Nicolas Vaporidis (attore)         Roma 9.1.2018

                            Intervista di Gianfranco Gramola

L'attore romano è al teatro Roma con lo spettacolo “L’operazione”, in scena dal 9 gennaio all’11 febbraio

"Il teatro è la forma più forte per un attore. Un mio sogno artistico? Vincere un premio importante. Roma è una forma di ispirazione continua, Roma ti suggerisce, Roma ti sussurra, ti ispira, ti stimola, ti fa vedere personaggi ovunque"

Nicolas Vaporidis  è nato a Roma il 22 dicembre del 1981. Nel 2000 ottiene la maturità classica al Liceo Manara di Roma, zona Monteverde, dopo si iscrive a scienze della comunicazione, ma decide di trasferirsi a Londra, dove rimarrà più di un anno, lavorando come cameriere, e seguendo corsi di inglese. Tornato in Italia frequenta soltanto per pochi mesi la scuola di recitazione Teatro Azione, diretta da Cristiano Censi e Isabella Del Bianco. Nel 2002 gira il primo film Il ronzio delle mosche, regia di Dario D'Ambrosi, con Greta Scacchi. L'anno seguente Enrico Oldoini gli affida la parte di protagonista in 13dici a tavola (2004), film vincitore dei Los Angeles Italian Film Awards. Sempre con Oldoini, gira la miniserie tv A casa di Anna, in onda su Rai Uno nel 2004. Nello stesso anno è protagonista, insieme con Piera Degli Esposti, del cortometraggio Corpo immagine, in cui recita completamente nudo. Il corto è stato presentato, fuori concorso, alla Biennale di Venezia. Nel 2005 gira la serie tv Orgoglio capitolo terzo, trasmessa da Rai Uno e nel 2006 appare nell'episodio Testimone silenzioso della serie tv di Canale 5, R.I.S. 2 - Delitti imperfetti, regia di Alexis Sweet. Sempre nel 2006 è il protagonista del film di grande successo Notte prima degli esami, diretto da Fausto Brizzi, nel quale recita accanto a Cristiana Capotondi. Nel 2007 escono nelle sale i film Notte prima degli esami - Oggi, in cui è protagonista insieme con Carolina Crescentini, e Last Minute Marocco, con Maria Grazia Cucinotta, Valerio Mastandrea e Lorenzo Balducci. Nello stesso anno gira Cemento armato, opera prima di Marco Martani, con Carolina Crescentini, Come tu mi vuoi, regia di Volfango De Biasi, ancora con Cristiana Capotondi. Nel 2008 recita la parte di Massimo nel film Questa notte è ancora nostra, diretto da Paolo Genovese e Luca Miniero. Nel 2009 torna sul grande schermo con il film Iago, regia di Volfango De Biasi accanto a Laura Chiatti. Sempre nel 2009 interpreta e produce il film di Riccardo Grandi Tutto l'amore del mondo con Ana Caterina Morariu e Sergio Rubini. Nel 2010 torna a lavorare con Fausto Brizzi nel film Maschi contro femmine. Nel 2012 gira "Ci vediamo a casa" di Maurizio Ponzi insieme a Primo Reggiani, Ambra Angiolini, Edoardo Leo. Nel 2013 con la regista cilena Alicia Sherson vita "Il Futuro" con Rutger Hauer, primo e unico film tratto da un libro di Bolano. Il film è in concorso al Sundance Film Festival e Vince il festival di Rotterdam. Nel 2017 gira "All the Money in the World" per Ridley Scott insieme a Kevin Spacey, Mark Wahlberg e Michelle Williams. Nella primavera del 2013 conduce, al fianco di Paolo Ruffini, una puntata di Colorado su Italia 1. Sempre nello stesso anno è ospite su Rai 3 in una puntata di Amore criminale, condotto da Barbara De Rossi.

Carriera

Cinema

Il ronzio delle mosche (2002) - 13dici a tavola (2004) - Ti amo in tutte le lingue del mondo (2005) - Notte prima degli esami (2006) - Notte prima degli esami - Oggi  (2007) - Last Minute Marocco (2007) - Come tu mi vuoi (2007) - Cemento armato (2007) - Questa notte è ancora nostra (2008) - Iago  (2009) - Maschi contro femmine  (2010) - Tutto l'amore del mondo (2010) - Femmine contro maschi  (2011) - Road to Capri (2011) - Ci vediamo a casa (2012) - Il futuro (2013) - Outing - Fidanzati per sbaglio (2013) - Tutte le strade portano a Roma (2015) - La ragazza dei miei sogni (2017) - Tutti i soldi del mondo (2017).

Teatro

Finché giudice non ci separi – L’operazione.

Ha detto:

- Ho sempre desiderato essere un family man. I figli vorrei non solo averli ma viverli, crescerli, passarci più tempo possibile.

- Amo il cinema alla follia, ma per un attore il teatro è l’essenza del suo lavoro. E mi diverte. Il cinema appartiene più ai registi, il teatro è degli attori.

