Silvana Giacobini (giornalista e scrittrice)
Milano 14.2.2018
Intervista di Gianfranco Gramola
"ALBERTONE"
ALBERTO
SORDI, UNA LEGGENDA ITALIANA
E’ uscito il nuovo libro di Silvana
Giacobini, un’opera dedicata al mitico Albero Sordi, fiore all’occhiello del
cinema italiano. Parla della sua famiglia, degli inizi della sua carriera, degli
affetti, degli amori e passioni, impreziosito con annotazioni e ricordi,
facendoci conoscere particolari, cogliere atmosfere e trasmettere emozioni.
Silvana
Giacobini è nata a Roma il 27 febbraio del 1939, ma è milanese
di adozione, è sposata e ha una figlia. È stata direttore di Gioia,
ha progettato e diretto i settimanali Chi (Mondadori) e Diva e donna (Cairo).
Collabora con vari settimanali e partecipa a trasmissioni per Rai e Mediaset, di
cui è opinionista. Ha scritto i romanzi La signora della città e Un
bacio nel buio che sono diventati film per la tv. È autrice anche di Diana,
l’ultimo addio, del libro di ritratti Celebrità e di Sophia
Loren, una vita da romanzo. Per Cairo ha pubblicato Chiudi gli occhi (2007),
Conosco il tuo segreto (2009), La settima anima (2011), Il leone
di terracotta (2013), Questo sole ti proteggerà (2015), Hillary (2016).
I suoi libri sono tradotti in Germania, Spagna, Repubblica Ceca e Polonia.
Ha
detto:
- Sono
una romana trapiantata con soddisfazione a Milano, anche se la nostalgia
di una città bellissima riemerge ogni tanto.
- L’incontro
con Santo Papa Giovanni XXIII e Papa Francesco mi hanno colpito, così
diversi, eppure dotati entrambi di un eccezionale carisma.
- Ho
un ricordo straordinario degli incontri con Papa Wojtyla, che mi ha accarezzato
come una bambina.
- Ad
un giovane che vuole fare il giornalista consiglio una buona preparazione,
determinazione, pazienza a cui aggiungere la speranza: sono necessarie per
superare l’umiliazione che la crisi economica, infligge in questi
anni ai giovani aspiranti giornalisti negandogli praticantato e
lavoro.
Intervista
Cosa
l’ha spinta a dare alle stampe “Albertone - Alberto Sordi, una leggenda
italiana” e qual è la marcia in più rispetto ai libri scritti
su Alberto Sordi?
Io
non mi sono posta nessun confronto. L’ho fatto per omaggio dopo i 15 anni
della morte di un’artista che secondo me è stato uno dei più grandi che noi
abbiamo mai avuto, insieme a Totò e i mostri sacri che sono Vittorio Gassman,
Nino Manfredi e Marcello Mastroianni. Quindi una stagione d’oro del cinema
italiano. Però Sordi si distaccava da tutti gli altri.
Ho letto che le ha fatto anche la
corte.
Questo l’ho raccontato nei primi passi del
libro, solo per raccontare episodi che riguardavano la mia vita e dei miei
ricordi. Comunque, come dicevo poi alla fine del prologo, chiamiamolo così,la
storia di Sordi è la più importante di quella che raccontavo su di me e lui.
Se ora avesse davanti Alberto Sordi,
cosa le direbbe?
Gli direi grazie. Grazie per aver dato il suo
grande contributo alla cinematografia italiana, perché come tutti sappiano lui
è stato un grandissimo interprete, ma anche un attore di varie sfumature. Dico
varie sfumature perché ha saputo interpretare personaggi comici, come
estremamente drammatici. Mi riferisco per esempio a “Un borghese piccolo
piccolo” (1977), tratto da un romanzo di Vincenzo Cerami. Una
storia terribile. Grazie ad Alberto Sordi per aver dato questo contributo
come sceneggiatore e soggettista. Lui sceglieva prima una storia, la sceneggiava
ed è riuscito dopo molti sacrifici e tanti anni di delusioni, anche a diventare
l’autore completo,come lui ha sempre desiderato.
Parliamo di giornalismo. Com’è nata
la passione per il giornalismo? Chi gliel’ha trasmessa?
Penso che me l’abbia trasmessa mio padre,
anche se avesse lui una storia diversa ovviamente, perché era un uomo che si
era dato alle istituzioni. Lavorava alla Corte dei Conti. Però aveva fatto il
critico cinematografico e quindi a casa mia circolavano tantissimi giornali,
tantissimi libri, sia ereditati dalla famiglia paterna, che materna. Quindi ho
vissuto sempre in mezzo alla carta stampata ed è stato quasi naturale
avvicinarmi poi a questo mondo.
Nella sua gavetta ha avuto un grande
maestro, Lello Bersani.
Si e lo ricordo con molto affetto Lello
Bersani. A quei tempi ero molto ingenua e lui si era preso un po’ la briga di
farmi un po’ da angelo custode, di tutelarmi nella giungla del cinema e dello
spettacolo. Lui, come me, aveva anche il piacere di portarsi la mamma nei luoghi
di lavoro, quindi Taormina, Sorrento e le varie città dove si tenevano i
festival. Le nostre madri si erano anche avvicinate, erano diventate amiche. In
questo ho il ricordo molto affettuoso di un grande giornalista, che ha preceduto
i tempi moderni. Lui era un cronista, specializzato nello spettacolo. Aveva
intervistato tutti i più grandi
attori e attrici italiane e anche internazionali.
