Nancy Berti (Ballerina e coreografa)
Roma 15.12.2014
Intervista di Gianfranco Gramola
Ha realizzato il suo sogno di diventare una
bravissima ballerina grazie alla sua grande passione, al talento e a tanti
sacrifici fatti di fatica, disciplina e rinunce. Ora insegna ai ragazzi.
“Impegno e concentrazione sempre al massimo – dice Nancy - per cercare, ogni
singola volta, di dare il mio meglio nel rispetto della danza e dei ragazzi!”.
Nancy
Berti con Andrea Boccelli
Per
contattare la bella ballerina trentina la sua e.mail è nancyberti@libero.it
Nancy
nasce il 30 maggio 1983 in una città nel cuore del Trentino, Rovereto, dove
inizia a studiare danza classica all’età di 4 anni, dopo che la mamma, stufa
di vederla ballare da sola a suon di dischi nel salotto di casa, decide di
iscriverla in una scuola di danza.
Continua gli studi classici fino all’età di 17 anni, quando inizia un po’
per gioco e un po’ per volere del destino lo studio delle danze
latino-americane.. Il mix della disciplina e della padronanza del corpo
sviluppato per anni con la danza classica, il fisico slanciato e la particolare
predisposizione per le musiche latine, la portano in brevissimo tempo a
gareggiare agonisticamente a livello nazionale e a vincere in pochi anni ogni
possibile gara, compresi i Campionati Italiani, delle varie classi, fino ad
entrare per merito all’ambita classe Internazionale (la più alta classe
amatoriale). Così al compimento del 23esimo compleanno decide, con coraggio, di
compiere il passo più importante per un ballerino, cioè passare al
professionismo, prendere la valigia e uscire dalla realtà nazionale, ormai
troppo stretta per lei, per mettersi a confronto con i migliori ballerini al
mondo. Inizia a studiare con i più esperti maestri di danze latino-americane,
quali Gaynor Fairweather, Donnie Burns, Espen Salberg; questo le comporta
viaggiare per la maggior parte dell’anno da una parte all’altra del pianeta,
dall’Asia all’America, per apprendere e affinare ogni sfumatura di queste
incantevoli danze, soggiornando anche per dei periodi a Londra, Bali, New York e
Hong Kong; e ad esibirsi e gareggiare, rappresentando l’Italia, sulle piste più
importanti del mondo, quali Blackpool, Londra, Parigi, Mosca, Kiev, Innsbruck,
Stoccarda, Copenaghen, Tokyo, Taipei, Hong Kong, Macau, Kuala Lumpur, Jakarta,
Singapore, Melbourne, New York, Orlando, San Francisco, Los Angeles, Las Vegas,
Chicago, Porto Rico... La ferrea costanza, disciplina, volontà di arrivare,
unite ai sacrifici e al talento, con il tempo la portano a primeggiare e ad
entrare nella rosa delle prime 24 coppie al mondo. Termina la sua attività
agonistica nel 2013 quando riesce a raggiungere la top 6 nella ranking list
mondiale Professionisti di danze latino-americane ed è Campionessa Italiana
Professionisti, Campionessa Europea e medaglia di bronzo ai Campionati Mondiali
di South American Show Dance. E’ ora tecnico dell’Associazione Nazionale
Maestri di Ballo, per cui è responsabile della preparazione delle migliori
coppie agoniste italiane amatori e professionisti; ed è giudice internazionale
della World Dance Council. Saltuariamente, ha prestato la sua esperienza
e professionalità, come insegnante in alcune trasmissioni televisive e come
ballerina per un film.
Intervista
Come ti sei appassionata al ballo?
Dico sempre che sono nata ballando perché i
miei genitori avevano una sala da ballo e ballavano. Io ballavo quando ero
ancora nella pancia di mia madre e quindi non potevo che diventare una
ballerina. Ricordo fin da piccolina che li vedevo andare a ballare. Io ho
iniziato a fare danza classica che ero ancora all’asilo, mentre i balli latino
americani ho iniziato a farli per gioco perché c’era un ragazzo del mio paese
che cercava una ballerina. Mia madre e la madre di questo ragazzo si conoscevano
e hanno combinato la coppia. Da lì non ho più smesso di ballare e la danza è
diventata la mia strada.