- Mio nonno Nereo era del 1920, aveva la terza elementare, ma senza cappello non usciva neanche per fare la spesa. Indossava il paltò con un’eleganza irrecuperabile.

- Tempo fa ho avuto modo di visitare il duomo di Firenze e la torre del Giotto: sono stato sconvolto dalla sua bellezza ma anche dall’incuria, dal constatare come simili meraviglie siano state deturpate da scritte di ragazzini e dalla scarsa pulizia.

- Il dolore è un movimento antico, sconosciuto. Vorremmo non doverlo affrontare mai. Per questo vale la pena esorcizzarlo, lavorarci, raccontarlo. Mi fa più spavento la malattia della morte: si distende nel tempo.

Curiosità

- Nel 2012 è convolato a nozze con l'ex veejay Giorgia Surina, dalla quale ha divorziato due anni dopo.

- Dopo il liceo ha fatto il cameriere a Londra e seguito i seminari di recitazione del Lee Strasberg Theatre Institute.

- L'oggetto materiale da cui non si separa mai è un anello col teschio. "Divento pazzo se non lo indosso, mi sento nudo".

- E’ stato grazie al nonno, direttore di produzione della Maura Film, che ha conosciuto la passione per il cinema.

- Nel 2007 ha pubblicato il romanzo Bravissimo a sbagliare (Mondadori).

Intervista

Mi racconti di cosa parla lo spettacolo “L’operazione” e qual è il tuo ruolo?

Nell’estate del ’90, l’anno dei mondiali, ci si ritrova in questo ospedale romano per capire un po’ la situazione della compravendita di posti letto. E’ una storia da ridere dove però vengono anche sottolineate le difficoltà del nostro paese, nel raccontare cosa vuol dire un ricovero ospedaliero, quindi le lungaggini, le paure, la sanità … Questo è uno spettacolo che, nonostante i suoi vent’anni, è molto attuale perché la situazione è la stessa. Diciamo che ci si ritrova,  per il 90 per cento del testo, con  problemi che esistono ancora oggi, tipo la paura di farsi operare, di rivolgersi alla clinica privata piuttosto che a quella pubblica, le attese infinite per le visite, i posti letto che scarseggiano, la qualità del personale all’interno e altre cose. Chiaramente non è uno spettacolo di denuncia, ma è una commedia che ridendo evidenzia non solo questi aspetti, ma anche quelli che ti ho detto prima, cioè il mercato dei letti, che in questo testo fa da imput alla storia. Il mio personaggio è all’interno per capire se quello che realmente dicono che sta accadendo, sia vero oppure no. Sono praticamente un infiltrato all’interno dell’ospedale per scoprire un mercato di  compravendita di letti per i malati.

Sei attore di cinema e teatro. In quali di questi due ambienti ti senti più a tuo agio? In quali riesci ad esprimerti meglio?

Entrambi. Da attore il teatro è più divertente, più stimolante ed ha un meccanismo  di raccontare la storia dall’inizio alla fine, cosa che al cinema non sempre si fa. Il pubblico davanti, in sala, sta guardando quello che stai interpretando. Il teatro è un po’ più  creativo. E’ un lavoro a diretto contatto con il pubblico, dove non c’è un lavoro di montaggio dietro, quindi è molto diverso dal cinema. Tu sul palco e il pubblico in platea, di conseguenza quel rapporto lì si può creare soltanto a teatro. Benché il lavoro sia fondamentalmente sempre recitazione in sé, quello del teatro è sempre la forma più forte per un attore. E’ un po’ come per un cantante, cantare dal vivo.

Com’è nata la tua passione per la recitazione, per il cinema?

Ti dirò la verità, è da tanti anni che recito, ma non penso di esserci nato con questa passione. In realtà è una passione che ho sviluppato gradualmente intorno ai 20 anni. L’ho praticata e tanto più la praticavo e tanto più mi piaceva. Di conseguenza non è stato un colpo di fulmine, è stato molto graduale.

Come ricordi la gavetta, Nicolas?

La ricordo bene (risata). La gavetta è stata dura, fatta di momenti formativi, fatta di paura di non riuscire, di non fare bene, di non essere all’altezza e di non avere la forza di sostenere questi ritmi e l’incertezza di questo mestiere. Poi una volta che decolli, che prendi il volo e che le cose vanno bene, tutto diventa molto più semplice, ma rimangono ugualmente tantissime difficoltà legate a questo mestiere. Diciamo che è una gavetta che non finisce mai, perché è un continuo mettersi alla prova, di resistenza sia fisica che mentale. Il teatro poi è molto fisico, quindi c’è bisogno proprio di una preparazione atletica direi per affrontare la vita di teatro, perché ti sottopone a degli orari, a delle prove fisicamente molto impegnative. Anche quello è un testare te stesso, quanta passione hai, perché questo è un lavoro che tu fai solo se sei mosso da passione. In questo lavoro se non hai passione, è una condanna.