Com’è cambiato il giornalismo negli
anni?
Il giornalismo è sempre quello se fatto
bene. Si tratta di avvicinare e intervistare i personaggi, studiare le storie,
riportare la verità e non i propri soggettivi pensieri. Si può dire che non è
mai cambiato. Il grande apporto televisivo adesso si aggiunge a quello
importantissimo del web. Sono mezzi diversi e rendono tutto molto più attuale,
molto più rapido, molto più frenetico, ma nello stesso tempo sempre
interessante.
Le doti di un buon giornalista?
La buona fede, la curiosità e la padronanza
dei fatti dopo averli studiati.
Quali sono le sue ambizioni?
Mi piace scrivere moltissimo e rimane
l’ambizione di poter scrivere dei libri che interessino il grande pubblico.
Cosa che ho avuto la fortuna di intraprendere in tempi non sospetti, cioè nei
primi anni ’90. Infatti il mio primissimo libro, dal titolo “La signora
della città” l’ho scritto più per il piacere mio, un qualcosa che mi
piacesse e che mi divertisse, invece una volta pubblicato dalla Mondadori, ebbe
un grande successo ed è diventato anche un film. Io ho sempre scritto gialli,
thriller e noir.
Per lei scrivere
corrisponde a un’urgenza personale, una sorta di dovere o una terapia?
Un
piacere, doloroso certe volte perché richiede senso di sacrificio e della
determinazione nel portare a termine un’impresa che a volte può fermarsi a
metà, perché c’è da riflettere e pensare su cosa succede, su come andare
avanti con il racconto. Eppure io associo la scrittura ad una forma di piacere,
di gioia, di libertà di andare in un mondo diverso, di essere staccata dalla
vita quotidiana, che è un privilegio perché ce l’hanno anche i matti
(risata).
In
Tv va alla grande il gossip, ma anche la cronaca nera tira molto. Come se lo
spiega?
Prima
di tutto si è molto accentuato l’approfondimento dei fatti di cronaca
attraverso i vari canali che sono le varie reti televisive, dalla Rai a Mediaset
e tutte le altre reti e nello stesso tempo ovviamente sulla carta stampata. E’
come se la gente si immedesimasse nel fatto, cercando di giungere ad una verità,
dolorosissima certe volte, perché ci sono fatti di cronaca sconvolgenti. In
primo luogo metto i femminicidi con le tragedie che si trascinano appresso,
perché anche se i figli rimangono e per fortuna nella maggior parte dei casi
non vengono uccisi dal femminicida. Come è avvenuto purtroppo a Cisterna di
Latina, dove quell’appuntato dei carabinieri prima di suicidarsi ha ucciso le
sue due bambine. Comunque lasciano un trauma e i figli che restano in vita
rimangono orfani a volte di entrambi i genitori, una uccisa e l’altro in
carcere. Quindi si tende a non ragionare anche su questa strage, perché non è
soltanto un’azione negativa. Ecco, tutto questo
viene percepito dal grande pubblico e poi a cominciare dal caso Avetrana
e prima ancora quello terribile del piccolo Alfredino, che è caduto nel pozzo,
che vide anche l’intervento del Presidente Sandro Pertini. Quindi eccezionale
fu la risonanza in tutto il paese, seguito allora anche attraverso la radio.
Adesso c’è la televisione con le news, c’è il web, i mezzi si
ingrandiscono, però il modo di arrivarci è sempre quello. La ricerca di una
verità. Io non credo solo nella morbosità come viene descritta.
Il suo prossimo libro di cosa parlerà?
Il prossimo libro sarà un ritorno al
romanzo. Io ho scritto 12 libri, fra
cui alcune biografie. Ho cominciato con “Diana”, poi con Sofia Loren, che ha
avuto un grandissimo successo anche all’estero, perché è stato tradotto in
molte lingue. Poi Hillary Clinton e infine
Alberto Sordi. Poi i romanzi che sono “La signora della città”, che in
realtà era la droga, non era solo una first Lady. Poi con la trilogia “Chiudi
gli occhi” e l’ultimo personaggio uscito si chiama Margot Amati ed è una
trentenne che scrive gialli, ha successo, poi alla fine si trova coinvolta suo
malgrado nelle indagini vere.
Lei è romana e milanese d’adozione.
Sono nata e ho vissuto a Roma, poi
sono andata a vivere a Milano molto presto e vivo nel capoluogo lombardo
con la mia famiglia. Milano è la mia città del cuore, come lo è anche
Venezia, però Roma è la città in cui sono nata, dove ho le radici e a cui
sono particolarmente legata. Ho vissuto nel quartiere Nomentano. Vengo
spessissimo a Roma, purtroppo toccata e fuga, perché faccio l’opinionista in
tv, sia sulle reti Rai che quelle Mediaset. Vedere Roma ridotta in questo stato
mi fa star male. Mi piacerebbe che tornasse agli splendori di un tempo.
Differenze sostanziali fra Roma e
Milano?
Negli ultimi anni si sono molto avvicinate
come città. Diciamo che Milano è più ordinata di Roma.
Un consiglio alla sindachessa Raggi?
Nessuno. L’altro giorno sul web ho ricevuto
la vignetta della Raggi immersa in una buca piena d’acqua dove dice:
“Tranquilli, se tocca”. (risata).