Vittoriana
Abate (giornalista e scrittrice)
Roma 5.12.2016
Intervista di Gianfranco Gramola
In questa intervista la giornalista
salernitana racconta dei seminari con Giordano Bruno Guerri, ai vari corsi di
giornalismo e agli inizi in con Gigi Marzullo, per arrivare nel programma di
Bruno Vespa “Porta a Porta”. “Un
sogno nel cassetto? Un programma televisivo tutto mio che si occupa di attualità,
di cronaca”
Per contattare la giornalista di “Porta a
Porta”, la sua e.mail è vitabate@libero.it
Vittoriana
Abate è nata a Salerno. Laureata in Giurisprudenza, è giornalista
professionista. Dal 1990 lavora in Rai, nei programmi di approfondimento
giornalistico. Ha lavorato in tutte e tre le reti Rai, dal programma di
Gigi Marzullo, a “Pomeriggio sul due”, programma di approfondimento
giornalistico, “Ho bisogno di te, in collaborazione con il TG2, a “Racconti
di vita”, in onda su Raitre. Da oltre 17
anni è inviata di “Porta
a Porta” (Rai1). Esperta di
cronaca nera e giudiziaria, ha seguito tutti i più grandi casi di cronaca degli
ultimi anni. È opinionista fissa alla "Vita in diretta" e in altri
programmi di informazione di Raiuno e collabora con "L'Arena" di
Giletti. Ha scritto 3 libri e
ha vinto numerosi premi. Tra i suoi hobby c'é il teatro, passione che
condivide con altri personaggi della Tv: Roberta Bruzzone, Cinzia Tani e altri
volti noti in Tv tra avvocati giornalisti e magistrati. "Per la stagione
2017 debuttiamo il 21 gennaio - dice Vittoriana Abate - al teatro Il Vascello
con Prova Regina.
Ha detto:
- Con
Bruno Vespa abbiamo un bel rapporto di stima e di confronto. Quando hai fatto un
buon lavoro non esita a riconoscerlo.
- Ho fatto finora tanti sacrifici, ho una
vita privata limitata e senza orari. In questo lavoro conta la propria
disponibilità. Se ti svegliano nel cuore della notte devi essere pronta a
partire.
- Gli italiani hanno senza dubbio la
passione per la cronaca nera. Lo dicono i dati d’ascolto e l’alto gradimento
delle trasmissioni televisive quando si parla di delitti.
- La libertà di espressione è una condizione irrinunciabile per me. Non saprei
muovermi nei confini delimitati dalla censura.
Intervista
Vittoriana Abate è appena arrivata negli
studi Rai di “ Porta a Porta”, in via Teulada.
Quando hai capito che il giornalismo
sarebbe stato la tua professione?
Ho iniziato giovanissima. Finito il Liceo ho
fatto praticantato nelle varie tv private, dove poi sono diventata giornalista
pubblicista e conducevo il Tg. Avevo più o meno 20 anni. A 23 anni sono entrata
in Rai. Diciamo che ho capito fin dall’inizio che questa sarebbe stata la mia
strada.
Hai qualcuno in famiglia che fa questo
lavoro?
Nessuno in famiglia mi ha trasmesso questa passione. Però al liceo scrivevo sul
giornale della scuola e avevo una certa attitudine per le materie letterarie. Il
mio tema dell’esame di maturità fu anche premiato. Quindi l’attitudine o,
se vogliamo chiamarlo cosi, il talento,
evidentemente è qualcosa che mi portavo dentro fin dalle scuole elementari. Mi
sono sempre distinta per la curiosità, per la fantasia con cui arricchivo i
miei temi, i miei componimenti.
Chi sono stati i tuoi maestri?
All’università ho fatto diversi seminari
con Giordano Bruno Guerri, che lavorava al Corriere della Sera. Poi quando sono
venuta a Roma ho fatto vari corsi di giornalismo. Ho iniziato con Gigi Marzullo
con "Mezzanotte e dintorni". Avevo 23 anni, mi ero appena laureata e volevo assolutamente lavorare
in Rai. Mi sono fatta tutta la classica gavetta, che è quella che ti forma, ti
tempra, ti da anche quel giusto approccio a questo lavoro, che è un mestiere
fatto di sacrifici, un lavoro competitivo. Io ho cominciato in Rai come
assistente ai programmi, nonostante fossi laureata e giornalista non sono stata
assunta come giornalista. Come dicevo prima mi sono fatta la mia bella gavetta,
senza risparmiarmi e poi il mio percorso professionale mi ha portato a far parte
della squadra di “Porta a Porta”. Sono 17 anni che lavoro nel programma di
Bruno Vespa.