Quali sono le tue ambizioni?

Sono le stesse che avevo dieci anni fa, che ho realizzato e che sono riuscito a mettere  in modo concreto nella mia vita. Le mie ambizione sono quelle di continuare a fare quello che sto facendo, continuare a fare teatro, continuare a fare un percorso artistico che segua dei testi che siano contemporanei e di autori molto talentuosi. Poi la fortuna di andare in scena, a teatro o al cinema, con grandi attori, che per me sono una scuola, una grande palestra, uno stimolo e anche un privilegio.

Per un attore oltre al talento, quando conta la fortuna?

La fortuna conta fino ad un certo punto. Conta molto la preparazione e conta tanto anche il talento, il continuo studio, lo strumento che è il tuo corpo con il quale vai in scena e che poi utilizzi per raccontare le tue storie. Di conseguenza quello strumento lì deve essere sempre affilato e per essere affilato devi lavorare all’interno con l’anima e devi lavorare su quelle emozioni che devono essere sempre a disposizione dell’attore che poi le mette in scena. Quindi serve il talento insieme all’applicazione pratica, ossia l’allenamento e lo studio.

Hai un sogno artistico?

Vincere un premio importante, ma anche là in modo molto relativo. Il mio sogno era quello di fare l’attore di cinema e teatro e l’ho realizzato con grande soddisfazione devo dire. Mi piacerebbe fare cinema con grandi registi importanti come Ridley Scott. Diciamo che il mio obiettivo è questo, cioè attraverso un film italiano vincere un premio internazionale, quindi il riconoscimento andrebbe non tanto a me come uomo artista, ma a noi come Italia, un Paese dove la cultura è ancora molto all’avanguardia. Sicuramente non lanceremo delle correnti, che verranno seguite dal resto del mondo, ma ci faranno conoscere artisticamente, per quel valore che ci ha resi unici nel mondo.

Tu sei romano de Roma. In quale angolo di Roma sei cresciuto e in quali altre zone hai abitato?

Diciamo che sono sempre stato nell’area intorno a Trastevere, esattamente a Monteverde Vecchio, cioè la zona in cui sono nato e cresciuto, un quartiere che confina con Trastevere e il Gianicolo. Tuttora vivo qui.

Il tuo rapporto con Roma com’è?

E’ un rapporto di amore folle. Roma è la città dove sono nato, cresciuto, la città in cui ho passato la maggior parte della mia vita, una città che amo e dove voglio continuare a rimanere. Nonostante le difficoltà legittime e ovvie, Roma è la città che non sostituirei con nessun’altra città al mondo. Ho vissuto in altri posti, però a Roma ci ritorno sempre, perché qui un domani vorrei crescere la mia famiglia. Ne riconosco le enormi difficoltà, nonostante ne riconosca anche un potenziale che non è ancora sfruttato in pieno.

A parte la zona dove vivi, c’è un angolo di Roma a cui sei particolarmente affezionato?

Si, il Gianicolo, perché ci sono passato tante di quelle volte ed ogni volta è un’emozione. Mi ricorda la mia adolescenza, dove lì trascorrevo pomeriggi interi con gli amici. Quel posto lo sento come casa mia, anche perché Trastevere, dove abito, è molto vicino.

Per un attore, Roma cosa rappresenta?

E’ una forma di ispirazione continua. Roma ti suggerisce, Roma ti sussurra, ti ispira, ti stimola, ti fa vedere personaggi ovunque. Forse la città eterna non è vitale come Milano, però Roma continua a darti, anzi a regalarti delle sensazioni che hanno il fascino dell’antico, cose che esistono solo a Roma, personaggi, figure che tu riesci a trovare soltanto in giro per le strade, in qualsiasi quartiere. Questo te lo da la città di Roma, con la sua romanità, con quel senso dell’autoironia che soltanto i romani hanno. Sapersi prendere in giro continuamente anche davanti all’amarezza e le brutture della vita, questo il romano ce l’ha nel dna.    

Un consiglio alla sindaca Virginia Raggi?

Troppi gliene hanno dati di consigli. Trovo che sia difficile fare il sindaco di Roma. Amministrare questa città così complicata e complessa non è una passeggiata, però va amministrata e Roma ha un potenziale infinito ed  è giusto sfruttarlo. Che comincino  a mettere Roma e i romani verso la strada del miglioramento di questa città perché potenzialmente ed economicamente è una città che offre moltissimo agli abitanti e anche al resto d’Italia. Di conseguenza utilizzare queste capacità creative di Roma e rendere la città eterna polo anzitutto turistico e renderla più vivibile per chi ci vive. Roma è la città più popolata d’Italia, quindi deve essere amministrata in modo diverso dal resto del paese, quasi con uno statuto speciale. Ecco, il mio consiglio alla sindaca è quello di rendere Roma più vivibile, sfruttandone il potenziale artistico, culturale ed economico.