Quando
hai capito che il ballo poteva diventare la tua professione?
Fin
da piccola quando mi chiedevano cosa volessi fare da grande, dicevo sempre la
ballerina. E’ sempre stata una mia fissazione. Finita la scuola di ragioneria,
nell’estate successiva, cioè quando dovevo scegliere se iscrivermi
all’università o meno, ho ragionato un attimo e ho pensato che il ballo
sarebbe stata la mia strada e che se non lo faccio ora non lo posso fare più,
mentre l’università fra qualche anno posso comunque riprenderla. Quindi mi
sono buttata a capofitto sul ballo, a tempo pieno. Ho iniziato a studiare la
danza latinoamericana in modo molto seriamente. Poi ho cominciato ad andare
all’estero a fare le gare, a salire di grado, ecc… La fortuna o il destino
mi ha aiutata a vedere la strada più chiara con il passare degli anni,
soprattutto se hai una realtà come Rovereto non è affatto semplice
intraprendere una carriera che sembra alquanto anomala solitamente per le persone normali.
Le
doti per diventare una brava ballerina?
Una
ballerina deve avere delle doti fisiche e quelle che ti aiuta un pochino la
natura. Io sono stata fortunata perché ho iniziato con la danza classica
all’asilo e quindi ho iniziato a conoscere, a curare il mio corpo e a farlo
crescere fin da piccolissima. Poi sono alta, magra, slanciata e quindi la natura
mi ha aiutata. Oltre alle doti fisiche e tecniche che poi una ballerina deve
sviluppare negli anni, io penso che una buona parte del merito vada soprattutto
al carattere e alla mentalità che si ha, perché questo è un mondo duro. Per
esempio noi nel mondo agonistico abbiamo a che fare tutti i giorni con delle
persone che vogliono arrivare dove siamo arrivati noi, quindi è una battaglia
più che una gara o un semplice allenamento. Diciamo una volontà di ferro e un
carattere molto forte sfumato alle doti fisiche e a quelle tecniche. Quindi un
mix alquanto complesso.
Quanto
conta per una ballerina la scelta del partner?
Le
danze latino-americane sono danze a coppia, per cui la scelta di un partner è
tutto. Soprattutto se si pensa che non è solo un semplice partner di ballo, ma
è colui che condivide la maggior parte del tempo con te, viaggiando insieme,
allenandosi insieme, insegnando insieme. Insomma non deve essere solo un buon
ballerino tecnicamente, ma anche un buon collega, amico, complice. Ci si deve
fidare, aiutare, compensare e sostenere a vicenda in tutto e per tutto. Si è un
team a tutti gli effetti, per cui le caratteristiche dei componenti di questo
team sono fondamentali.
Prima
di entrare in scena (parlo come ballerina) avevi un rito scaramantico?
Nessun
particolare rito scaramantico. La preparazione del look, la concentrazione e il
riscaldamento prendono già abbastanza tempo, da non ne lasciarne per
particolari scaramanzie. Diciamo forse più abitudini, che diventano la prassi
durante la preparazione. L'unica cosa un doveroso e obbligatorio in bocca al
lupo con il proprio partner, prima di iniziare a ballare!
Con che spirito affronti il pubblico?
Questo è un periodo di riflessione per me
perché fino ad un anno e mezzo fa l’ho vissuto in primo piano come ballerina.
Ora sono io ad insegnare a ballare e a preparare
i ragazzi della trasmissione “Amici” ad affrontare il pubblico. Quando
ballavo per me il pubblico era tutto. Ne avevo proprio bisogno, perché mi dava
carica ed entusiasmo.
I tuoi alunni ti apprezzano?
