconda
moglie di Silvio Berlusconi. - Come si conquista un Paese. I sei mesi in cui
Berlusconi ha cambiato l'Italia (Rizzoli, 2009) - Il potere delle donne.
Confessioni e consiglie delle ragazze di successo (Feltrinelli, 2015). - Fatti
privati e pubbliche tribù. Storie di vita e giornalismo dagli anni sessanta a
oggi (San Paolo, 2017).
Ha
detto:
-
La vita di un Paese migliora se il sentimento della vergogna smette di pesare
sulla vittima e si ribalta sul carnefice. Finora chi veniva perseguitata si
vergognava e chi perseguitava sentiva di poterla fare franca.
- Non ho simpatia per gli opportunisti, men
che meno ne ho per i politici trasformati in baciapile per opportunismo. (17
gennaio 2008)
- Nel nostro mestiere il tradimento è frutto
della competizione tra “vecchi” cronisti fuori di testa. Io non mi sono mai
divertita tanto come negli anni in cui passavamo ore e ore sotto casa di
Berlusconi a fargli la posta. Lì ci tradivamo a vicenda, in maniera anche
spietata.
- Qualche anno fa non avrei mai accettato di
farmi definire “direttrice”. Ora ho capito che è una questione di sicurezza
in se stessi. Quando si è convinte del proprio ruolo, ci si può far chiamare
tranquillamente anche avvocata. (8 aprile 2015)
- Non lasciamo che una ragazzina si riempia
di vodka a scuola, come se fosse a campo de’ Fiori. Riempiamo la sua anima e
le anime, i cuori, le menti di questi ragazzi. (25 gennaio 2018)
- Roma aspetta da almeno 50 anni una rete
metro degna di questo nome e di una capitale. Bene il dibattito, ma per carità
evitiamo di farne occasione per sospendere i lavori. Già abbiamo a che fare con
la ricchezza archeologica del sottosuolo, una ricchezza – appunto – ma anche
un’evitabile fonte di
rallentamento delle opere. (18
gennaio 2008).
Curiosità
- Ha vissuto a Sabaudia fino a 18 anni e poi
a Genova fino al 1990.
- Nel 1997 fu eletta «regina
dei desideri proibiti degli italiani mettendo K.O. due inattaccabili sex symbol
come Claudia Koll ed Alba Parietti.
- Il 15 giugno 2013 si è sposata a Parigi con il
pubblicitario inglese Alasdhair Macgregor-Hastie Vice President della francese
BETC . Testimoni di nozze Veronica Lario,
ex moglie di Silvio Berlusconi e l'ex ad di Sky Italia Tom Mockridge. Celebrante
Rachida Dati.
- Maria Latella ha una figlia, Alice, creative director
che vive a Berlino.
L'ultimo libro di Maria Latella
Intervista
Com’è nata la passione per il
giornalismo?
Come racconto nel mio ultimo libro, “Fatti
privati e pubbliche tribù”, io sono cresciuta in una famiglia in cui si
leggevano molti giornali. Ogni mattina veniva acquistato “Il Messaggero” e
guai se, per sciopero o per qualche altro
motivo, mia madre, tornando da scuola, non trovava Il Messaggero. Come dicevo
prima, sono cresciuta in una famiglia dove si leggeva un quotidiano al giorno,
si comprava Famiglia Cristiana ogni domenica, si compravano alcuni settimanali.
