Suso Cecchi d’Amico (sceneggiatrice) Castiglioncello (Livorno) 26. 7. 1998
Intervista di Gianfranco Gramola
Il
braccio destro dei maestri del cinema
Suso
Cecchi (vero nome Susanna Giovanna Cecchi) è nata a Roma il 21 luglio 1914.
Le sue origini sono toscane, suo padre Emilio Cecchi, scrittore e finissimo
critico letterario e artistico, era di Firenze, sua madre Leonetta Pieraccini
era una notevole pittrice. Il suo primo vero contatto con il cinema avviene
negli anni '30 quando suo padre viene nominato direttore di produzione
cinematografica per la "Cines". Casa Cecchi diventa così un
crocevia di incontri culturali tra scrittori, sceneggiatori, artisti che vivono
a Roma. Sarà lo stesso Visconti a chiamarla per scrivere la prima di una lunga
serie di sceneggiature per il cinema, "Bellissima".
Nasce così uno dei connubi di maggiore importanza per il cinema italiano: se
escludiamo "La Morte a Venezia", Suso Cecchi d'Amico collaborerà a
tutti i successivi film di Visconti, da "Senso"
al "Gattopardo",
da "Rocco
e i suoi fratelli"
a "Le
notti bianche",
fino ad arrivare a "Gruppo
di
famiglia in
un interno",
"Ludwig"
e "L'innocente"
(girati con Visconti in pessime condizioni di salute a causa di una paralisi).
Sempre in occasione della stesura di "Bellissima"
Suso Cecchi d'Amico conosce gli assistenti di Visconti, i futuri registi
Francesco Rosi e Franco Zeffirelli, con cui collaborerà successivamente
(ricordiamo "La
Sfida" e "Salvatore
Giuliano" con
Rosi, "Fratello
sole, Sorella luna"
e "Gesù
di Nazareth" con
Zeffirelli). Ma il debutto alla sceneggiatura era già avvenuto qualche tempo
prima di "Bellissima", insiemea Moravia e Flaiano aveva collaborato
alla sceneggiatura "Avatar",
per Castellani. "Avatar" non fu mai realizzato, ma Castellani chiamò
Suso Cecchi per scrivere quella che sarà la sua prima vera sceneggiatura,
"Mio
Figlio Professore",
scritta insieme a Piero Tellini. Da allora l'attività di sceneggiatrice diventa
frenetica, tanto che deve rinunciare al lavoro di traduttrice, collabora così
con De Sica a Zavattini per "Ladri
di Biciclette"
(con cui scriverà anche "Miracolo
a Milano"), scrive
per Lattuada, Camerini, Zampa, Pagliero ("Roma
città
libera") fino ad
arrivare all'incontro con Visconti. Sono anni intensi per il cinema italiano, a
Roma si respira un'atmosfera particolare che porterà alla grande stagione del
cinema italiano degli anni '60, a cui Suso Cecchi, nel frattempo diventata
D'Amico per aver sposato Fedele D'Amico, figlio del fondatore dell'Accademia di
Arte Drammatica di Roma Silvio D'Amico, darà un notevole contributo. Collabora
ad alcuni dei film più importanti di quel periodo, tra gli altri scrive "I
vinti" e "Le
amiche" per
Antonioni, collabora a diversi film di Comencini, e infine inizia un lunghissimo
sodalizio con Monicelli, collaborando anche alla stesura di "I
soliti Ignoti". La
collaborazione con Monicelli ci porta fino ai nostri giorni, spesso insieme a
Piero De Bernardi e al compianto Leo Benvenuti, sceneggia tutti gli ultimi suoi
lavori, "Speriamo
che sia femmina",
"Parenti
Serpenti", "Facciamo
Paradiso", e
ancora più recentemente "Il
cielo cade",
premiato al Giffoni Film Festival per la regia di Andrea Frazzi, e la mini serie
per la Rai "Come
quando fuori piove"
di nuovo con Monicelli. Ricordiamo anche "Oci
Ciornie" di Nikita
Michalkov, prodotto da sua figlia Silvia D'Amico, candidato all'oscar come
miglior film straniero nell'1988. Attualmente Suso Cecchi d'Amico, vive e scrive
a Roma e ha ancora diversi progetti in cantiere. Ha ricevuto diversi
riconoscimenti in carriera, tra cui sei Nastri
d'argento, il Premio
Nonino 2001 e il David di Donatello alla carriera.
Ha
detto:
- Mi
piace la disciplina e la morale cristiana. Non capisco invece l’eternità.
- Gli
sceneggiatori sono in forte declino. Tutti vogliono essere autori a tutto tondo:
magari pure recitarli, i loro film e forse anche cantarli. C’è un
esibizionismo totale.