Proprio oggi mentre stavo spiegando a dei
ragazzi come fare certi movimenti, vedendo che mi capivano al volo, ho capito
che era il momento in cui riuscivo ad esprimermi meglio e questi sono dei
momenti che ti ripagano di tutto. E’ una cosa che se uno non prova, non può
rendersene conto. Poi anche quando lavori tanto con il tuo corpo, studi tecnica
e fai ore di allenamento sono dei momenti di gusto e di soddisfazione. Come
quando uno cucina un piatto e se lo vuole gustare fino alla fine.
Prima di entrare in pista cosa provi?
Prima di entrare in pista o prima di una
esibizione è il momento più difficile, perché è il momento in cui hai la
concentrazione più alta, dove c’è tensione. Nel momento in cui inizia
l’esibizione, sia che sia una pista che un teatro, c’è la musica che ti
trasporta e ti rilassa e questo è il bello dell’essere artista ed è il
compimento finale di tanti sacrifici. Poi il bello è ricevere gli applausi, i
commenti nei social network e la gente che ti scrive. E quelli sono gli
apprezzamenti e i ricordi che danno
il significato alla vita di un ballerino.
Con le gare di ballo hai girato mezzo
mondo. Qual è il pubblico più freddo e quello più caloroso?
Il più freddo in assoluto é senza dubbi
quello russo. Ho un ricordo brutto perché sono molto freddi e l’atmosfera è
glaciale come la loro temperatura. Purtroppo avrò qualcuno che si rivolta
contro dando questa affermazione, ma io ho questo ricordo del pubblico russo.
Una cosa brutta perché mi sono sentita una sorta di oggetto, di
intrattenimento. Ricordo che era una competizione molto bella che è avvenuta al
Cremlino, cioè al palazzo del governo russo, ed era durante una cena di gala.
Mi sono sentita un po’ umiliata perché le persone invece di guardare la gara
ed esserne coinvolte, guardavano nel loro piatto e mangiavano. Era una
situazione orrenda, dove la gente non ti calcolava nemmeno. Ricordo invece che
in Giappone le ballerine sono calcolate come da noi i calciatori, quindi una
sorta di star, di vip. Probabilmente dovuto dalla loro cultura che hanno
soprattutto per il ballerino italiano, perché ricordo i ragazzini che si
facevano fare gli autografi e le foto insieme a loro. Comunque quella del
pubblico russo è stata una esperienza sporadica, perché in generale il
pubblico è caloroso un po’ dappertutto, anche se il più caloroso è quello
italiano. Qui la gente che viene alle competizioni è molto caloroso e ne è
coinvolto.
Hai vinto numerosi premi. A quale sei più
legata?
Nelle
competizioni più che premi riceviamo delle coppe. A casa ne ho una bacheca e un
armadio pieno. Una grande soddisfazione è stata una competizione che abbiamo
fatto in Inghilterra in cui abbiamo vinto una Rising Star. Ho un ricordo
bellissimo di questa giornata perché volevo assolutamente vincere questa gara
per avere poi la possibilità di entrare nella rosa delle prime 24 coppie a
livello mondiale. Era stata talmente voluta che la soddisfazione al momento
della premiazione mi ha fatto venire la pelle d’oca.
Quante ore al giorno di prove? (la tua
giornata tipo).
Non c’é un calcolo esatto di ore, perché
è un continuo dare. Ci sono giorni che non faccio neanche un’ora di
allenamento perché sono impegnata in lezioni, preparazioni fisiche, esibizioni
e viaggi. Come capita di riuscire a passare anche otto ore esclusivamente su una
coreografia. Il mio lavoro non è esclusivamente in sala, quindi comporta tante
cose. Per esempio quando noi ballerini proviamo questi vestiti da competizione
che sono particolarmente impegnativi, capita di passare una giornata a
costruirsi un look per una gara e questo fa parte del nostro lavoro. In quel
momento non ci si allena fisicamente ma fa parte di una preparazione di un
lavoro agonistico. Anche andare a vedere delle gare può essere utile nel mio
lavoro, perché porti a casa qualche cosa che ti può aiutare il giorno dopo in
allenamento. Quindi le ore che uno dedica a questa disciplina sono veramente
tante. Io dico spesso che anche le ore del sonno fanno parte del nostro lavoro
perché se non recuperiamo effettivamente poi noi non rendiamo più nel resto.