Qual
è il tuo ruolo nel programma?
Io
sono un’inviata e mi occupo in prima linea di grandi casi di cronaca nera e
giudiziaria, grandi eventi ed eventi di attualità.
Il mondo giornalistico era come te lo
immaginavi o ti ha deluso?
No, non mi ha deluso. Io avevo capito sin
dall’inizio che la strada era tutta in salita, non puoi mai sederti o crederti
arrivata. E’ un percorso in cui non finisci mai di imparare e guai se pensi di
aver raggiunto il punto culminante della tua carriera, perché c’è sempre un
traguardo da raggiungere, un’intervista da fare, un’inchiesta da realizzare.
Io sono una giornalista d’inchiesta, quindi mi piace indagare al di là della
notizia, quindi andare a cercare quello che c’è dietro alla notizia. Ho
questo aspetto della curiosità, dell’approfondimento che mi viene dal fatto
di aver lavorato non in un telegiornale, dove peraltro ho fatte delle brevi
esperienze, ma ho lavorato sempre in programmi di approfondimento sia nel TG2
che nel TG3. Nei Tg le notizie sono molto veloci, mentre nei programmi di
approfondimento come quello di “Porta a Porta” ho dovuto attivare delle
energie diverse perché un caso magari lo seguo per anni e lo seguo
personalmente. E’ un impegno perché io non ho dei turni, il caso è mio e lo
seguo fino alla fine.
Ad un ragazzo che volesse fare il
giornalista, che consigli daresti?
Io ho trovato molte persone che mi hanno
scoraggiato all’inizio di questo cammino. Oramai sono quasi 30 anni che lavoro
in Rai, però quello che ricordo con dispiacere è che non mi hanno incoraggiata
a fare questo mestiere e devo dire che in giro non c’è da parte di chi fa
questo lavoro un grande incoraggiamento nei confronti dei giovani. Perché?
Perché è un mestiere difficile, non ci sono certezze, la gavetta è lunga,
l’assunzione è un miracolo, i giornali sono in grave sofferenza. Quando ho
iniziato io non c’era Sky, non esistevano le News e quant’altro, però è
altrettanto vero che è difficile arrivare con un contratto giornalistico.
Quindi ad un giovane che vuole fare il giornalista cosa consiglio? Consiglio di
non lasciarsi scoraggiare da chi tenta di demotivarlo. Molto spesso sono ragazze
che vogliono fare le giornaliste, un po’ perché non lo neghiamo l’aspetto
narcisistico di questo mestiere è abbastanza evidente. Non mi sento di
scoraggiare i giovani, però li metto sull’avviso che questo è un mestiere
che preclude altre cose. Se uno vuole farlo ad un certo livello devi mettere in
conto che la tua vita è connotata da un trolley sempre pronto per partire in
ogni momento e stare via per lunghi periodi. Io sono stata mesi interi nei
luoghi dei delitti. Quindi hai questa gravante nella tua vita privata, cioè di
non saper mai dove sei il giorno dopo. E quello è stato un po’ il leitmotiv
della mia carriera, perché è chiaro che oggi ho un ruolo ovviamente molto
definito e posso anche scegliere di fare le cose più importanti, però
all’inizio della carriera devi adattarti a fare di tutto. Adesso vedo in
questa nuova generazione che c’è un approccio più lieve, nel senso che le
ragazze sono molto più motivate e quando incontro queste giovanissime mi rendo
conto subito che hanno quell’energia, quello slancio, quella voglia di
arrivare a tutti i costi. E’ chiaro che questo è uno di quei mestieri dove
forse vale il detto “Uno su mille ce la fa”.
Ho letto che hai scritto dei libri.