- L’invasione
dei film Usa ha creato una disaffezione grave e ingiustificata verso i nostri
prodotti. Molti bei film, vedi quelli di Monicelli o di Placido, dopo qualche
giorno vengono già smontati dalle sale.
Curiosità
- E’
Commendatore al Merito della Repubblica.
- Sposata
con Fedele (Lele) D’Amico, ha tre figli: Masolino, Silvia e
Caterina (quest’ultima
è direttrice della Scuola di Cinema di Cinecittà).
Intervista
E’
a Castiglioncello. Si è rifugiata nella sua bella casetta toscana, per scampare
alla calura estiva e soprattutto per stare lontana un paio di mesi dallo stress
della Città Eterna.
Lei
è romana?
Sono
nata a Roma per sbaglio. Perché mio padre fiorentino, mia madre senese, erano
andati per avere delle opportunità di lavoro a Roma, ma poi venne la grande
guerra e si venne via. Sono nata a Roma ma mi sento toscana.
Quando
si è stabilita a Roma?
Verso
il ‘20, cioè a 6 anni sono del ‘14.
Si
ricorda qualcosa della sua infanzia romana?
Si!
Me la ricordo benissimo. I miei non riuscivano a trovare casa a Roma e per un
anno siamo stati ad abitare ad
Ariccia, ai Castelli Romani, che era più campagna di quanto non sia adesso.
Ricordo solo un gran freddo.
Attualmente
com’è il suo rapporto con Roma?
Di
preoccupazione, il traffico, la confusione, la volgarità, strade rovinate come
il corso che era una bella via, piena di bei negozi ora è tutta una serie di
jeanserie, ecc… quante gambe e
piedi dobbiamo avere per dare da
vivere a tutti ‘sti negozi.
Ama
la cucina romana?
Il
mio rapporto con la cucina romana è buono, naturalmente preferisco la
discrezione di quella toscana, però è buona pure la romana.
Di
cosa si occupa oltre del cinema?
Mi
occupo di Villa Borghese, abito lì, a via Paisiello, quindi in zona porta
Pinciana e allora mi sto dando da fare. Abbiamo messo insieme un’associazione
contro il degrado di Villa Borghese. Amo Villa Borghese per il verde e per la
bellezza. Amo molto la bellezza della Galleria Borghese, sia architettonicamente,
sia per i suoi contenuti.
Cosa
prova a ritornare a Roma dopo una lunga assenza?
Confesso,
che comincio a sentirmi a casa, ma ci ho messo molto, devo dire. Sono molto
affezionata a Roma, però avevo anche la sensazione di tornare a casa quando
tornavo in Toscana.
Come
giudica i romani?
Ma
io ho molta simpatia per i romani. Ultimamente, come tutto è degradato, anche
il romano è andato un pochino giù. Però come carattere mi piace, hanno una
calma e sono molto paciocconi (risata).
Se
lei avesse la bacchetta magica cosa farebbe per migliorare Roma?
A
parte il traffico, che penso sia il problema più grosso, manderei via tutti ma
tutti quei ministeri, tutti quegli uffici che portano a quel movimento fasullo,
a tutto quell’intasamento generale della città, e questo farebbe molto bene
alla città e portare tutti questi uffici al margine della città, in periferia
proprio.
Dopo
tanti anni che sta a Roma, lei si sente un po’ romana?
No,
mi sento sempre toscana, perché le mie radici sono quelle.
Lei
tradirebbe Roma con un’altra città?
Non
so, ho sempre desiderato vivere a Firenze ma adesso sta diventando una città
giapponese e allora forse preferisco Roma. A Firenze sei assalito da un turismo
più disordinato.
Come
vorrebbe che fosse la Roma del futuro?
Che
fosse una città più piccola, ma purtroppo è destinata ad essere una città
museo e deve accettare questo destino. Però non cerca di modernizzarsi e questo
è tremendo.
In
quale Roma le sarebbe piaciuto vivere?
Ma
forse in quella prima dell’unità d’Italia.
Lei
era amica di Anna Magnani, vero?
Ero
molto amica di Anna e devo dire che somigliava molto alla sua leggenda, a come
l’hanno descritta nei libri e nei giornali. Era di carattere spesso cupo,
subito su, subito giù, molto sospettosa e sempre con il pensiero di essere
tradita. Noi eravamo molto amiche e con lei ci voleva molta pazienza, perché
aveva un carattere molto difficile, direi pessimo.
I
suoi progetti per il futuro?
Continuare
a lavorare per il cinema, senza sogni nel cassetto, ma realtà.