Ti sei mai infatuata di un collega?
Attualmente ho un fidanzato che fa parte del
mondo del ballo, che però è arrivato quando ho smesso di ballare per
intraprendere la carriera di insegnante. Diciamo che durante il periodo
agonistico ho mantenuto il focus su quello che era il ballo perché non c’era
tempo, non c’era spazio o forse neanche la voglia di farsi distrarre.
Hai lavorato come insegnante di ballo a
“Ballando con le stelle”. Come ricordi questa esperienza?
La
prima esperienza è stata nel 2007 e poi nel 2010. Diciamo che ho rifiutato più
volte il programma perché ero impegnata con le gare agonistiche a cui non
volevo assolutamente mancare perché erano il mio obiettivo. L’anno scorso,
appena ho smesso la parte
agonistica, ho partecipato quattro volte a Ballando sempre per l’ospite del
“Ballerino per una notte”. La ricordo come una piacevolissima esperienza
anche se si dissolveva nelle due giornate di prove, a parte quella con Andrea
Boccelli, che ho dovuto vedere più volte nelle settimane precedenti. Però è
stato molto bello e la grande soddisfazione personale è stata veder ballare
questi personaggi che prima di Ballando non avevano mosso neanche un passo.
Vederli ballare con disinvoltura mi ha riempito di orgoglio. Ho lavorato con
sportivi come Filippo Magnini, Carl Lewis e con l'attore Ron Moss e con Andrea
Boccelli, l'artista italiano più famoso nel mondo. Di questa esperienza mi è
rimasta molto impressa la grande umanità di questi personaggi.
Adesso lavori negli studi di Cinecittà,
ad Amici, di Maria De Filippi. Come vivi questa nuova avventura?
Con
“Amici” è una storia diversa. Ho smesso a Ballando nel novembre del 2013 e
a gennaio 2014 qui ad Amici hanno introdotto il ballo latino americano e hanno
chiesto alla Federazione professionistica di riferimento qua in Italia, ossia
all’associazione nazionale maestri di ballo, cercando una figura di
riferimento. Sono stati dati alcuni nomi fra cui anche il mio. All’inizio non
sapevo qual’era il mio ruolo perché avevo capito che dovevo aiutarli a fare i
casting dei ragazzi che sarebbero entrati. Dovevo starci alcuni giorni invece ci
sono stata da gennaio fino alla fine di maggio, cioè quando è finito il
programma. Lì è un accompagnare i ragazzi nella crescita e quindi un lavoro
completamente diverso da “Ballando con le stelle”. E’ una gran bella
soddisfazione per me perché rappresento la parte professionale all’interno
del più grande talent show in Italia. Lavorare giornalmente con dei ragazzi che
poi li vedi crescere di settimana in settimana è assolutamente impagabile. Il
rovescio della medaglia è che hai la responsabilità di un intero settore sulle
spalle.
Mai uno screzio con la ballerina e
coreografa Alessandra Celentano? So che ha un carattere peperino.
La
Celentano è la persona più umana e carina del programma. Lei non è antipatica
ma giustamente ci tiene ad essere severa e professionale con i ragazzi e come
insegnante che rappresenta la categoria di danza classica soprattutto. Però al
di fuori di questo è una persona umilissima, gentilissima, disponibile, con cui
si può parlare senza alcuna pretesa.
Milly
Carlucci e la De Filippi ti hanno apprezzata?
Direi
di si. Milly mi ha chiamata più volte perché ho fatto sei ospiti. Mi ha
affidata i suoi ospiti più importanti, come Andrea Bocelli. E per me questo era
un segno di fiducia. Certo avere iniziato a fare Amici mi ha allontanato da
quello che era il programma di Ballando perché giustamente c’è un po’ di
concorrenza tra le due reti televisive. Anche Maria De Filippi mi ha apprezzata
molto.