All’epoca c’era La Domenica del Corriere. Quindi io sono cresciuta in mezzo
ai giornali, come racconto nel mio ultimo libro, avevo forse 8 anni, ma mi
ricordo distintamente una bellissima inchiesta di Famiglia Cristiana, sui
barboni delle Bowery a New York. Ricordo distintamente un servizio fotografico
eccezionale e me lo lessi tutto di un fiato. In più mi piaceva scrivere e a
scuola ero bravina e prendevo anche dei bei voti e scrivere era una mia
passione, mentre purtroppo nell’aritmetica prima e nella matematica poi, alle
medie e alle superiori, sono sempre stata molto in svantaggio. Questo per dire
che sono cresciuta in una famiglia che mi ha messo un libro in mano fino dai due
anni, dove guardavo le figure, e poi non me ne ha fatto mai mancare. Quindi
scrivere, leggere e occuparmi dell’attualità del mondo era pane quotidiano
per me. In più a 11 anni ho vinto una borsa di studio, scrivendo una specie di
lettera-articolo ispirata, indirizzata ad
un giornalista del Messaggero, Nino Longobardi, e
in questo tema spiegavo che mi sarebbe piaciuto molto fare il lavoro che
faceva Longobardi, che all’epoca faceva il commentatore per il Messaggero.
Vinsi la borsa di studio che mi è durata tutti i 5 anni di liceo e scrissi al
famoso giornalista, dicendogli che grazie a lui avevo vinto la borsa di studio.
Quando Nino Longobardi mi rispose con una lettera su carta intestata del
Messaggero, fui non felice, di più, ero proprio al settimo cielo.
Come ricordi la gavetta Maria?
Molto duramente. Io sono arrivata al
giornalismo vincendo una borsa di studio, quindi sono molto favorevole alle
borse di studio, perché ti costringono a superare un esame e se lo passi puoi
anche lavorare. Siccome avevo mantenuto la buona abitudine di acquistare i
quotidiani, all’epoca studiavo giurisprudenza a Genova, una mattina lessi un
trafiletto su il Secolo XIX che annunciava il lancio di una borsa di studio.
Settanta borse di studio per giovani diplomati o laureati che volessero
intraprendere la carriera giornalistica. Fare la giornalista era il sogno della
mia vita, solo che pensavo che il concorso lo facessero soltanto i figli dei
giornalisti e i raccomandati. Allora come oggi non ho mai avuto qualcuno che mi
raccomandasse, né l’ho mai cercato. Andai da mio padre e dissi: “Papà, hai
visto? C’è questa borsa di studio?”. Lui mi disse: “Fallo subito”.
“Ma saranno 70 posti già aggiudicati ai soliti raccomandati” risposi io. E
lui: “Fallo ugualmente, provaci almeno”. Quindi partecipai al concorso che
si tenne a Roma. Era il mese di marzo ed era veramente un concorso senza
raccomandazioni. Nel mese di maggio ero a Genova dove stavo completando
l’università e mi chiamò mia madre e con grande emozione mi disse: “Maria,
è arrivato un telegramma dalla federazione della Stampa. Hai vinto una borsa di
studio, sei arrivata terza”. Pensa Gianfranco che eravamo decine di migliaia a
concorrere. Vinta la borsa di studio venni assunta al quotidiano genovese Il
Secolo XIX e cominciai a lavorare.
Il mondo della carta stampata era come
te lo immaginavi o ti ha un po’ deluso?
Io ho avuto il privilegio di cominciare la
mia professione quando ancora c’era la possibilità di imparare da grandi
maestri. Ho avuto grandi direttori, a cominciare da
Michele Tito, che mi fece scrivere il
mio primo articolo sul terremoto dell’Irpinia. Ho avuto Carlo Rognoni, poi
quando sono andata via da “Il Secolo XIX”, al “Corriere della Sera” ho
avuto Giulio Anselmi, poi il direttore Paolo Mieli che nel 1993 mi ha mandato da
Milano a Roma ad occuparmi di politica. Ho avuto la possibilità di lavorare con
questi grandi maestri, in più negli anni ’80 ho cominciato ad andare negli
Stati Uniti e ho seguito il lavoro al New York Times per un estate. Ero stata
affidata ad un giovane cronista che si occupava della cronaca di City Hall e poi
qualche anno dopo ho fatto uno stage al network televisivo americano NBC di New
York e lì ho cominciato a capire come si muoveva il mondo della TV americana.