Si, ho scritto tre libri fino adesso. Il
primo è stato il libro dedicato alla vita di Ciro Esposito, quel ragazzo di
Scampia che era stato ucciso durante gli scontri avvenuto
a Roma il 3 maggio del 2014, prima della finale di Coppa Italia Napoli –
Fiorentina. Nel libro, che ha come titolo “Ciro vive”, ho fatto una lunga
intervista alla madre Antonella Leardi dove viene tratteggiata la vita di questo
ragazzo e dei 52 giorni di agonia dopo che è stato ferito gravemente da Daniele
De Santis, che è stato condannato
in primo grado per omicidio
volontario in quegli scontri. Questo fatto scrisse una delle pagine più brutte
della cronaca nera, della cronaca italiana, del calcio, dove un ragazzo per
andare a vedere una partita esce di casa con uno zainetto, con dentro la
frittata di maccheroni e non è più tornato a casa. Questo è stato il mio
primo libro, poi nel secondo libro, dal titolo “Le verità sommerse” , ho
affrontato un lavoro durissimo dal punto di vista di approfondimento
giornalistico, perché l’inchiesta sulla Costa Concordia ha richiesto tre anni
di lavoro che io ho seguito fin dall’inizio, cioè dal 13 gennaio 2012 . Ho
approfondito tutto il processo, gli atti, le testimonianze ed è venuto
fuori un lavoro di 608 pagine, per cui alla fine ho trovato una serie di
elementi che evidentemente sono stati sottovalutati sia all’interno del
processo che dall’opinione pubblica. Questo libro ha avuto un buon successo
perché hanno trovato un buon riscontro le analisi che ho dato e sono stati
presi in considerazione quegli spunti di riflessioni che io ho dato attraverso
il libro, inoltre è stato un successo di vendite e anche un successo mediatico.
Poi il mio ultimo libro “Il ragionevole sospetto”
(Dubbi e misteri nei casi più controversi della cronaca nera italiana),
uscito il primo di dicembre, scritto insieme all’avvocato Cataldo Calabretta,
dove facciamo un’analisi di quelli che sono i casi clamorosi della cronaca
nera italiana in cui rimane quello che noi chiamiamo “il ragionevole
sospetto”. Casi che magari si sono risolti con sentenze passate in giudicato,
dove però resta l’ombra del sospetto, cioè l’innocente è fuori e il
colpevole e in prigione o viceversa? Restano quei dubbi. Poi aldilà delle
sentenze, molti casi ti lasciano il mistero. Ti faccio il caso del delitto di
Avetrana dove è stata uccisa la quindicenne Sarah Scazzi. Parlo di Michele
Misseri, ossia una persona che si autoaccusa
che è in libertà, mentre le persone che si dichiarano innocenti, ossia
la cugina Sabrina Misseri e la zia Cosima Serrano, sono condannate
all’ergastolo. Altro caso è stato il delitto di Cogne e per molti aspetti di
casi di molte donne scomparse e il cui corpo non è stato mai ritrovato. Magari
ci saranno ugualmente delle condanne a carico dei mariti. Voglio farti
l’esempio di Roberta Ragusa … si sta svolgendo in questi giorni il processo
al marito Antonio Logli. C’è anche il caso di Guerrina
Piscaglia, quella donna scomparsa nell’aretino, dove è stato condannato Padre
Graziano Alabi. Una serie di elementi tratteggiati in questo libro, dove noi
troviamo un comune denominatore per mettere insieme alcuni casi che hanno in
comune ad esempio la risoluzione con la prova scientifica, cioè dove il dna
risolve un caso, dove invece purtroppo non basta. Quindi menzioniamo il caso
di via Carlo Poma (l’omicidio di Simonetta Cesaroni), dove la prova del dna
non è stata risolutiva. Invece
quella della contessa Alberica
Filo della Torre (il delitto dell’Olgiata), esattamente dopo venti anni, il
caso venne risolto proprio attraverso la prova del dna e anche attraverso delle
intercettazioni che non erano state ascoltate. Abbiamo messo insieme un po’ di
casi che hanno in comune un filo conduttore. C’è un capitolo dedicato alla
gioventù bruciata, dove viene ricordato il caso di Luca Varani e di Manuel
Foffo e Marco Prato e questo gusto di uccidere, poi abbiamo ricordato
Erika e Omar di Novi Ligure. Abbiamo messo insieme queste
analisi ed è venuto fuori un lavoro agile nella scrittura e dal mio
punto di vista interessante perché ti mette nelle condizioni di fare delle
riflessioni su casi risolti e a volte purtroppo non risolti, come il delitto di
Serena Mollicone, di Arce, dove non conosciamo l’assassino di Serena. Come non
conosciamo l’assassino di Simonetta Cesaroni. E’ stato un buon lavoro e ora
cerco di raggiungere altri obiettivi, come avere un programma televisivo tutto
mio.