Ad
una aspirante ballerina che consigli daresti?
Se
lo deve sentire dentro, altrimenti è meglio non incominciare. Comunque se vuole
veramente diventare una ballerina e sente che è la sua strada, un consiglio è
di non mollare mai. Poi di tornare in sala giorno dopo giorno, ripartire ogni
giorno sempre con più umiltà perché quella ci vuole in primis e poi tanto
lavoro, tanta fatica e tanto sacrificio e poi i risultati arriveranno. Non
trovare scuse e non cercare scorciatoie. E’ un lavoro duro ma io se tornassi
indietro rifarei tutto da capo e anche di più senza cambiare una virgola.
Nancy Berti con Andrea Boccelli
Che
differenza hai notato tra Milly Carlucci e Maria De Filippi?
Hanno
tutte e due il mio rispetto perché sono
entrambe due grandissime professioniste della tv. Io non penso che ci sia così
tanta differenza tra le due, nel senso che sono molto devote al loro lavoro e
questo lo si vede da quello che hanno costruito negli anni, perché sono due
colossi della televisione ed essendo donne ne sono particolarmente orgogliosa.
Tutte e due hanno il loro format, i loro lavori e su questo non mi sento di dire
nulla, l’unica cosa è la grande lezione che danno a tutti quelli che vedono
il lavoro che svolgono.
Quanto hanno contato le tue radici
trentine nella tua professione?
Penso che conti molto il carattere, nel senso
che ho avuto la possibilità di concentrarmi e quindi di non aver avuto altre
distrazioni nel momento della crescita. Praticamente andavo a scuola e ballavo,
ballavo e andavo a scuola ed ero concentrata sul mio obiettivo e non avevo le
distrazioni che si potevano avere in una grande metropoli. Però vedevo dalla
mia piccola città del Trentino che fuori c’era una realtà molto grande e
questo mi ha spinto a cercare di migliorarmi talmente tanto da potermi
permettere di andare fuori ed esplorare e nel mio caso confrontarmi
agonisticamente e professionalmente con il resto del mondo. Quindi aver la
voglia di uscire da quelle che io chiamo le mie montagne e cercare di farmi
valere anche fuori.
Cosa ti manda di Rovereto quando sei via
per lavoro?
Di
Rovereto mi manca la pace. Il poter vivere una realtà un po’ più raccolta.
Mi manca molto la casa, il calore della famiglia, mia mamma che prepara la
minestra, potermi mettere il pigiama e i calzini pesanti, poter stare un attimo
davanti alla televisione. Tutte queste cose quando sono in giro per alberghi non
posso permettermele perché non si può certo dire che le camere d’albergo
sono accoglienti a livello famigliare. Non hai quel calore che ti permette di
rilassarti e di caricarti. A Rovereto ci torno poche volte purtroppo, ma ci
torno sempre volentieri per trovare i mie genitori, per trovare gli amici e per
mettermi sul divano in pigiama (risata).
Cos'hai
sacrificato per arrivare al successo professionale?
Non
li chiamerei proprio sacrifici. Ho semplicemente lottato tanto per quello che
volevo fortemente e questo mi ha portato via del tempo che potevo impiegare in
cose più "normali" come facevano le mie coetanee, ma in fondo forse
ero io che non volevo usare il mio tempo per cose comuni. Per cui per me il vero
sacrificio sarebbe stato piuttosto non fare niente per far avverare i miei sogni
e non potermi prendermi le attuali soddisfazioni.
Vuoi
lanciare un messaggio ai trentini?
Si!
Vorrei dire loro di uscire dai confini della nostra regione e di rischiare,
anche se è un momento di crisi e a livello economico non siamo messi bene.
Invito loro a non aver paura a uscire da quella che è la piccola realtà, perché
con un po’ di buona volontà si riesce ad arrivare dove si vuole.