Eravamo negli anni ’80, stava esplodendo il lavoro giornalistico in TV e anche
quella è stata una scuola straordinaria. Avevo una grande giornalista che si
chiamava Velma Cato, una afroamericana
che in quegli anni era caporedattore nella sede newyorkese di
NBC. Fu lei che mi disse “Una notizia non si molla mai, e se fai
un’intervista in TV e non ricevi
una risposta soddisfacente, la domanda devi ripeterla fin quando non riesci ad
ottenerla”. Ed è il criterio che cerco di seguire ormai da dodici anni nelle
mie interviste.
Hai
scritto molti libri. Mi ha incuriosito il titolo di uno di questi: “Il
potere delle donne” (edizioni Feltrinelli). Mi racconti com’è nata l’idea
di questo libro?
E’
nata dalla mia esperienza di direttore di un settimanale prevalentemente
femminile che si chiamava “Anna” e con me diventò “A”. Quella
esperienza durata sette anni come direttore, dove ho lavorato con energie
femminili, mentre fino ad allora avevo lavorato in un mondo molto maschile,
quello dei quotidiani, ho scoperto, quanto energetico
sia il potere delle donne. Per me potere vuol dire energia, possibilità di fare
le cose, e poiché mi rendo conto
che quando si è una giovane donna si ha bisogno di guardare a dei modelli che
non sempre ti vengono proposti, come in Italia, dove si
parla quasi sempre di donne del mondo dello spettacolo e quasi mai di donne che
fanno le cose, allora ho pensato di raccogliere in un libro le storie di donne
che ce l’avevano fatta per merito, perché caparbiamente avevano cercato il
loro “posto al sole”, anche se in qualche caso erano “figlie di”. Nel
“Il potere delle donne” c’è anche l’intervista a Barbara Berlusconi,
c’è l’intervista a Luisa Todini, due figlie di grandi imprenditori, però
donne che non si sono accontentate di
godere della fortuna di essere figlie di miliardari, ma che si sono date da fare
per realizzare dei progetti. Ma poi, soprattutto, “Il potere delle donne” è
il racconto di anni più difficili di quanto siano adesso, si parla degli anni
’60 - ’70, alcune donne sono riuscite a fare molto non solo per se stesse, ma
anche nel contesto del loro lavoro. C’era Maria Tarantola, presidente allora
della RAI, già con ruoli importanti in Banca d’Italia, c’era Fernanda
Contri che è stata avvocatessa ed è stata, in ruoli molto importanti, nel
Consiglio
Superiore della Magistratura (CSM),
poi a palazzo Chigi, con Giuliano Amato, ecc. … Molte donne scienziate,
giudici, persone che costituiscono un
esempio, un modello per le ragazze italiane che vogliono farcela da sole, senza
raccomandazioni. La cosa che più mi ha fatto piacere è che alle presentazioni
del mio libro venivano spesso dei padri, che poi si facevano firmare il libro da
me, dedicandole alle loro figlie, perché in tutte le storie che ho raccolto nel
libro, emerge con forza la figura del padre che è molto importante nella
formazione delle donne.
Come
giornalista sei più amata, temuta o invidiata?
Devi
sapere Gianfranco che nelle redazioni l’invidia è pane quotidiano. Enzo Biagi
diceva: “La colleganza è odio militante”. Quindi non posso escludere che
magari qualche volta io avevo una notizia importante e
per questo ero invidiata dagli altri, altre volte invece ce l’avevano
gli altri e quindi entravo io in
competizione. Per natura trovo che l’invidia sia orribile, sia un sentimento
molto negativo che non aiuta chi lo prova, anzi di solito gli fa commettere
grandi errori. Io non lo pratico, mi tengo lontana dalle persone invidiose e
credo che sia molto meglio così. La sola cosa alla quale tengo, ma questo anche
se facessi un altro lavoro, è la reputazione. La reputazione è tutto nella
vita delle persone, questo me lo ha insegnato mio padre.