Un
tuo sogno nel cassetto.
Sicuramente.
Se potessi realizzarlo credo che sarebbe la soluzione naturale per il mio
percorso professionale, perché io conduco i collegamenti da 17 anni per
“Porta a Porta”, il programma d’informazione più importante delle rete
ammiraglia, quindi un programma tutto mio potrebbe essere una crescita
professionale. Mi piacerebbe occuparmi di attualità, di cronaca.
Parliamo
un po’ del tuo rapporto con Roma. Quando ti sei stabilito a Roma?
A
Roma sono arrivata all'età di 22 anni, per frequentare un corso di giornalismo,
ma mi sono trasferita dopo aver terminato gli studi universitari a Salerno.
Avevo 23 anni. Ho portato con me una vespa bianca 125.
In
quale zona hai abitato all’inizio e ora in che zona vivi?
Ho
abitato prima in piazza Regina Margherita, in un mini appartamento. Poi ai
Parioli, dove vivo attualmente . Un quartiere tranquillo dove mi sento
piuttosto sicura anche quando rientro la sera piuttosto tardi, alla fine
della diretta di “Porta a Porta”.
C’è
un angolino particolare che ami molto? Se si, perché?
C'e'
un posto che mi regala serenità, pace e sento di riconciliarmi con una
dimensione a me più familiare avendo vissuto a Salerno, una città piccola se
paragonata alla capitale. E’ villa Borghese, la zona del laghetto. Vado a
passeggiare spesso con un'amica per rilassarmi. Poi vicino alla mia abitazione
c'e' villa Ada. Il verde mi riconcilia con il mondo e respiro un'aria che mi
ritempra. Ma e' il centro storico che mi regala la meravigliosa sensazione di
toccare la storia, sfiorare le più straordinarie bellezze di questa città che
non finisce mai di sorprendermi quando la sera mi capita di attraversare il
lungotevere, con quelle luci dorate che mi commuovono per quanto rendono quel
posto suggestivo e unico al mondo. Ho viaggiato molto e sento di poter dire che
Roma è davvero una delle città più belle al mondo. Mi sento fortunata perché
vivo a Roma da quasi 30 anni, eppure non la conosco ancora completamente .
Questo mi da la sensazione di poter ancor scoprire posti nuovi e sorprendermi
ancora per la bellezza. Giro sempre in scooter perché non amo il traffico e la
ricerca del parcheggio uno dei punti nevralgici di questa città. Certo le
distanze sono sicuramente un deterrente per poter conciliare impegni
professionali con quelli sociali, ma non cambierei città per nulla al Mondo. Torno
a Salerno quando posso, perché e' la mia città d'origine ed io sono molto
legata a quei luoghi, ma Roma e' la mia città d'adozione ed i romani mi hanno
accolta subito con grande calore ed entusiasmo, perché in fondo la verve
campana e' apprezzata ovunque .
Se
tu avessi la bacchetta magica, cosa faresti per Roma?
Se
avessi una bacchetta magica creerei parcheggi auto nella zona dove lavoro, in
Prati, zona Mazzini, perché arrivare in macchina in quella zona e' un'impresa
impossibile. Di bello c’è che Roma offre tutto, dall'arte alle grandi mostre,
al Teatro, ai locali, i grandi
eventi, concerti, ristoranti con cucine di ogni tipo. Insomma e' la capitale.
Non potevo desiderare un luogo migliore dove lavorare e vivere. Una città dove
mi sono inserita facilmente, dove non mi annoio mai, dove ... dimenticavo, lo
shopping, altra mia grande passione e' davvero divertente.