Giornali,
radio, tv. In quali di questi ambienti ti trovi più a tuo agio?
Fino
al 2013 sono stata immersa nella vita di redazione, all’inizio a Il Secolo XIX,
poi al Corriere della Sera e al settimanale “A”, a parte due anni in cui ho
lavorato a Rai3, dove facevo una trasmissione dal titolo “Dalle 20 alle 20”.
Quindi gran parte della mia vita professionale è stata dentro i giornali.
Questa è stata un’esperienza molto importante per la mia formazione. Ancora
oggi io comincio la mattina leggendo tutti i quotidiani possibili, però è
anche vero che ho un impegno che prima era quotidiano e ora è diventato
settimanale con Sky, e oggi devo dire che è una parte molto importante delle
mie prestazioni professionali. La radio è un altro mezzo che
amo molto. Ho una trasmissione settimanale la domenica, per cui io nel week end,
sono il sabato in TV su Sky alle 18.30, e poi c’è la replica alle 11.30 della
domenica, poi sono in radio la domenica mattina a Radio 24 con “Nessuna è
perfetta”. Sono mezzi molto complementari. Quando il Messaggero mi chiede un
commento su certi argomenti, come succede spesso, e come succede in queste
settimane sul caso Weinstein o sulle candidate, mi piace dialogare con il mondo
di chi legge i giornali e quindi lasciare una riflessione. Sono più commenti,
che non voce degli altri, quello che penso io. Invece con la tv il mio compito
è tirare fuori dall’intervistato quello che pensa lui, mai essere io la
protagonista, ma lasciare a lui o a lei il loro spazio, è un lavoro molto
interessante. Io non ho mai fatto delle interviste spettacolo e mai le farò. Mi
piace lo stile di chi fa risaltare al meglio o al peggio a seconda di come uno
è, l’intervistato. La radio mi
sta dando grandissime soddisfazioni. “Nessuna è perfetta” in tre anni è
cresciuta tantissimo nella popolarità ed è un programma che si rivolge
soprattutto alle donne che lavorano, ma ci seguono anche molti uomini e
affrontiamo i temi più diversi, sempre legati al lavoro. Se parliamo di Milano,
è perché è la capitale del lavoro femminile, oppure se parliamo della
disparità di salario tra uomini e donne lo facciamo non da un punto di vista
vetero femminista, ma da un punto di vista di miglioramento della vita nel
paese, perché se più donne lavorano, cresce il prodotto interno lordo e
comunque si migliora la vita di tutti.
Un
domani come vorresti essere ricordata?
Molti
anni fa quando ho cominciato la mia avventura di direttore di un settimanale,
una collega del Corriere della Sera mi fece la stessa domanda. Io le risposi che
mi sarebbe piaciuto essere ricordata come la mamma di una bravissima
antropologa, perché all’epoca mia figlia si stava laureando in antropologia.
Poi mia figlia ha fatto un’altra carriera molto brillante, in cui, devo dirlo,
è bravissima, ed è una delle poche donne, direttore creativo in pubblicità a
Berlino, ormai da cinque anni, sulle campagne pubblicitarie della Mercedes.
Quindi diciamo che mi piacerebbe essere ricordata come una donna che è stata
utile alle altre donne del suo paese e anche ai giovani italiani, perché una
delle cose che mi appassionano di più è andare nelle scuole a parlare,
raccontare, ascoltare i loro problemi, le loro aspirazioni. Siamo alla terza
generazione di emigrati, questo è un paese che ormai sta perdendo le sue
migliori risorse e ci vorrà una riflessione molto seria su cosa significa
questo per il nostro paese.
Hai
dei progetti, dei sogni che vorresti realizzare?
Ho
appena scritto il libro: “Fatti privati, pubbliche tribù” in cui descrivo
un po’ la storia d’Italia dagli anni ‘60 ad oggi, vista con i miei occhi e
intrecciata con alcune esperienze ed episodi della mia vita e facendo questo
lavoro, ho veramente realizzato quanto sia stato importante per me, stare del
tempo all’estero. Io sono stata tanto negli Stati Uniti come ti dicevo prima,
ho fatto stage all’NBC di New York, ma ho anche seguito molte campagne
elettorali americane. Gli Stati Uniti hanno avuto un ruolo molto importante per
la mia formazione non soltanto personale ma anche professionale. Ormai da dieci
anni mi divido tra la Francia e l’Italia, perché mio marito è inglese e
lavora a Parigi, è un pubblicitario. Ho una figlia che vive a Berlino e i figli
di mio marito che vivono uno in Inghilterra e l’altro ad Amsterdam. Credo
sempre di più, che i miei interessi saranno
sempre più proiettati tra l’Italia e l’estero e questo credo è un modo per
guardare con occhio molto partecipe ma anche con un occhio un po’ più
distaccato, quel che succede da noi.
Parliamo un po’ del tuo rapporto con
Roma, Maria.
Io ho vissuto a Sabaudia fino a 18 anni,
quindi a Roma ci venivo spessissimo. A Roma venivo con i miei genitori a fare
spese. A Roma ho fatto il mio primo anno di università prima di trasferirmi poi
a Genova. Roma è la città del mio cuore. La amo moltissimo, la trovo
bellissima e ancora oggi, quando sono a Roma, tutte le mattine quando mi
sveglio, guardo dalla finestra di casa mia i tetti della città, dell’Aventino
e penso che sia un privilegio vivere qui.
Come vivi la città?
La vivo come una persona che cammina molto a
piedi. Mi piace molto camminare lungo il Tevere, mi piace molto girare per il
centro della città, non posso dire di godermela molto per quanto riguarda la
vita notturna. Sono una che si sveglia molto presto al mattino e quindi la sera
vado a letto presto. Devo dire che mi piacerebbe fosse
più internazionale. Negli anni ’60 - ’70 a Roma c’erano un sacco di
manager delle grandi multinazionali, c’era una vita diplomatica molto intensa,
insomma era davvero una capitale internazionale. Questo si è andato
progressivamente perdendo perché ormai da anni le multinazionale sono andate
via. Non ci sono più molti motivi, se non la bellezza, che attraggono i giovani
stranieri perché si trasferiscano qui. Io credo molto nella contaminazione, nel
fatto che le capitali sono affascinanti quando arrivano giovani da tutte le
parti del mondo per una ragione precisa. Mi piacerebbe che questa capitale
bellissima tornasse a diventare un polo di attrazione per i talenti del mondo.
Questo è quello che le auguro.
In quali zone di Roma hai abitato?
Ho girato un po’ tutta Roma. Ho cominciato
da corso Italia, poi sono andata ad abitare in piazza Regina Margherita, poi in
corso Trieste. Poi mi sono spostata nel centro storico, in via della Chiesa
Nuova, dove avevo una terrazza molto bella che si affacciava proprio sulla
chiesa. Da nove anni abito nel popolare quartiere Testaccio.
Cosa
ti manca di Roma quando sei via per lavoro?
A
volte certi tramonti che solo a Roma ci sono e come dice mia figlia che vive a
Berlino: “Lo straordinario mix di temperatura mite e di calore umano”. A
Roma c’è una temperatura particolare. Oggi non è freddo ed è uno strano
gennaio.
In
quale Roma del passato ti sarebbe piaciuto vivere?
Forse
mi sarebbe piaciuto vivere nel periodo dei Gracchi, quando si stava preparando
la stagione della grandeur di Roma. Mi piacciono molto gli stati nascenti, trovo
che siano molto belli e molto energizzanti. Io sono stata sin dall’inizio a
Sky, ho vissuto lo stato nascente di questa televisione ed è stata
un’esperienza bellissima. Quando decisi di andare a lavorare a Sky tutti mi
dicevano: “Ma dai, non ti vedrà più nessuno”. Invece ora Sky è la TV dove
tutti vorrebbero lavorare. Ho vissuto lo stato nascente e la trasformazione di
un settimanale molto tradizionale e femminile, in un settimanale di news in cui
si parlava di politica, in cui ho cercato insieme alla mia squadra di allora, di
raccontare le donne contemporanee. Credo che sia molto bello vivere gli stati
nascenti. Quando nel 1994 per il Corriere della Sera ho cominciato a seguire la
politica che all’epoca vedeva lo stato nascente di un centro destra, con la
Lega, con Berlusconi, ecc … anche quella è stata un’esperienza
straordinaria, per cui la Roma dei Gracchi che preludeva a quella che poi fu
l’esplosione della leadership
romana nel mondo, doveva essere un periodo interessante. Complicato ma
interessante.
Perché secondo te la sindaca Raggi
riesce a fare poche cose per questa città?
Direi che sono decenni che si fa molto poco
per questa città. Non c’è stato un progetto, ma del resto
non c’è stato un progetto nemmeno per l’Italia negli ultimi decenni. Parlo
di decenni. La Germania ha stabilito quello che voleva essere quando il
cancelliere Gerhard Schröder varò delle riforme
dolorosissime che però, insieme ad altre questioni legate ovviamente
all’unificazione della Germania, all’euro, ecc …
hanno portato la Germania a diventare leader economica al mondo. In
Italia sono almeno tre decenni che non c’è una visione del paese. Che cosa
vogliamo essere? Vogliamo essere un paese in cui si fa ricerca scientifica ad
alto livello al nord e si fa turismo al sud? Dobbiamo dirlo, lavorare, formare
le persone per questo. Vogliamo essere un terreno di conquista per altri paesi?
Bisogna dirlo e bisogna essere consapevoli che questo non è un destino che
possa essere gestito sottobanco, perché poi gli effetti si vedono. Manca una
visione per il futuro, quella che mi pare sia chiara nel discorso di capodanno
del presidente Mattarella, che è l’unico che ha ben preciso e netto il
problema, cioè di dare una visione a questo paese da qui a trent’anni. Lui è
l’unico che ne parla.
Un
consiglio alla sindaca Virginia Raggi?
Non
credo di poter aggiungere un mio consiglio al lunghissimo elenco di consigli che
in questi due anni le sono stati già indirizzati da tutti. Quindi vorrei
evitare di aggiungere il mio. Quando la sindaca Raggi è stata ospite della mia
trasmissione un mese fa, mi ha detto: “Questa mia amministrazione vuole fare
qualcosa per il fiume”. Questo lo spero proprio. In qualsiasi città europea e
non europea quando c’è un fiume, un lago o un corso d’acqua, queste fonti
vengono usate, vengono fatte vivere. Roma è l’unica grande città al mondo
che non ha mai valorizzato il suo fiume, il Tevere. Negli anni ’50 si sarebbe
potuto fare molto per renderlo navigabile. All’epoca costava molto meno fare
questa operazione gigantesca come quella che richiede, ma la colpa che faccio
alle amministrazioni che si sono succedute nei decenni, è di aver sempre
ignorato la forza del fiume, quello che il fiume poteva diventare per questa
città. Spero che qualcosa si faccia ora, anche se sono realistica e so che oggi
lavorare sul fiume, renderlo vivibile, renderlo un pezzo vero della città è
molto costoso e anche un po’
impraticabile. Se uno va a Londra e vede quello che hanno fatto nei decenni sul
Tamigi, si meraviglia. Dobbiamo prendere esempio, ma purtroppo in Italia non
prendiamo come esempio le cose positive.